ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 81 e 349,
 secondo comma, del codice penale e  dell'art.  20,  lett.  c),  della
 legge 28 febbraio 1985 n. 47, recante: "Norme in materia di controllo
 dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
 delle opere edilizie", promosso con ordinanza  emessa  il  24  aprile
 1992  dal  Pretore  di  S. Maria Capua Vetere - sezione distaccata di
 Capua nel procedimento penale a carico di Puocci Renato, iscritta  al
 n.  379  del  registro  ordinanze  1992  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 30 prima serie speciale dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 2 dicembre 1992 il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Ritenuto che nel corso del procedimento penale  nei  confronti  di
 Puocci  Renato,  il  Pretore  di  S.  Maria  Capua  Vetere  - sezione
 distaccata di Capua, con ordinanza del 24 aprile 1992  (R.O.  n.  379
 del   1992),   ha   sollevato,   in   riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 81  del codice penale e comunque del sistema sanzionatorio risultante
 dagli artt. 81, 349, secondo comma, del codice penale e 20  lett.  c)
 della  legge  28  febbraio 1985, n. 47", recante "Norme in materia di
 controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e
 sanatoria delle opere edilizie";
      che  nell'ordinanza  di rinvio si premette che l'imputato, nella
 fase degli atti introduttivi al giudizio,  ha  formulato  istanza  di
 applicazione   della   pena   ex  artt.  444  e  563  c.p.p.,  previa
 unificazione dei reati ascritti di cui agli artt. 349, secondo  comma
 c.p.  e  20  lett.  c)  della  legge  n.  47  sotto  il vincolo della
 continuazione, subordinando  detta  istanza  alla  concessione  della
 sospensione  condizionale  della  pena,  stante  la  prevalenza delle
 attenuanti generiche sull'aggravante contestata; - che, nella  stessa
 ordinanza,  si  rileva  che  i  reati contestati nella fattispecie in
 esame  "ben  possono  essere   avvinti   sotto   il   vincolo   della
 continuazione  sotto  il  piu'  grave  reato di cui all'art. 349 cpv.
 c.p.p.", ma  che  l'applicazione  della  continuazione  consentirebbe
 all'imputato  -  nei  cui  confronti viene riconosciuta la prevalenza
 delle  attenuanti  generiche  sulla  contestata   aggravante   -   di
 beneficiare   della  sospensione  condizionale  della  pena,  essendo
 sottoposto ad una pena minore di quella che verrebbe irrogata  a  chi
 si  sia  reso  responsabile  della sola violazione di cui all'art. 20
 lett. c) della legge n. 47 del 1985,  stante  l'elevata  entita'  del
 minimo edittale previsto per questo reato;
      che   da   tale   situazione  discenderebbe  una  disparita'  di
 trattamento,  lesiva  dell'art.  3  Cost.,   "tra   l'ipotesi   della
 commissione del solo reato di cui all'art. 20 lett. c) della legge n.
 47  del  1985  e  quella  della commissione del reato stesso ed altri
 anche  piu'  gravi  reati   da   unire   sotto   il   vincolo   della
 continuazione";
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata infondata;
    Considerato  che  per  valutare  la  gravita'  di  un  trattamento
 sanzionatorio   occorre   riferirsi   -   pur    nell'ambito    della
 interpretazione  dell'art.  81 c.p. adottata dal giudice a quo - alla
 pena  nel  suo  complesso,  sia  detentiva  che  pecuniaria,  con  la
 conseguenza  che,  nel caso in esame, la pena complessiva applicabile
 per i due reati contestati, uniti dal  vincolo  della  continuazione,
 dovrebbe  risultare  maggiore di quella conseguente dalla commissione
 del solo reato contravvenzionale di cui all'art. 20  lett.  c)  della
 legge n. 47 del 1985;
      che,  indipendentemente  dal  rilievo  che precede, la questione
 sollevata, ove fosse accolta, determinerebbe come  conseguenza  -  ai
 fini del ripristino della parita' di trattamento con gli imputati del
 solo  reato contravvenzionale - di negare all'imputato nel giudizio a
 quo, nei  cui  confronti  e'  stato  riconosciuto  il  vincolo  della
 continuazione,   l'applicabilita'  del  beneficio  della  sospensione
 condizionale della pena, con un aggravamento del regime sanzionatorio
 attualmente operante nei confronti dello stesso;
      che, nei termini in cui viene prospettata, la questione  non  si
 presenta    rilevante    ai    fini   del   giudizio   a   quo,   per
 l'impossibilita'che il richiesto aggravamento di regime possa operare
 - in relazione al principio sanzionato nell'art. 25,  secondo  comma,
 Cost.  -  anche  nell'ambito  di detto giudizio e nei confronti di un
 imputato gia' riconosciuto dal giudice remittente  in  condizione  di
 ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena;
      che   la   questione   va   pertanto  dichiarata  manifestamente
 inammissibile per difetto di rilevanza;