ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita'  costituzionale  della  legge  9  gennaio
 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in
 materia  di  uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di
 sviluppo delle fonti rinnovabili di  energia)  promossi  con  ricorsi
 della  provincia  autonoma  di  Bolzano, della regione autonoma della
 Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Trento notificati  il  15
 febbraio 1991, depositati in cancelleria il 20, 22 e 25 febbraio 1991
 ed  iscritti  rispettivamente  ai  nn. 6, 9 e 11 del registro ricorsi
 1991;
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'8  ottobre  1991  il  giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per  la  provincia
 autonoma  di Bolzano, Gustavo Romanelli per la regione autonoma della
 Valle d'Aosta e Valerio Onida per la provincia autonoma di  Trento  e
 l'avvocato  dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - La legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme  per  l'attuazione  del
 piano  energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia,
 di risparmio energetico e di  sviluppo  delle  fonti  rinnovabili  di
 energia)  e'  stata  impugnata,  con distinti ricorsi, dalle province
 autonome di Trento e  di  Bolzano  e  dalla  regione  autonoma  Valle
 d'Aosta,  che  ne  hanno  censurato  norme, in parte coincidenti e in
 parte  diverse,  lamentando   la   violazione   di   piu'   parametri
 costituzionali.
    2.  -  La provincia autonoma di Trento, nella parte espositiva del
 suo ricorso, ricorda che la legge 29 maggio 1982, n. 308  (Norme  sul
 contenimento   dei   consumi  energetici,  lo  sviluppo  delle  fonti
 rinnovabili  di  energia  e  l'esercizio   di   centrali   elettriche
 alimentate  con  combustibili diversi dagli idrocarburi) detto' norme
 per l'erogazione di contributi e  incentivi  nel  settore  specifico,
 disponendo  la  delega  indistintamente  alle regioni e alle province
 autonome delle relative funzioni  amministrative  e  conferendo  alle
 stesse  una  potesta'  legislativa  di attuazione; tali disposizioni,
 peraltro,  venivano  ad  interessare  oggetti  che  la  legge  stessa
 riconosceva  ricompresi  nelle  materie  di  competenza  provinciale,
 avendo  fatto  espressamente  salve,  in  apposita  disposizione,  le
 competenze delle due province autonome.
    Avverso quella disciplina fu proposto ricorso dalle  stesse  prov-
 ince  autonome  e,  nelle  more del giudizio, sopravvenne la legge 21
 aprile 1983, n. 127 (Salvaguardia  della  competenza  delle  province
 autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  in  materia di contenimento dei
 consumi energetici e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia),
 che espressamente riconosceva le attribuzioni proprie delle due prov-
 ince nello specifico  settore,  sottraendole  cosi'  alla  disciplina
 della  delega  prevista in via generale dalla precedente legge n. 308
 del 1982.
    La ricorrente ricorda, altresi', che la disciplina  della  materia
 e'  oggi, nel proprio territorio, organicamente contenuta in un testo
 coordinato delle leggi provinciali che si sono  succedute  nel  tempo
 (decreto  del  presidente della giunta provinciale 24 settembre 1986,
 n. 9-33/Legisl.) oltre che nella legge provinciale 22 dicembre  1980,
 n. 42.
    La  legge  n.  10  del 1991 avrebbe ora, ad avviso della provincia
 ricorrente, nuovamente accentrato in  capo  allo  Stato  la  potesta'
 normativa   e   gli   interventi   anche  in  materie  di  competenza
 provinciale, senza piu' disporre la salvaguardia delle  attribuzioni,
 costituzionalmente  garantite,  cosi'  come  aveva  provveduto a fare
 appunto la ricordata legge n. 127 del 1983.
    Cio' premesso, e passando al  merito  delle  singole  censure,  la
 ricorrente  in  via  cautelativa  denuncia  l'art.  4, primo, terzo e
 quinto  comma,  della  legge  che,  prevedendo   la   emanazione   di
 regolamenti statali (sia pure "sentite" - ma non in tutti i casi - le
 regioni  e le province autonome), destinati a dettare criteri e norme
 in settori di materie in tutto o in parte di competenza  provinciale,
 lederebbe   le   proprie   competenze   statutarie.  Cio'  avverrebbe
 nonostante che l'art. 16, secondo comma, della stessa legge  disponga
 la   salvaguardia   delle   attribuzioni  provinciali,  poiche'  tale
 salvaguardia  sarebbe  pur  sempre  limitata   dal   rispetto   delle
 "prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale
 contenute  nella  ..  legge  e  nelle direttive del CIPE". Poiche' e'
 dubbio se  una  siffatta  disposizione  consenta  alla  provincia  di
 dettare  norme  anche  in  deroga  ai detti regolamenti statali nelle
 materie di  propria  competenza,  ovvero  se  tutte  le  disposizioni
 regolamentari   statali   debbano   intendersi   quali  "prescrizioni
 tecniche" nel  senso  di  cui  sopra,  e  quindi  inderogabili  dalla
 provincia - come puo' desumersi anche dalla previsione (contenuta nel
 primo  e  terzo  comma,  e  non  invece  nel quinto comma) del parere
 preventivo della provincia - nell'ipotesi in cui gli artt.  4  e  16,
 nel  loro  combinato  disposto, debbano interpretarsi nel secondo dei
 sensi indicati,  si  avrebbe  una  palese  lesione  delle  competenze
 provinciali  riconosciute  dall'art.  8,  nn.  5,  10,  18, 21, dello
 statuto  (d.P.R.   31   agosto   1972,   n.   670)   nelle   materie,
 rispettivamente,   dell'urbanistica,   dell'edilizia,  dei  trasporti
 pubblici  di  interesse  provinciale,  nonche'  degli   impianti   di
 interesse agricolo, zootecnico e forestale.
    Anche l'art. 5 della legge e' oggetto di gravame, la' dove prevede
 che   la   provincia  addivenga  ad  una  "intesa"  con  l'ENEA,  per
 l'individuazione dei bacini idonei agli interventi di  uso  razionale
 dell'energia  e di utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, ed ad
 un  "coordinamento" con lo stesso ente statale per la predisposizione
 del relativo piano  provinciale.  La  previsione  di  siffatte  forme
 anomale  di  raccordo  tra  un  ente  politico territoriale, quale la
 provincia, e un ente funzionale tecnico, qual'e' l'ENEA,  sarebbe  di
 per  se'  lesiva dell'autonomia provinciale, per di piu' considerando
 che il quarto comma dello stesso art. 5 prevede il potere sostitutivo
 del Ministro dell'industria, in caso di inadempimento della provincia
 trascorsi i termini ivi indicati (180 giorni dall'entrata  in  vigore
 della   legge),   inadempimento   che   puo'  anche  dipendere  dalla
 impossibilita'  di  addivenire  all'intesa  a  causa   dell'eventuale
 disaccordo dell'ENEA.
    Inoltre,  l'ipotizzato  potere sostitutivo non avrebbe i requisiti
 di legittimita' indicati dal giudice delle leggi, sia perche' attiene
 ad un atto di programmazione dal contenuto largamente  discrezionale,
 sia  perche'  e'  affidato  a  un  singolo ministro su proposta di un
 organismo  tecnico,  anziche'  al  Governo,  sia  infine  perche'  e'
 esercitato senza alcuna previa diffida.
    Specifiche  censure  vengono  poi  rivolte all'art. 9 della legge,
 che, disponendo la delega alla provincia in tema  di  concessione  ed
 erogazione   dei   contributi  previsti  dagli  artt.  8,  10  e  13,
 concernenti  interventi  nell'edilizia  e  nei  settori  industriale,
 artigianale,   terziario   e   agricolo,   riproporrebbe  un  sistema
 (competenza nella materia allo Stato e  delega  dell'esercizio  delle
 funzioni  alla  provincia)  gia' censurato in passato e superato, con
 l'esplicito  riconoscimento  della  competenza   provinciale,   dalla
 ricordata legge n. 127/1983.
