ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo e
 secondo comma, 2 e 4  del  decreto-legge  1›  aprile  1989,  n.  121,
 convertito  con  modificazioni  nella  legge  29  maggio 1989, n. 205
 (Interventi infrastrutturali nelle aree  interessate  dai  campionati
 mondiali di calcio del 1990) e degli artt. 2, primo comma, lett. e) e
 4,  primo,  secondo e terzo comma, della legge della Regione Lazio 17
 luglio 1989 n. 46 (Interventi finanziari in occasione dei mondiali di
 calcio 1990), promosso con ordinanza emessa il 7 e 14 giugno 1990 dal
 Tribunale amministrativo regionale  del  Lazio  sui  ricorsi  riuniti
 proposti  dalla  s.r.l.  ELMAR  ed  altri contro il Comune di Roma ed
 altri, iscritta al n. 421 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata
 nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36 prima serie speciale
 dell'anno 1992;
    Visti gli atti di costituzione della s.r.l.  ELMAR  ed  ECTOR,  di
 Pantanella  Cecilia  ed  altri,  della  s.r.l.  Compagnia Finanziaria
 Laziale, della s.a.s. TELEX 1 ed altre, della  s.n.c.  COMED  81,  di
 Beltramo  Luciana, della s.r.l. FE.ME.C. ed altri, del Comune di Roma
 e della Regione Lazio nonche' l'atto di intervento del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  15  dicembre  1992  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi  gli avvocati Stanislao Aureli per le s.r.l. ELMAR ed ECTOR,
 Giuseppe  e  Riccardo  Lavitola  per  Pantanella  Cecilia  ed  altri,
 Alessandro  Pallottino  per  la s.r.l. Compagnia Finanziaria Laziale,
 Mario Sanino per la s.a.s. TELEX 1 ed altre, Federico Mannucci per la
 s.n. c. COMED 81 e Beltramo Luciana,  Bruno  Riitano  per  la  s.r.l.
 FE.ME.C.  ed  altri,  Enrico Lorusso per il Comune di Roma, Franco G.
 Scoca per la Regione Lazio e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per
 il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nei giudizi promossi dalla s.r.l. Elmar, dalla s.r.l.  C.P.C.
 Servizi,  dai signori Pantanella, dalla s.p.a. Terriera Milvia, dalla
 s.a.s. Telex 1 di Sergio Broise e C., dalla s.a.s. Summarex di Sergio
 Broise e C., dalla soc. Summaron di Sergio Broise e C., dalla s.n. c.
 Comed 81 di Antonio De Luca e soci, da Luciana Beltramo, dalla s.r.l.
 FE.MEC., da Marcella Tabolacci, da  Severino  Civitella,  da  Armando
 Civitella,  dalla  s.r.l. Coop. Centro Stampa Regionale, dalla s.r.l.
 Ector, dalla s.r.l. Societa' Editoriale Ore 12 per l'annullamento  di
 un  complesso  di  provvedimenti  del  Comune  di  Roma relativi alla
 approvazione del parco pubblico attrezzato di Tor di Quinto  ed  alle
 conseguenti  procedure  espropriative,  il  Tribunale  amministrativo
 regionale per il Lazio, dopo aver disposto la riunione  dei  ricorsi,
 ha  sollevato,  con  ordinanza  del 7-14 giugno 1990 (R.O. n. 421 del
 1992), varie questioni di legittimita' costituzionale  nei  confronti
 degli artt. 1, primo e secondo comma, 2 e 4 del d.-l. 1› aprile 1989,
 n.  121,  convertito con modificazioni nella legge 29 maggio 1989, n.
 205  (Interventi  infrastrutturali   nelle   aree   interessate   dai
 campionati  mondiali  di  calcio  del  1990) e degli artt.   2, primo
 comma, lett. e) e 4, primo, secondo e terzo comma, della legge  della
 Regione  Lazio  17  luglio  1989  n.  46  (Interventi  finanziari  in
 occasione dei mondiali di calcio 1990), per  violazione  degli  artt.
