ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  promossi  con  ricorsi  delle  Regioni Veneto, Toscana,
 Umbria e Liguria notificati il 15 aprile, il 22 e 27 luglio ed il  16
 ottobre 1992, depositati in cancelleria il 24 aprile, il 10 agosto ed
 il  3 novembre 1992, per conflitti di attribuzione sorti a seguito di
 varie note o vaglia del Ministro del tesoro,  emessi  rispettivamente
 in  data  8 febbraio 1992, 8, 15 e 22 giugno 1992, nonche' in data 20
 agosto 1992, con i quali sono state accreditate  alle  Regioni  somme
 minori di quelle
 richieste  ai  sensi  dell'art. 2 della legge 29 ottobre 1984, n. 720
 (Istituzione del sistema di tesoreria unica  per  enti  ed  organismi
 pubblici)  e  dell'art.  40  della legge 30 marzo 1981, n. 119 (Legge
 finanziaria del 1981) ed iscritti ai nn. 15, 28, 29 e 39 del registro
 conflitti 1992;
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri  relativi ai conflitti promossi dalle Regioni Veneto, Umbria
 e Liguria;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione
 Veneto, Alberto Predieri per la Regione Toscana, Alberto  Predieri  e
 Maurizio  Pedetta  per  la  Regione Umbria, Giampaolo Zanchini per la
 Regione Liguria  e  l'Avvocato  dello  Stato  Gaetano  Zotta  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - La Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzione nei
 confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministro del tesoro
 in data 8 febbraio 1992, con la quale si dava notizia di un accredito
 dalla tesoreria centrale a quella regionale di  una  somma,  giacente
 nel  conto corrente intestato alla Regione stessa, ritenuta inferiore
 all'ammontare del prelevamento richiesto. Secondo la Regione,  l'atto
 impugnato  e'  espressivo  di un comportamento statale contrario alle
 leggi  della  tesoreria  unica  ed  e'  invasivo   delle   competenze
 attribuite   alle   regioni   dagli   artt.  117,  118  e  119  della
 Costituzione.
    Premesso che, in risposta  a  una  lettera  del  Presidente  della
 Regione  Veneto,  che  lamentava,  come  ultimo episodio di una lunga
 prassi, il  non  soddisfacimento  integrale  di  sette  richieste  di
 accreditamento  dei propri fondi avanzate tra il 29 ottobre 1991 e la
 fine dello stesso anno, il Ministro del tesoro  aveva  affermato  che
 nel  gennaio  del  1992  erano  state  integralmente  soddisfatte due
 domande formulate nello stesse mese, la ricorrente ritiene  di  dover
 interpretare  la  nota  del Ministro come manifestazione non equivoca
 dell'implicita affermazione di  un  potere  statale  di  disporre  ad
 libitum,  in  sede  di  accreditamento per necessita' di cassa, delle
 risorse finanziarie proprie delle regioni, depositate nella tesoreria
 centrale ai sensi dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119.
    A sostegno della richiesta che  sia  dichiarata  la  mancanza  del
 suddetto  potere  in  capo  allo  Stato,  la  ricorrente  richiama la
 giurisprudenza costituzionale e, in  particolare,  quattro  punti  in
 essa  presenti. Innanzitutto, la Regione ricorda che il sistema della
 tesoreria unica e' espressione del potere di coordinamento attribuito
 dall'art. 119 della Costituzione allo Stato, per mezzo del  quale  si
 mira  a  impedire  un  ristagno  di  liquidita'  presso  i  tesorieri
 regionali attraverso la disciplina dei ritmi di accreditamento  delle
 risorse finanziarie regionali. In secondo luogo, la stessa ricorrente
 osserva   come   sia  costante  nella  giurisprudenza  costituzionale
 l'affermazione che quel sistema non deve trasformarsi in  un  anomalo
 strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale. In terzo
 luogo,  sempre secondo la ricorrente, la Corte ha piu' volte ribadito
 che alle regioni dev'esser assicurata in ogni caso la piena e  pronta
 disponibilita'  delle  proprie  risorse collocate presso la tesoreria
 dello Stato, allo scopo di evitare improvvisi  vuoti  di  cassa,  che
 pregiudicherebbero  il buon andamento dell'amministrazione pubblica e
 frustrerebbero esigenze  primarie  della  collettivita'.  Infine,  la
 Regione  Veneto ricorda che la Corte ha pure affermato che il rifiuto
 dello Stato di porre a disposizione delle  regioni  le  loro  proprie
 risorse  non  potrebbe esser giustificato con il richiamo a finalita'
 generali, pur se di precipuo e  stringente  rilievo,  trattandosi  di
 interessi costituzionalmente garantiti alle regioni.