    La  norma  impugnata  sarebbe  pertanto  in contrasto con l'art. 8
 dello statuto per quanto concerne l'urbanistica  (n.  5),  l'edilizia
 (n.  10),  l'artigianato  (n.  9),  le comunicazioni e i trasporti di
 interesse provinciale (n. 18),il turismo  e  l'industria  alberghiera
 (n.  20),  l'agricoltura  (n.  21)  e  con l'art. 9 dello statuto per
 quanto attiene al commercio (n. 3), agli esercizi  pubblici  (n.  7),
 all'incremento della produzione industriale (n. 8).
    Dopo   aver   ricordato  che  le  varie  categorie  di  contributi
 richiamate dalla disposizione censurata sono attualmente  previste  e
 disciplinate,  nel  territorio provinciale, dal citato testo unico, e
 precisamente dagli artt. 3- bis , 3- ter ,  3-quater,  3-quinquies  e
 3-septies,  la  ricorrente rileva che la disciplina statale e' per di
 piu'  contraddittoria  rispetto  all'espresso  riconoscimento   delle
 competenze  della  provincia  autonoma  operato dall'art. 16, secondo
 comma, della stessa legge n. 10.
    Quanto all'art. 18 della legge - nella parte in cui disciplina  le
 modalita'  di concessione ed erogazione di taluni contributi a favore
 di soggetti che producono energia elettrica  per  usi  propri  o  per
 cederla  all'ENEL,  e affida ad un decreto ministeriale la fissazione
 dei criteri di  valutazione  delle  domande  di  finanziamento  -  la
 provincia  ricorrente  osserva  che  la  disposizione  impugnata  non
 differenzia in alcun modo i  detti  contributi  distinguendoli,  come
 invece  fa  l'art. 14, terzo comma, richiamato nella norma censurata,
 tra quelli di competenza statale e quelli di competenza  provinciale.
 Ove  pertanto  non  fosse possibile, in via interpretativa, dare alla
 norma un significato  conforme  alle  disposizioni  che  garantiscono
 l'autonomia  della  provincia,  sarebbe  ravvisabile l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 18 in questione per violazione dell'art. 9,
 n. 9, dello statuto che attribuisce alla provincia la  materia  della
 utilizzazione  delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a
 scopo idroelettrico.
    2. - La provincia autonoma di Bolzano, nel  suo  ricorso,  impugna
 numerose norme della legge n. 10 del 1991 (e, segnatamente, gli artt.
 2, primo comma, 4, primo, terzo, quarto e quinto comma, 8, 9, 10, 13,
 17,  18  e 38) per violazione di molteplici parametri costituzionali,
 svolgendo  considerazioni  solo  in  parte  coincidenti  con   quelle
 contenute nel ricorso dell'altra provincia autonoma.
    Ricordato   che   la   materia  regolata  dalla  legge  n.  10  e'
 disciplinata, nel territorio provinciale, oltreche'  da  disposizioni
 del  c.d. pacchetto per l'Alto Adige (misure 30 e 118), da specifiche
 norme statutarie (artt.  12,  13  e  14),  dalle  relative  norme  di
 attuazione  (d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381 e 26 marzo 1977 n. 235), dal
 sistema finanziario provinciale (titolo VI dello statuto,  modificato
 con legge 30 novembre 1989 n. 386), da leggi statali di principio che
 derogano  alla disciplina nazionale ( tra cui la legge 12 aprile 1983
 n. 127), ed infine dalla legge provinciale 5 maggio 1987 n.  11,  che
 reca  nuove  norme  sul  contenimento  dei  consumi  energetici  e lo
 sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, la provincia  ricorrente
 denuncia  in  primo luogo l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2
 della  legge   che,   subordinando   l'esercizio   delle   competenze
 provinciali  alle  direttive del CIPE per il coordinato impiego degli
 strumenti di intervento  nella  specifica  materia  e  limitandosi  a
 prevedere   che   le   province  autonome  siano  soltanto  "sentite"
 nell'adozione delle dette direttive,  violerebbe  (oltre  agli  altri
 parametri  sopra citati, anche) l'art. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16,
 17, 18, 19, 20, 21, 24 e 28, e l'art. 9, nn. 3, 8, 9, 10 e 11,  dello
 statuto   speciale,   che  riconoscono  competenze,  rispettivamente,
 primarie e secondarie nelle diverse materie ivi indicate, nonche' gli
 artt. 16, primo comma, 104 e 107 del medesimo statuto.
    In particolare la ricorrente sottolinea che l'art. 9  delle  norme
 di  attuazione, recate dal d.P.R. 26 marzo 1977 n. 235, in materia di
 produzione e  distribuzione  di  energia  idroelettrica,  prevede  la
 costituzione  di  un  comitato  paritetico composto di rappresentanti
 dello Stato e della provincia, al quale e' affidata,  tra  le  altre,
 una  competenza  del tutto identica a quella attribuita al CIPE dalla
 norma impugnata.
    Nel ricorso si sostiene, poi, che l'art. 4, della legge - prevede-
 ndo l'adozione di regolamenti  governativi  per  definire  i  criteri
 generali   tecnico-costruttivi   per   l'edilizia   sovvenzionata   e
 convenzionata (primo comma), per gli impianti di interesse  agricolo,
 zootecnico  e  forestale  (terzo  comma),  nonche'  le  modalita'  di
 contenimento dei consumi energetici in materia di  trasporti  (quinto
 comma)  -  inciderebbe  in  materie affidate alla competenza primaria
 della provincia in forza dell'art. 8, nn. 3, 5, 6,  10  e  17,  dello
 statuto  (tutela  e conservazione del patrimonio storico, artistico e
 popolare; urbanistica  e  piani  regolatori;  tutela  del  paesaggio;
 edilizia  sovvenzionata;  viabilita' e acquedotti), dello stesso art.
 8, nn. 9, 16 e 21 (artigianato; alpicoltura e parchi;  agricoltura  e
 foreste),   e   ancora   dell'art.   8,  nn.  17  e  18  (viabilita',
 comunicazioni e trasporti).
    Inoltre   il  quarto  comma  del  medesimo  art.  4,  che  prevede
 l'adozione di un analogo regolamento governativo  per  la  fissazione
 dei  criteri  di  progettazione, costruzione,esercizio e manutenzione
 degli impianti termici e  aspetti  connessi,  invaderebbe  ad  avviso
 della  ricorrente  la  competenza  provinciale,  dal  momento  che la
 materia e' gia' compiutamente disciplinata dall'art. 9 delle norme di
 attuazione recate dal d.P.R. 26 marzo 1977 n. 235 e  dalla  ricordata
 legge  provinciale  n.  11  del 1987. L'illegittimita' costituzionale
 deriverebbe,  pertanto,  dalla  violazione  delle  citate  norme   di
 attuazione.
    Nel ricorso, poi, e' impugnato l'art. 5 della legge che, imponendo
 alla   provincia  l'individuazione  di  bacini  (primo  comma)  e  la
 predisposizione  di  un  piano  (secondo   comma),   rispettivamente,
 "d'intesa"  e  "in  coordinamento"  con l'ENEA, oltreche', per quanto
 concerne la  predisposizione  del  piano,  "d'intesa"  con  gli  enti
 locali,   e   prevedendo   il   potere   sostitutivo   del   Ministro
 dell'industria anziche'  del  Governo,  senza  alcun  preavviso  alla
 provincia  (quarto  comma)  ed infine imponendo ai comuni determinati
 adempimenti (quinto comma), si porrebbe in contrasto con gli  artt.8,
 n. 24 (opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria), 9 n.
