IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  385/1986
 proposto  da  Giovanni Battista Fasciolo rappresentato e difeso dagli
 avv.ti Antonio Astolfi e Beniamino Piras ed elettivamente domiciliato
 presso lo studio del secondo in Cagliari, via Maddalena n. 40; contro
 l'unita' sanitaria locale n. 18 di Senorbi in persona del  presidente
 del  comitato  di gestione in carica, non costituito in giudizio; per
 l'annullamento della deliberazione n. 872 del 18  dicembre  1985  con
 cui  il  comitato di gestione ha dichiarato la decadenza del dott. G.
 Battista Fasciolo dall'autorizzazione all'esercizio  di  titolare  in
 gestione provvisoria della sede farmaceutica del comune di Pimentel;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Viste  le  memorie prodotte dal ricorente a sostegno delle proprie
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato relatore per la pubblica udienza del  7  aprile  1992  il
 consigliere Silvio Ignazio Silvestri;
    Udito  l'avv.  G.  Piras  per  delega  dell'avv.  B.  Piras per il
 ricorrente;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Il dottor Giovanni Battista Fasciolo era titolare di una  farmacia
 posta in Cagliari, viale Marconi n. 4.
    A  seguito  di  una  condanna  penale,  al  dottor  Fasciolo venne
 comminata la pena accessoria della interdizione dai  pubblici  uffici
 per un periodo di due anni e sei mesi.
    In  attesa  della  sentenza  definitiva,  egli  venne  in un primo
 momento sospeso dalla professione; in seguito  la  sospensione  venne
 revocata.
    Con  nota  n. 10825 del 14 maggio 1981, l'assessorato alla Sanita'
 della regione autonoma  della  Sardegna  avviava  nei  confronti  del
 dottor  Fasciolo  un  procedimento  disciplinare che, peraltro, venne
 sospeso con nota n. 11151 del 18 maggio 1981.
    Lo stesso dottor Fasciolo  ottenne  in  data  28  aprile  1982  la
 gestione  provvisoria  della farmacia di Pimentel ma, a seguito della
 sentenza definitiva di condanna, dovette  chiudere  la  farmacia  per
 scontare il residuo periodo di interdizione.
    Successivamente,  egli  e'  venuto  a  conoscenza  che  la regione
 Sardegna aveva in corso l'assegnazione della farmacia di Pimentel  ad
 altro  farmacista,  senza dargliene comunicazione. Inoltre, la U.S.L.
 n. 18 di Senorbi ha deliberato  la  decadenza  del  ricorrente  dalla
 gestione provvisoria della farmacia di Pimentel.
    Quest'ultimo  provvedimento e' stato impugnato dal dottor Fasciolo
 per i seguenti motivi:
    1) La pronuncia di decadenza dalla  gestione  provvisoria  di  una
 farmacia  competerebbe  al  medesimo  organo  che la concede, e cioe'
 l'assessore alla sanita' della regione Sardegna  violerebbe  pertanto
 l'art.  129 del t.u.l.s. approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e
 gli artt. 6 e 11, n. 5 della legge regionale sarda 27 aprile 1984, n.
 12 il provvedimento col quale il comitato di gestione della U.S.L. n.
 18 di Senorbi  decretava  la  decadenza  del  dottor  Fasciolo  dalla
 gestione della farmacia di Pimentel;
    2)  L'amministrazione  non  avrebbe concesso al dottor Fasciolo la
 possibilita' di presentare le  proprie  controdeduzioni  prima  della
 definitiva pronuncia di decadenza.
    Cio'  avrebbe  avuto  una  particolare rilevanza perche' l'art. 14
 della legge 2 aprile 1968, n. 475 dispone  la  decadenza  "quando  la
 condanna  non sia pronunziata per reati di carattere politico", ma al
 ricorrente non sarebbe  stata  offerta  la  possibilita'  di  provare
 l'eventuale  carattere  politico  dei  reati  commessi per evitare il
 provvedimento sfavorevole.
