ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 431, 512 e 514
 del codice di procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa il 19 luglio 1991 dal Pretore di Bergamo -
 sezione distaccata di Clusone, nel procedimento penale  a  carico  di
 Lunghi  Gualtiero,  iscritta  al n. 607 del registro ordinanze 1991 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  40,  prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
      2)  ordinanza  emessa  il  5  luglio 1991 dal Tribunale di Busto
 Arsizio nel procedimento penale a carico di Rossa  Ornella,  iscritta
 al  n.  645  del  registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 42,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1991;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di  consiglio  del  4  marzo  1992  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  19 luglio 1991, il Pretore di
 Bergamo - sezione distaccata di Clusone,  premesso  che  il  pubblico
 ministero,  a  seguito  della  morte della parte offesa che era stata
 indicata quale  teste,  ha  chiesto  che  venga  data  lettura  delle
 dichiarazioni  da essa precedentemente rese alla polizia giudiziaria,
 ha  sollevato  -  in  riferimento  agli  artt.  76,  77  e  3   della
 Costituzione  -  questione di legittimita' costituzionale degli artt.
 431 e  512  del  codice  di  procedura  penale  nella  parte  in  cui
 "escludono  che,  per  il  caso di sopravvenuta irripetibilita' di un
 atto compiuto o ricevuto dalla polizia giudiziaria,  in  relazione  a
 reati  di competenza pretorile, sia data lettura degli atti medesimi,
 o  comunque  che  essi  atti  siano  acquisiti   al   fascicolo   del
 dibattimento ed utilizzati per la decisione";
      che,  ad  avviso  del remittente, la direttiva n. 76 della legge
 delega imponeva di prevedere che potesse  darsi  lettura  degli  atti
 indicati  al  n. 57 (atti .. non ripetibili compiuti o ricevuti dalla
 polizia  giudiziaria  e  dal  pubblico   ministero),   per   cui   la
 irragionevole  esclusione, operata dal legislatore delegato nell'art.
 512, della estensione della possibilita' di lettura anche degli  atti
 divenuti in concreto irripetibili pare contrastare con gli artt. 76 e
 77  della  Costituzione;  inoltre,  lo  stesso art. 512 violerebbe il
 principio di eguaglianza in quanto, circoscrivendo la possibilita' di
 lettura ai soli atti compiuti dal pubblico ministero  e  dal  giudice
 dell'udienza  preliminare,  e  quindi  nei soli processi eccedenti la
 competenza   pretorile,   consente    un    trattamento    probatorio
 differenziato  a  secondo  che i reati siano o meno di competenza del
 pretore;
      che  analoghe  censure, osserva infine il giudice a quo, possono
 essere mosse all'art. 431 del codice  di  procedura  penale,  ove  si
 ritenga  che  gli  atti  ivi  elencati  come irripetibili non possano
 formare  oggetto  di  successivo  inserimento   nel   fascicolo   per
 sopravvenuta   ricorrenza  della  condizione  che,  se  preesistente,
 avrebbe legittimato il pubblico ministero ad inserirveli;
      che, con ordinanza del 5 luglio  1991,  il  Tribunale  di  Busto
 Arsizio,   premesso  che  la  difesa  dell'imputata  aveva  formulato
 numerose eccezioni in  ordine  al  contenuto  del  fascicolo  per  il
 dibattimento, chiedendo l'espunzione da quest'ultimo di diversi atti,
 tra  i  quali  il verbale delle dichiarazioni rese dalla parte offesa
 alla polizia giudiziaria,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale "del combinato disposto degli artt. 431, 512 e 514 del
 codice  di  procedura  penale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della
 Costituzione, nella parte in cui esso  non  prevede  che  il  giudice
 possa   dare  lettura,  a  richiesta  di  parte,  dei  verbali  delle
 dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria dalle  persone  informate
 sui  fatti,  quando,  per  fatti  o  circostanze imprevedibili, ne e'
 divenuta impossibile la ripetizione";
      che il Collegio remittente osserva  che  le  dichiarazioni  rese
 alla  polizia  giudiziaria  nel  corso  delle indagini preliminari da
 persone informate sui fatti, nonostante siano  divenute  irripetibili
 per  morte  del  dichiarante,  ovvero  proprio  a  causa di un evento
 imprevedibile all'atto della  loro  assunzione,  non  possono  essere
 lette   in  dibattimento  ad  istanza  di  parte  e  conseguentemente
 acquisite al fascicolo d'ufficio, per  la  elementare  considerazione
 che  gli  atti  assunti dalla polizia giudiziaria non rientrano nella
 previsione  dell'art.  512  del  codice  di  procedura  penale   (che
 comprende  solo gli atti assunti dal pubblico ministero o dal giudice
 nel corso dell'udienza preliminare);
      che sembra evidente,  a  suo  avviso,  l'irragionevolezza  della
 vigente  disciplina  nella misura in cui essa regola in modo diverso,
 senza alcuna apprezzabile giustificazione logica, due atti istruttori
 ontologicamente simili,  quali  le  informazioni  rese  alla  polizia
 giudiziaria  ex  art. 351 e quelle rese al pubblico ministero ex art.
