ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5, secondo
 comma, del d.-l. 29 marzo  1991,  n.  108  (Disposizioni  urgenti  in
 materia  di  sostegno  dell'occupazione),  convertito  nella legge 1›
 giugno 1991, n. 169, promosso con ordinanza emessa il  5  marzo  1992
 dal  Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra la S.p.a.
 3M Italia e l'I.N.P.S. ed altri, iscritta  al  n.  319  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti   gli   atti  di  costituzione  della  s.p.a.  3M  Italia  e
 dell'I.N.P.S.;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  1992  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Udito l'avv. Federico Sorrentino per la s.p.a. 3M Italia;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso di un procedimento civile promosso dalla S.p.a. 3M
 Italia contro  l'INPS  per  far  accertare  di  non  essere  soggetta
 all'onere  contributivo  previsto  dall'art. 5, comma 5, del d.-l. 29
 marzo 1991, n. 108, convertito nella legge 1› giugno 1991, n. 169, in
 conseguenza del prepensionamento di undici suoi dipendenti,  il  Pre-
 tore  di  Milano,  con  ordinanza  del 5 marzo 1992, ha sollevato, in
 riferimento agli artt.  3  e  97  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, del decreto citato,
 nella  parte  i cui subordina il beneficio dell'esonero delle imprese
 dagli oneri contributivi connessi al prepensionamento  di  dipendenti
 (con  accollo  integrale  a carico della Cassa integrazione guadagni)
 non  solo  alla presentazione della domanda dell'azienda al Ministero
 del lavoro entro il 28 febbraio 1989, ma altresi' alla condizione  di
 "giacenza"  della  domanda presso il CIPI entro la stessa data. Nella
 specie la domanda, presentata al Ministero del lavoro il  7  dicembre
 1988,  alla  data del 28 febbraio 1989 non risultava ancora trasmessa
 al CIPI.
    Ad avviso del giudice  remittente  la  norma  impugnata  viola  il
 principio  di  eguaglianza  e  il  principio  di  imparzialita' della
 pubblica amministrazione in quanto fa dipendere il  ripristino  dello
 sgravio  contributivo  previsto  dalla legislazione precedente, oltre
 che da una tempestiva domanda dell'impresa al Ministero  del  lavoro,
 da   una   condizione   ulteriore,   il   cui  adempimento  e'  nella
 disponibilita' esclusiva del competente ufficio di  detto  Ministero,
 il  quale  deve  curare la trasmissione della domanda e dell'allegata
 documentazione alla segreteria  del  CIPI  presso  il  Ministero  del
 bilancio.
 S
   2.  -  Nel  giudizio davanti alla Corte si e' costituito l'INPS, il
 quale, premesso di non conoscere la ratio della condizione in  esame,
 conclude allo stato per l'infondatezza della questione.
    Si  e' pure costituita la parte privata chiedendo che la questione
 sia dichiarata fondata. Nell'atto di costituzione e  in  una  memoria
 aggiunta  e'  ampiamente sviluppato l'argomento dell'irragionevolezza
 della condizione contestata. Secondo la societa'  attrice,  la  norma
 impugnata  non  puo' spiegarsi se non con l'intento di alleggerire il
 piu' possibile il peso dei prepensionamenti sul pubblico  erario;  ma
 tale  obiettivo  deve  essere  perseguito  con  mezzi  ragionevoli  e
 conformi ai precetti costituzionali.
                        Considerato in diritto
    1. - Dal Pretore di Milano e' sollevata, in riferimento agli artt.
 3 e 97 della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  5,  comma  2,  del d.-l. 29 marzo 1991, n. 108, convertito
 nella legge 1› giugno 1991, n. 169, nella parte in cui  subordina  il
 beneficio   dell'esonero   delle  imprese  dagli  oneri  contributivi
 previsti dal successivo comma 5, in connessione  al  prepensionamento
 di dipendenti, non solo alla presentazione della domanda al Ministero
 del  lavoro entro il 28 febbraio 1989, ma altresi' alla condizione di
 "giacenza" della domanda presso il CIPI entro la medesima data.
    2. - La questione e' fondata.
