ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 186, comma
 secondo, del codice penale militare di pace, in relazione agli  artt.
 223  e  224  dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 15
 gennaio 1991 dal Tribunale militare di Padova nel procedimento penale
 a carico  di  Dionisi  Massimo,  iscritta  al  n.  179  del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  5 giugno 1991 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Ritenuto che con l'ordinanza indicata  in  epigrafe  il  Tribunale
 militare  di  Padova,  muovendo dal presupposto interpretativo che il
 secondo comma dell'art. 186 del codice penale militare di pace, nella
 parte in cui dispone che all'insubordinazione con violenza consistita
 in lesioni gravi (o gravissime) si applicano le  corrispondenti  pene
 stabilite  dal codice penale, configuri, rispetto all'ipotesi base di
 cui al primo comma del medesimo articolo, un  reato  autonomo  -  nel
 quale,  quindi,  l'evento  di  lesioni  gravi o gravissime e' posto a
 carico dell'agente solo a titolo di dolo  -  dubita,  in  riferimento
 all'art.  3  Cost.,  della  legittimita'  costituzionale del predetto
 secondo comma, assumendo che esso,  alla  stregua  di  tale  effetto,
 darebbe  luogo  ad  un  trattamento irragionevolmente piu' favorevole
 rispetto al meno grave reato di cui agli artt. 223-224 stesso  codice
 (lesioni  gravi  o  gravissime tra militari di pari grado), nel quale
 tali eventi, integrando delle  aggravanti,  sono  addebitati  a  mero
 titolo di colpa; che ad avviso del giudice rimettente, la caducazione
 della  norma comporterebbe di ravvisare nel fatto un concorso formale
 tra  l'ipotesi  base  di  insubordinazione  di  cui  al  primo  comma
 dell'art.  186  e  l'aggravante  di  cui  all'art. 224, e percio' una
 regolamentazione piu' severa;
    Considerato che, a prescindere dalla problematicita' di raffronti,
 alla stregua del principio di uguaglianza, limitati ad uno solo degli
 effetti di determinate ipotesi ricostruttive delle fattispecie  poste
 in  comparazione,  e'  decisivo  il rilievo che la prospettazione del
 giudice a  quo  condurrebbe,  attraverso  l'inedita  combinazione  di
 disposizioni  dettate  per  la  regolazione  di  fatti diversi, ad un
 intervento sostitutivo che si risolverebbe  nella  creazione  di  una
 nuova fattispecie penale, per di piu' con conseguenze sfavorevoli per
 l'imputato;
      che,  alla  stregua  del fondamentale principio di legalita' dei
 reati e delle pene, un simile  intervento  esorbita  dai  poteri  del
 giudice della legittimita' costituzionale delle leggi;
      che   pertanto   la   questione   va  dichiarata  manifestamente
 inammissibile;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;