ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Lombardia 27 maggio 1985, n.  62  (Disciplina  degli  scarichi  degli
 insediamenti  civili  e delle pubbliche fognature. Tutela delle acque
 sotterranee dall'inquinamento), cosi' come specificata nella delibera
 della Giunta regionale del 24 giugno 1986, n. 4/10562,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  27  giugno  1990 dalla Corte di cassazione sul
 ricorso proposto da Zafferri Angelo, iscritta al n. 72  del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di intervento del Presidente della Giunta regionale
 lombarda;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 1991 il Giudice  relatore
 Francesco Greco;
    Udito l'avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso di un procedimento penale contro Angelo Zafferri -
 imputato del reato di cui all'art. 21 legge 10 maggio 1976,  n.  319,
 per  avere,  esercitando  la  riproduzione di fotografie su ceramica,
 effettuato senza autorizzazione scarichi  inquinanti  nella  pubblica
 fognatura  - la Corte di cassazione, con ordinanza del 27 giugno 1990
 (R.O. n. 72 del 1991), ha sollevato, in riferimento all'art. 3  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale della legge
 della Regione Lombardia 27 maggio  1985,  n.  62,  come  interpretata
 nella  deliberazione  della  Giunta  regionale  del 24 giugno 1986 n.
 4/10562.
    La Corte, presupponendo note le disposizioni  della  citata  legge
 statale  n.  319 del 1976 (cosiddetta legge Merli), ed in particolare
 l'art.  14,  che  esclude  l'autorizzazione  per  gli   scarichi   di
 "insediamenti  civili" in pubbliche fognature e, quindi, sottrae tali
 scarichi alla previsione penale del successivo art. 21, ha  osservato
 che  la  citata  legge regionale nell'art. 1 classifica gli "scarichi
 degli insediamenti civili", includendo nella categoria C  quelli  "di
 acque  di  rifiuto  di  insediamenti adibiti a prestazione di servizi
 individuati ai sensi del successivo art. 37".
    L'art.  37,  a  sua   volta,   demanda   alla   Giunta   regionale
 l'individuazione dei detti scarichi.
    La  Giunta,  infine, con la citata deliberazione considera tra gli
 insediamenti civili anche i laboratori fotografici,  compresi  quelli
 di  fotoriproduzione su ceramica, per gli scarichi dei quali, quindi,
 non occorre l'autorizzazione, sicche'  essi  sono  penalmente  leciti
 ancorche' non autorizzati, benche' immettano nelle fognature sostanze
 nocive, solitamente emesse dagli insediamenti produttivi.
    Effetto   di   queste   disposizioni   regionali,   legislative  e
 amministrative, e' la depenalizzazione  di  comportamenti  sanzionati
 penalmente   dalla  legislazione  statale  nel  rimanente  territorio
 nazionale,  donde  la  prospettata  violazione   del   principio   di
 eguaglianza.
    2.  -  L'ordinanza  e' stata regolarmente comunicata, notificata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    3. - E'  intervenuto  nel  giudizio  il  Presidente  della  Giunta
 regionale  lombarda,  il quale eccepisce anzitutto l'inammissibilita'
 della questione perche':
       a) l'ordinanza di rimessione non specifica ne' la  disposizione
 di  legge  impugnata  ne'  la  ragione  per  la quale debba ritenersi
 violato il principio di eguaglianza;
       b)  la   questione   dell'assimibilita'   dei   lavoratori   di
 fotoceramica a quelli fotografici e' effetto della interpretazione di
 leggi, statali e regionali, e non riguarda la Costituzione;
       c)  l'impugnazione  avrebbe dovuto avere per oggetto, caso mai,
 il decreto-legge 10 agosto  1976,  n.  544,  convertito  in  legge  8
 ottobre  1976  n.  690,  il  cui  art.  1-quater  detta  i criteri di
 distinzione  tra  insediamenti  produttivi  e   insediamenti   civili
 (ricorrenza di una aberratio ictus).