 3, 11, 24, 97, 113 e 128 della Costituzione.
    2. - In primo luogo il T.A.R. del Lazio contesta la conformita' al
 dettato  costituzionale della procedura regolata dall'art. 2, primo e
 terzo comma, della legge n. 205 del 1989 laddove si prevede che  "una
 conferenza    cui    partecipano   tutti   i   rappresentanti   delle
 amministrazioni dello Stato e degli enti comunque tenuti ad  adottare
 atti   d'intesa,   nonche'   a   rilasciare  pareri,  autorizzazioni,
 approvazioni, nulla osta" sia chiamata a  pronunciarsi  sui  progetti
 esecutivi   delle  opere  pubbliche  e  che  "l'approvazione  assunta
 all'unanimita' sostituisce ad  ogni  effetto  gli  atti  d'intesa,  i
 pareri,  le  autorizzazioni,  le  approvazioni, i nulla osta previsti
 dalle leggi statali e regionali".
    Sottolinea il T.A.R. remittente che le disposizioni denunciate non
 prevedono la partecipazione alla conferenza dei servizi degli  stessi
 soggetti investiti, nei singoli ordinamenti di settore, del potere di
 emettere  gli  atti  di intesa, i pareri etc., con la conseguenza che
 alla conferenza potrebbero partecipare "rappresentanti"  diversi  dai
 soggetti  abilitati  per  legge ad adottare gli atti del procedimento
 sostituiti dalla deliberazione della conferenza dei servizi.  Inoltre
 -  sostiene  il  giudice  a  quo  -  alle sedute della conferenza che
 adottano le delibere sostitutive non e' prevista come  necessaria  la
 presenza  di  tutti  i  rappresentanti  delle amministrazioni, con la
 conseguenza  che  anche  la  regola  dell'unanimita'  necessaria  per
 garantire  l'effetto  sostitutivo  potrebbe non garantire la corretta
 esplicazione dei poteri amministrativi.
    Di qui, ad  avviso  del  T.A.R.  del  Lazio,  il  sospetto  di  un
 contrasto  tra  le  norme impugnate e l'art. 97 della Costituzione in
 quanto  gli  atti  d'intesa,  i   pareri,   le   autorizzazioni,   le
 approvazioni,  i  nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali
 potrebbero  essere  assorbiti  da  una  deliberazione  assunta  dalla
 conferenza   dei   servizi   senza  la  partecipazione  dei  soggetti
 costituzionalmente  competenti  ad  esprimere   la   volonta'   delle
 amministrazioni  o  degli  enti,  con  una sostanziale elusione delle
 norme che nell'ordinamento provvedono a ripartire le competenze tra i
 vari organi amministrativi  e  che,  in  relazione  alla  speciale  e
 provata  idoneita'  tecnica  e professionale dei soggetti preposti ai
 singoli  uffici,  garantiscono  il  corretto  esercizio  dei   poteri
 amministrativi.
    Dubbi di legittimita' costituzionale analoghi a quelli manifestati
 in ordine all'art. 2, primo e terzo comma, della legge n. 205 vengono
 poi  espressi  nella  stessa  ordinanza anche in relazione alle norme
 dettate dall'art. 4, primo, secondo e terzo comma, della legge  della
 Regione Lazio 17 luglio 1989 n. 46.
    3.  -  In  secondo  luogo,  l'autonomia dell'ente comunale sarebbe
 violata dalla norma contenuta nella seconda  parte  del  terzo  comma
 dell'art.  2  della  legge  n.  205  del  1989,  dove  si prevede che
 l'approvazione all'unanimita' da parte della conferenza  dei  servizi
 "comporta,  per  quanto  occorra,  variazione  anche integrativa agli
 strumenti urbanistici e ai piani  territoriali  senza  necessita'  di
 ulteriori  adempimenti". Per effetto di tale disposizione il Comune -
 ad avviso del T.A.R. del Lazio - verrebbe sostanzialmente privato dei
 propri poteri in  materia  urbanistica,  con  conseguente  violazione
 dell'art.  128  della Costituzione, che affida a leggi generali dello
 Stato la disciplina delle funzioni e dei limiti dell'autonomia  degli
 enti locali territoriali.