 9  (utilizzazione  delle  acque  pubbliche  per piccole derivazioni a
 scopo idroelettrico), e 8, nn. 5 (urbanistica) e 10 (edilizia)  dello
 statuto, oltreche' con l'art. 14, ultimo comma, del medesimo statuto,
 ai  sensi  del  quale per le grandi derivazioni l'utilizzazione delle
 acque pubbliche avviene  in  base  ad  un  piano  generale  stabilito
 d'intesa  tra  lo  Stato  e  la  provincia  in  un  apposito comitato
 paritetico.
    L'art. 8 della legge sarebbe poi  viziato  di  incostituzionalita'
 perche'  sottrarrebbe  alla  competenza  provinciale  la  potesta' di
 concedere agevolazioni a  sostegno  di  diversi  settori,  prevedendo
 soltanto   la   delega   per   l'esercizio  delle  relative  funzioni
 amministrative, in violazione degli artt. 8, nn. 9, 17,  18,  20,  21
 (artigianato,  viabilita',  turismo,  agricoltura),  9,  nn.  3  e 11
 (commercio, sport), 15  (assegnazione  alla  provincia  di  quote  di
 stanziamenti  statali per l'incremento delle attivita' industriali) e
 16, primo comma  (potesta'  amministrativa  della  provincia),  dello
 statuto.
   Analoghe  censure  sono rivolte all'art. 9 della legge e agli artt.
 10 e 13 ivi richiamati, che disciplinerebbero settori  ricompresi  in
 materie   affidate   alla  competenza  primaria  o  secondaria  della
 provincia. In particolare l'art. 9 violerebbe anche  l'art.  5  della
 legge  sulla  finanza  regionale e provinciale (l. n. 386 del 1989) -
 che e' una  legge  rinforzata,  in  quanto  varata  d'intesa  con  la
 provincia   -   ove   si   prevede   l'assegnazione  pro-quota  degli
 stanziamenti e non  un  sistema  in  cui  la  provincia  raccoglie  e
 trasmette  soltanto  domande di finanziamento e, sulle somme residue,
 decide direttamente il solo ministro.
    Egualmente incostituzionali sarebbero gli  artt.  17  e  18  della
 legge  che, dettando le modalita' di concessione, cumulo e revoca dei
 contributi in settori di competenza  provinciale,  si  porrebbero  in
 contrasto  con  gli  artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19,
 20, 21, 24 e 28, 9, nn. 3, 8, 9, 10 e 11, 12, 13, 14, 15 e 16,  primo
 comma, dello statuto.
    Da  ultimo  e'  impugnato  l'art.  38  della  legge che dispone la
 ripartizione e la riduzione dei fondi in  violazione  del  titolo  VI
 dello  statuto  (autonomia  finanziaria  provinciale)  e  della legge
 rinforzata n. 386 del 1989.
    3. - La regione autonoma Valle d'Aosta impugna gli artt. 2,  primo
 comma,  4,  primo,  terzo e quinto comma, 5, primo, secondo, quarto e
 quinto comma, 8, 9, 10, 13, 17, 18 e 38 della legge n. 10  del  1991,
 per  violazione  degli  artt.  2,  3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 12 dello
 statuto (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) e delle norme di
 attuazione recate dal d.P.R. 27 dicembre 1985 n. 1142 in  materia  di
 industria, commercio, produzione e trasformazione di energia.
    In   piu'   la  ricorrente  invoca,  quale  ultimo  parametro,  la
 violazione dell'art. 116 della Costituzione perche' la legge sospetta
 di  incostituzionalita',  quando  fa  riferimento   alla   preventiva
 consultazione  delle  regioni,  pone  quelle a statuto speciale sullo
 stesso piano di quelle a  statuto  ordinario,  senza  considerare  la
 particolare autonomia delle prime.
    4.  -  In tutti e tre i giudizi si e' costituito il Presidente del
 Consiglio dei ministri con autonomi atti, nei quali  ricorda  in  via
 generale  che  la  legge  impugnata e' attuativa del piano energetico
 nazionale e costituisce, unitamente alla coeva legge n. 9  del  1991,
 un complesso organico e coordinato di norme dettate in riferimento ad
 un programma di grande interesse nazionale, che supera e assorbe ogni
 interesse locale e settoriale.
    Per  quanto riguarda i ricorsi delle province autonome di Trento e
 di  Bolzano,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ne  contesta   la
 fondatezza  sottolineando:  che  alcune  censure si rivolgono avverso
 norme di carattere tecnico,  rispondenti  ad  esigenze  generali  del
 paese,  di  esclusiva  competenza  statale;  che  sono tutt'altro che
 irrazionali forme di raccordo operativo con l'ENEA, ente pubblico con
 funzioni dello  Stato  dotato  di  specifica  e  primaria  competenza
 tecnica; che il previsto potere sostitutivo dello Stato e' esercitato
 pur  sempre  sentendo  gli  enti locali interessati; che i contributi
 disposti dalla legge sono di carattere aggiuntivo rispetto  a  quelli
 provinciali  e  la  funzione di erogazione con fondi statali ben puo'
 essere oggetto di delega;  che  alcune  delle  materie  invocate  nei
 ricorsi  sono  affidate  alla  competenza  concorrente delle province
 autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  da  esercitarsi  nel  rispetto
 dell'interesse  nazionale  e dei principi stabiliti dalle leggi dello
 Stato; che anche le invocate competenze  primarie  sono  condizionate
 dal  perseguimento  dell'interesse  nazionale e dall'attuazione delle
 riforme  economico-sociali,  tra   le   quali   puo'   legittimamente
 ricomprendersi  il  nuovo piano energetico nazionale; che, infine, in
 relazione all'impugnativa dell'art. 38 della legge, non e' consentito
 alle  ricorrenti  avanzare   pretese   circa   il   mantenimento   di
 stanziamenti  gia' disposti, quando i vecchi benefici siano assorbiti
 in quelli nuovi di maggiore spessore e funzionalita'.
    In relazione,  invece,  alle  questioni  sollevate  dalla  regione
 autonoma  Valle  d'Aosta,  la  difesa  dello  Stato  ne  sostiene  la
 inammissibilita', in quanto  non  sarebbero  specificate  le  singole
 censure  mosse  alle  varie  disposizioni  della  legge;  nel merito,
 comunque, ne sostiene la infondatezza per gli  stessi  motivi  svolti
 negli altri giudizi.
    5.  -  In  prossimita'  dell'udienza  hanno  presentato memorie la
 provincia autonoma di Bolzano, la regione della Valle  d'Aosta  e  la
 difesa dello Stato per ribadire le rispettive tesi.
    6. - Sempre in prossimita' dell'udienza, ma comunque tardivamente,
 la  societa'  Edison  ha  depositato tre atti di intervento nei quali
 chiede,   in   via   preliminare,   che   la   Corte   si    pronunci
 sull'ammissibilita'  degli  stessi,  in riferimento all'art. 24 della
 Costituzione e al principio del contradditorio;  nel  merito,  svolge
 considerazioni sia d'ordine generale sul significato della legge, sia
 in relazione alle singole censure.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  province  autonome  di Trento e di Bolzano e la regione
 autonoma Valle d'Aosta hanno impugnato alcune  norme  della  legge  9
 gennaio  1991,  n.10  (Norme  per  l'attuazione  del piano energetico
 nazionale in materia di  uso  razionale  dell'energia,  di  risparmio
 energetico  e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) perche'
 avrebbero, in violazione di numerosi parametri costituzionali, invaso
 le  competenze  legislative  ed   amministrative   riconosciute   dai
 rispettivi statuti nelle materie da esse disciplinate.
     Le  censure  contenute  nel  ricorso  della provincia autonoma di
 Trento riguardano gli artt. 4, primo, terzo e  quinto  comma,  5,  9,
 primo  comma,  e 18 della legge, che violerebbero gli artt. 8, nn. 5,
 9, 10, 17, 18, 20, 21 e 28; 9, nn. 3, 8,  9,  11;  16  dello  statuto
 speciale  nonche'  le  norme  del  titolo  VI  dello  stesso statuto,
 concernente l'autonomia finanziaria provinciale, e le relative  norme
 di attuazione.
