ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 23 e 24 del
 d.P.R. 26 ottobre 1972, n.  643  (Istituzione  dell'imposta  comunale
 sull'incremento  di  valore  degli  immobili), promosso con ordinanza
 emessa il 17 aprile 1989 dalla Commissione tributaria di primo  grado
 di  Asti  sul  ricorso  proposto  da  S.A.S.  Canonica  Gomme  contro
 l'Ufficio del Registro di Asti,  iscritta  al  n.  205  del  registro
 ordinanze  del  1991  e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale della
 Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 maggio 1991 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Ritenuto che con ordinanza emessa il 17 aprile 1989 (pervenuta  il
 20  marzo  1991) dalla Commissione tributaria di primo grado di Asti,
 sul ricorso proposto dalla s.a.s. Canonica Gomme contro l'Ufficio del
 Registro  di  Asti,  e'  stata  sollevata  questione  incidentale  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 23 e 24 del d.P.R. 26 ottobre
 1972,  n.  643, nella parte in cui non prevedono "che le sanzioni, in
 caso di violazioni accertate mediante accessi, ispezioni e verifiche,
 o   rilevate   d'ufficio,   siano  oblazionabili  nei  trenta  giorni
 successivi con versamento di una somma pari ad 1/6 del massimo  della
 pena," in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
      che  il  contrasto con il principio di eguaglianza discenderebbe
 dalla "evidente diversita' di trattamento nell'ambito delle accertate
 violazioni ai dd.PP.RR. 633 del 1972 e 600 del 1973 rispetto a quelle
 accertate per violazioni al d.P.R. 643 del 1972, versando in entrambi
 i casi in materia di tributi indiretti"  (si  richiama  in  proposito
 Corte costituzionale n. 364 del 1987);
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,   concludendo   per   l'inammissibilita'   e,   comunque,  per
 l'infondatezza della questione;
    Considerato che piu' volte questa Corte ha rilevato che non esiste
 un principio costituzionale per il quale la pena pecuniaria non possa
 essere applicata ove non sia legislativamente prevista la  preventiva
 possibilita' della definizione in via breve (cfr. ordinanza n. 38 del
 1990 e sentenza n. 121 del 1977);
      che  tale principio, pur vigente nell'ambito del sistema (art.15
 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), e' stato derogato dal  legislatore
 per  alcune  imposte  (oltre  che per l'INVIM, anche per l'imposta di
 registro e per quella di successione),  senza  che  tali  deroghe  si
 appalesino manifestamente irrazionali, giacche' le peculiarita' delle
 diverse  imposte  non  impongono  uniformita'  di disciplina anche in
 ordine alla conciliazione amministrativa;
      che per quanto riguarda  l'INVIM  e'  pur  sempre  previsto  dal
 legislatore   un  analogo  sistema  di  riduzione  della  soprattassa
 ricollegato all'omessa impugnazione dell'accertamento  da  parte  del
 contribuente ( ex art. 24, terzo comma, d.P.R. n. 643 del 1972);
      che   il   richiamo  alla  sentenza  n.  364  del  1987  risulta
 inconferente, avendo la Corte in tale occasione corretto  un  difetto
 di   coordinamento   legislativo  all'interno  di  sistemi  che  gia'
 prevedevano l'auspicata conciliazione amministrativa;
      che per le esposte considerazioni  la  questione  va  dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative  davanti  alla  Corte
 costituzionale;