    4.  -  Anche  il  diritto  di  difesa  in  giudizio  dei  soggetti
 interessati dai procedimenti espropriativi, risulterebbe,  ad  avviso
 del  giudice  remittente,  fortemente  compresso  dalla  normativa in
 questione. Tale limitazione - lesiva  degli  artt.  24  e  113  della
 Costituzione   -   discenderebbe  dal  fatto  che  la  localizzazione
 dell'opera e' stata, nel caso  di  specie,  compiuta  con  una  norma
 legislativa che ha direttamente individuato il parco di Tor di Quinto
 tra  le  opere  da realizzare in occasione dei campionati mondiali di
 calcio  1990,  negando  cosi'  -  in  assenza  di   un   procedimento
 amministrativo  diretto  a  tale individuazione - una efficace difesa
 agli interessati in sede di giustizia amministrativa.
    5. - Nell'ordinanza di rinvio viene poi individuato  un  ulteriore
 profilo  di  incompatibilita'  della  norma dettata dall'art. 4 della
 legge n. 205 con l'art. 11 della Costituzione e  con  i  principi  di
 imparzialita'  e  ragionevolezza  che  devono  ispirare le scelte del
 legislatore.  La  contraddizione  risiederebbe  nel  fatto   che   la
 possibilita'  di deroga alle normali procedure concorsuali in tema di
 appalti pubblici e' realizzabile - ai  sensi  dell'art.  5  lett.  d)
 della  legge  8  agosto 1977, n. 584, concernente l'adeguamento delle
 procedure di aggiudicazione alle direttive della Comunita'  economica
 europea  -  solo in caso di imprevedibilita' degli eventi che rendono
 eccezionalmente urgente l'esecuzione delle opere, mentre nel caso  in
 esame  era  nota  da  tempo  la  designazione dell'Italia quale paese
 ospitante dei campionati mondiali di calcio 1990.
    6. - Infine l'ordinanza prospetta l'illegittimita'  costituzionale
 del  primo comma dell'art. 1 della legge n. 205 nella parte in cui si
 riferisce all'elenco allegato che contempla (al n.  38  dell'area  di
 Roma)  la  realizzazione  del  parco di Tor di Quinto. Per tale opera
 risulterebbe, infatti, dubbia  -  secondo  il  giudice  a  quo  -  la
 sussistenza  dei requisiti indicati dalle lettere a) e b) del secondo
 comma dell'art. 1 della citata legge n. 205  e,  in  particolare,  la
 connessione   strumentale  dell'opera  stessa  con  le  opere  viarie
 necessarie per la manifestazione sportiva, tanto piu' che il progetto
 esecutivo del parco era gia' stato in precedenza approvato ai sensi e
 per gli effetti della legge n. 1 del 31 gennaio 1978.
    Analoghe considerazioni dovrebbero valere - sempre a giudizio  del
 giudice  remittente  - anche per gli artt. 2, primo comma, lett. e) e
 4, primo, secondo e terzo comma, della legge regionale 17 luglio 1989
 n. 46, in relazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione.
    7. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti la  s.r.l.
 Elmar,  la  s.r.l.  Ector,  i Signori Pantanella, la s.r.l. Compagnia
 Finanziaria Laziale, (gia' Soc. Terriera Milvia p.  Az.),  la  s.a.s.
 Telex 1, la s.a.s. Summarex 1, la s.n. c. Comed 81 di Antonio De Luca
 e  soci,  la  Signora  Luciana Beltramo, la s.r.l. FE.MEC., tutti per
 aderire alle censure di illegittimita' costituzionale prospettate dal
 T.A.R. del Lazio.
    Il  Comune  di  Roma si e' costituito per sostenere l'infondatezza
 delle questioni sollevate.