    2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri si e' costituito
 solo formalmente, rinviando a una successiva memoria  lo  svolgimento
 delle proprie ragioni.
    3. - La Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei
 confronti  dello Stato in relazione alla nota del Ministro del tesoro
 in data 8 giugno 1992, con la quale, a fronte di una richiesta  della
 Regione di reintegro della propria cassa per complessivi 234 miliardi
 e  trecento  milioni  di  lire, e' stata comunicata l'emissione di un
 vaglia del tesoro limitato a complessivi 200 miliardi di lire.
    Dopo aver ricordato  che  l'atto  impugnato  rappresenta  l'ultimo
 elemento  di  una  sequenza di rifiuti di corrispondere integralmente
 alle richieste della Regione di accreditamento di proprie risorse, la
 ricorrente  ritiene  che  il  comportamento  ministeriale   censurato
 risulti  lesivo  delle competenze assicurate alle regioni dagli artt.
 119, 117, 118 e 97 della Costituzione.
    A conforto dell'ammissibilita' del conflitto da essa proposto,  la
 Regione  Toscana  sostiene  che  con l'atto impugnato il Ministro del
 tesoro ha sostanzialmente affermato un proprio  potere  discrezionale
 di  riduzione  delle richieste regionali di accreditamento dei propri
 fondi depositati presso la tesoreria statale, anche se formulate  nel
 rispetto  del  tetto e delle procedure fissate dalla legge 29 ottobre
 1984, n. 720, e dai relativi decreti ministeriali di  attuazione.  In
 ogni  caso,  conclude sul punto la ricorrente, dall'atto impugnato si
 desume un comportamento significante in  direzione  dell'affermazione
 del  predetto potere, cosi' che si confermerebbe anche per questa via
 l'ammissibilita' del conflitto.
    Nel merito, anche la Regione Toscana  richiama  a  sostegno  delle
 proprie richieste la costante giurisprudenza costituzionale, che essa
 interpreta in termini non dissimili da quelli esposti in relazione al
 precedente ricorso della Regione Veneto.
    4.  - Un ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti dello
 Stato, sostanzialmente identico nei profili di lesivita' lamentati  e
 nelle  argomentazioni  addotte  rispetto  a  quello  presentato dalla
 Regione Toscana, e' stato proposto dalla Regione Umbria in  relazione
 a  due  note del Ministro del tesoro in data 15 e 22 giugno 1992, con
 le quali, a fronte di richieste  della  Regione  di  reintegro  della
 propria  cassa  per complessivi 88 miliardi e 423 milioni di lire, e'
 stata comunicata l'emissione di vaglia del tesoro per complessivi  60
 miliardi di lire.
    5.  - Nel giudizio appena indicato il Presidente del Consiglio dei
 ministri si e' costituito solo formalmente, riservandosi  di  esporre
 le proprie ragioni in una memoria successiva.
    6.  - La Regione Liguria ha proposto conflitto di attribuzione nei
 confronti dello Stato, in relazione al vaglia del  tesoro  emesso  in
 data  20  agosto  1992  e,  comunque,  in  relazione al comportamento
 significante del Ministro del tesoro, con cui quest'ultimo, a  fronte
 della   richiesta  della  Regione  Liguria  dell'11  agosto  1992  di
 prelevare  dal  proprio  conto  corrente  tenuto  presso la tesoreria
 centrale dello Stato la somma di 38 miliardi e 100 milioni  di  lire,
 ha  accreditato soltanto 20 miliardi di lire. Tale comportamento, che
 la ricorrente giudica arbitrario, lederebbe  l'autonomia  finanziaria
 riconosciuta   alle  regioni  dall'art.  119  della  Costituzione  e,
 conseguentemente, le competenze alle stesse assegnate dagli artt. 117
 e 118 della Costituzione.