    La provincia autonoma di Bolzano nel proprio ricorso censura norme
 in  parte  identiche  e in parte diverse, e precisamente gli artt. 2,
 primo comma, 4, primo,  terzo,  quarto  e  quinto  comma,  5,  primo,
 secondo,  quarto e quinto, 8, 9, 10, 13, 17, 18 e 38 della legge, per
 violazione degli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20,
 21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 15; 16, primo  comma;
 104  e 107 dello statuto e delle relative norme di attuazione, di cui
 in particolare i d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e 26  marzo  1977,  n.
 235, nonche' "delle disposizioni della legge 30 novembre 1989, n. 386
 e dell'articolo unico della legge 21 aprile 1983, n. 127".
    La  regione  autonoma  Valle d'Aosta denuncia sia la legge nel suo
 complesso che in particolare gli artt.  2,  primo  comma,  4,  primo,
 terzo e quinto comma, 5, primo, secondo, quarto e quinto comma, 8, 9,
 10,  13, 17, 18 e 38, per violazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8,
 9, 11 e 12  dello  statuto  regionale  nonche'  dell'art.  116  della
 Costituzione,  sostenendo la lesione di proprie competenze primarie e
 concorrenti in diverse materie e il mancato  rispetto  della  propria
 posizione quale soggetto ad autonomia differenziata.
    2. - Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate nei tre
 ricorsi  sono  in  parte  coincidenti,  in  parte analoghe e comunque
 connesse, onde i relativi giudizi possono essere riuniti  per  essere
 decisi con unica sentenza.
    3.1.  - Preliminarmente devono essere dichiarati inammissibili, in
 quanto in ogni caso tardivi, i singoli atti di intervento  depositati
 nella cancelleria di questa Corte in data 2 ottobre 1991 dalla Edison
 s.p.a. nei giudizi relativi ai tre ricorsi.
    3.2.  - Deve poi essere esaminata la eccezione di inammissibilita'
 delle  questioni  proposte  dalla  regione  autonoma  Valle  d'Aosta,
 formulata  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato all'atto della sua
 costituzione  in  giudizio,  sotto  il  profilo  che  non   sarebbero
 specificate  le  singole  censure  mosse  alle  varie disposizioni di
 legge, ma verrebbero solo, nell'impugnativa,  formulate  "ipotesi  di
 contrasto  di  un  gruppo  di norme statali con un complesso di norme
 dello statuto speciale".
    L'eccezione deve essere accolta perche' la ricorrente si limita ad
 affermare che la legge  e,in  particolare,  dieci  articoli  di  essa
 sarebbero  "gravemente lesivi delle competenze primarie e concorrenti
 della  regione  autonoma  ..  essendo  stata  ignorata  la  posizione
 riconosciuta .. da norme di rilevanza costituzionale ed essendo state
 disattese  le  norme  dello  statuto  che  la  prevedono".  Quindi il
 ricorso, dopo avere fatto riferimento a dieci articoli dello statuto,
 prosegue con l'elencazione delle  materie  affidate  alla  competenza
 regionale  (urbanistica, artigianato, edilizia, tutela del paesaggio,
 flora e fauna, agricoltura e foreste, acquedotti e  lavori  pubblici,
 turismo  e  industria  alberghiera,  comunicazione e trasporti, opere
 idrauliche  ed  utilizzazione   delle   acque   pubbliche,   edilizia
 scolastica,  concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico)
 senza  specificare,  se  non  per  alcune  ed  in  modo   del   tutto
 insufficiente,  le  singole  questioni,  che  non  risultano  percio'
 sollevate ciascuna in riferimento allo specifico parametro statutario
 di riferimento,  onde  l'inammissibilita'  della  parte  del  ricorso
 concernente le censure rivolte contro i vari articoli della legge.
    3.3.  -  La  Corte, poi, rileva d'ufficio l'inammissibilita' della
 questione sollevata dalla regione Valle d'Aosta nei  confronti  della
 legge  nel  suo  complesso: data la genericita' della censura, non e'
 possibile difatti configurare i precisi termini della  questione  che
 si e' inteso proporre.
    Al  riguardo  e  in  via  generale,  questa  Corte  ha  piu' volte
 affermato (sentenze nn. 517 del 1989, 998, 1111  del  1988,  459  del
 1989  e  85  del  1990)  che  in  ogni questione di costituzionalita'
 sollevata nei ricorsi in via principale, l'onere della motivazione ha
 la sua giustificazione logica nell'esigenza di dedurre il presupposto
 della impugnazione, onde consentire il vaglio in limine  litis  della
 concreta   sussistenza  dello  specifico  interesse  a  ricorrere  in
 relazione alle singole disposizioni impugnate, nonche' nella esigenza
 di determinare l'oggetto della questione sottoposta  al  giudizio  di
 costituzionalita'. Nel caso in esame le norme che compongono la legge
 n.  10  del  1991  non  costituiscono  un  corpo unitario, sicche' la
 motivazione, gia' insufficiente per le questioni riferite  a  singole
 norme, non puo' valere nei riguardi della legge nel suo complesso.
    3.4.   -   Parimenti  inammissibile  e'  la  questione  sollevata,
 anch'essa  dalla  regione  autonoma  Valle  d'Aosta,  nei   confronti
 dell'intera  legge  n. 10 del 1991, in riferimento all'art. 116 della
 Costituzione, nel rilievo che questa, nel prevedere la  consultazione
 delle  regioni, porrebbe sullo stesso piano quelle a statuto speciale
 e quelle a statuto ordinario. Osserva al riguardo la Corte che, oltre
 alla genericita' dei motivi posti a fondamento  della  questione,  in
 ogni  caso  le  regioni a statuto speciale, diversamente da quanto e'
 dato di riscontrare nella specie, possono invocare la salvaguardia di
 proprie competenze solo facendo riferimento alle norme statutarie che
 fissano i modi ed i limiti della loro competenza e, quindi,  la  sola
 circostanza  che  in  una  determinata  disciplina  esse  siano state
 equiparate alle regioni a statuto ordinario e' priva  di  conseguenze
 sul  terreno  della  legittimita'  costituzionale,  qualora non venga
 dedotta la violazione di precisi parametri statutari.
    3.5. - Il ricorso della Valle d'Aosta, considerato in tutti i suoi
 aspetti, e' percio' inammissibile.
    4. - Per consentire, nel loro giusto inquadramento, l'esame  delle
 questioni  sollevate  dalle province autonome, e' utile precisare che
 la legge 9 gennaio 1991, n.  10,  che  rappresenta,  unitamente  alla
 coeva  legge  n.  9  del  1991,  uno  degli strumenti predisposti per
 l'attuazione  del  piano  energetico  nazionale  (d'ora   in   avanti
 denominato  PEN),  reca norme in materia di risparmio energetico e di
 contenimento del consumo di energia negli edifici  ed  ha  lo  scopo,
 dichiarato  nella  relazione  illustrativa  del  relativo  disegno di
 legge, di favorire, attraverso  un  uso  razionale  dell'energia,  lo
 sviluppo  economico-sociale del paese e la competitivita' del sistema
 produttivo nazionale, salvaguardando al tempo stesso le  fondamentali
 esigenze di tutela dell'ambiente e della salute umana.