    Hanno  altresi'  spiegato  intervento  la  Regione  Lazio  ed   il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura    generale    dello     Stato,     per     sostenere
 l'inammissibilita' e l'infondatezza delle stesse questioni.
    A sostegno delle tesi prospettate nell'ordinanza e' intervenuto in
 giudizio  anche  il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la
 difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e  dei  consumatori),
 asserendo  di  essere  parte  costituita  nel giudizio promosso dalla
 Societa' editoriale Ore 12.
    8. - Nell'imminenza dell'udienza di  discussione  tutte  le  parti
 costituite   e  intervenute  hanno  presentato  memorie  al  fine  di
 sviluppare le rispettive tesi.
                        Considerato in diritto
    1.   -   Va    preliminarmente    dichiarata    l'inammissibilita'
 dell'intervento   in   giudizio  del  Codacons  (Coordinamento  delle
 associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e
 dei consumatori), che,  alla  data  del  deposito  dell'ordinanza  di
 rimessione,  non  aveva  assunto  la  qualita' di parte in alcuno dei
 giudizi che la stessa ordinanza ha provveduto a riunire ai fini della
 prospettazione delle questioni di costituzionalita' di cui  e'  causa
 (cfr. sent. 315 del 1992).
    2.  - Il T.A.R. del Lazio dubita della legittimita' costituzionale
 degli artt. 1, primo e secondo comma, 2 e 4  della  legge  29  maggio
 1989  n.  205  (Conversione,  con modificazioni, del decreto-legge 1›
 aprile 1989 n. 121, recante interventi  infrastrutturali  nelle  aree
 interessate dai campionati mondiali di calcio del 1990) e degli artt.
 2,  primo  comma,  lett  e)  e 4, primo, secondo e terzo comma, della
 legge regionale del Lazio 17 luglio 1989 n. 46 (Interventi finanziari
 in occasione dei campionati mondiali di calcio) in relazione a cinque
 diversi profili, che possono essere cosi' riassunti:
       a) gli artt. 2, primo e terzo comma, della  legge  n.  205  del
 1989  e  l'art.  4,  primo,  secondo e terzo comma, della legge della
 Regione Lazio n. 46 del 1989 verrebbero a violare  il  principio  del
 buon  andamento  della  pubblica amministrazione sancito dall'art. 97
 della Costituzione nella parte in cui prevedono  una  "conferenza  di
 servizi"  con il compito di valutare e approvare i progetti esecutivi
 delle  opere  da  realizzare:  "conferenza"  cui  sono   chiamati   a
 partecipare  tutti  i  rappresentanti delle amministrazioni statali e
 locali interessate  al  procedimento  e  le  cui  determinazioni,  se
 assunte  all'unanimita',  sostituiscono  ad  ogni effetto gli atti di
 intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni,  i  nulla  osta
 previsti  dalle leggi statali e regionali. L'incostituzionalita'della
 "conferenza" discenderebbe  dal  fatto  che  alla  stessa  potrebbero
 partecipare,  quali rappresentanti delle varie amministrazioni, anche
 soggetti diversi da quelli  legittimati  a  porre  i  vari  atti  del
 procedimento, mentre le deliberazioni adottate dall' organo, anche se
 assunte   con  l'unanimita'  dei  presenti,  non  richiederebbero  la
 presenza necessaria di tutti i soggetti abilitati a parteciparvi;
       b) l'art. 2, seconda parte del terzo comma, della legge n.  205
 del 1989 risulterebbe in contrasto con l'art. 128 della Costituzione,
 dal   momento   che   l'approvazione  dei  progetti  da  parte  della
 "conferenza", comportando variazioni anche integrative agli strumenti
 urbanistici  ed  ai  piani territoriali senza necessita' di ulteriori
 adempimenti, verrebbe a violare l'autonomia dei Comuni  limitando  le
 competenze agli stessi spettanti in materia urbanistica;
