ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies  della
 legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni,
 del  decreto-legge  27  giugno  1985,  n.  312,  recante disposizioni
 urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale.
 Integrazioni dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica
 24 luglio 1977, n. 616), promosso con ordinanza emessa  il  2  aprile
 1992  dal pretore di Trani - sezione distaccata di Canosa di Puglia -
 nel procedimento  penale  a  carico  di  Savino  Saracino  ed  altri,
 iscritta  al  n.  482  del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  39,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 27  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 2 aprile 1992 il pretore di Trani - sezione
 distaccata   di   Canosa   di   Puglia,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies della legge  8  agosto
 1985,  n.  431,  per  contrasto  con  gli  artt. 3, 13, 25 e 27 della
 Costituzione.
    Nell'ordinanza,  emessa  nel  corso  di  un  procedimento   penale
 instaurato  per  violazione  della  norma  ora  indicata,  il giudice
 osserva che nel caso sottoposto al suo esame sussistono gli  elementi
 per  ritenere  integrata  l'alterazione  del  corso d'acqua del fiume
 Ofanto, per il mutamento del suo  aspetto  estetico  e  biologico,  a
 seguito  della  immissione  di scarichi inquinanti. Il fatto andrebbe
 quindi punito, come espressamente sancisce la disposizione impugnata,
 a norma dell'art. 20 della legge n. 47 del 1985,  il  quale  peraltro
 contempla  tre ipotesi, contrassegnate dalle lettere a), b) e c), con
 pene diverse l'una dall'altra.
    Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, nel
 caso di specie dovrebbe applicarsi la sanzione di  cui  alla  lettera
 c),  che  e'  riferita  alle  "opere eseguite nelle zone sottoposte a
 vincolo paesistico e ambientale".
    Ad avviso del pretore, nonostante  l'autorevole  orientamento  del
 massimo   giudice,   permangono   dubbi   sulla   legittimita'  della
 disposizione,  per  possibile   contrasto   con   l'art.   25   della
 Costituzione.  Il  principio di legalita' della pena comporta infatti
 che la stessa non possa essere individuata,  per  quanto  attiene  ai
 limiti    edittali   massimi   e   minimi,   mediante   un   processo
 interpretativo, tale processo essendo ammesso  solo  nell'ambito  dei
 limiti edittali legalmente previsti.
    Dall'applicazione  della  sanzione  nel  modo  indicato potrebbero
 derivare altresi'  irragionevoli  disparita'  di  trattamento  tenuto
 conto  della  diversa  entita'  delle violazioni inerenti ai precetti
 della legge n. 431 del 1985.  Sarebbero  percio'  violati  anche  gli
 articoli 3 e 27 della Costituzione.
    2.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la questione venga dichiarata inammissibile o
 comunque infondata.
    Dall'ordinanza di rimessione - osserva  l'Avvocatura  -  non  puo'
 ricavarsi quale violazione della legge n. 1497 del 1939 o della legge
 n.  431  del  1985  il  pretore  ravvisi  nel  fatto contestato. Cio'
 impedisce di verificare se nel caso di  specie  il  rinvio  dell'art.
 1-sexies  della  legge  n. 431 del 1985 all'art. 20 della legge n. 47
 del 1985 sia o meno idoneo a garantire il principio di legalita' e di
 certezza della pena edittale come anche il principio di uguaglianza.
    In ogni caso la norma e' stata gia' esaminata dalla Corte  con  le
 pronunce  nn.  377  del  1990,  431 del 1991 e 67 del 1992, che hanno
 tutte concluso per l'infondatezza delle questioni.
    L'eccezione sollevata, pur non essendo identica  alle  precedenti,
 non  presenterebbe  elementi  di novita' tali da non trovare risposta
 nelle valutazioni gia' fatte.
                        Considerato in diritto
    1.   -  Viene  posta  in  dubbio  la  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985, n. 431, nella parte  in
 cui  dispone  che  per  la  violazione delle disposizioni di cui alla
 stessa norma si applichino anche le sanzioni  previste  dall'art.  20
 della  legge  n. 47 del 1985. Tale ultima norma contempla infatti tre
 diversi trattamenti  punitivi.  L'individuazione  della  sanzione  da
 applicarsi  sarebbe  dunque  rimessa  alla decisione del giudice, con
 violazione del principio di legalita'  della  pena  e  con  possibili
 disparita' irragionevoli di trattamento.
    Risulterebbero  di  conseguenza  violati  gli artt. 3, 13, 25 e 27
 della Costituzione.
    2. - L'Avvocatura generale dello Stato  chiede  anzitutto  che  la
 questione   venga   dichiarata   inammissibile.   Dall'ordinanza   di
 rimessione non potrebbe  desumersi  infatti  quale  violazione  della
 legge  n.  1497  del  1939  o  della legge n. 431 del 1985 il pretore
 ravvisi nel fatto contestato. Cio' impedirebbe di  verificare  se  il
 rinvio dell'art. 1-sexies impugnato all'art. 20 della legge n. 47 del
 1985  sia  o  non  idoneo  a  garantire l'osservanza del principio di
 legalita' della pena e il principio di uguaglianza.
