IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 1031/1986
 proposto dal sig. Luigi  Notaro,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
 Franco Gaetano Scoca, presso il quale e' elettivamente domiciliato in
 Roma,  via  Paisiello  n.  55,  contro  il  Ministero  della pubblica
 istruzione rappresentato  e  difeso  dell'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  per l'annullamento del giudizio di non idoneita' a professore
 associato per raggruppamento 010 (diritto ecclesiastico),  comunicato
 con nota ministeriale n. 5/010/419 in data 14 febbraio 1986;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto di costituzione in giudizio dell'avvocatura generale
 dello Stato;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  21  novembre 1990 il relatore
 consigliere Marcello Borioni e udito, altresi',
 l'avv. Scoca per il ricorrente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Il dott. Luigi Notaro, ha impugnato davanti a questo tribunale  il
 giudizio  negativo  espresso nei suoi confronti nella seconda tornata
 dei giudizi idoneativi a professore associato per  il  raggruppamento
 010 (diritto ecclesiastico).
    A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:
      1)  violazione  e falsa applicazione dell'art. 51, quarto comma,
 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382.
    La commissione e' si pronunziata non sulla idoneita' scientifica e
 didattica,  ma  esclusivamente,   e   in   negativo,   sull'attivita'
 scientifica:  la  mancata  valutazione di una delle due componenti di
 cui era possibile e doverosa una integrazione reciproca, vizia l'atto
 conclusivo.
    In ogni  caso  la  commissione  avrebbe  dovuto  dar  conto  della
 rilevanza data esclusivamente ai titoli scientifici.
    Inoltre, il giudizio negativo su tali titoli e' apodittico e privo
 di motivazione;
      2)   violazione  dell'art.  51,  quarto  comma,  del  d.P.R.  n.
 382/1980.
    La commissione  non  ha  tenuto  conto  dei  giudizi  formali  sul
 ricorrente dalle facolta' di appartenenza, ne' ha indicato le ragioni
 di tale suo comportamento;
      3)   violazione  dell'art.  51,  quarto  comma,  del  d.P.R.  n.
 382/1980, falsita' ed erroneita' della motivazione.
    La commissione ha indebitamente ritenuto che  fosse  richiesta  la
 piena maturita' scientifica, e non la sola idoneita' scientifica.
    Cio'   emerge   dalla  motivazione  addotta  ad  integrazione  del
 precedente giudizio, a seguito dei rilievi del c.u.n.
    Inoltre il pretendere che la maturita' sia  legata  esclusivamente
 ad  un  discorso monografico non trova alcun riscontro ne' logico ne'
 testuale;
      4) eccesso di potere per illogicita' manifesta.
    Solo quattro dei trenta candidati sono risultati non idonei  e  di
 essi  uno, il candidato Valerio Tozzi, qualche mese dopo e' risultato
 vincitore del concorso  a  professore  straordinario  per  lo  stesso
 raggruppamento;
      5) violazione dell'art. 51, del d.P.R. n. 382/1980.
    E' mancata la valutazione dei lavori qualificati dalla commissione
 "di piccola mole";
      6)  eccesso  di  potere  per  illogicita' manifesta e difetto di
 motivazione.
    La definizione di "molti lavori del ricorrente  di  piccola  mole"
 non  costituisce  un  apprezzamento  di  merito  e  non  consente  di
 comprendere le ragioni della valutazione in senso negativo. Con  atto
 successivo il ricorrente ha proposto i seguenti motivi aggiunti:
      1)  illegittimita' del d.m. 8 maggio 1984, con la quale e' stata
 nominata la commissione giudicatrice, per violazione dell'art. 13 del
 d.P.R. n. 382/1980.
    L'amministrazione ha illegittimamente inserito  nel  tabulato  dei
 professori   titolari   dell'elettorato   passivo  il  prof.  Luciano
 Guerzoni, che si trovava  in  aspettativa  obbligatoria  per  mandato
 parlamentare;  ne e' derivata un'alterazione del corretto svolgimento
 delle elezioni successive al sorteggio;
      2) illegittimita' derivata dallo stesso d.m. 13 marzo 1984,  per
 violazione  degli  artt.  45,  settimo  comma,  e  99  del  d.P.R. n.
 382/1980.
    In contrasto con quanto previsto  dalle  norme  dianzi  citate  e'
 stato consentito ad ogni elettore di esprimere due preferenze.
    Con  successiva  memoria  il  ricorrente  ha  ribadito  le proprie
 argomentazioni e conclusioni.
    Si  e'  costituita  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  ha
 contrastato  alle  censure  proposte  con  il  ricorso e con i motivi
 aggiunti.
