ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 126  del  testo
 delle  norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
 di procedura penale  (testo  approvato  con  decreto  legislativo  28
 luglio  1989,  n.  271)  promosso con ordinanza emessa il 1› dicembre
 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il  Tribunale  di
 Ancona  nel  procedimento  penale  a  carico di Masera Nino ed altri,
 iscritta al n. 339 del registro ordinanze  1991  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  22, prima serie speciale,
 dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 6 novembre 1991 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che il giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale di Ancona ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 126 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e
 transitorie del codice  di  procedura  penale  (testo  approvato  con
 decreto  legislativo 28 luglio 1989, n. 271), "nella parte in cui non
 prevede che il p.m., nei processi iniziati  con  il  vecchio  rito  e
 restituiti dal g.i. all'a.g.o.  requirente ex art. 258 delle norme di
 attuazione,  dia  avviso ex art.  408 secondo comma c.p.p. alla parte
 offesa  dei  suoi   diritti   riconosciuti   appunto   dalla   norma,
 consentendogli   di   dichiarare  di  voler  essere  informata  circa
 l'eventuale archiviazione";
      che il giudice remittente, premesso che il pubbico ministero  ha
 presentato richiesta di archiviazione in data 8 novembre 1990, rileva
 che  il procedimento ebbe ad iniziare con il rito abrogato e che, non
 essendosi verificate le condizioni di cui all'art.  242  n.  1  delle
 norme  di  attuazione, lo stesso il 24 ottobre 1989 e' ritornato alla
 Procura della Repubblica ex art. 258 delle norme medesime e,  proprio
 perche'  il  procedimento era iniziato con il rito abrogato, le parti
 offese - che avevano all'epoca rivestito il ruolo di parti  civili  -
 non hanno ricevuto la notifica della richiesta di archiviazione;
     che,  il  giudice  a  quo  lamenta l'assenza di "un meccanismo di
 raccordo fra  il  nuovo  c.p.p.  e  le  disposizioni  transitorie  di
 attuazione  che consenta alle parti offese di reinserirsi agevolmente
 nel nuovo rito e di proporre rituale  opposizione  ex  art.  410",  e
 solleva, pertanto, questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 126 delle norme di attuazione "laddove non contempla l'obbligo per il
 p.m.  di  informare  la  parte  offesa della facolta' di opporsi alla
 richiesta di archiviazione anche nei processi  parzialmente  istruiti
 con  il  vecchio  rito  e restituiti dal g.i. ex art. 258 disp. att.,
 tramite preventiva formalizzazione della richiesta di essere  sentita
 nell'ipotesi di richiesta archiviazione": e cio' per violazione della
 "parita'  di trattamento di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione",
 nonche' dell'art. 24 della Costituzione, "precludendosi in  tal  modo
 alla   parte   offesa   la   possibilita'   di   indicare   l'oggetto
 dell'investigazione suppletiva e gli elementi di prova";
      che e' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,   concludendo  per  l'inammissibilita',  o,  in  subordine,
 l'infondatezza della questione;
    Considerato che il denunciato art. 126 del testo  delle  norme  di
 attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di procedura
 penale   concerne   esclusivamente   -   come   esattamente   osserva
 l'Avvocatura  dello  Stato  -  le modalita' temporali di trasmissione
 degli  atti  dal  pubblico  ministero  al  giudice  per  le  indagini
 preliminari  nel  caso  in  cui la persona offesa abbia in precedenza
 dichiarato di voler essere informata circa l'eventuale archiviazione,
 disponendo  che  la  detta  trasmisione  debba   avvenire   dopo   la
 presentazione   dell'opposizione   da   parte  della  persona  offesa
 medesima, ovvero dopo la scadenza del termine per proporla (art. 408,
 commi secondo e terzo, del codice di procedura penale);
      che la norma impugnata disciplina, pertanto, un aspetto che  non
 ha  alcuna  rilevanza in ordine al problema sollevato dal remittente,
 se non altro perche' attiene ad una fase in cui e' gia' avvenuta  sia
 la dichiarazione della persona offesa di voler essere informata circa
 l'eventuale archiviazione, sia la decisione del pubblico ministero di
 presentare al giudice la richiesta di archiviazione;
      che, in conclusione, la norma di cui il giudice a quo lamenta la
 mancanza  non  potrebbe  comunque  evidentemente trovare collocazione
 nell'ambito della disposizione impugnata, con la conseguenza  che  la
 questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;