       c)  gli  artt.  2  e 4 della legge n. 205 del 1989 sarebbero in
 contrasto con gli artt. 24 e 113 della Costituzione  avendo  limitato
 il  diritto  di difesa spettante ai soggetti colpiti dai procedimenti
 espropriativi mediante la copertura legislativa data ad una serie  di
 atti  ed operazioni normalmente affidate all'autorita' amministrativa
 e  nelle  quali  e'  di  regola  garantita  la  partecipazione  degli
 interessati;
       d)  l'art.  4  della  legge  n.  205 del 1989, nel prevedere un
 affidamento delle opere non  subordinata  ai  criteri  fissati  dalla
 legge  8  agosto  1977  n.  584  (secondo  le  direttive  poste dalla
 Comunita' economica europea in tema di appalti pubblici), verrebbe  a
 violare    i    principi   costituzionali   sulla   imparzialita'   e
 ragionevolezza   della   legislazione   nonche'   l'art.   11   della
 Costituzione;
       e)  gli  artt. 1, primo e secondo comma, della legge n. 205 del
 1989 e l'art. 2, primo comma, lett. e) della legge  regionale  n.  46
 del  1989  sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 della
 Costituzionie, dal  momento  che  il  parco  di  Tor  di  Quinto  non
 risponderebbe   ai  requisiti  fissati  dalla  stessa  legge  per  le
 realizzazioni delle opere connesse  con  i  campionati  mondiali  del
 1990,  risultando  dubbia  la  connessione  strumentale dell'opera in
 questione con le opere viarie necessarie  per  lo  svolgimento  della
 manifestazione sportiva.
    Nessuna delle questioni prospettate appare fondata nei termini che
 verranno di seguito esposti.
    3.  -  Va innanzitutto escluso che l'istituto della "conferenza di
 servizi", disciplinato dall'art. 2 della legge  n.  205  del  1989  e
 dall'art.  4  della  legge  della Regione Lazio n. 46 del 1989, possa
 ritenersi  in  contrasto  con  il  principio   del   buon   andamento
 dell'attivita'   amministrativa   sanzionato   dall'art.   97   della
 Costituzione, dal momento  che,  nella  disciplina  in  esame,  detto
 istituto  appare  orientato  proprio  verso  la realizzazione di tale
 principio, nell'ambito di quelle particolari  condizioni  di  urgenza
 che  il legislatore si e' trovato a dover affrontare in occasione dei
 mondiali di calcio del 1990.
    In  una  recente  pronuncia  questa  Corte  -  nel  giudicare   la
 legittimita' di una conferenza regionale costituita quale sede per la
 valutazione  di  progetti  di  edilizia sanitaria da parte di tutti i
 soggetti comunque interessati al procedimento  -  ha  avuto  modo  di
 sottolineare   come  "la  previsione  di  un  organo  misto  in  cui,
 nell'esercizio di funzioni amministrative, siano rappresentati  tutti
 i  soggetti  portatori  di  interessi  coinvolti  nel procedimento di
 realizzazione  delle  opere,  in  modo  che  tali  soggetti   possano
 confrontarsi  direttamente  ed esprimere le loro posizioni, trovando,
 in un quadro di valutazione globale, soluzioni di corretto ed  idoneo
 contemperamento  delle  diverse  esigenze" venga a configurarsi quale
 "mezzo di semplificazione e snellimento  dell'azione  amministrativa"
 (sent.  n. 37 del 1991): mezzo da valutare con favore anche alla luce
 di  quei  recenti  indirizzi  che,  nella  legislazione  statale   di
 principio,  hanno condotto a valorizzare l'istituto della "conferenza
 di  servizi" sia nell'ambito dell'ordinamento delle autonomie locali,
 ai fini della formazione degli accordi di programma tra  enti  locali
 ed  altri  soggetti  pubblici  (art.  27 della legge 8 giugno 1990 n.
 142), sia nell'ambito del  procedimento  amministrativo,  qualora  si
 presenti opportuno effettuare un esame contestuale dei vari interessi
 pubblici  coinvolti  nel  procedimento  (art. 14 della legge 7 agosto
 1990, n. 241).