    Dopo aver ricordato che l'atto impugnato e' l'ultimo  episodio  di
 una  lunga  prassi  di  inadempienze da parte dello Stato, la Regione
 Liguria sostiene che non spetta allo Stato  privarla  della  piena  e
 immediata  disponibilita'  delle  proprie  somme  giacenti  presso la
 tesoreria centrale. A questa conclusione, osserva la  ricorrente,  si
 giunge  attraverso  un esame della legislazione sulla tesoreria unica
 alla luce dell'interpretazione datane dalla Corte costituzionale, che
 la stessa Regione riassume in termini analoghi a quelli  esposti  dai
 precedenti ricorsi.
    7.  -  Anche  in  questo  giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri si e' costituito solo formalmente, rinviando a un successivo
 scritto difensivo l'illustrazione delle proprie ragioni.
    8. - In prossimita' dell'udienza la Regione Veneto  ha  presentato
 una  memoria  con la quale, pur in assenza dello svolgimento da parte
 statale degli argomenti a sostegno delle tesi sulla  inammissibilita'
 o  sull'infondatezza  del  ricorso,  mira a contestarne egualmente le
 conclusioni.
    In punto di ammissibilita', la ricorrente, dopo aver precisato che
 nel caso si configura un conflitto reale, e non virtuale, ricorda che
 in tema di atto idoneo a innescare un conflitto  di  attribuzione  e'
 sufficiente  che si riscontri un comportamento significante, il quale
 puo' consistere, secondo  una  dottrina  autorevole,  anche  in  atti
 omissivi.  E, afferma la Regione, quantomeno questo e' cio' che si e'
 verificato nella vicenda. Sul merito  del  conflitto  la  ricorrente,
 dopo  aver  ricordato  che tutte le richieste di accreditamento erano
 state avanzate entro il tetto del 3 per cento e che  alcune  di  esse
 erano  conseguenti  a situazioni di cassa della tesoreria regionale a
 zero lire, afferma che il Ministro del tesoro non ha alcun potere  di
 decurtazione   sui   prelevamenti,  neppure  sulla  base  di  pretese
 situazioni di provvisorieta' o di urgenza.
    9. - In prossimita' dell'udienza il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri  ha  depositato una memoria al fine di illustrare le proprie
 ragioni  a  favore  dell'inammissibilita'  o  dell'infondatezza   del
 ricorso proposto dalla Regione Veneto.
    L'Avvocatura  dello  Stato sostiene che il ricorso di tale Regione
 e' inammissibile, poiche' l'atto impugnato non sarebbe invasivo,  ma,
 al piu', sarebbe semplicemente illegittimo. Infatti, in replica a una
 lettera   del   Presidente   regionale   che  lamentava  un  parziale
 soddisfacimento delle proprie richieste di prelevamento, il  Ministro
 del  tesoro  ha  risposto che nel mese di gennaio del 1992 la Regione
 Veneto  aveva  inoltrato  soltanto  due  domande,  che  erano   state
 immediatamente evase per l'intero importo. In questa nota, secondo la
 resistente,  non  potrebbe  scorgersi  alcuna  affermazione,  neppure
 implicita,  del  potere  del  Ministro  del  tesoro  di   determinare
 l'importo dell'accredito dei fondi alle regioni in misura inferiore a
 quella  richiesta.  Ne'  va  dimenticato, continua l'Avvocatura dello
 Stato, che questa Corte nella recente sentenza n.  473  del  1992  ha
 affermato che, perche' un atto debba esser ritenuto invasivo, occorre
 che  lo  Stato  eserciti  poteri  corrispondenti  ad  attribuzioni di
 spettanza  regionale.  Nel  caso,  ammesso  pure  che   sussista   la
 manifestazione di un potere del genere, si riscontrerebbe nient'altro
 che  una  mera  affermazione  di  principio,  e  non gia' un concreto
 esercizio  di  competenze  regionali,   tanto   che   la   ricorrente
 chiederebbe  a  questa  Corte  un'inammissibile pronunzia con effetti
 meramente dichiarativi.
