ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 24 della legge 2
 aprile   1968,   n.   482   (Disciplina   generale  delle  assunzioni
 obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e  le  aziende  pri-
 vate),  promossi  con  quattro ordinanze emesse il 27 aprile 1992 dal
 giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Pescara  nei
 procedimenti  penali  a  carico  di  Campus Pierpaolo, di Di Battista
 Rodolfo, di Barp Romolo e di Pierangeli Luigi, iscritte ai  nn.  442,
 443,  444  e  445  del  registro  ordinanze  1992  e pubblicate nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  37,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 27  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di un procedimento penale a carico di Pierpaolo
 Campus - imputato della contravvenzione di cui agli artt. 8, 11 e  23
 della  legge  2  aprile  1968,  n. 482 (per avere omesso di inoltrare
 all'Ufficio provinciale del lavoro e  della  massima  occupazione  la
 richiesta  di  avviamento  al  lavoro  di  lavoratori  appartenenti a
 categorie protette) - il giudice per le indagini  preliminari  presso
 la  Pretura  circondariale  di Pescara, richiesto di emettere decreto
 penale di condanna, ha sollevato, in riferimento all'art.  112  della
 Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 24
 della  stessa  legge,  nella  parte  in  cui  prevede  l'obbligo   di
 sospendere    il   procedimento   per   consentire   la   definizione
 amministrativa della violazione, con  effetto  estintivo  del  reato,
 senza  che  sia  posto  un  termine per l'esaurimento della procedura
 amministrativa di oblazione.
    L'art. 24 della legge n. 482 del 1968 disciplina la definizione in
 via amministrativa delle contravvenzioni (previste dall'art. 23)  con
 provvedimento del Prefetto, sentita la commissione provinciale per il
 collocamento.   Il   mancato   esperimento  della  fase  conciliativa
 comporterebbe, ad avviso del giudice rimettente, la  sospensione  del
 procedimento  penale  sino all'esaurimento della fase amministrativa,
 che con l'avvenuta oblazione estingue il reato. Ma se  tale  fase  si
 protrae  senza  termine,  la  indefinita sospensione del procedimento
 penale   farebbe    dipendere    l'esercizio    dell'azione    penale
 dall'autorita' amministrativa.
    Il  giudice rimettente afferma di essersi trovato nella condizione
 di non poter  accogliere  la  richiesta  del  pubblico  ministero  di
 emissione  del  decreto  penale di condanna, proprio in quanto non si
 era ancora esaurita la procedura amministrativa prevista dalla  norma
 censurata,  perche'  non era stato emesso il parere della commissione
 provinciale  per  il   collocamento   obbligatorio,   richiesto   per
 l'adozione del provvedimento prefettizio.
    2.  -  Identiche  questioni  sono  state  sollevate  dallo  stesso
 giudice, con tre ordinanze emesse tutte il 27 aprile 1992, nel  corso
 di  procedimenti  penali  a  carico  rispettivamente  di  Rodolfo  Di
 Battista, di Romolo Barp e di Luigi Pierangeli.
    3. - In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque,
 non fondata.
    L'Avvocatura osserva che la  disposizione  censurata  non  prevede
 alcuna  sospensione,  obbligatoria o facoltativa, dell'azione penale.
 La questione non investirebbe pertanto la  portata  precettiva  della
 disposizione  denunciata  e,  sotto  questo  profilo, potrebbe essere
 ritenuta inammissibile.
    L'Avvocatura  rileva  che  il  giudice  rimettente  ha  omesso  di
 verificare  se  il  principio  giurisprudenziale dell'obbligatorieta'
 della sospensione persista alla luce del nuovo  codice  di  procedura
 penale,  che  contiene,  all'art.  3,  una diversa e piu' restrittiva
 disciplina della sospensione, rispetto a quella prevista dagli  artt.
 19  e  20 del codice precedente. La tesi della mancanza di un termine
 perentorio per la definizione amministrativa  della  contravvenzione,
 avanzata  dal  giudice  rimettente,  non terrebbe inoltre conto della
 portata generale dell'art. 2, primo e  terzo  comma,  della  legge  7
 agosto  1990,  n.  241,  che  fissa  in  trenta giorni il termine per
 l'adozione di qualsiasi provvedimento, quando leggi o regolamenti non
 stabiliscano un termine diverso.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sottoposta
 all'esame  della  Corte concerne l'art. 24 della legge 2 aprile 1968,
 n.  482,  inserito  nel  contesto  della  disciplina  generale  delle
 assunzioni  obbligatorie  di  persone  delle  categorie svantaggiate:
 invalidi  di  guerra,  per  servizio,  del  lavoro,  civili,  ciechi,
 sordomuti,  orfani  e  vedove  di caduti, ex tubercolotici, profughi.
