ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
 dell'art.  23  della  legge  17  maggio  1985,  n.  210  (Istituzione
 dell'ente Ferrovie  dello  Stato)  e  dell'art.  413  del  codice  di
 procedura civile, promossi con tre ordinanze
 emesse  il  20  e  25 marzo 1992 dal Pretore di Roma nei procedimenti
 civili vertenti tra Sinopoli Francesco, Tomasello Giuseppe e Trifiro'
 Carmelo e l'Ente Ferrovie dello Stato,  rispettivamente  iscritte  ai
 nn.  364,  436  e  437 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  29  e  37,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1992;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 2  dicembre  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Ritenuto  che il Pretore di Roma, con ordinanze di analogo tenore,
 depositate il 23  marzo  e  il  18  maggio  1992,  ha  sollevato,  in
 riferimento all'art. 97 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale  del  combinato  disposto  dell'art. 23 della legge 17
 maggio 1985, n. 210, e dell'art. 413 del codice di procedura  civile,
 nella   parte   in   cui   consente  di  adire  il  Pretore  di  Roma
 (territorialmente   competente   in   quanto   giudice   nella    cui
 circoscrizione  ha  sede legale l'Ente Ferrovie dello Stato) anche ai
 lavoratori i quali prestano servizio presso  le  dipendenze  di  tale
 Ente che non rientrano nella sua circoscrizione;
      che  secondo  il  giudice a quo l'art. 23 della legge n. 210 del
 1985, quale risulta dopo la sentenza n.  117  del  1990  della  Corte
 costituzionale,   nel  far  rinvio  alla  disciplina  generale  delle
 controversie di lavoro dettata dall'art. 413 del codice di  procedura
 civile,  porta  al  sovraccarico  di  un  solo  ufficio giudiziario e
 all'irrazionale distribuzione dei processi, con  sospetta  violazione
 del  principio  di  buon  andamento  introdotto  dall'art.  97  della
 Costituzione, riferibile anche all'amministrazione  della  giustizia,
 secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
 86 del 1982;
      che  in  tutti  i  giudizi  si  e'  costituito il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza
 della questione;
    Considerato che i tre giudizi, in  quanto  prospettano  la  stessa
 questione, vanno riuniti e decisi con un unico provvedimento;
      che   questa   Corte   ha   gia'   dichiarato   l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 23 della  legge  17  maggio  1985,  n.  210,
 proprio  nella  parte  in  cui  introduceva irragionevole deroga alla
 disciplina generale dettata dall'art. 413  del  codice  di  procedura
 civile (sent. n. 117 del 1990);
      che  e'  del  tutto  inconferente  il richiamo all'art. 97 della
 Costituzione: il principio  di  buon  andamento  dell'amministrazione
 della  giustizia impone che l'attribuzione dei posti di organico agli
 uffici giudiziari sia correlata  alle  pendenze  di  fatto,  comunque
 radicate; esigenza, questa, gia' avvertita dal legislatore al momento
 di  dettare  la  nuova  disciplina  delle controversie individuali di
 lavoro (legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 21);
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;