    Va, peraltro, rilevato che  nell'ordinanza  di  cui  e'  causa  la
 costituzionalita'  della "conferenza di servizi" prevista dalle norme
 impugnate viene contestata non tanto come istituto in se', quanto  in
 relazione alle particolari modalita' con cui la stessa, ad avviso del
 giudice  a  quo,  sarebbe  stata  in  concreto  attuata:  e questo in
 relazione sia alle forme di partecipazione dei  rappresentanti  delle
 amministrazioni   interessate   al   procedimento   (data  l'asserita
 possibilita' di una partecipazione anche di soggetti non  legittimati
 al  compimento  dei singoli atti), sia ai criteri di assunzione delle
 deliberazioni da parte della  "conferenza",  nel  caso  in  cui  tali
 deliberazioni, assunte con l'unanimita' dei presenti, siano destinate
 a  sostituire ad ogni effetto i singoli atti del procedimento (stante
 l'asserita eventualita' di  deliberazioni  adottate  anche  senza  la
 presenza di tutti i soggetti legittimati).
    Ma  l'interpretazione  delle norme impugnate che e' stata adottata
 nell'ordinanza di rinvio  su  questi  due  aspetti  non  puo'  essere
 condivisa.
    4. - In primo luogo ne' la lettera ne' lo spirito della disciplina
 posta  dall'art.  2  della legge n. 205 del 1989 (nonche' dall'art. 4
 della legge regionale n. 46 del 1989)  consentono  di  affermare  che
 alla "conferenza di servizi" prevista da tali norme sia consentita la
 partecipazione,    quali    rappresentanti    delle   amministrazioni
 interessate, di soggetti non  abilitati  ad  adottare  gli  atti  del
 procedimento  destinati  ad  essere  assorbiti nella pronuncia finale
 della  conferenza,  o,  comunque,  sprovvisti  della  competenza   ad
 esprimere  validamente,  nella sede collegiale, la volonta' dell'ente
 di appartenenza. Tale eventualita' deve ritenersi esclusa dal momento
 che risulterebbe in contrasto con la natura stessa di una "conferenza
 di servizi" quale quella contemplata dalle norme in esame,  investita
 della  competenza  a  esercitare,  quale organo di raccordo tra varie
 amministrazioni, poteri non solo istruttori, ma  anche  deliberativi,
 suscettibili   di   sostituire,   ove  la  delibera  di  approvazione
 dell'opera sia stata assunta all'unanimita', tutti gli atti  compresi
 nelle  varie  fasi della procedura ordinaria. Con la conseguenza che,
 ai fini di una valida formazione dell'organo, i rappresentanti  delle
 amministrazioni  chiamate  a partecipare allo stesso non potranno non
 disporre - o per competenza propria o per delega ricevuta dall'organo
 istituzionalmente competente - dei poteri corrispondenti all'atto del
 procedimento spettante alla sfera dell'amministrazione rappresentata.
    In secondo luogo, non risponde ad una corretta lettura delle norme
 denunciate neppure la tesi secondo cui  sarebbe  sufficiente  che  le
 delibere  adottate  in  "conferenza",  per  poter  spiegare  i propri
 effetti sostitutivi, vengano approvate con il voto unanime  dei  soli
 presenti  e  non  anche  dei  componenti l'organo, con la conseguente
 possibilita' di delibere assunte all'unanimita', ma senza la presenza
 di rappresentanti di  amministrazioni  investite,  nel  procedimento,
 della tutela di interessi primari.
    Anche  questa  interpretazione  appare  in  contrasto  sia  con  i
 contenuti della  disciplina  in  esame,  dove  si  prevede  che  alla
 "conferenza  di  servizi"  partecipino "tutti i rappresentanti" delle
 amministrazioni comunque tenute ad  adottare  atti  del  procedimento
 (art.  2,  primo  comma,  legge n. 205 del 1984 e art. 4, primo comma
 legge regionale n. 46 del 1989); sia con la funzione dell'istituto in
 esame, che, a fini di  semplificazione,  e'  stato  introdotto  dalla
 legge  non  tanto  per  eliminare  uno  o piu' atti del procedimento,
 quanto   per   rendere   contestuale   quell'esame   da   parte    di
 amministrazioni  diverse  che,  nella  procedura  ordinaria,  sarebbe
 destinato,  invece,  a  svolgersi  secondo  una  sequenza   temporale
 scomposta in fasi distinte.