    La  normativa  prevede,  quindi, una serie di interventi, in linea
 con le indicazioni programmatiche del PEN, dirette "ad una stabile  e
 sistematica  gestione  della offerta e anche della domanda di energia
 attraverso  l'adeguamento  delle  normative,  gli  incentivi  e   gli
 interventi   pubblici".   Il   titolo   I  reca  la  revisione  della
 legislazione vigente (legge 29 maggio 1982, n.  308)  in  materia  di
 risparmio  energetico  e  di  sviluppo  delle  fonti  rinnovabili  di
 energia; il titolo II introduce una nuova disciplina organica per  il
 contenimento  dei  consumi negli edifici, in sostituzione della legge
 30 aprile 1976, n.  373,  e  il  titolo  III  detta  le  disposizioni
 finanziarie.
    Da  una constatazione di insieme, la legge si presenta quindi come
 diretta a realizzare un preminente interesse nazionale, di  carattere
 generale,  non  suscettibile  di  frazionamento a livello locale, nel
 presupposto della rispondenza del risparmio  energetico  ad  esigenze
 unitarie dell'economia del paese.
    Tuttavia,  pur in presenza di tali indubitabili esigenze unitarie,
 va anche considerato che il  settore  dell'energia  incide  su  altri
 diversi  settori  sociali  ed  economici, di sviluppo produttivo e di
 benessere in genere, alcuni  dei  quali  ricompresi  nella  sfera  di
 competenza  delle regioni o delle province autonome in relazione alle
 materie di loro spettanza.
    In presenza di siffatta realta'  si  manifesta  l'esigenza  di  un
 coordinamento  procedimentale  dei  diversi  enti pubblici di livello
 costituzionale titolari di proprie attribuzioni, da attuarsi mediante
 forme idonee a salvaguardare  gli  interessi  pubblici  non  omogenei
 affidati  alla  cura  dei vari enti pubblici nel rispetto del diverso
 grado di autonomia di ciascuno di essi, secondo  il  principio,  piu'
 volte affermato da questa Corte, della leale collaborazione tra Stato
 e soggetti delle autonomie. Ed e' alla luce di tali principi che deve
 essere affrontato l'esame delle specifiche questioni.
    5.1.  -  L'art. 2 della legge, denunciato dalla provincia autonoma
 di Bolzano, prevede che il CIPE fissi le "direttive per il coordinato
 impiego degli strumenti pubblici di intervento  e  di  incentivazione
 della  promozione,  della  ricerca,  dello  sviluppo tecnologico, nei
 settori della produzione, del recupero e  dell'utilizzo  delle  fonti
 rinnovabili di energia e del contenimento dei consumi energetici".
    La  norma  dispone  che molti soggetti partecipino al procedimento
 per la determinazione di dette  direttive,  e  tra  questi  coinvolge
 anche  le regioni e le province autonome,prevedendo all'uopo che esse
 vengano "sentite".
    La doglianza della ricorrente muove  dal  rilievo  che  la  norma,
 subordinando  alle  direttive  del  CIPE l'esercizio delle competenze
 provinciali dirette  all'uso  razionale  dell'energia,  al  risparmio
 energetico  e  allo  sviluppo  delle  relative  fonti, si porrebbe in
 contrasto con le norme statutarie in materia di energia (artt. 12, 13
 e 14), con quelle che indicano le competenze provinciali  primarie  e
 secondarie  in  numerose  materie (artt. 8 e 9), con il principio del
 parallelismo tra competenze legislative e amministrative  (art.  16),
 nonche'  con le misure 30 e 118 del c.d. pacchetto per l'Alto Adige e
 le relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 22  marzo  1974,
 n.  381  e  26  marzo  1977,  n.  235,  in  materia  di  produzione e
 distribuzione di energia elettrica, le quali  prevedono  all'uopo  un
 comitato misto paritetico di coordinamento delle esigenze nazionali e
 provinciali  incaricato dei medesimi compiti attribuiti al CIPE dalla
 norma impugnata. Viene inoltre denunciata la violazione del titolo VI
 e degli artt. 104 e 107 dello statuto e "del principio sancito" dalla
 legge 21 aprile 1983, n. 127.
    5.2. - La questione, considerata in riferimento ai vari  parametri
 invocati, non e' fondata nei sensi che verranno qui precisati.
    La  norma  impugnata, difatti, affida al CIPE di dettare direttive
 "per la coordinata attuazione del piano energetico nazionale al  fine
 di  raggiungere  gli  obiettivi di cui all'art. 1" e cioe' quelli "di
 migliorare i processi di trasformazione dell'energia,  di  ridurre  i
 consumi  di  energia  e di migliorare le condizioni di compatibilita'
 ambientale dell'utilizzo dell'energia a parita' di servizio reso e di
 qualita' della vita"; per il conseguimento di tali fini  si  indicano
 taluni   strumenti,   quali   "l'uso   razionale   dell'energia,   il
 contenimento dei consumi .., l'utilizzazione delle fonti  rinnovabili
 ..,  la  riduzione  dei consumi specifici .. nei processi produttivi,
 una piu' rapida sostituzione degli impianti .., anche  attraverso  il
 coordinamento   tra   le  fasi  di  ricerca  applicata,  di  sviluppo
 dimostrativo e di produzione industriale".
    Considerate, da un canto, la rilevanza sul piano  nazionale  delle
 finalita'   che   la  legge  intende  perseguire  e,  dall'altro,  la
 complessita' dei  previsti  interventi,  che  coinvolgono  competenze
 statali  e  regionali  nei  diversi  comparti  economici interessati,
 appare ragionevole che il legislatore si sia dato carico di  disporre
 il  necessario  coordinamento delle azioni e degli strumenti pubblici
 di  intervento,  affidando  il  compito  di  dettare  le   necessarie
 direttive, per la prima volta entro 180 giorni dall'entrata in vigore
 della  legge  e  successivamente  con cadenza almeno triennale, ad un
 organo interministeriale  di  programmazione  (CIPE)  coadiuvato  dai
 pareri  di  una  serie  di  altri  ministri  responsabili dei diversi
 settori interessati dalla nuova disciplina nonche'  delle  regioni  e
 delle province autonome.
    Per  queste  considerazioni le competenze provinciali, nelle varie
 materie  invocate  dalla  ricorrente  mediante  riferimento  a   piu'
 parametri,  non  possono  ritenersi lese dalle funzioni attribuite al
 CIPE, proprio al fine di una coordinata attuazione del PEN  e  quindi
 per   un   indubbio   interesse  nazionale  rivolto  a  piu'  settori
 interessati ai problemi  energetici,  in  una  visione  unitaria  dei
 medesimi.  Non  puo'  ritenersi,  pero',  che  le  suddette  funzioni
 affidate al CIPE sostituiscano quelle  che  le  norme  di  attuazione
 (art.  9  d.P.R.  n.  235  del  1977) attribuiscono al comitato misto
 paritetico di coordinamento per le attivita' elettriche, perche', nel
 silenzio della legge, devesi ritenere che siano in  ogni  caso  fatte
 salve  le  competenze  di  detto  comitato nei limiti in cui gli sono
 attribuite. E cio' perche' le norme di attuazione sono espressione di
 una "competenza legislativa atipica" (  sentenza  n.  224  del  1990)
 diretta  a  specificare  la norma statutaria, esigendo il rispetto da
 parte del legislatore ordinario in  virtu'  del  carattere  di  norme
 interposte  che  in tal modo assumono. Di conseguenza, in mancanza di
 una chiara manifestazione di volonta' della norma impugnata,  diretta
 ad  escludere  la  competenza del comitato misto paritetico, la norma
 stessa deve essere interpretata nel senso  di  far  salvi  i  compiti
 istituzionali  attribuiti al comitato stesso nei limiti della materia
 che lo riguarda.
    Resta quindi ferma la possibilita' per la provincia autonoma,  nel
 caso  che  le  direttive  del  CIPE interferiscano in concreto con le
 competenze in tal modo garantite, di far valere le proprie ragioni in
 sede di conflitto di attribuzione.
    6.1. - L'art. 4 della legge e' impugnato da entrambe  le  province
 autonome  nei  commi  primo,  terzo  e  quinto,  nonche',  dalla sola
 provincia di Bolzano, anche nel comma quarto, assumendo  entrambe  le
 ricorrenti  la  invasione  delle  competenze  legislative  in materia
 urbanistica, edilizia, trasporti e  impianti  di  interesse  agricolo
 (art. 8 nn. 5, 10, 18 e 21 dello statuto) e delle connesse competenze
 amministrative  (art. 16 dello statuto) ed inoltre (la sola provincia
 di Bolzano) la violazione delle proprie attribuzioni  in  materia  di
 tutela  e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare,
 tutela del  paesaggio,  artigianato,  alpicoltura  e  parchi  per  la
 protezione  della  flora e della fauna, viabilita' e acquedotti (art.
 8, nn. 3, 6, 9, 16, 17), anche in relazione alle norme di  attuazione
 (art.  9 d.P.R. 235 del 1977), queste ultime per il solo quarto comma
 impugnato.
    Dispongono le norme che, per facilitare  il  raggiungimento  degli
 obiettivi  fissati  nella  legge,  con  regolamenti  statali  saranno
 definiti i criteri generali tecnico-costruttivi e  le  tipologie  per
 l'edilizia  sovvenzionata  e convenzionata, pubblica e privata (primo
 comma) e i criteri generali per la costruzione o la  ristrutturazione
 degli  impianti  di interesse agricolo, zootecnico e forestale (terzo
 comma); saranno altresi' dettate le disposizioni per il  contenimento
 dei  consumi  di  energia riguardanti gli impianti termici ed aspetti
 connessi (quarto comma) nonche' le reti e le infrastrutture  relative
 ai  trasporti  e ai mezzi di trasporto terrestre, ed aereo pubblico e
 privato (quinto comma).
    Salva l'ipotesi di cui al quinto comma, e' poi sempre previsto che
 i detti  regolamenti  siano  adottati  sentiti,  oltre  il  Consiglio
 nazionale  delle  ricerche  e  l'ENEA  (o  gli  enti  energetici, per
 l'ipotesi del quarto comma), anche le regioni e le province autonome.
    Mentre la provincia di Bolzano contesta in radice che possa essere
 emanato un regolamento statale in materie di competenza  provinciale,
 la   provincia  di  Trento  formula  la  sua  censura  in  modo  piu'
 articolato.
    Quest'ultima  ricorrente, infatti - dopo aver ricordato che l'art.
 16, secondo comma, della legge fa salva la  potesta'  delle  province
 autonome  di  emanare  norme legislative sul contenimento dei consumi
 energetici  nelle  materie  di  loro  competenza,  ma   esclude   "le
 prescrizioni  tecniche  rispondenti a esigenze di carattere nazionale
 contenute nella presente legge e nelle direttive del CIPE"  -  rileva
 che non e' "chiaro se tale clausola di salvaguardia significhi che la
 provincia  conserva  la  potesta'  di dettare norme anche in deroga a
 quelle dei regolamenti statali riguardanti  materie  in  tutto  o  in
 parte  di  competenza  provinciale  ..  salve  le  sole  prescrizioni
 tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale .., ovvero se
 tutte le norme  dei  regolamenti  ..  sono  dalla  legge  considerate
 prescrizioni tecniche .. (di quel tipo), come tali inderogabili dalla
 provincia".  La  provincia  di Trento, di conseguenza, formula questa
 censura in via  cautelativa,  per  il  caso  che  gli  art.  4  e  16
 suindicati siano da interpretare nel secondo dei modi indicati.
    6.2. - Le questioni non sono fondate.
    Osserva  in  proposito  la  Corte che nelle norme impugnate non e'
 prospettabile   invasione   di   competenze   provinciali,   per   la
 considerazione che esse si limitano a demandare a fonti regolamentari
 l'adozione  di  un  complesso  di  norme  tecniche  che rispondono ad
 esigenze di carattere unitario per l'intero territorio del paese,  in
 vista  del  perseguimento  delle  finalita',  di  rilievo  nazionale,
 inerenti al risparmio energetico.
    Si tratta invero  di  definire  criteri  costruttivi  e  tipologie
 comuni  da  valere per tutto il territorio dello Stato, se si intende
 concretamente conseguire l'obiettivo di  rilevanza  nazionale  di  un
 risparmio  nell'uso dell'energia, in considerazione della limitatezza
 delle  risorse  disponibili  e  della  dipendenza  dall'estero  negli
 approvvigionamenti.  Ed  una valutazione di tal genere, senza violare
 le competenze regionali e provinciali, ben puo' essere affidata,  per
 gli  aspetti  squisitamente  tecnici  sui  quali essa si basa, ad una
 regolamentazione dello Stato, non coinvolgendo  scelte  ed  indirizzi
 d'ordine  politico-amministrativo  spettanti ai soggetti di autonomia
 nelle materie loro attribuite (sentenze n. 924 del 1988, n.  242  del
 1989 e n. 139 del 1990, n. 49 del 1991).
    Quanto  poi  all'eventuale  inconveniente  posto in evidenza dalle
 ricorrenti - le quali sostengono che nonostante la salvaguardia delle
 competenze di Trento e  Bolzano,  dichiarata  dall'art.  16,  secondo
 comma,  della  legge,  con  le limitazioni ivi indicate, le impugnate
 norme  della  legge  finirebbero  con   il   far   considerare   come
 prescrizioni   tecniche   inderogabili  dalle  province  anche  norme
 regolamentari che in sostanza tali non dovessero risultare -  osserva
 la  Corte  che, qualora dovesse verificarsi in concreto un' evenienza
 del genere, resterebbe comunque ferma la possibilita' per le province
 autonome di far valere, nei confronti dei regolamenti,  con  i  mezzi
 apprestati   dall'ordinamento   e  nelle  sedi  opportune,  eventuali
 compressioni od invasioni delle loro competenze.
    7.1.  -  Vanno  poi  esaminate  le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  che  entrambe le province autonome hanno proposto nei
 confronti dell'art. 5 della legge.
    La norma prevede che le regioni e le province autonome,  entro  un
 determinato  termine,  individuino,  "d'intesa  con l'ENEA", i bacini
 energetici idonei  per  la  realizzazione  degli  interventi  diretti
 all'uso  razionale  e  all'utilizzo  di  fonti rinnovabili di energia
 (primo  comma)  e  predispongano,  "d'intesa con gli enti locali e le
 loro aziende" inseriti nei bacini di cui sopra, ed "in  coordinamento
 con   l'ENEA",   un   proprio  piano  relativo  all'uso  delle  fonti
 rinnovabili di energia (secondo comma); detto piano dovra'  contenere
 una  serie  di  indicazioni  circa il fabbisogno energetico, le fonti
 disponibili, la localizzazione degli impianti,  la  destinazione  dei
 finanziamenti  e le priorita' degli interventi (terzo comma). In caso
 di inadempimento dei  soggetti  incaricati  di  tali  compiti  ed  in
 sostituzione  di  questi,  e' previsto che il Ministro dell'industria
 provveda con proprio decreto "su proposta dell'ENEA, sentiti gli enti
 locali interessati" (quarto comma); quindi si dispone  che  i  comuni
 con  popolazione  superiore  a  cinquantamila abitanti prevedano, nei
 rispettivi piani regolatori generali, uno  specifico  piano  relativo
 all'uso delle fonti rinnovabili di energia (quinto comma).