    Nel merito sostiene la non fondatezza della questione perche':
       a) non e' riferita alla ripartizione della potesta' legislativa
 tra Stato e Regioni (art. 117 della Costituzione);
       b)  il  principio  di  eguaglianza  e' male invocato, in quanto
 l'attribuzione, da parte del Costituente, di una potesta' legislativa
 alle regioni serve appunto a differenziare la  disciplina  di  alcune
 materie,   tra  cui  quella  della  difesa  delle  acque  contro  gli
 inquinamenti, nelle diverse parti del territorio nazionale;
       c) la  legge  regionale  impugnata  ha  solo  una  funzione  di
 dettaglio e di integrazione della legislazione statale;
       d) la classificazione degli insediamenti produttivi e di quelli
 civili  rientra  nella  discrezionalita' del legislatore (sent. Corte
 cost. n. 314 del 1983).
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte e' chiamata a verificare se la legge  della  Regione
 Lombardia  27  maggio  1985,  n. 62, interpretata secondo la delibera
 della Giunta regionale 24 giugno 1986 n. 4/10562, nel  considerare  i
 laboratori  di riproduzione fotografica su ceramica come insediamenti
 civili anziche' come insediamenti produttivi, e nel  sottrarne  cosi'
 gli  scarichi  inquinanti  non  autorizzati  alla comminatoria penale
 contenuta nell'art.  21,  legge  statale  10  maggio  1976,  n.  319,
 contrasti  con  l'art.  3  della Costituzione in quanto sottopone gli
 stessi comportamenti ad un trattamento penale  differenziato  in  una
 determinata parte del territorio nazionale.
    2. - La questione e' inammissibile.
    Gli  artt.  da  9  a  16  della  legge  10  maggio  1976,  n. 319,
 distinguono gli scarichi da insediamenti produttivi e da insediamenti
 civili, richiedendo per i primi l'autorizzazione regionale,  per  gli
 altri  non.  L'art.  21 della stessa legge prevede le sanzioni penali
 per gli scarichi effettuati senza la prescritta autorizzazione.
    L'art.  1-quater  del  decreto-legge  10  agosto  1976,  n.   544,
 convertito,  con  modificazioni, in legge 8 ottobre 1976, n. 690, da'
 la nozione di  insediamento  produttivo  e  di  insediamento  civile,
 comprendendovi,   tra   gli  altri,  quelli  da  immobili  adibiti  a
 prestazione di servizi.
    L'art. 1 della legge della Regione Lombardia 27  maggio  1985,  n.
 62,  classifica  gli  scarichi  degli  insediamenti civili in quattro
 categorie, comprendendo nella  categoria  C  quelli  da  insediamenti
 civili adibiti a prestazione di servizi. L'art. 37 successivo demanda
 la  individuazione  dei  suddetti  alla  Giunta regionale, sentita la
 competente commissione consiliare.
    La Giunta regionale lombarda, nella seduta del 24 giugno 1986,  ha
 effettuato  la prescritta individuazione comprendendo nel punto C gli
 scarichi da studi  e  laboratori  fotografici  e  radiografici  senza
 ulteriore specificazione.
    Nella  fattispecie,  i giudici di merito, il Pretore e la Corte di
 appello di Milano, hanno ritenuto che debbano essere compresi tra gli
 insediamenti produttivi, anziche'  tra  gli  insediamenti  civili,  i
 laboratori  che  effettuano  riproduzioni  fotografiche  su ceramiche
 perche' vi si impiegano sostanze inquinanti e che, quindi,  per  essi
 occorre  l'autorizzazione regionale. Hanno, quindi, condannato ad una
 sanzione penale l'esercente di uno di  essi  in  quanto  non  si  era
 munito della prescritta autorizzazione.
    A  seguito  di  ricorso  dell'imputato,  la Corte di cassazione e'
 stata investita del controllo  di  legittimita'  dell'interpretazione
 effettuata dai giudici di merito.
    Difetta,   quindi,   di   rilevanza   la  sollevata  questione  di
 legittimita' costituzionale perche' la questione se i laboratori  che
 effettuano   riproduzioni   fotografiche   su   ceramica   siano   da
 comprendersi negli insediamenti produttivi anziche' in quelli  civili
 importa  esclusivamente  la  interpretazione  delle  leggi statali in
 materia (legge n. 319 del 1976 e decreto-legge n. 544 del  1976),  il
 che  rientra  nella  c.d.  funzione di nomofilachia che l'ordinamento
 assegna alla Corte di cassazione.
    Pertanto,  va  emessa  declaratoria  di   inammissibilita'   della
 questione sollevata.