    Sul merito del conflitto, precisato che a suo  parere  l'autonomia
 finanziaria  delle regioni puo' legittimamente subire compressioni ad
 opera dell'ampio potere discrezionale di  coordinamento  riconosciuto
 allo Stato dall'art. 119 della Costituzione, l'Avvocatura dello Stato
 afferma  che  quest'ultimo  potere  puo'  esser esercitato, oltreche'
 tramite leggi, attraverso atti amministrativi applicativi di leggi di
 coordinamento, come quelli  contestati.  Inoltre,  le  disponibilita'
 delle  regioni  presso  la  tesoreria  dello  Stato  sono, secondo la
 resistente, di carattere meramente contabile, potendo  mancare  fondi
 in  cassa  sia  a  causa  di insuccesso nella collocazione dei titoli
 pubblici sul mercato,  sia  a  causa  dell'eccessiva  onerosita'  del
 ricorso ad anticipazioni della Banca d'Italia in ragione di squilibri
 monetari,  come  quelli  verificatisi negli ultimi mesi. In tal caso,
 potrebbe avvenire, ad avviso  dell'Avvocatura  dello  Stato,  che  il
 fabbisogno  di  cassa  non  sia  adeguatamente  soddisfatto, cosi' da
 giustificare la decurtazione, da parte del Ministro del tesoro, delle
 richieste  di  accreditamento  effettuate  dalle  regioni  sui  fondi
 giacenti  nelle  contabilita'  speciali.  Ma, conclude la resistente,
 tali riduzioni non darebbero luogo ad alcuna invasione di  competenze
 regionali,   poiche'   si   tratterebbe   di   decisioni  necessitate
 dall'esigenza di rispettare le regole  ineludibili  per  un  corretto
 governo della finanza pubblica, regole che non potrebbero non imporsi
 a tutti gli enti pubblici coinvolti da quel governo.
    10.  -  Sempre  in  prossimita'  dell'udienza,  il  Presidente del
 Consiglio dei ministri ha depositato altre due memorie  dall'identico
 contenuto  al  fine  di  argomentare  per  l'infondatezza dei ricorsi
 proposti dalle Regioni Umbria e Liguria.
    Ricordata la giurisprudenza costituzionale, secondo  la  quale  il
 sistema  della  tesoreria  unica  e' diretto a regolare la liquidita'
 secondo  apprezzamenti  dipendenti  dal   mutare   della   situazione
 economica  e  limitati dalla sola esigenza che la relativa disciplina
 non si trasformi in un anomalo strumento di controllo della  gestione
 finanziaria  delle  regioni, l'Avvocatura dello Stato afferma che nel
 caso quel discrezionale apprezzamento sulla  liquidita'  monetaria  e
 sui  flussi  di  spesa pubblica giustificherebbe l'esercizio da parte
 del Ministro del tesoro del potere di non soddisfare completamente le
 richieste di accreditamento avanzate dalle regioni. Infatti,  precisa
 la resistente, la garanzia a favore delle regioni relativa alla piena
 e  immediata  disponibilita'  in  ogni  momento  delle somme giacenti
 presso la tesoreria dello Stato, pur affermata da  questa  Corte  nei
 limiti  prescritti  dalla  legge  n.  119 del 1981 e dalle successive
 modificazioni,  deve  cedere  in   periodi   di   crisi   di   fronte
 all'esercizio  del  potere  statale  prima  indicato, giustificato da
 esigenze di governo della finanza pubblica. In  definitiva,  conclude
 l'Avvocatura  dello Stato, l'invasivita' dell'esercizio del potere di
 controllo in esame dipende dal fine perseguito dallo Stato, il quale,
 anziche'  risolversi in forme di controllo sulla gestione finanziaria
 delle regioni (come si e' verificato nel caso deciso con la  sentenza
 n.  384  del 1992), deve mirare alla disciplina dei flussi finanziari
 (come sarebbe accaduto nel caso di specie,  nel  quale  le  riduzioni
 sono  state  praticate  nei  confronti di tutti gli enti pubblici che
 intrattengono rapporti di conto corrente con la tesoreria unica).