    Le  ricorrenti  lamentano  che  la previsione di un'intesa o di un
 coordinamento, ai  fini  di  atti  di  programmazione,  tra  un  ente
 politico  territoriale  (la  provincia autonoma) e un ente funzionale
 tecnico (l'ENEA) e' di per se' lesiva delle attribuzioni  provinciali
 programmatorie e che la lesione e' ancor piu' grave perche' la norma,
 che  dispone  la  sostituzione del ministro in caso di inadempimento,
 non  tiene  conto  che  questo  puo'  dipendere  esclusivamente   dal
 disaccordo  dell'ENEA,  il  quale verrebbe cosi' ad assumere un ruolo
 condizionante delle prerogative delle province autonome. Inoltre,  il
 potere  sostitutivo  non  risponderebbe  nemmeno ai criteri richiesti
 dalla  giurisprudenza  costituzionale,  perche'  e'  affidato  ad  un
 singolo    ministro,    anziche'    al    Governo,   e   perche'   e'
 esercitabile,senza alcuna previa diffida, dopo la semplice  audizione
 degli enti locali e non delle province autonome.
    Mentre,  poi,  la  provincia autonoma di Trento nel suo ricorso si
 limita ad affermare che l'art. 5, censurato  nei  soli  commi  primo,
 secondo  e quarto, e' lesivo dell'autonomia provinciale, la provincia
 autonoma di Bolzano sostiene che i commi  primo,  secondo,  quarto  e
 quinto  violerebbero  le  competenze  statutarie  in materia di opere
 idrauliche (art. 8 n. 24), di utilizzazione  delle  acque  pubbliche,
 escluse  le  grandi derivazioni a scopo idroelettrico (art. 9, n. 9),
 nonche' di urbanistica e di edilizia (art. 8 n. 5  e  10),  anche  in
 riferimento alle norme di attuazione.
    7.2. - Le questioni sono parzialmente fondate.
    Pur  se  non  e'  contestabile  che  lo  Stato  abbia il potere di
 modulare la propria azione nei termini che  ritenga  piu'  opportuni,
 coinvolgendo  nei procedimenti di propria competenza diversi soggetti
 istituzionali, anche al fine di favorire la  preventiva  composizione
 dei   conflitti   che   possano  insorgere  per  l'influenza  che  le
 attribuzioni  statali  abbiano  su  altre   materie   affidate   alla
 competenza   regionale  o  provinciale,  e'  viceversa  lesiva  delle
 attribuzioni costituzionalmente garantite alle regioni o  alle  prov-
 ince   autonome   l'imposizione   ad  esse,  nell'ambito  di  settori
 riconosciuti   di   loro   spettanza   -   quali,    nella    specie,
 l'individuazione  nei  rispettivi territori dei bacini energetici che
 costituiscano  le  aree  piu'  idonee  per  la  realizzazione   degli
 interventi  di  uso  razionale dell'energia e di utilizzo delle fonti
 rinnovabili - di moduli procedimentali  che  condizionino  in  radice
 l'esercizio  delle  riconosciute attribuzioni. Cosi', come nella spe-
 cie,  quando  la  norma  statale  faccia dipendere la conclusione del
 procedimento da  un'intesa  con  un  ente  strumentale  dello  Stato,
 prevedendosi   addirittura   il   potere  sostitutivo  dell'autorita'
 centrale nel caso che l'intesa non venga raggiunta, senza considerare
 che tale evenienza puo'  anche  verificarsi,  non  per  inadempimento
 delle province autonome, ma per disaccordo dell'ENEA.
    L'utilita'  dell'apporto delle conoscenze tecniche di un organismo
 specializzato, qual'e' l'ENEA, puo' essere conseguita,  senza  ledere
 competenze  provinciali,  mediante  l'audizione  di un parere di tale
 organismo che si inserisca nell'iter procedimentale,  senza  peraltro
 impedirne la conclusione,che rientra nell'esclusiva valutazione degli
 enti   istituzionali   dotati  di  autonomia,  specie  se  di  natura
 differenziata. Il primo comma dell'art. 5 della legge  e',  pertanto,
 costituzionalmente  illegittimo  nella  parte  in  cui prevede che le
 province autonome individuino detti  bacini  "d'intesa  con  l'ENEA",
 anziche' "sentito l'ENEA".
    7.3. - Alle stesse conclusioni deve pervenirsi anche nei confronti
 del secondo comma del medesimo art. 5, nella parte in cui prevede che
 le  province autonome predispongano il rispettivo piano "d'intesa con
 gli  enti  locali  e  le  loro   aziende".   Valgono   in   proposito
 considerazioni  analoghe  a  quelle  prima  svolte  e  che inducono a
 constatare  l'illegittimita'  della  previsione  legislativa  che  fa
 dipendere  l'adempimento  richiesto  alle  province  autonome  da una
 presunta contitolarita' di attribuzioni degli enti locali,  anche  in
 vista dell'esigenza di pervenire comunque, nello spirito della legge,
 alla  conclusione  dei  procedimenti.  L'art. 5, secondo comma, deve,
 pertanto, essere  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,  nella
 parte in cui prevede l'intesa, anziche' il parere degli enti locali e
 delle loro aziende.
    7.4.  -  Diversamente,  invece,  non  puo'  reputarsi lesiva delle
 competenze provinciali la previsione che  il  piano  provinciale  sia
 predisposto  anche "in coordinamento con l'ENEA". A prescindere dalla
 definizione atecnica usata dal legislatore, va considerato che la sua
 diversita' rispetto a quella indicata nel  primo  comma  ("d'intesa")
 dello  stesso  articolo  induce  a  ritenere  che  si sia voluto fare
 riferimento ad un parere tecnico da richiedere  all'ENEA  ed  in  tal
 senso interpretata la norma non viola alcun parametro statutario.
    7.5.  - Quanto poi alle censure riferite al quarto comma dell'art.
 5  e  cioe'  al  potere  sostitutivo  ivi  previsto,  mentre  non  e'
 censurabile,  sulla  base  di  precedenti  decisioni  di questa Corte
 (sentt. nn. 49 e 37 del 1991, 85 del 1990 e 101 del  1989)  che  tale
 potere  sia  dalla  legge conferito ad un singolo ministro, in quanto
 autorita' di Governo, ed in relazione ad attivita' provinciali  prive
 di  discrezionalita'  nell'  an (pena la mancata attuazione del piano
 energetico nazionale)  ed  assoggettate  ad  un  termine  perentorio,
 devesi  viceversa  rilevare che la previsione del potere in questione
 non e' rispettosa del principio di leale collaborazione tra lo  Stato
 e  le  province autonome, poiche' non vengono dettate idonee garanzie
 procedimentali. Non puo' difatti considerarsi sufficiente allo  scopo
 la  previsione  che  il Ministro dell'industria senta preventivamente
 "gli enti locali", non potendosi in tale locuzione, anche per ragioni
 sistematiche  connesse  al  complesso  delle   norme   dell'art.   5,
 ricomprendere  le province autonome, ma attenendo essa solo agli enti
 locali minori. Di conseguenza, l'attribuzione del  contestato  potere
 sostitutivo  e'  illegittima, nella parte in cui la norma non prevede
 che siano preventivamente sentite le province autonome sulle  ragioni
 del  mancato  adempimento  (sent. n. 37 del 1991 cit., n. 85 del 1990
 cit., n. 830 del 1988,n. 304 del 1987).
    7.6.  -  Inammissibile,  in  quanto  generica  e  priva  di   ogni
 motivazione, e' invece la censura della provincia autonoma di Bolzano
 riferita al quinto comma dell'art. 5 della legge.
    8.1.  - Le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 8,
 9, 10 e  13  della  legge,  sollevate  dalla  provincia  autonoma  di
 Bolzano,  possono  per  connessione  essere esaminate congiuntamente,
 unitamente alla questione che la  provincia  di  Trento  propone  nei
 confronti del solo art. 9.
    Le norme impugnate prevedono la concessione di contributi in conto
 capitale  a  sostegno di iniziative dirette al risparmio energetico e
 all'utilizzazione di fonti rinnovabili di energia nell'edilizia (art.
