ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 623  codice  di
 procedura  civile  promosso  con ordinanza emessa il 27 novembre 1991
 dal giudice istruttore presso il tribunale di Asti  nel  procedimento
 civile  vertente tra Trifone Gino e S.a.s. "SIBO di Avallone Angelo e
 C."  iscritta  al n. 7 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  5,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
    Udito  nell'udienza pubblica del 31 marzo 1992 il Giudice relatore
 Renato Granata;
    Udito l'avv. Sergio Cersosimo per la  S.a.s.  "SIBO2  DI  Avallone
 Angelo e C.";
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  del  27 novembre 1991 il giudice istruttore
 presso il tribunale di Asti, designato nella causa di  opposizione  a
 precetto pendente tra Trifone Gino e la societa' SIBO S.a.s., dovendo
 pronunciarsi  sull'istanza  di  quest'ultima  diretta  ad ottenere la
 revoca dell'ordinanza di sospensione  dell'esecuzione,  ha  sollevato
 questione  incidentale  di  legittimita' costituzionale dell'art. 623
 c.p.c. - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione -  nella
 parte  in  cui  non  prevede  che  il  giudice  adito  nella causa di
 opposizione a precetto in relazione  ad  esecuzione  per  consegna  o
 rilascio   possa,   prima   dell'inizio  dell'esecuzione,  sospendere
 l'esecuzione medesima.
    In particolare il giudice  rimettente  premette  che  la  societa'
 SIBO,  aggiudicataria  all'asta  pubblica  di  un immobile in sede di
 esecuzione immobiliare, aveva agito in via esecutiva  azionando  come
 titolo    il    decreto   di   trasferimento   emesso   dal   giudice
 dell'esecuzione. Non  avendo  l'ufficiale  giudiziario  proceduto  al
 rilascio  in sede di primo accesso perche' l'immobile era detenuto da
 terzi, tra cui il Trifone, la societa' - dopo aver ottenuto dal  Pre-
 tore  di  Asti  un  decreto  con  cui veniva disposta la prosecuzione
 dell'esecuzione nei confronti  di  chiunque  occupasse  l'immobile  -
 notificava  un  nuovo  atto  di  precetto  al Trifone per il rilascio
 dell'immobile. Quest'ultimo proponeva opposizione a precetto  innanzi
 al Pretore di Asti, chiedendo la sospensione dell'esecuzione, che gli
 veniva  negata  dal  pretore  adito,  ma successivamente concessa dal
 presidente del tribunale di Asti, al quale la causa era stata rimessa
 per competenza  per  valore.  Designato  il  giudice  istruttore,  la
 societa'   chiedeva   la  revoca  della  sospensione  dell'esecuzione
 sostenendo, tra l'altro, che il giudice dell'opposizione a  precetto,
 non  essendo  "giudice  davanti  al  quale  e'  impugnato  il  titolo
 esecutivo", (art. 623 c.p.c.),  non  ha  la  facolta'  di  sospendere
 l'esecuzione.
    Il   giudice   istruttore  rimettente  -  dopo  aver  escluso  che
 l'esecuzione potesse considerarsi gia'  iniziata  nei  confronti  del
 Trifone  - rileva che, secondo la costante giurisprudenza della Corte
 di cassazione,  il  giudice  dell'opposizione  a  precetto  non  puo'
 sospendere  l'esecuzione, giacche' l'inciso del primo comma dell'art.
 623  c.p.c.  ,  che,  nell'attribuire   il   potere   di   sospendere
 l'esecuzione al giudice dell'esecuzione, fa salva la possibilita' che
 tale  sospensione  sia  disposta  dal  giudice  innanzi  al  quale e'
 impugnato il titolo esecutivo,  si  riferisce  soltanto  ai  casi  di
 impugnazioni  in  senso  proprio  (appello,  ricorso  per cassazione,
 revocazione,  opposizione  di  terzo,  impugnazione  della   sentenza
 arbitrale),  con  esclusione  dell'opposizione  a precetto. Quindi la
 sospensione (erroneamente) disposta  sarebbe  da  revocare.  Ma  tale
 ritenuta  impossibilita'  di  sospendere  l'esecuzione  prima del suo
 inizio  quando l'opposizione a precetto sia fondata su titolo diverso
 dalla sentenza esecutiva impugnabile si presenta - secondo il giudice
 rimettente  -  ingiustificatamente  penalizzante  per   il   debitore
 esecutato  (e  quindi  in contrasto con l'art. 24 della Costituzione)
 soprattutto nel caso dell'esecuzione  per  consegna  o  rilascio  che
 avviene,  o  puo'  avvenire,  uno actu con l'attivita' dell'ufficiale
 giudiziario di  consegna  della  cosa  mobile  o  di  immissione  nel
 possesso   dell'immobile,  sicche'  il  debitore,  il  quale  lamenti
 l'illegittimita' del titolo  esecutivo  e  contesti  il  diritto  del
 creditore a procedere, e' del tutto sprovvisto della tutela cautelare
 costituita  dalla facolta' di chiedere la sospensione dell'esecuzione
 senza che la  specialita'  di  tale  esecuzione  diretta  giustifichi
 questa limitazione di tutela.