                        Considerato in diritto
    1. - Le Regioni Veneto, Toscana, Umbria e Liguria hanno presentato
 distinti ricorsi per conflitto di attribuzione  nei  confronti  dello
 Stato  in  relazione  a varie note o vaglia del Ministro del Tesoro -
 emessi rispettivamente in data 8 febbraio 1992, 8,  15  e  22  giugno
 1992,  nonche'  in  data  20  agosto  1992  -  con i quali sono state
 accreditate alle regioni somme minori di quelle  richieste  ai  sensi
 dell'art.  2  della  legge  29  ottobre 1984, n. 720 (Istituzione del
 sistema  di  tesoreria  unica  per  enti  ed  organismi  pubblici)  e
 dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119 (Legge finanziaria per
 il  1981).  Secondo  le  ricorrenti, i minori accreditamenti di somme
 rispetto a quelli da ciascuna richiesti,  ai  sensi  delle  norme  di
 legge   appena   richiamate,   violerebbero  l'autonomia  finanziaria
 regionale garantita dall'art. 119  della  Costituzione,  nonche'  gli
 artt.  117  e  118  della Costituzione e, secondo la Regione Toscana,
 anche l'art. 97 della Costituzione.
    Poiche'  i  ricorsi  sollevano  profili  identici  o  strettamente
 connessi,  i  relativi  giudizi  possono  essere riuniti e decisi con
 un'unica sentenza.
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  preliminarmente
 presentato un'eccezione di inammissibilita' nei confronti del ricorso
 depositato  dalla  Regione  Veneto,  che,  tuttavia,  non puo' essere
 accolta.
    Secondo l'Avvocatura dello Stato, l'atto impugnato, vale a dire la
 lettera del  Ministro  del  tesoro  in  data  8  febbraio  1992,  non
 conterrebbe,  innanzitutto,  alcuna  affermazione, neppure implicita,
 del potere del Ministro di determinare l'importo dell'accredito  alla
 regione  in  misura  inferiore  a  quella  richiesta  e  non avrebbe,
 inoltre, un carattere invasivo,  sia  perche'  non  pretenderebbe  di
 esercitare  alcuna  attribuzione  di spettanza regionale, sia perche'
 enuncerebbe, tutt'al piu', una  mera  affermazione  di  principio  in
 relazione  alla  quale  potrebbe  darsi  una  pronunzia  con  effetti
 meramente dichiarativi, e non gia' la risoluzione di un conflitto re-
 ale.
    La vicenda che ha dato luogo al conflitto di attribuzione in esame
 e' iniziata con una lettera inviata il 14 gennaio 1992 dal Presidente
 della Regione Veneto al Ministro del tesoro, con la quale, dopo  aver
 fatto  presente  che  nel  1991  risultavano  emessi  dalla tesoreria
 centrale mandati di pagamento  a  favore  della  Regione  stessa  del
 valore  complessivo  di  128  miliardi di lire a fronte di oltre "116
 miliardi  di  sofferenza"  e  che  "accreditate   informative   hanno
 consentito  di  accertare  (che)  potrebbe  essere  disponibile forse
 appena 1/7 dell'indispensabile", la Regione concludeva domandando  al
 Ministro   di   "voler   intervenire   affinche'   siano   rispettate
 integralmente  le  necessita'  di   questa   Regione",   segnatamente
 affinche'    siano    soddisfatte    per    intero   le   "necessita'
 improcrastinabili di 244 miliardi".  In  data  8  febbraio  1992,  il
 Ministro  del tesoro ha risposto inviando una lettera - quella che ha
 innescato il presente conflitto di attribuzione - con la quale, preso
 atto  delle  preoccupazioni  manifestate  dalla  Regione  a proposito
 dell'integrale accreditamento dei 244 miliardi di lire richiesti,  fa
 presente  che  "nel  corrente  mese  di  gennaio la Regione Veneto ha
 inoltrato due richieste di prelevamento  fondi,  rispettivamente  per
 lire  97  miliardi  con nota 3.1.1992 e per lire 81 miliardi con nota
 del 15.1.1992, entrambe evase per l'intero importo in data 9  gennaio
 e in data 20 gennaio c.a.".