 8), nei settori industriale, artigianale e terziario (art. 10) e  nel
 settore   agricolo   (art.   13)   e   dispongono   che  le  funzioni
 amministrative concernenti la erogazioni di  detti  contributi  siano
 delegate  alla  regioni  e  alle  province  autonome  di  Trento e di
 Bolzano, che devono esercitarle nel rispetto di direttive emanate dal
 Ministro  dell'industria  al  fine  di  "uniformare  i   criteri   di
 valutazione  delle domande, le procedure e le modalita'" da osservare
 (art. 9, primo e  secondo  comma).  Conseguentemente  si  dispone  in
 ordine alla richiesta di finanziamenti al Ministero dell'industria da
 parte  degli  enti  destinatari  della  delega, alla ripartizione dei
 fondi ad opera del CIPE, al loro sollecito impegno, alla destinazione
 di  eventuali   residui,   nonche'   alla   verifica   dell'effettivo
 conseguimento  di  risparmio energetico e, in caso di esito negativo,
 alla revoca dei contributi concessi (commi  terzo  e  seguenti  dello
 stesso art. 9).  Le province autonome ricorrenti, quella di Trento in
 modo  espresso,  quella  di  Bolzano  implicitamente, rilevano che le
 disposizioni in esame riproducono  in  sostanza  la  normativa  posta
 dalla  legge  29  maggio  1982,  n.  308, nel capo II ("contributi ed
 incentivi"), ove si prevedeva la stessa delega nei loro  riguardi,  e
 che  tale normativa, da esse impugnata dinanzi a questa Corte, fu poi
 sostituta dall'articolo unico della legge 21 aprile 1983,  n.  127  -
 sopravvenuta nelle more del giudizio di costituzionalita' della prima
 -  proprio  al  fine  esplicito  di salvaguardare le competenze delle
 province autonome in materia di contenimento dei consumi energetici e
 di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.   Vengono quindi  de-
 nunciate,  nei  ricorsi  ora  in  esame, la riappropriazione da parte
 dello Stato, con le norme impugnate,  di  quelle  competenze,  che  a
 norma  degli  artt. 8 e 9 dello statuto sono di spettanza delle prov-
 ince  autonome,   e   la   connessa   violazione   delle   competenze
 amministrative  e  del  sistema  finanziario  delle  stesse  province
 autonome.   8.2. - Le questioni sono fondate.    Va  in  primo  luogo
 rilevato  che  la delega delle funzioni amministrative concernenti la
 concessione  e  la  erogazione  dei  predetti  incentivi  finanziari,
 disposta  dall'art.  9  della legge anche nei riguardi delle province
 ricorrenti, e' in contrasto con la previsione contenuta nell'art. 16,
 secondo comma, della  stessa  legge,  secondo  cui  "resta  ferma  la
 potesta' delle province autonome di Trento e Bolzano di emanare norme
 legislative  sul contenimento dei consumi energetici e sullo sviluppo
 delle fonti rinnovabili di energia nell'ambito delle materie di  loro
 competenza".   L'ovvia considerazione che i contributi di cui si dis-
 cute sono destinati a settori che rientrano nelle materie provinciali
 e il precedente intervento correttivo del legislatore  nazionale,  di
 per   se'   gia'   significativo,   inducono  alla  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 9 citato, nella parte in  cui
 include,   nella   delega   delle   funzioni   amministrative  e  nel
 procedimento di ripartizione dei finanziamenti ivi previsti, anche le
 province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,   dettando   rigorosi   e
 dettagliati  criteri  e  modalita' di concessione dei contributi e di
 riparto degli stanziamenti  che  non  devono  invece  valere  per  le
 ricorrenti,  dovendosi  per esse fare applicazione delle disposizioni
 statutarie e del sistema  di  finanziamento  ivi  disciplinato.  Tale
 dichiarazione   coinvolge   necessariamente   l'art.   38,  anch'esso
 impugnato  per   ragioni   connesse.   Quest'ultimo   articolo,   nel
 presupposto  di  una delega generalizzata, riguardante cioe' anche le
 province autonome, dispone in  ordine  alla  ripartizione  dei  fondi
 comprendendo  nelle stesse modalita' le quote destinate alle medesime
 province autonome, laddove, una volta riconosciuto  che  le  funzioni
 rientrano  tra  quelle  di  loro  spettanza,  il  finanziamento  deve
 avvenire in favore della province autonome  in  forma  differenziata,
 secondo  le  modalita'  relative alle funzioni proprie delle province
 stesse.    In  tale  pronuncia  restano  assorbite  le  questioni  di
 legittimita'  costituzionale formulate dalla provincia di Bolzano nei
 confronti delle altre norme  impugnate  (artt.  8,  10  e  13,  primo
 comma),  che  devono essere interpretate nel senso che i precetti ivi
 contenuti non si rivolgono alle ricorrenti.   8.3. -  Deve,  poi,  in
 accoglimento  di specifica censura della stessa provincia autonoma di
 Bolzano, dichiararsi la  illegittimita'  costituzionale  del  secondo
 comma,  dell'art.  13 citato, che impone anche alle province autonome
 di promuovere "con le associazioni di  categoria  degli  imprenditori
 agricoli   e  dei  coltivatori  accordi  tesi  all'individuazione  di
 interventi di  uso  razionale  dell'energia  nel  settore  agricolo",
 poiche' la prescrizione riguarda la materia dell'agricoltura devoluta
 alla competenza provinciale esclusiva (art.  8, n. 21, statuto), che,
 per  di  piu',  e'  espressamente  fatta  salva dall'art. 16, secondo
 comma, della legge.  9. - La provincia autonoma di  Bolzano  solleva,
 poi, una specifica questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 17  della  legge,  denunciando  che  le norme ivi previste in tema di
 "concessione, cumulo e revoca dei contributi" inciderebbero in ben 19
 materie di propria competenza, di tipo  esclusivo  o  concorrente,  e
 violerebbero  anche  altri parametri statutari.   La questione non e'
 fondata.  Il primo comma dell'articolo impugnato prevede che tutti  i
 contributi disposti dalla legge, sia quelli di competenza regionale o
 provinciale  (artt.  8,  10  e  13)  sia quelli di competenza statale
 (artt.  11,  12  e  14),  sono  cumulabili  con   le   incentivazioni
 eventualmente  recate  da  altre  leggi  a  carico del bilancio dello
 Stato; diversamente  da  quanto  sostenuto  dalla  ricorrente,  nulla
 invece  si  prevede,  ne'  nel  primo  ne'  nei  commi successivi che
 attengono ad aspetti diversi, in ordine  alla  "concessione"  e  alla
 "revoca" di contributi di spettanza provinciale. Dovendosi, pertanto,
 intendere  la  questione  come  riferita al solo primo comma cit., va
 rilevato  che  la  previsione  normativa  non  e'  lesiva  di  alcuna
 competenza  provinciale, dal momento che essa si limita a disporre il
 cumulo delle provvidenze recate dalla legge con altre  eventuali,  ma
 sempre  poste a carico dello Stato.  10. - L'art. 18 della legge, che
 indica le "modalita' di concessione ed erogazione dei contributi", e'
 denunciato da  entrambe  le  province  in  quanto  invasivo  di  loro
 competenze.  Le  censure  riguardano  in  realta' il solo primo comma
 dell'articolo, concernendo gli altri commi aspetti che non sono stati
 oggetto di specifici rilievi.   Le questioni,  cosi'  formulate,  non
 sono  ammissibili.    Come  mostra  di riconoscere nel suo ricorso la
 provincia autonoma di Trento, la quale percio' formula la sua censura
 in modo dubitativo, il primo comma della norma impugnata si riferisce
 espressamente ai soli contributi di spettanza dello  Stato,  indicati
 negli artt. 11, 12 e 14 che non hanno formato oggetto di questioni di
 legittimita'  costituzionale  e rispetto ai quali le ricorrenti hanno
 dimostrato di non avere alcun interesse.