    Il giudice remittente interpreta  la  disposizione  impugnata  nel
 senso  che  la  domanda  di  prepensionamento  non  solo  deve essere
 presentata dall'azienda al Ministero del lavoro entro il 28  febbraio
 1989,  ma  deve anche, entro la stessa data, essere trasmessa al CIPI
 (Comitato  interministeriale  per  il  coordinamento  della  politica
 industriale)  presso  il  Ministero  del  bilancio,  corredata  della
 proposta di accertamento prevista dall'art. 2,  quinto  comma,  della
 legge  12  agosto 1977, n. 675. Cosi' interpretata, la norma viola il
 principio di eguaglianza  (art.  3  della  Costituzione)  perche'  fa
 dipendere  il  diritto  delle aziende allo sgravio contributivo dalla
 maggiore o minore sollecitudine  con  cui  l'ufficio  competente  del
 Ministero   del   lavoro  prende  in  esame  le  singole  domande  di
 prepensionamento e dalla maggiore o minore durata dei  tempi  tecnici
 occorrenti  per  formulare  la  proposta  che  deve  accompagnare  la
 trasmissione della domanda  al  CIPI.  Piu'  volte  questa  Corte  ha
 ravvisato  una  irragionevole  disparita' di trattamento in norme che
 subordinavano  l'applicazione  di  un   beneficio   alla   condizione
 dell'espletamento  di  una  procedura  amministrativa  entro un certo
 termine (sentenze nn. 85 del 1965 e 121 del 1967).
    3. - La norma impugnata  potrebbe  essere  messa  in  armonia  con
 l'art.  3  della  Costituzione  in  via  di  interpretazione se fosse
 consentito intendere la frase "giacenti presso il CIPI" non nel senso
 (ritenuto dal giudice a quo) di "(gia') trasmesse  al  CIPI",  bensi'
 nel   senso   di   "non   (ancora)   definite  dal  CIPI",  concetto,
 quest'ultimo, includente  sia  le  domande  di  prepensionamento  non
 ancora  trasmesse  al CIPI entro il 28 febbraio 1989, sia quelle gia'
 trasmesse,   ma   non   ancora   decise   a   tale   data.   Siffatta
 interpretazione,  sebbene  di  per  se'  conforme  all'accezione  del
 termine "giacenza"  (di  una  pratica)  nel  linguaggio  burocratico,
 toglierebbe  pero'  al requisito in esame ogni significato normativo,
 finendo col leggere la  disposizione  impugnata  -  contenuta  in  un
 decreto  convertito in legge dopo essere stato reiterato undici volte
 - nei termini in cui era formulata nei primi sei decreti della  serie
 (iniziata  dal d.-l. 1› aprile 1989, n. 119), i quali si limitavano a
 richiedere la presentazione delle domande di  prepensionamento  entro
 il  28  febbraio  1989,  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, del d.-l. 11
 gennaio 1989, n. 5 (non convertito).
    La nuova formulazione adottata dall'art. 4, comma 2, del d.-l.  24
 aprile  1990, n. 82 (non convertito) e ripetuta nell'art. 5, comma 2,
 del d.-l. n. 108 del 1991 (convertito), ha tradito  l'intenzione  del
 legislatore,  che  non  era  quella  di  restringere la cerchia delle
 aziende beneficiarie, ma soltanto di precisare  (superfluamente)  che
 le  domande  presentate  in  data anteriore al 1› marzo 1989, ai fini
 dell'art. 5, comma 1, del decaduto d.-l. n. 5  del  1989,  rimanevano
 valide  anche  se  alla  data  del  28 febbraio 1989 non fosse ancora
 intervenuta una deliberazione positiva del CIPI ai sensi dell'art. 2,
 quinto comma, della legge n. 675 del  1977,  indipendentemente  dalla
 circostanza  che  entro  tale  data fossero gia' state o no trasmesse
 alla segreteria del CIPI con la proposta del Ministro del lavoro.
    Tale intenzione non e' ricostruibile  dall'interprete  in  termini
 compatibili  col  tenore  letterale della disposizione, e pertanto si
 deve far luogo - alla stregua dell'interpretazione  rigorosa  accolta
 dal   giudice   a   quo  -  a  una  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale che espunga dalla norma l'elemento  di  irrazionalita'
 da cui e' oggettivamente inficiata.
    4.  -  Resta  assorbito  l'altro  motivo  di impugnazione riferito
 all'art. 97 della Costituzione.