                             D I R I T T O
    Il  ricorso  ha  per  oggetto  il  giudizio  di  non  idoneita'  a
 professore    associato    per   il   raggruppamento   010   (diritto
 ecclesiastico) formulato nella  seconda  tornata  nei  confronti  del
 ricorrente.
    Ha  carattere  pregiudiziale  il  primo  motivo  aggiunto inteso a
 contestare, sulla base di quanto  emerso  dagli  atti  depositati  in
 giudizio  dall'amministrazione,  la  legittimita'  del  d.m. 8 maggio
 1984, con il quale e' stata nominata la commissione giudicatrice.
    Sostiene il ricorrente che l'ammissione all'elettorato passivo del
 prof. Luciano Guerzoni, allora in  aspettativa  obbligatoria  perche'
 membro  del Parlamento nazionale, e' avvenuta in contrasto con l'art.
 13, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382.
    In concreto,  l'indebito  inserimento  del  nominativo  del  prof.
 Guerzoni  nel  tabulato  predisposto  per  il  sorteggio  (n.  26) ha
 sovvertito la successiva serie progressiva,  alterando  l'abbinamento
 fra  i numeri estratti e i nominativi dei docenti, con la conseguenza
 che e' stata prospettata al corpo elettorale una  rosa  di  candidati
 diversa  da  quella che si sarebbe formata se il prof. Guerzoni fosse
 stato escluso.
    L'Avvocatura dello Stato oppone che la  censura  risulta  superata
 dall'art.  1  della  legge  5 agosto 1988, n. 341, il quale, sotto il
 titolo "interpretazione autentica",  ha  disposto  che  i  professori
 collocati  in  aspettativa  obbligatoria  ai  sensi  dell'art. 13 del
 d.P.R. 11 luglio 1980,  n.  382,  conservano  l'elettorato  attivo  e
 passivo  per  la  formazione  delle  commissioni  per  i  giudizi  di
 idoneita' a professore  associato  e  per  i  concorsi  a  professore
 universitario ordinario o associato nei casi in cui le operazioni per
 la  formazione  delle  commissioni  giudicatrici siano iniziate prima
 della entrata in vigore dell'art. 5 della legge 9 dicembre  1985,  n.
 705,  anche  se la conclusione delle operazioni anzidette e la nomina
 della commissione siano avvenute successivamente.
    L'assunto dell'avvocatura va condiviso  poiche'  nella  specie  il
 procedimento  di  nomina, avendo preso avvio il 1ยบ marzo 1984, con il
 sorteggio dei docenti eleggibili, rientra nella sfera  di  previsione
 dell'intervento di interpretazione autentica.
    Tuttavia  il  citato  art.  1  della  legge  n. 341/1988 appare al
 collegio di dubbia legittimita' costituzionale con  riferimento  agli
 artt. 3, 24, 104 e 108 della Costituzione.
    La  questione  e' rilevante poiche', se la norma venisse caducata,
 la censura, alla luce del disposto dell'art.  13,  primo  comma,  del
 d.P.R.  n.  382/1980, risulterebbe fondata, come la giurisprudenza ha
 ripetutamente ritenuto (Cons. di Stato, sezione  sesta,  10  febbraio
 1988, n. 178; t.a.r. Lazio, sezione prima, 11 dicembre 1987, n. 1960;
 9 febbraio 1987, n. 268).
    E' determinante in tal senso, il rilevo che l'aspettativa comporta
 la  sospensione  di  tutte  le  funzioni  connesse all'ufficio, fatta
 eccezione per quelle espressamente consentite, e fra le attivita' in-
 dicate  nel  citato  art.  13  non  figura  la  partecipazione   alle
 commissioni giudicatrici.
    D'altronde,  il  collocamento in aspettativa obbligatoria disposto
 dallo stesso art. 13 tende, con  chiara  evidenza,  a  consentire  al
 docente  il  pieno  adempimento  dei  compiti  relativi  all'incarico
 extrauniversitario e ad evitare che, per  l'onerosita'  dell'impegno,
 si     producano     riflessi    negativi    sul    buon    andamento
 dell'amministrazione universitaria.
    L'esclusione dall'elettorato passivo trova dunque  conferma  anche
 in  ragioni  di  intrinseca coerenza con la ratio legis, atteso che i
 lavori delle commissioni giudicatrici sono per durata e  complessita'
 particolarmente gravosi.
    Significativo  e'  poi  che  l'art.  5  della  successiva  legge 9
 dicembre 1985, n. 705 abbia previsto che i professori universitari in
 aspettativa obbligatoria "mantengono il solo elettorato  attivo..  ..
 .."    cosi' avvalorando le anzidette considerazioni, dal momento che
 il termine "mantengono" si riferisce, come e'  stato  rilevato  dalla
 giurisprudenza dianzi citata, non gia' alla disciplina precedente, ma
 alla posizione del docente, che pur collocato in aspettativa conserva
 il diritto di voto.