    Sono,   dunque,  le  caratteristiche  proprie  della  "conferenza"
 prevista dalle norme impugnate ad  imporre  -  stante  anche  la  non
 operativita',  nel  caso  di specie, della disciplina successivamente
 introdotta mediante l'art. 14, terzo comma, dalla legge  n.  241  del
 1990  -  che,  ai fini della validita' delle delibere adottate, debba
 concorrere,  con  l'unanimita'  dei  votanti,   anche   la   presenza
 necessaria   di   tutti  i  rappresentanti  chiamati  a  comporre  la
 "conferenza". Questa soluzione, oltre che rispondente alla natura  ed
 alla  funzione  dell'istituto in esame, viene, tra l'altro, a trovare
 un avallo significativo nei lavori preparatori della legge n. 205 del
 1989, in  relazione  all'ordine  del  giorno  che,  su  proposta  del
 relatore,  venne approvato dal Senato nella seduta del 24 maggio 1989
 al fine  di  impegnare  il  Governo  a  diramare  direttive  volte  a
 specificare  che  "l'approvazione  di  cui al comma terzo dell'art. 2
 svolge gli effetti  previsti  soltanto  se  il  consenso  unanime  e'
 espresso da tutti i componenti la conferenza".
    La  questione prospettata nei confronti dell'art. 2, primo e terzo
 comma, della legge n. 205 del 1989 e dell'art. 4,  primo,  secondo  e
 terzo  comma,  della  legge regionale n. 46 del 1989, con riferimento
 all'art. 97  della  Costituzione,  dev'essere,  pertanto,  dichiarata
 infondata nei termini che sono stati sopra precisati.
    5. - Infondata si presenta anche la questione di costituzionalita'
 sollevata  nei  confronti dell'art. 2, seconda parte del terzo comma,
 della legge n. 205 del 1989 per  violazione  dell'autonomia  comunale
 garantita  dall'art. 128 della Costituzione. La norma impugnata - nel
 prevedere che  l'approvazione  dei  progetti  esecutivi  delle  opere
 assunta  all'unanimita'  dalla  conferenza  di servizi "comporta, per
 quanto  occorra,  variazione   anche   integrativa   agli   strumenti
 urbanistici  ed ai piani territoriali ..senza necessita' di ulteriori
 adempimenti" - non appare lesiva dell'autonomia comunale, dal momento
 che l'art. 128 della Costituzione, nel  fondare  tale  autonomia  sui
 "principi  fissati  da  leggi generali della Repubblica", non esclude
 che la legge statale, nel rispetto di tali  principi  (oggi  espressi
 dalla  legge 8 giugno 1990, n. 142), possa apportare - in presenza di
 situazioni  particolari,  quale  quella  che  ha  dato   luogo   alla
 disciplina  in  esame  - variazioni alle procedure ordinarie connesse
 all'esercizio delle competenze spettanti all'ente locale;  variazioni
 che,   nella   specie,   non  hanno,  tra  l'altro,  determinato  una
 sottrazione di competenza a danno del  Comune,  dal  momento  che  lo
 stesso,   come   ente   rappresentativo   degli   interessi  connessi
 all'assetto ed alla utilizzazione del territorio, e' chiamato in ogni
 caso a partecipare,  con  una  presenza  necessaria  e  determinante,
 all'attivita' della "conferenza".
