ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, secondo
 comma, del regio decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del
 fallimento,    del    concordato   preventivo,   dell'amministrazione
 controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con
 ordinanza emessa l'8  gennaio  1991  dal  Tribunale  di  Bologna  sul
 ricorso  proposto  da  s.n.c.  Autotre  Ricambi  ed  altra  c/ s.d.f.
 Carrozzeria Caselle  ed  altri,  iscritta  al  n.  310  del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  10  luglio  1991  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di Bologna, nel giudizio promosso da
 s.c.n. Autotre Ricambi contro la s.d.f. Carrozzeria Caselle ed altri,
 costituita tra artigiani,  per  la  dichiarazione  di  fallimento  di
 questa  ultima,  con  ordinanza  dell'8 gennaio 1991 (R.O. n. 310 del
 1991),  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale,
 dell'art.  1, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267,
 nella parte in cui esclude che siano considerate piccoli imprenditori
 le societa' artigiane  non  costituite  nella  forma  di  societa'  a
 responsabilita' limitata;
      che, a parere del remittente, sarebbero violati:
        a)   l'art.   3  della  Costituzione,  per  la  disparita'  di
 trattamento che si verifica tra i piccoli imprenditori artigiani e le
 societa' artigiane di modeste dimensioni come quella in controversia;
        b) l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto non
 sarebbe possibile  alla  societa'  artigiana  di  modeste  dimensioni
 provare  la  possidenza  dei  requisiti richiesti per la qualifica di
 piccolo imprenditore;
        c) l'art. 45, secondo comma, della Costituzione, in  combinato
 disposto  con  gli  artt.  3  e  35 della Costituzione, in quanto non
 sarebbe consentito alla societa' artigiana di modeste  dimensioni  di
 provare  la  prevalenza  del lavoro dei soci sul capitale, nonostante
 l'avvenuta iscrizione nell'albo delle imprese artigiane;
      che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta nel  giudizio
 in  rappresentanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, ha
 concluso per la inammissibilita' della questione;
    Considerato che questa Corte, con sentenza n. 54 del 1991, ha gia'
 dichiarato la illegittimita' costituzionale della norma ora di  nuovo
 denunciata;
      che, pertanto, essa e' ormai espunta dall'ordinamento giuridico;
      che,   quindi,   la   questione   sollevata   deve   dichiararsi
 manifestamente infondata;
    Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte costituzionale.