    Cosi'  accertata, con l'impiego delle consuete regole ermeneutiche
 ed  in  conformita'  ad  una  giurisprudenza  concorde,  la   portata
 dell'art.  13  del d.P.R. n. 328/1980, ne consegue che l'art. 1 della
 legge n. 341/1988 ha in realta' innovato, contrariamente a quanto  si
 evince dal titolo, la disciplina previgente.
    Di  cio'  era  consapevole  il  relatore,  senatore  De  Rosa, che
 nell'illustrare il disegno di legge, ebbe ad affrontare che l'art. 13
 del d.P.R. n. 382/1980 "non prevede la  conservazione  da  parte  dei
 professori  predetti  dell'elettorato  attivo e passivo ai fini della
 formazione delle commissioni  di  concorso  (atti  della  commissione
 istruzione del Senato, seduta del 28 aprile 1988, pag. 26).
    Orbene,  la  Corte  costituzionale di recente, pur riaffermando in
 linea di principio l'ammissibilita' delle leggi interpretative, ne ha
 censurato l'utilizzazione ove siano  dirette  non  a  chiarire  ma  a
 modificare   il   significato   della   norma  "interpretata"  (Corte
 costituzionale 4 aprile 1990, n. 155).
    La stessa distorsione della funzione  tipica  dell'interpretazione
 autentica si verifica, per quanto si e' osservato, nel caso in esame,
 donde il sospetto della violazione dell'art. 3 della Costituzione per
 vizio di razionalita'.
    Aggiungasi  che  nella  specie  l'intervento  del  legislatore  si
 inserisce in un contesto caratterizzato dal  fatto  che  "sono  stati
 presentati..  .. .. da parte di candidati non vincitori, ed in alcuni
 casi gia' accolti in primo grado,  numerosi  ricorsi  che  sostengono
 l'illegittimita'    dell'operato   del   Ministero   della   pubblica
 istruzione" (Relazione al Senato  sul  disegno  di  legge  n.  795  X
 legislatura).
    Sicche' e' evidente l'intento di interferire sui giudizi in corso,
 vincolandone  la definizione in senso contrario a quello prevedibile,
 tenuto conto dell'indirizzo del Giudice di primo  grado,  confermato,
 prima  dell'approvazione  della  legge,  dal Consiglio di Stato (cit.
 Sez. VI, 10 febbraio 1988, n. 178).
    Da qui  nascono  ulteriori  ragioni  di  dubbio  sul  piano  della
 costituzionalita'  con riguardo all'art. 24, che garantisce la tutela
 giurisdizionale dei diritti e degli interessi  legittimi  e  sancisce
 l'inviolabilita'  del diritto di difesa; all'art. 102, che riserva ai
 magistrati l'esercizio della  funzione  giurisdizionale;  agli  artt.
 104, primo comma, e 108, secondo comma, che assicurano l'indipendenza
 della magistratura.
    E',  infine,  da rilevare che l'art. 1 della legge n. 341/1988 in-
 troduce  una  nuova  disciplina  in  materia  di   formazione   delle
 commissioni     giudicatrici    con    effetto    retroattivo,    pur
 indipendentemente  dalla   qualificazione   della   norma   come   di
 interpretazione  autentica,  dovendosi ritenere che i procedimenti di
 nomina avviati prima dell'entrata in vigore della  legge  9  dicembre
 1985, n. 705 fossero nel frattempo tutti pervenuti a conclusione.
    La   Corte   costituzionale   ha   ripetutamente   affermato   che
 l'irretroattivita' stabilita dalla Costituzione soltanto per le leggi
 penali, costituisce pur sempre un principio generale dell'ordinamento
 al quale, salva la presenza  di  una  oggettiva  giustificazione,  il
 legislatore  deve  attenersi  (da  ultimo  Corte  costituzionale,  n.
 155/1990).
    Una volta esclusa la validita' dei  presupposti  e  delle  ragioni
 desumibili  dai  lavori  preparatori,  non si rinvengono nella specie
 elementi idonei a dare razionale fondamento alla retroattivita' della
 previsione, tanto piu' che  essa  non  si  inquadra  in  un  generale
 ripensamento  del  legislatore,  ma,  con  riferimento  ad un periodo
 pregresso e limitato, apporta una deroga alla disciplina vigente alla
 data della sua adozione e tuttora in vigore.
    Sotto  questo profilo sussiste anche il dubbio di contrasto con il
 principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Per le considerazioni esposte le delineate questioni vanno rimesse
 alla Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio con  riserva,
 di   ogni   ulteriore   statuizione,   all'esito   della  risoluzione
 dell'incidente di costituzionalita'.