    Se poi si ritenesse che la U.S.L.  non  era  tenuta  a  contestare
 alcunche'  al  ricorrente,  l'art. 14 della legge n. 475/1968 sarebbe
 costituzionalmente illegittimo per violazione del diritto  di  difesa
 garantito dall'art. 24 della Costituzione.
    3)  L'art. 14 della legge n. 475/1968, che prevede che il titolare
 della farmacia condannato all'interdizione - perpetua o temporanea  -
 dai  pubblici  uffici decade dalla titolarita', violerebbe i principi
 costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza.
    Difatti per i farmacisti pubblici sarebbe prevista la destituzione
 di diritto solo in caso di  condanna  per  specifici  delitti  o  che
 comporti  l'interdizione perpetua di pubblici uffici, mentre la norma
 richiamata non porrebbe analoghe limitazioni.
    Con  ordinanza  presidenziale  n.  284/1988   e'   stato   chiesto
 all'amministrazione  il  deposito  di tutti gli atti necessari per la
 decisione della causa, che, alla pubblica udienza del 7 aprile  1992,
 e' stata spedita in decisione.
                             D I R I T T O
    Col  primo motivo di ricorso il dottor Fasciolo lamenta l'assoluta
 incompetenza della U.S.L. n.  18  ad  emettere  un  provvedimento  di
 decadenza dalla gestione provvisoria di una farmacia.
    Sostiene  cioe'  il  ricorrente  che le gestioni provvisorie delle
 farmacie vengono assegnate  dall'assessore  regionale  alla  sanita';
 come  tali,  esse  dovrebbero essere revocate solo da lui e non dalla
 U.S.L.
    Prosegue ancora il ricorrente sostenendo che, nel caso  in  esame,
 non  si  applicherebbe l'art. 11, n. 5 della legge regionale sarda n.
 12/1984 che attribuisce alle U.S.L. " . .. la pronunzia di  decadenza
 dall'autorizzazione  dell'esercizio  farmaceutico" in quanto la norma
 sarebbe riferita solo ad un conferimento definitivo della gestione.
    Il conferimento temporaneo della gestione di una farmacia  avrebbe
 invece natura e caratteristiche notevolmente differenti e, come tale,
 non potrebbe essere assimilato a quello definitivo.
    In  realta',  la norma in discorso non pone alcuna distinzione tra
 conferimento in via temporanea e definitiva  e  parla  unicamente  di
 decadenza.  Non si ravvisa pertanto alcuna sostanziale differenza tra
 i due tipi di conferimento della gestione, ai fini della pronuncia di
 decadenza;  entrambi  hanno  le  medesime   caratteristiche,   e   si
 differenziano solo per quanto attiene alla loro durata.
    La  norma  dell'art.  11,  n.  5  della  legge regione Sardegna n.
 12/1984 trova quindi concreta applicazione anche nelle fattispecie in
 esame, con la conseguenza che il primo motivo  di  ricorso  non  puo'
 venire accolto.
    Il  ricorrente,  nel  secondo motivo, lamenta il fatto che non gli
 sia  stata  concessa  la   possibilita'   di   esporre   le   proprie
 argomentazioni  difensive  prima  dell'emanazione  del  provvedimento
 sanzionatorio.
    Tale circostanza, peraltro, e' assolutemente irrilevante in quanto
 l'art.  14  della  legge  n.  475/1968  dispone  automaticamente   la
 decadenza   dalla   titolarita'   della   farmacia,  in  presenza  di
 determinati presupposti.
    D'altronde e' privo di pregio il  richiamo  alla  possibilita'  di
 dimostrare il carattere politico della pronuncia (che escluderebbe la
 sanzione  della  decadenza)  trattandosi  di  una norma evidentemente
 datata e comunque certamente non applicabile al  reato  commesso  dal
 ricorrente.
    Peraltro,  l'effetto automatico della decadenza riconosciuto dalla
 norma alla condanna induce il collegio a considerare se tale  effetto
 non contrasti con qualche principio costituzionale.