 362 del codice di procedura penale da parte di persone  in  grado  di
 riferire  notizie  utili per le indagini, con particolare riferimento
 all'ipotesi  in  cui,  prima  del  dibattimento,  si  verifichi   per
 circostanze imprevedibili la morte del dichiarante;
      che  le  conseguenze  possono essere anche piu' gravi, rileva il
 giudice  a  quo,  qualora  la  deposizione   testimoniale,   divenuta
 irripetibile  per morte del dichiarante, sia stata resa dalla persona
 offesa dal reato e, a maggior ragione, se tale atto  istruttorio  sia
 in concreto l'unica prova di cui disponga l'accusa contro l'imputato:
 in  tale  particolare ipotesi, la disciplina in oggetto confligge con
 il  diritto  di  tutte  le  parti  offese  ad  un  ugual  trattamento
 processuale, in quanto, allorche' la persona offesa abbia collaborato
 con   la   giustizia   rendendo   dichiarazioni   accusatorie  contro
 l'imputato, poi divenute irripetibili per  morte  di  costei,  sembra
 profondamente ingiusto, alla luce dell'art. 3 della Costituzione, che
 tali  dichiarazioni  possano essere utilizzate processualmente contro
 l'imputato solo se rese al pubblico  ministero,  mentre  non  abbiano
 alcun valore probatorio se rese alla polizia giudiziaria;
      che  tali ultime considerazioni consentono di ritenere, conclude
 il remittente, l'illegittimita'  costituzionale  della  normativa  in
 esame  anche in riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto
 l'attivita' di indagine svolta dalla polizia giudiziaria ex art.  351
 del  codice  di  procedura  penale  puo'  risultare irrimediabilmente
 compromessa a causa  della  sopravvenienza  di  fatti  e  circostanze
 oggettivamente  imprevedibili,  con violazione del principio del buon
 andamento  della  P.A.,  che  impone   di   valorizzare   l'attivita'
 legittimamemte   compiuta   dagli   organi   amministrativi   per  la
 realizzazione degli scopi ad essi affidati dall'ordinamento;
      che e' intervenuto in  entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio   dei   ministri,   concludendo  per  l'infondatezza  delle
 questioni;
    Considerato che, per  la  sostanziale  identita'  delle  questioni
 sollevate, i giudizi vanno riuniti ed esaminati congiuntamente;
      che  questa  Corte,  con  sentenza n. 24 del 1992, ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  195,  quarto  comma,  del
 codice  di procedura penale (nonche' della corrispondente parte della
 direttiva n. 31 della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81), il quale
 prevedeva, per gli ufficiali ed agenti  di  polizia  giudiziaria,  il
 divieto  di  rendere  testimonianza  indiretta, cioe' di "deporre sul
 contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni";
      che, a causa della  possibile  incidenza  della  caducazione  di
 detto   divieto   nei   procedimenti   pendenti  dinanzi  ai  giudici
 remittenti, appare opportuno disporre la restituzione degli  atti  ai
 medesimi  giudici,  affinche',  alla  luce del nuovo quadro normativo
 della materia, valutino  se  le  sollevate  questioni  siano  tuttora
 rilevanti;