ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23 della  legge
 26  luglio  1975,  n.  354  (Norme  sull'ordinamento  penitenziario e
 sull'esecuzione delle misure privative e limitative della  liberta'),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  12 giugno 1991 dal Tribunale di
 Cagliari nel procedimento civile vertente tra Ministero di  grazia  e
 giustizia  e  Ruiu  Pietro  Carmelo,  iscritta al n. 550 del registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 18 dicembre 1991 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Ruiu Pietro Carmelo, detenuto presso la Casa Circondariale di
 Nuoro, con ricorso del 3 novembre 1988, chiedeva al Pretore di Nuoro,
 in funzione di giudice del lavoro,  di  condannare  il  Ministero  di
 Grazia  e  Giustizia  a  restituirgli  le  somme  corrispondenti alla
 trattenuta  dei  tre  decimi  operata  nei  suoi  confronti  ai sensi
 dell'art. 23 della legge n. 354 del 1975,  sulle  mercedi  erogategli
 dal  1984  al  1986  per  il  lavoro  prestato  presso  la detta Casa
 Circondariale. Il Pretore accoglieva la domanda, ma l'Amministrazione
 proponeva appello.
    Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza del 12 giugno  1991  (R.O.
 n.   550   del   1991),   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale del suddetto art. 23 della legge n. 354 del  1975,  in
 riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione.
    Ha  osservato che la disposizione censurata prevedeva una forma di
 prelievo  coattivo,  destinato  -  inizialmente  alla  Cassa  per  il
 soccorso  e  l'assistenza  alle  vittime  del delitto, e, dopo la sua
 soppressione ad opera della legge n. 641 del  1978,  alle  Regioni  e
 agli  enti  locali per il soddisfacimento, nella misura del 16% delle
 entrate, degli stessi scopi della Cassa e per la restante  parte,  al
 finanziamento delle attivita' amministrative dei detti enti pubblici.
    La  trattenuta,  almeno dal 1978, avrebbe avuto natura impositiva,
 siccome diretta al finanziamento  di  una  spesa  pubblica,  onde  il
 contrasto  della detta disposizione con l'art. 53, primo comma, della
 Costituzione, in quanto impone a tutti i  detenuti  che  lavorano  un
 identico tributo nonostante la loro diversa capacita' contributiva.
    Inoltre,   gli   stessi   detenuti   risulterebbero  ingiustamente
 discriminati rispetto agli altri cittadini dalla previsione, solo  in
 loro danno, di un concorso aggiuntivo alla spesa pubblica.
    2.  -  L'ordinanza  e' stata regolarmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    3. - Nel  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  in  rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri,
 che ha concluso per la infondatezza della questione, attesa la natura
 particolare del lavoro carcerario che giustifica la diversita'  della
 disciplina  del  rapporto e le sue conseguenze, rispetto a quella del
 rapporto di lavoro ordinario.
                        Considerato in diritto
   1. - La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 23 della legge  26
 luglio  1975, n. 354, abrogato, con efficacia ex nunc, dalla legge n.
 663 del 1986, nella parte in cui prevede la riduzione dei tre  decimi
 della  mercede  pagata  ai detenuti che lavorano, versata in un primo
 tempo alla Cassa per il soccorso  e  l'assistenza  alle  vittime  del
 delitto  e,  dopo la sua soppressione ad opera della legge n. 641 del
 1978, alle Regioni e agli enti locali, per il soddisfacimento,  nella
 misura  del  16%, degli stessi scopi perseguiti dalla Cassa, e per la
 parte restante, delle funzioni amministrative degli enti destinatari,
 realizzando cosi' una forma di prelievo coattivo, leda gli artt. 3  e
 53,  primo comma, della Costituzione, risultando violato il principio
 dell'uguale trattamento impositivo secondo la capacita' contributiva,
 e  discriminati  ingiustamente  i  detenuti   rispetto   agli   altri
 cittadini.
    2. - La questione e' fondata.
    L'art.  23  della legge 26 luglio 1975, n. 354, abrogato dall'art.