    6.  -  Parimenti priva di fondamento appare la censura prospettata
 nei confronti dell'intera disciplina che forma oggetto di impugnativa
 per violazione del diritto di difesa di cui agli artt. 24 e 113 della
 Costituzione. Ed invero, ne' la localizzazione  dell'opera  da  parte
 della  legge  ne' la copertura legislativa data dalle norme impugnate
 ad atti del processo espropriativo  normalmente  affidati  al  potere
 amministrativo   possono   di  per  se'  rappresentare  una  indebita
 compressione del diritto di difesa spettante ai soggetti  interessati
 ai   procedimenti   espropriativi,  dal  momento  che  -  in  assenza
 nell'ordinamento  attuale  di  una   "riserva   di   amministrazione"
 opponibile  al  legislatore  - non puo' ritenersi preclusa alla legge
 ordinaria  la  possibilita'  di  attrarre  nella  propria  sfera   di
 disciplina   oggetti   o   materie  normalmente  affidate  all'azione
 amministrativa quali quelle afferenti allo svolgimento  delle  proce-
 dure di esproprio: con la conseguenza che, in questi casi, il diritto
 di  difesa concesso ai soggetti espropriati non risultera' annullato,
 ma verra' a connotarsi secondo il regime tipico dell'atto legislativo
 adottato, trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa  a
 quello  proprio  della giustizia costituzionale.   Questo rilievo, di
 per se' decisivo, non esime d'altro canto dal constatare  anche  che,
 nel caso in esame, la procedura adottata dalla legge n. 205 del 1989,
 pur   nella   sua   specialita'   legata  all'urgenza,  non  preclude
 l'esercizio, sia da parte della "conferenza di servizi" che di  altri
 soggetti,  di  poteri amministrativi, lasciando di conseguenza aperta
 la  possibilita'  di  una  tutela  anche   in   sede   di   giustizia
 amministrativa  (come dimostra la stessa presenza dei giudizi nel cui
 ambito sono state sollevate le questioni di costituzionalita' di  cui
 e' causa).
    7.  - Infondata risulta anche la questione sollevata, in relazione
 all'art. 3 della Costituzione, nei confronti  dell'art.  1,  primo  e
 secondo  comma,  della  legge  n.  205  del 1989 e dell'art. 2, primo
 comma, lett. e) della legge regionale n. 46 del 1989, nella parte  in
 cui elencano tra le opere da realizzare nell'area di Roma il parco di
 Tor   di   Quinto.   Tale   censura   investe,   nella  sostanza,  la
 ragionevolezza della  scelta  operata  dal  legislatore  mediante  la
 localizzazione  dell'opera  in questione, scelta che, con riferimento
 al tempo in cui la stessa venne  operata  ed  al  quadro  complessivo
 degli  interventi  relativi  all'area  di Roma, non poteva certamente
 qualificarsi  ne'  manifestamente   irragionevole   ne'   intimamente
 contraddittoria rispetto ai criteri generali enunciati, ai fini della
 individuazione delle opere da realizzare, dall'art. 1, secondo comma,
 della  stessa  legge.  E  questo  specialmente  in relazione al fine,
 indicato dalla stessa norma, di garantire "la mobilita' del  pubblico
 nei  centri  urbani"  e "l'afflusso negli stadi", stante la vicinanza
 del parco  progettato  con  una  delle  maggiori  strutture  sportive
 destinate ad ospitare i campionati.
    8.  -  Va,  infine,  dichiarata  l'inammissibilita' per difetto di
 rilevanza della questione sollevata nei confronti dell'art.  4  della
 Legge  n.  205 del 1989 per violazione dei principi costituzionali di
 cui agli artt. 3, 11 e 97 della Costituzione.
   La disciplina espressa nell'art. 4 regola,  infatti,  la  procedura
 per  l'affidamento  in  appalto  delle  opere da realizzare, mentre i
 provvedimenti di cui si chiede  l'annullamento  nel  giudizio  a  quo
 attengono  esclusivamente  alle fasi anteriori, regolate dall'art. 2,
 concernenti   l'approvazione  del  progetto  ed  i  conseguenti  atti
 espropriativi. Nessuna incidenza puo', dunque, esplicare la questione
 ai fini della decisione delle controversie all'esame del  T.A.R.  del
 Lazio.