    Il giudice rimettente ravvisa inoltre un'ingiustificata disparita'
 di  trattamento  tra  l'esecutato  che,  dopo  un  primo  infruttuoso
 accesso, puo' chiedere la sospensione dell'esecuzione  e  l'esecutato
 che,  per una mera ed accidentale situazione di fatto, veda esaurirsi
 l'esecuzione al primo atto dell'ufficiale giudiziario.
    2.  -  Si  e'  costituita  la  societa'  SIBO  sostenendo  in  via
 preliminare  l'inammissibilita'  della questione di costituzionalita'
 sia  per  irritualita'  dell'ordinanza  di  rimessione   in   ragione
 dell'incertezza  nell'identificazione dell'organo rimettente, essendo
 riferita  al  tribunale  di  Asti,  ma   sottoscritta   dal   giudice
 istruttore; sia per difetto di rilevanza per essere l'esecuzione gia'
 iniziata,  avendo ormai l'ufficiale giudiziario proceduto ad un primo
 accesso nell'immobile, ed avendo comunque il pretore  autorizzato  la
 prosecuzione dell'esecuzione nei confronti del Trifone.
    Nel  merito  la  societa'  SIBO sostiene che non vi e' un indebito
 sacrificio del diritto di difesa, ne'  violazione  del  principio  di
 eguaglianza,   atteso   che   i   titoli   esecutivi   che  abilitano
 all'esecuzione  per  il   rilascio   rivestono   caratteristiche   di
 particolare  certezza  e  stabilita',  che  giustificano una speciale
 tutela. Ne' d'altra parte la garanzia del diritto di  difesa  di  cui
 all'art.  24  della  Costituzione  copre  sempre e comunque la tutela
 cautelare.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata questione incidentale di costituzionalita'
 - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - dell'art. 623
 c.p.c. nella parte in cui non prevede  che  il  giudice  adito  nella
 causa  di  opposizione  al  precetto  in  relazione ad esecuzione per
 consegna  o  rilascio  possa,  prima   dell'inizio   dell'esecuzione,
 sospendere  l'esecuzione  medesima.  Ritiene  il  giudice  rimettente
 violati sia il diritto di difesa in  giudizio  (perche'  il  soggetto
 esecutato,  che con l'opposizione a precetto lamenti essere il titolo
 esecutivo inidoneo a legittimare l'esecuzione, non puo' domandare  la
 sospensione   dell'esecuzione   stessa,   non  ancora  iniziata,  con
 conseguente  definitiva  negazione  di  tale  tutela  cautelare   ove
 l'esecuzione,  successivamente  iniziata con l'accesso dell'ufficiale
 giudiziario, si perfezioni uno actu), sia il principio di parita'  di
 trattamento  (perche'  si fa dipendere la possibilita' per i soggetti
 esecutati  di  accedere  alla  tutela  cautelare  della   sospensione
 dell'esecuzione   dal   fatto,   meramente   contingente   e   quindi
 ingiustificatamente discriminatorio, che l'esecuzione  si  compia,  o
 meno, uno actu).
    2. - Va preliminarmente rilevato che il giudice rimettente ritiene
 che  la  sua  decisione,  quale  giudice  istruttore,  dipende  dalla
 sussistenza,  o  meno,  del  potere  di  concedere   la   sospensione
 dell'esecuzione  da  parte  del  tribunale  e  quindi  si duole della
 ritenuta illegittimita' costituzionale  dell'art.  623  c.p.c.  nella
 parte  in  cui tale potere - secondo la giurisprudenza della Corte di
 cassazione - non e' previsto; invoca pertanto una  sentenza  additiva
 che  tale  potere attribuisca al giudice dell'opposizione a precetto.
 Risulta pero' in tal modo una  prospettazione  perplessa  ed  ambigua
 perche'  non  e'  dato  comprendere  se  l'attribuzione del potere di
 sospendere l'esecuzione,  che  -  secondo  il  giudice  rimettente  -
 ricondurrebbe   la   norma   censurata  a  conformita'  ai  parametri
 costituzionali  invocati,  sia  da  riferire,  in  caso   di   organo
 collegiale, al giudice istruttore o al collegio; nel qual ultimo caso
 il   giudice  istruttore  non  sarebbe  legittimato  a  sollevare  la
 questione di costituzionalita' de qua. Ne' puo' farsi ricorso  ad  un
 canone   generale  che  attribuisca  sempre  e  comunque  al  giudice
 istruttore tale potere di sospensione, atteso che una regola siffatta
 non e' rinvenibile nel vigente ordinamento  processuale.  Ed  infatti
 mentre  e'  previsto  che  sia  il  giudice  istruttore  a provvedere
 sull'istanza di sospensione dell'esecuzione nel giudizio  di  appello
 (art.   351  c.p.c.)  ed  in  quello  di  opposizione  a  decreto  di
 ingiunzione  (art.  649  c.p.c.),  e'  in  altri  casi  richiesta  la
 decisione  collegiale;  cosi'  in pendenza del giudizio di cassazione
 (art. 373, secondo comma, c.p.c.), di revocazione (art. 401  c.p.c.),
 di  opposizione  di  terzo  (art.  407 c.p.c.), di impugnazione della
 sentenza arbitrale (art. 830, secondo comma, c.p.c.).
    Tale mancata puntualizzazione da parte del giudice rimettente  non
 consente  la  verifica  della  rilevanza della sollevata questione di
 costituzionalita' e conseguentemente  e'  causa  di  inammissibilita'
 della stessa.