ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,  primo
 comma,  della legge 3 agosto 1988, n. 327 (Norme in materia di misure
 di prevenzione  personali),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  19
 dicembre  1989  dalla  Corte  di appello di Catania, nel procedimento
 penale a carico di Fascia Ferdinando, iscritta al n. 329 del registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 ottobre 1991 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che la Corte di appello di Catania, con ordinanza del  19
 dicembre  1989, ha sollevato, in riferimento all'articolo 24, secondo
 comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  dell'art.  16,
 primo  comma,  della legge 3 agosto 1988, n. 327 (Norme in materia di
 misure di prevenzione personali), assumendo che il provvedimento  con
 il quale il presidente del tribunale, "inaudita altra parte", dispone
 di  sostituire il divieto di soggiorno alla misura della sorveglianza
 speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno "costituisce,
 nella sostanza, l'emanazione di un provvedimento restrittivo  diverso
 che  viene  sostituito  a  quello  originario, emanato invece dopo un
 regolare  contraddittorio",  il  che  determinerebbe  - ad avviso del
 rimettente - una violazione del diritto di difesa;
      e che nel giudizio e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
 dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato che, dopo la pronuncia della ordinanza di  rimessione,
 e'  entrato  in  vigore  il  decreto-legge  13  maggio  1991,  n. 152
 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata
 e di trasparenza e  buon  andamento  dell'attivita'  amministrativa),
 convertito,  con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, i
 cui artt. 20 e  24  hanno  introdotto  una  disciplina  profondamente
 innovativa in tema di misure di prevenzione personali;
      che, in particolare, l'art. 20 del decreto-legge 13 maggio 1991,
 n.  152,  con  il  quale  e' stato sostituito l'art. 2 della legge 31
 maggio  1965,  n.  575  (Disposizioni  contro  la  mafia),   richiama
 esclusivamente  la  sorveglianza  speciale e l'obbligo di soggiorno e
 non piu' il divieto di soggiorno stabilendo, nel secondo comma,  che,
 "quando  la  misura  della  sorveglianza  speciale  e dell'obbligo di
 soggiorno nel comune di residenza o dimora abituale non sono ritenute
 idonee, puo' essere imposto l'obbligo di soggiorno in un altro comune
 o frazione di esso, ricompreso nella stessa provincia o  regione  che
 sia sede di un ufficio di polizia";
      e  che,  a  sua  volta,  l'art.  24  dello stesso decreto-legge,
 prescrive per le persone "che, alla data di  entrata  in  vigore  del
 presente  decreto,  sono  sottoposte  alla  sorveglianza speciale con
 divieto di soggiorno in uno o piu' comuni o in una o  piu'  province,
 nei  casi  indicati  dal comma 2 dell'art. 2 della legge n. 31 maggio
 1965, n. 575" che il giudice, con provvedimento ricorribile  a  norma
 dell'art.  4  della  legge  27  dicembre  1956,  n.  1423, dispone il
 trasferimento del soggetto nell'originario luogo di  residenza  o  in
 altro  comune  o  frazione  di esso determinato ai sensi dell'art. 2,
 secondo comma, della legge n. 575 del 1965;
      e che, quindi, gli atti devono essere restituiti  al  giudice  a
 quo  perche' valuti se, alla stregua della normativa sopravvenuta, la
 questione sollevata sia tuttora rilevante;