 Tale  disposizione  prevede  la  possibilita'  di  definire  in   via
 amministrativa  le  contravvenzioni  all'obbligo  e alle modalita' di
 assunzione degli aventi diritto, delineando la relativa procedura.  I
 verbali  di contravvenzione sono rimessi al Prefetto. Questi, sentito
 il  parere  della  commissione  provinciale   per   il   collocamento
 obbligatorio,   determina   l'ammontare   della   somma   dovuta  dal
 contravventore, il quale puo' effettuare il relativo versamento entro
 quindici giorni dalla  comunicazione.  In  mancanza,  il  verbale  di
 contravvenzione e' trasmesso all'autorita' giudiziaria entro sessanta
 giorni.
    Il  giudice  per le indagini preliminari della Pretura di Pescara,
 seguendo la giurisprudenza dominante, ritiene  che  la  procedura  di
 definizione  amministrativa delle contravvenzioni non sia di ostacolo
 all'inizio  ed  alla  prosecuzione  dell'azione  penale,  ma  che  il
 processo  debba  essere  sospeso,  perche' l'oblazione amministrativa
 produce l'estinzione del reato. Se tale procedura si protrae  per  un
 tempo  indefinito  -  come  nei  casi sottoposti al suo giudizio, nei
 quali la commissione provinciale per il collocamento obbligatorio non
 aveva emesso il proprio parere - l'azione penale  resterebbe  sospesa
 senza  alcun termine, determinando, ad avviso del giudice rimettente,
 un contrasto con l'art. 112 della Costituzione.
    2. - I  giudizi,  avendo  ad  oggetto  la  stessa  disposizione  e
 proponendo  con  la  medesima  motivazione  una  identica  questione,
 possono essere riuniti e vanno decisi congiuntamente.
    3. - La questione  prospettata  attiene,  ad  avviso  del  giudice
 rimettente,   all'esercizio  dell'azione  penale,  in  ragione  della
 asserita sospensione senza termine  del  processo,  in  attesa  della
 conclusione  del  procedimento  di  definizione  amministrativa delle
 contravvenzioni in materia di collocamento obbligatorio di  categorie
 protette.   Essendo   obbligatorio   il   parere   della  commissione
 provinciale per il collocamento, previsto dall'art. 24 della legge n.
 482 del 1968, la omessa riunione di tale commissione e di conseguenza
 la mancata determinazione da parte del Prefetto  della  somma  dovuta
 dal contravventore protrarrebbero senza limite, ad avviso del giudice
 rimettente, la sospensione del processo penale.
    Questa    conclusione    presuppone    non   solo,   seguendo   la
 interpretazione giurisprudenziale dominante,  che  il  contravventore
 abbia   diritto   a  vedere  attivata  la  procedura  di  definizione
 amministrativa (a tal fine l'art. 24 della  legge  n.  482  del  1968
 espressamente  prevede  che  i  verbali  di denuncia siano rimessi al
 Prefetto della Provincia), ma anche che  non  siano  legislativamente
 prefissati tempi certi per la conclusione di tale procedura.
    La  seconda  premessa,  che  assume  indefinita  la  durata  della
 procedura amministrativa e  quindi  della  sospensione  del  processo
 penale,   non   e'  esatta.  Le  norme  in  materia  di  procedimento
 amministrativo,   che   hanno   portata   generale,   prevedono   che
 l'amministrazione  (in  questo  caso  il  Prefetto)  ha  il dovere di
 concludere ciascun tipo di  procedimento  nei  termini  disposti  per
 legge  o  per regolamento (art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241).
 Proprio l'art. 24 della legge n.  482  del  1968  determina,  per  la
 definizione   amministrativa  delle  contravvenzioni  in  materia  di
 assunzioni obbligatorie, una successione concatenata e vincolante  di
 termini per l'adozione del provvedimento prefettizio: entro 15 giorni
 dalla  ricezione  dei  verbali di contravvenzione e' fissata la somma
 dovuta dal contravventore; entro 15 giorni dalla comunicazione  della
 decisione   prefettizia  deve  essere  effettuato  il  pagamento;  in
 mancanza, entro sessanta giorni il verbale e' trasmesso all'autorita'
 giudiziaria.
    In ogni caso il procedimento penale  inizia  o  prosegue  entro  i
 ristrettissimi  tempi  cosi'  indicati.  Ne'  puo'  essere attribuita
 efficacia ostativa al mancato parere  della  commissione  provinciale
 per  il  collocamento,  giacche',  se  questo organo non si pronuncia
 entro il termine fissato dalla legge, il Prefetto, in base alle norme
 comuni in materia di procedimento amministrativo (art. 16 della legge
 n.  241  del  1990),  puo'  e   deve   provvedere   indipendentemente
 dall'acquisizione del parere.
    Non   sussiste,  pertanto,  l'ostacolo  all'esercizio  dell'azione
 penale  prospettato  dal  giudice   rimettente:   la   questione   di
 legittimita' costituzionale e' quindi infondata.