ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 555, terzo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il  6  dicembre  1990  dal Pretore di Brescia - sezione distaccata di
 Montichiari -  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Guida  Rosa,
 iscritta  al  n.  328  del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  21,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  9  ottobre  1991  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Brescia  -  sezione  distaccata di
 Montichiari - ha  sollevato,  con  ordinanza  del  6  dicembre  1990,
 questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
 e  76  della  Costituzione, dell'art. 555, terzo comma, del codice di
 procedura penale, secondo cui il decreto di citazione a giudizio  "e'
 notificato  all'imputato  e  al  suo  difensore almeno quarantacinque
 giorni prima della data fissata per il giudizio";
      che, ad avviso del remittente, la norma, nel fissare un  termine
 per  comparire  di  gran  lunga  maggiore  di quello - venti giorni -
 previsto dagli artt. 429, terzo e quarto comma, e 456,  terzo  comma,
 del  codice  per  il  giudizio di tribunale, violerebbe sia l'art. 76
 della Costituzione, per contrasto  con  il  principio  della  massima
 semplificazione  di cui alla direttiva n. 103 della legge-delega, sia
 l'art. 3 della Costituzione stessa,  per  irrazionale  disparita'  di
 trattamento tra giudizio di tribunale e giudizio pretorile;
     che,   in   particolare,  il  giudice  a  quo  osserva  che  tale
 differenza, contrariamente a  quanto  affermato  nella  relazione  al
 progetto  preliminare, non e' giustificabile ne' dalla presenza di un
 termine intermedio (15 giorni dalla notifica) previsto dall'art. 555,
 primo comma, lett. e) per la richiesta  da  parte  dell'imputato  del
 giudizio  abbreviato o dell'applicazione della pena o dell'oblazione,
 giacche' il  termine  ordinario  di  venti  giorni  sarebbe  comunque
 superiore   al  termine  per  chiedere  il  rito  speciale  e  quindi
 compatibile con esso, ne' dall'intento di lasciare  ai  difensori  un
 ampio  margine  per  il  primo  esame  del  caso,  data  la  mancanza
 dell'udienza preliminare, risultando la norma anche in  tale  ipotesi
 sproporzionata  allo  scopo, poiche' in tribunale il termine di dieci
 giorni per comparire all'udienza preliminare (art. 419),  sommato  ai
 venti per comparire al dibattimento, non raggiunge che i due terzi di
 quello stabilito per comparire in pretura;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, concludendo per l'infondatezza della questione;
    Considerato che,  quanto  alla  dedotta  violazione  della  legge-
 delega,  la  direttiva n. 103 lascia al legislatore delegato un ampio
 spazio di discrezionalita' in ordine alla disciplina  delle  concrete
 modalita'  di funzionamento del processo pretorile (cfr. ord.  n. 208
 del 1991);
      che, nel caso in  esame,  tale  discrezionalita'  non  e'  stata
 certamente  adoperata  in  modo  irragionevole, in quanto la maggiore
 lunghezza del termine dilatorio in esame rispetto  a  quello  fissato
 per il giudizio dinanzi al tribunale e', in primo luogo, giustificata
 dal  fatto  che,  in  ragione  delle  particolari caratteristiche del
 decreto di citazione a  giudizio,  quale  atto  complesso  capace  di
 produrre effetti diversi ed alternativi (caratteristiche a loro volta
 derivanti  dalle peculiarita' del processo pretorile, nel quale manca
 l'udienza preliminare),  e'  solo  successivamente  alla  infruttuosa
 scadenza  del termine intermedio di 15 giorni dalla notificazione del
 decreto all'imputato che il pubblico  ministero  -  a  differenza  di
 quanto previsto nel procedimento dinanzi al tribunale - deve compiere
 una  serie  di  adempimenti,  fra  i quali la citazione della persona
 offesa (v. art. 558 c.p.p.);
      che, inoltre, e soprattutto,  la  norma  impugnata  e'  ispirata
 dall'evidente  fine  di favorire (mediante la messa a disposizione di
 un congruo spatium deliberandi successivo al primo esame degli  atti)
 il ricorso da parte dell'imputato all'istituto dell'applicazionedella
 pena  su  richiesta,  sempre  possibile  fino  alla  dichiarazione di
 apertura del dibattimento: la  norma  stessa  costituisce,  pertanto,
 espressione  di  quel  favor per i riti differenziati, alternativi al
 dibattimento, la cui incentivazione mira in definitiva  a  perseguire
 proprio  quella  finalita'  di  massima  semplificazione invocata dal
 remittente (cfr. citata ord. n. 208 del 1991);
      che le anzidette considerazioni valgono chiaramente ad escludere
 anche la dedotta violazione del principio di eguaglianza;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;