ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  671,  secondo
 comma,  del  d.P.R.  9  aprile  1959,  n. 128 (Norme di polizia delle
 miniere e delle cave), promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1992
 dal Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa  Marittima  nel
 procedimento  penale  a  carico  di  Dalle  Cort  Marcello  ed altri,
 iscritta al n. 537 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  41, prima serie speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto che, nel corso di un  procedimento  penale  a  carico  di
 Marcello Dalle Cort ed altri per violazione degli artt. 158 e 167 del
 d.P.R.  9 aprile 1959, n. 128 (Norme di polizia delle miniere e delle
 cave),  il  Pretore  di  Grosseto  -  Sezione  distaccata  di   Massa
 Marittima,  con  ordinanza  del  7  maggio  1992,  ha  sollevato,  in
 riferimento agli artt.  3  e  32  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del citato
 d.P.R. n. 128 del 1959, nella parte in cui non opera una  distinzione
 all'interno  degli  "altri  casi"  (diversi  da quelli specificamente
 indicati nel primo comma) "tra le ipotesi  nelle  quali  la  condotta
 omissiva,  con  riguardo a carenze nella predisposizione di specifici
 accorgimenti tecnici, puo' essere sanata attraverso l'ottemperanza al
 contenuto della diffida e quelle nelle  quali  la  condotta  omissiva
 abbia oggettivamente integrato, nella sua completezza, una ipotesi di
 reato";
     che,  ad  avviso  del giudice remittente, nel caso di infrazioni,
 quali quelle contestate nella specie, in  cui  la  condotta  omissiva
 abbia  gia'  prodotto  completamente  tutti  gli  effetti  dannosi  o
 pericolosi che giustificano la sanzione  penale,  "la  diffida  e  la
 successiva ottemperanza non possono realizzare altro che una forma di
 estinzione  del  reato", in contrasto con la ratio legis consistente,
 come si desume dagli artt. 672, 673 e 674 del decreto,  nel  fine  di
 ottimizzazione  delle condizioni di lavoro in cava e in miniera e non
 di  sottrarre  alla  sanzione  penale  fattispecie   criminose   gia'
 completamente attuate;
      che  pertanto  la  norma denunciata e' ritenuta contraria sia al
 principio di eguaglianza, "per l'evidente disparita'  di  trattamento
 con  identiche  situazioni  che  si  verificano  in settori di lavoro
 diversi da quello esaminato", sia al principio di  tutela  della  sa-
 lute;
      che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato che gli illeciti previsti dal secondo comma  dell'art.
 671  del  d.P.R.  n.  128  del 1959 sono configurati dalla legge come
 reati  di  inosservanza  di  un  ordine  legittimo   della   pubblica
 autorita',  di  guisa  che  la  fattispecie  penale  e il conseguente
 obbligo   di   rapporto   all'autorita'  giudiziaria  (art.  672)  si
 concretano  soltanto  con  l'inadempimento,  debitamente  constatato,
 della diffida intimata dall'ingegnere capo;
      che  si  tratta  di  una  scelta  discrezionale del legislatore,
 fondata  su  una  valutazione  che  ragionevolmente  differenzia   la
 disciplina  degli "altri casi" previsti dall'art. 671, secondo comma,
 sia rispetto ai casi specificamente indicati  nel  primo  comma,  sia
 rispetto  alle  infrazioni  previste  dall'art. 9 del d.P.R. 19 marzo
 1955, n. 520, in ordine alle quali la diffida e'  una  mera  facolta'
 dell'Ispettorato  del lavoro, non, in quanto inadempiuta, un elemento
 costitutivo del reato;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87,  e  9  delle  Norme  integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale;