ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 26 del d.P.R.
 10 settembre 1982, n.  915  (Attuazione  delle  direttive  C.E.E.  n.
 75/442  relativa  ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei
 policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n.  78/319  relativa  ai
 rifiuti  tossici  e  nocivi),  in relazione all'art. 16, primo comma,
 lettera b, dello stesso d.P.R., promosso con ordinanza emessa  il  13
 dicembre  1990  dal Pretore di Modena - Sezione distaccata di Carpi -
 nel procedimento penale a carico di Farinelli Aldina, iscritta al  n.
 225 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  19  giugno  1991  il  Giudice
 Francesco Greco;
    Ritenuto  che il Pretore di Modena - Sezione distaccata di Carpi -
 nel procedimento penale a carico di Farinelli Aldina,  con  ordinanza
 del  13  dicembre 1990 (R.O. n. 225 del 1991), ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 26 in relazione all'art. 16,
 primo comma, lett. b, del d.P.R. n.  915  del  1982,  per  violazione
 dell'art.  3  della Costituzione, in quanto lo stoccaggio provvisorio
 dei rifiuti tossici e nocivi senza autorizzazione e' punito con  pena
 (arresto  da sei mesi a un anno ed ammenda da due a cinque milioni di
 lire) piu' grave di quella prevista (ammenda da lire  duecentomila  a
 cinque milioni o arresto sino a sei mesi) per l'abbandono, lo scarico
 o  il  deposito  incontrollato  di  essi  in aree pubbliche o private
 soggette a uso pubblico;
      che nel giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  in  rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri,
 che, concludendo per l'infondatezza della questione, ha  rilevato  la
 disomogeneita' delle situazioni poste a raffronto;
    Considerato  che, in realta', le fattispecie poste a raffronto non
 sono omogenee e che comunque spetta  al  legislatore  la  valutazione
 della  pericolosita'  dei  fatti  concretanti  i  reati  puniti  e la
 determinazione, in relazione ad essa, delle pene con cui si puniscono
 coloro  che  li  commettono  e  che   tale   apprezzamento,   siccome
 discrezionale   e  non  concretante  arbitrio  in  quanto  pienamente
 razionale e giustificato, non e' sindacabile in questa sede;
      che,   pertanto,   la   questione  sollevata  e'  manifestamente
 infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte costituzionale;