    L'eccezione non puo' essere  accolta.  L'ordinanza  di  rimessione
 contiene  infatti  una  sufficiente  determinazione sia dell'illecito
 contestato (alterazione del corso d'acqua del fiume  Ofanto,  per  il
 mutamento  del  suo  aspetto  estetico e biologico, dovuto a scarichi
 inquinanti), sia delle disposizioni da applicarsi (art. 20, lett.  c)
 della legge n. 47 del 1985, richiamato dall'art. 1-sexies della legge
 n.  431  del 1985). Sussistono quindi, gli elementi che consentono il
 controllo che questa Corte deve  fare  circa  la  individuazione  del
 thema  decidendum  e  circa  la rilevanza dello stesso nel giudizio a
 quo.
    3. - La questione va peraltro dichiarata infondata.
    Con richiamo all'art.  25  della  Costituzione,  questa  Corte  ha
 affermato  (sentenze nn. 282 del 1990; 26 del 1966) la necessita' che
 "sia soltanto  la  legge  (od  un  atto  equiparato)  dello  Stato  a
 stabilire  con  quale sanzione debba essere repressa la trasgressione
 dei precetti che vuole sanzionati penalmente".
    Sebbene sia auspicabile che la determinazione del precetto e della
 sanzione risulti nel modo piu' chiaro e inequivoco da  norme  di  non
 disagevole  lettura,  non  da  ogni  incertezza  o  difetto di rigore
 formale puo'  peraltro  desumersi  la  violazione  del  principio  di
 legalita'.  Infatti,  anche in materia di comminatoria penale, quando
 si presentino "siffatte evenienze e' compito dell'interprete  attuare
 il  procedimento  ordinario  di  interpretazione" (sentenza n. 79 del
 1982).
    Cio' che conta  e'  che  nel  dettato  normativo,  pur  attraverso
 un'analisi  ermeneutica  che  puo'  risultare  di  minore  o maggiore
 difficolta',   siano    rinvenibili    elementi    sufficienti    per
 l'individuazione del precetto e della sanzione.
    Per stare alla questione oggetto del giudizio, non puo' certamente
 essere il giudice a determinare per sua scelta una sanzione che dalla
 legge   non  sia  indicata;  ne'  puo'  l'ordinamento  ammettere  una
 condizione di incertezza circa le conseguenze penali dell'illecito.
    Ben  diversa  e'  peraltro  la  situazione  che si presenta quanto
 all'art.1-sexies  impugnato.  La  Corte  di   cassazione,   con   una
 giurisprudenza  ormai  consolidata  e  che  lo  stesso  giudice a quo
 definisce tale, ha individuato come conseguenza  sanzionatoria  delle
 alterazioni  ambientali,  attuate  in  violazione  dell'art. 1-sexies
 impugnato, quanto previsto dalla lett. c) dell'art. 20 della legge n.
 47 del 1985. L'affermazione si fonda sul rilievo che l'art.  1-sexies
 sottopone  alcune  categorie di beni a vincolo paesaggistico e che la
 lettera c) dell'art. 20 richiamato commina la pena ivi  prevista  per
 gli   interventi   attuati   in   variazione  essenziale,  in  totale
 difformita' o in assenza di  concessione  nelle  zone  sottoposte  "a
 vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale".
    Non  sta  alla  Corte  valutare  l'esattezza degli enunciati della
 giurisprudenza di legittimita'; due rilievi appartengono peraltro  al
 giudizio di conformita' della legge al dettato costituzionale.
    Il  primo  e' che l'operazione ermeneutica eseguita dalla Corte di
 cassazione si pone  all'interno  di  un  "procedimento  ordinario  di
 interpretazione".  I risultati dell'operazione sono dunque pienamente
 e correttamente riferibili alla volonta' del legislatore.
    Il secondo rilievo e' che la  costante  enunciazione  di  coerenti
 statuizioni  da  parte  della  stessa  Corte  di cassazione fuga ogni
 preoccupazione  di  incertezza  circa  le  conseguenze  penali  della
 violazione della norma impugnata.
    4.  -  Le  considerazioni  ora  svolte  valgono  a  dichiarare  la
 questione  infondata  anche   in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione.
    Il  carattere  univoco  della  giurisprudenza  elimina  infatti il
 pericolo  che  la  supposta   incertezza   interpretativa   determini
 disparita' di trattamento di casi analoghi.
    Quanto   poi   alla  congruita'  intrinseca  della  sanzione,  che
 colpirebbe  violazioni  diverse  l'una   dall'altra,   questa   Corte
 (sentenza  n. 67 del 1992) ha gia' dichiarato la questione infondata,
 ne' vi sono  motivi  per  discostarsi  da  tale  decisione.  Conviene
 soltanto ribadire che la statuizione si fonda sui poteri attribuiti a
 questa Corte, cui spetta non gia' valutare nel merito le scelte fatte
 dal  legislatore  per  la  disciplina  della  repressione  penale, ma
 considerare le medesime sotto il profilo della ragionevolezza.
    Orbene, l'accentuata severita' di trattamento, che puo' aversi  in
 taluni  casi  per  effetto  del  carattere  non  differenziato  della
 disciplina, trova giustificazione  nella  entita'  sociale  dei  beni
 protetti  e  nel  carattere  generale,  immediato  e interinale della
 tutela che la legge ha inteso  apprestare,  di  fronte  alla  urgente
 necessita'    di    comprimere   comportamenti   tali   da   produrre
 all'integrita' ambientale danni gravi e talvolta irreparabili.
    5.  -  Le  osservazioni  fatte  conducono  alla  dichiarazione  di
 infondatezza  della questione anche in riferimento agli artt. 13 e 27
 della Costituzione, invocati peraltro senza che con riguardo ad  essi
 l'ordinanza   di   rimessione   sviluppasse   alcuna   argomentazione
 specifica.