 29 della  legge  10  ottobre  1986,  n.  663,  ma  applicabile  nella
 fattispecie,  trattandosi  di  remunerazione  di  lavoro svolto da un
 detenuto all'interno di uno stabilimento carcerario dal 1984 al 1986,
 disponeva   che   al   detenuto   lavoratore   fossero    corrisposti
 dall'amministrazione penitenziaria solo i sette decimi della mercede,
 mentre  i  rimanenti  tre  decimi  fossero  versati alla Cassa per il
 soccorso e l'assistenza delle vittime dei delitti istituita  in  base
 all'art. 73 della detta legge.
    La  Cassa  aveva  finalita'  di  assistenza a favore di coloro che
 versavano in istato di bisogno per effetto di un delitto.
    A prescindere dall'esistenza  di  un  danno  risarcibile  e  anche
 dall'eventuale  avvenuto  risarcimento,  si  era ritenuto a carico di
 coloro che  avevano  commesso  un  reato  il  dovere  di  contribuire
 direttamente  con  il  loro  lavoro  ad  aiutare  le vittime di fatti
 criminosi e di alleviarne i bisogni.
    In sostanza, si trattava di un atto di solidarieta' dei condannati
 verso le vittime dei delitti, anche se l'onere veniva a gravare su un
 numero limitato di detenuti,  e  per  giunta  sui  piu'  bisognosi  e
 persino  su  coloro  il  cui  reato  non aveva provocato vittime e su
 quelli che avevano gia' risarcito il danno cagionato dal  delitto  da
 essi commesso.
    3.  -  Con  il decreto legge 18 agosto 1978, n. 481, convertito in
 legge 21 ottobre 1978, n. 641,  la  Cassa  era  soppressa  e  con  il
 decreto del Presidente della Repubblica 9 marzo 1979 si stabiliva che
 i  fondi  giacenti  presso  la Cassa e le entrate successive alla sua
 soppressione, a  partire  dal  31  marzo  1979,  fossero  versate  al
 Ministero   del   Tesoro  e  destinate  nella  misura  dell'84%  allo
 svolgimento delle funzioni amministrative da parte dei Comuni e delle
 Province (art. 132 del d.P.R. n. 616 del  1977)  e  del  16%  per  la
 prosecuzione delle funzioni gia' esercitate dalla Cassa nelle Regioni
 a Statuto speciale (art. 119 del d.P.R. n. 616 del 1977).
    Le  funzioni  amministrative  riguardavano  le  attivita' relative
 all'assistenza economica  in  favore  delle  famiglie  bisognose  dei
 detenuti  e delle vittime dei delitti, all'assistenza post-sanitaria,
 assegnate  poi,  ai   sensi   dell'art.   118   della   Costituzione,
 specificamente  ai  Comuni  dall'art.  25 del d.P.R. n. 616 del 1977;
 nonche'  gli  interventi  in  favore   dei   minorenni   soggetti   a
 provvedimenti  delle  autorita'  giudiziarie  minorili  e  quelli  di
 protezione speciale in favore delle prostitute.
    Essendosi,  quindi,  sostituiti  alla  Cassa  di   soccorso   enti
 portatori  di  interessi  plurimi,  sono  venuti  meno  la  specifica
 destinazione delle trattenute di cui trattasi al soddisfacimento  dei
 bisogni  delle  vittime  delle  azioni  delittuose  e  il  vincolo di
 solidarieta'  tra  detenuti  e  vittime  dei  delitti,   sicche'   le
 trattenute   sono  dirette  a  soddisfare  finalita'  di  beneficenza
 pubblica. E siccome il  relativo  onere  deve  gravare  sulla  intera
 collettivita'   e  non  solo  sui  detenuti  che  lavorano,  sussiste
 violazione del richiamato art. 3 della  Costituzione,  ponendosi  una
 irrazionale ingiustificata discriminazione tra i detti detenuti e gli
 altri cittadini, onde la fondatezza della questione e la declaratoria
 di illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
    Resta assorbita la censura che riguarda la violazione dell'art. 53
 della Costituzione.