    Va  rilevato  che  la  Corte  costituzionale ha gia' avuto modo di
 pronunciarsi su casi analoghi, in particolare modo con la sentenza n.
 971 del 12-14 ottobre 1988. In tale occasione, la Corte  ha  rilevato
 come    l'ordinamento    tenda    ad   escludere   ipotesi   in   cui
 l'amministrazione   commini   sanzioni   disciplinari   senza   alcun
 adeguamento al caso concreto. La tendenza dell'ordinamento, cioe', e'
 quella  di  applicare  il  principio  della gradualita' della pena in
 funzione della gravita' concreta  del  fatto  commesso,  estendendolo
 anche al sistema delle sanzioni disciplinari.
    La  Corte  costituzionale  ancora  osservava nella citata sentenza
 come vada ottemperato l'intento del legislatore di  rendere  omogenea
 tutta   la  disciplina  riguardante  il  pubblico  impiego,  evitando
 situazioni di  disparita'  di  trattamento,  soprattutto  in  materia
 disciplinare. Conseguentemente, in quella circostanza si era concluso
 per  la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 85
 del t.u. impiegati civili dello Stato e di altre norme  analoghe  che
 prevedevano  automaticamente  la  decadenza  definitiva  dai pubblici
 uffici come conseguenza penale di specifici reati.
    Nel caso ora in esame, l'art. 14 della legge n.  475/1968  dispone
 automaticamente la decadenza dell'autorizzazione all'esercizio di una
 farmacia per effetto di condanna che comporti interdizione perpetua o
 temporanea dai pubblici uffici ovvero dalla professione.
    Questo articolo, dunque contiene disposizioni normative analoghe a
 quelle  originariamente  previste  dall'art.  85  del  t.u. impiegati
 civili dello Stato, e pertanto  esso  sembra  andare  contro  sia  il
 generale  principio  secondo cui la sanzione disciplinare va graduata
 in funzione della gravita' della pena  comminata,  sia  quello  della
 uniformita'  di  trattamento  tra  soggetti  che si trovano in uguali
 posizioni  in  ossequio  al  disposto  di  cui   all'art.   3   della
 Costituzione.
    L'esame  della legittimita' costituzionale della norma in discorso
 e' rilevante ai fini della trattazione  della  causa,  posto  che  il
 Collegio  ritiene  -  come si visto - di non poter accogliere i primi
 due motivi di ricorso proposti dal dottor Fasciolo. Ritiene  inoltre,
 per le considerazioni suesposte, che i due rilievi di illeggittimita'
 costituzionale  dell'art. 14 della legge n. 475/1968 - per violazione
 del principio di graduazione della sanzione  disciplinare  alla  pena
 comminata e dell'art. 3 della Costituzione - non siano manifestamente
 infondati.
    Lo stesso ricorrente per giunta pone, nel terzo motivo di ricorso,
 una   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14  per
 violazione dell'art. 3 della Carta,  ma  per  un  differente  profilo
 rispetto a quello appena visto. Egli fa rilevare, in particolar modo,
 una  disparita'  di  trattamento  dei  farmacisti  privati rispetto a
 quelli pubblici, per i quali e' prevista la destituzione  di  diritto
 solo   in   caso  di  condanna  per  specifici  delitti  che  importi
 l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
    Non vi sarebbe ragione alcuna per disciplinare in modo  differente
 il  sistema  delle  sanzioni disciplinari per i farmacisti, a seconda
 che questi operino privatamente o in strutture pubbliche.
    Il  collegio,  ritiene  che   anche   tale   questione   sia   non
 manifestamente  infondata sotto il profilo della violazione dell'art.
 3 della Costituzione,  oltre  che  essere  rilevante  ai  fini  della
 decisione della causa, come si e' detto piu' sopra.
    Appare   dunque  opportuno  sottoporre  al  giudizio  della  Corte
 costituzionale i tre  profili  di  incostituzionalita'  dell'art.  14
 della  legge  n. 475/1968 ora esposti, sospendendo, nel frattempo, il
 giudizio sul ricorso.