ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6, 28,  48  e
 93  del  d.P.R.  29  marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico
 delle  disposizioni  in  materia   postale   di   bancoposta   e   di
 telecomunicazioni)  promosso con ordinanza emessa il 28 dicembre 1990
 dal Pretore di Firenze nel procedimento civile  vertente  tra  S.p.a.
 LI.CO.SA. (Libreria Commissionaria Sansoni) e Ministero delle Poste e
 telecomunicazioni  iscritta  al  n. 208 del registro ordinanze 1991 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,  prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto di costituzione della S.p.a. LI.CO.SA.;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19  novembre  1991  il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Udito l'avvocato Umberto Fortini per la S.p.a. LI.CO.SA;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso  di  un  giudizio  civile,  promosso  dalla  S.p.a.
 LI.CO.SA. (Libreria Commissionaria Sansoni) contro il Ministero delle
 poste  e  telecomunicazioni  per  ottenere  il risarcimento del danno
 sofferto a causa del mancato arrivo a  destinazione  di  due  lettere
 raccomandate  contenenti  assegni bancari, poi risultati incassati da
 persone diverse dai beneficiari, il Pretore di Firenze, con ordinanza
 del  28  dicembre  1990,  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973,
 n. 156 (c.d. codice postale).
    Le    norme     denunciate     limitano     la     responsabilita'
 dell'Amministrazione   postale   per  la  perdita  di  corrispondenze
 raccomandate al pagamento  di  una  indennita',  attualmente  fissata
 nella   misura   di  dieci  volte  l'importo  del  diritto  fisso  di
 raccomandazione. Ad avviso del giudice remittente, esse violano:
      a) l'art. 3 Cost. perche' attribuiscono  all'Amministrazione  un
 privilegio ingiustificato, attesa la natura contrattuale del rapporto
 con   gli   utenti   del   servizio;  b)  l'art.  28  Cost.,  perche'
 l'Amministrazione non risponde dei  danni  conseguenti  alla  perdita
 delle  raccomandate  nemmeno nel caso che essa abbia "luogo per fatto
 criminoso dei suoi dipendenti nell'esercizio delle loro funzioni"; c)
 l'art. 113 Cost., giacche' i limiti  di  responsabilita'  sottraggono
 determinati  atti  e  comportamenti della pubblica amministrazione al
 sindacato (e alla tutela) giurisdizionale.
    A sostegno della censura sub a) viene invocata la sentenza n.  303
 del 1988 di questa Corte.
    2.  - Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituita la Societa'
 attrice, sviluppando argomentazioni analoghe a quelle  dell'ordinanza
 di  rimessione  e  integrandone  i  richiami  di  giurisprudenza  con
 riferimenti anche alla successiva sentenza n. 1104 del 1988,  nonche'
 a  pronunce  della  Corte  di  cassazione  che  ribadiscono la natura
 privatistica dei rapporti tra gli utenti e l'Amministrazione postale.
                        Considerato in diritto
    1. - Dal Pretore di Firenze e' sollevata questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R.  29 marzo  1973,
 n.  156  (codice  postale), "per possibile contrasto con gli artt. 3,
 primo comma, 28 e 113 della Costituzione, in quanto stabiliscono  che
 il  Ministero delle poste e telecomunicazioni non e' tenuto ad alcuna
 forma di risarcimento  verso  l'utenza  oltre  l'indennita'  prevista
 dall'art.  28 dello stesso decreto presidenziale, nel caso di mancato
 recapito o manomissione di raccomandata".
    2. - In riferimento agli artt. 3 e 113 Cost. la questione  non  e'
 fondata.
    Che  il  rapporto  dell'Amministrazione delle poste con gli utenti
 abbia natura contrattuale e sia percio' fondamentalmente soggetto  al
 regime  del  diritto  privato  (sent.  n.  303  del  1988) non e' una
 premessa sufficiente per dedurre che,  in  caso  di  perdita  di  una
 corrispondenza    raccomandata,    l'Amministrazione    deve   essere
 assoggettata a responsabilita' per il pieno risarcimento  dei  danni,
 secondo la regola generale dell'art. 1218 cod. civ. Come ha precisato
 ulteriormente  la  sent. n. 1104 del 1988, questo dato non conduce di
 per se' ad escludere la possibilita' di  configurare  una  disciplina
 speciale,  ispirata a criteri piu' restrittivi di quella ordinaria in
 rapporto  tanto  alla  complessita'  tecnica  della  gestione  quanto
 all'esigenza  del  contenimento  dei  costi.  Non  vale richiamare il
 precedente della sentenza n. 303 del 1988, perche'  il  caso  su  cui
 verte  il  giudizio  a  quo non puo' essere paragonato al caso che ha
 dato luogo a quella sentenza, nel quale il mittente (Banca  d'Italia)
 era   legalmente   tenuto  a  usare  la  forma  della  corrispondenza
 raccomandata.
    Ne' si puo' obiettare che le norme denunciate, in quanto  riducono
 la  responsabilita'  dell'Amministrazione  a  una  somma pari a dieci
 volte l'importo del diritto di  raccomandazione,  non  rispettano  la
 condizione  che  la somma-limite della responsabilita' sia fissata in
 misura tale da garantire in ogni caso un ristoro serio e non fittizio
 del danno. La misura dell'indennizzo (conforme  all'art.  50,  n.  4,
 della  Convenzione  postale universale, resa esecutiva con d.P.R.  11
 febbraio 1981, n. 358) e' correlativa al basso prezzo del servizio di
 raccomandazione, la cui funzione istituzionale e' quella  di  fornire
 un   mezzo   di  prova  facilmente  accessibile  della  spedizione  e
 dell'arrivo a destinazione di una lettera  o  di  un  plico,  non  la
 funzione  di mezzo di trasporto di oggetti di valore. Se l'utente in-
 clude nella corrispondenza raccomandata carte-valore, pur nei  limiti
 in cui cio' non e' vietato dall'art. 83 del codice postale (che vieta
 solo  l'inclusione  di  titoli  esigibili  al portatore), egli usa il
 servizio per uno scopo estraneo alla causa del contratto, e quindi  a
 suo  rischio  e  pericolo.  Se  non  intende correre questo rischio e
 garantire il contenuto della corrispondenza deve  scegliere,  pagando
 un corrispettivo adeguato, la forma dell'assicurazione convenzionale,
 che   comporta   l'assunzione,   da  parte  dell'Amministrazione,  di
 responsabilita' commisurata al valore dichiarato.
    L'art. 113 Cost. e' richiamato fuori di proposito. Le norme denun-
 ciate  non  impediscono  la  tutela   giurisdizionale   del   diritto
 dell'utente contro atti dell'Amministrazione postale, bensi' limitano
 il diritto per il quale la tutela puo' essere invocata.
    3.   -   In   riferimento   all'art.  28  Cost.  la  questione  e'
 inammissibile per difetto di rilevanza.
    Nel corso della sua argomentazione il giudice  remittente  osserva
 che  l'Amministrazione postale e' esonerata da responsabilita' per il
 pieno risarcimento dei danni "pure nell'ipotesi che la perdita  delle
 raccomandate  abbia  luogo  per  fatto criminoso dei suoi dipendenti,
 nell'esercizio delle loro mansioni". Ma egli non formula una autonoma
 questione di  legittimita'  costituzionale  riferita  a  questo  caso
 specifico,  ne'  dalla narrativa di fatto risulta in qualche modo che
 di questo caso si tratti nel giudizio a quo.