    Dalla corrispondenza intercorsa risulta chiaramente che, di fronte
 alla Regione Veneto che denunzia il parziale accreditamento dei fondi
 richiesti  e domanda al Ministro del tesoro di intervenire per sanare
 l'anomala situazione, il Ministro stesso,  dimostrando  di  essere  a
 conoscenza  che  l'integrale  richiesta della Regione assommava a 244
 miliardi di lire, si limita a replicare che  le  richieste  del  mese
 precedente,  concernenti  in  complesso  178  miliardi di lire, erano
 state integralmente soddisfatte. La risposta sostanzialmente  evasiva
 del   Ministro   induce   a   individuare   nell'atto   impugnato  la
 manifestazione di un'intenzione e  di  un  comportamento  concludente
 diretti  sostanzialmente  a negare il soddisfacimento integrale delle
 richieste formulate dalla Regione Veneto in ordine all'accreditamento
 di 244 miliardi di lire.
    Queste considerazioni portano  a  escludere  la  fondatezza  della
 supposizione,  avanzata  dall'Avvocatura  dello Stato, concernente il
 preteso carattere ipotetico o congetturale del conflitto.  Nel  caso,
 anche  se  non si versa in un'ipotesi di vindicatio potestatis, si ha
 un atto potenzialmente lesivo  dell'autonomia  finanziaria  garantita
 alle  regioni  dall'art.  119  della  Costituzione, per effetto di un
 comportamento dello Stato  che  si  assume  contrario  alle  leggi  e
 produttivo di turbativa nei confronti dell'esercizio del potere della
 regione  relativo  alla  corretta  e legittima gestione delle proprie
 risorse finanziarie.
    3. - I ricorsi vanno accolti.
    A norma dell'art. 40, primo comma, della legge 30 marzo  1981,  n.
 119  (Legge  finanziaria per il 1981), la cui applicabilita' e' stata
 estesa alle regioni dall'art. 2, primo comma, della legge 29  ottobre
 1984,  n. 720 (Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed
 organismi pubblici), le regioni non possono mantenere  disponibilita'
 depositate  a  qualunque titolo presso le aziende di credito fungenti
 da tesorieri (ai sensi dell'art. 5 del regio decreto-legge  12  marzo
 1936, n. 375, e successive modificazioni) per un importo superiore al
 3  per  cento  dell'ammontare  delle entrate previste dal bilancio di
 competenza delle regioni medesime (salve alcune  voci  che,  ai  fini
 della presente decisione, non hanno alcuna rilevanza). Sempre a norma
 dell'art.  40,  primo  comma,  appena  citato,  ove le disponibilita'
 regionali giacenti presso le aziende di credito tesorieri superino il
 suddetto limite  del  3  per  cento  (il  cui  importo  in  cifra  e'
 comunicato   al   proprio  tesoriere  dal  presidente  della  regione
 interessata), sulle disponibilita' eccedenti e' posto a carico  delle
 aziende  di  credito  un  interesse pari al tasso ufficiale di sconto
 aumentato di quattro punti, da versare al bilancio dello Stato.
    Ai  sensi  del  comma  quarto  dello  stesso  art.  40,  poi,   le
 assegnazioni,  i  contributi  e  quant'altro proveniente dal bilancio
 dello Stato, dovuti alle  regioni,  affluiscono  in  conti  a  queste
 ultime  intestati  presso  le tesorerie dello Stato. In base al comma
 successivo, infine, le regioni possono operare prelevamenti sui conti
 a  loro intestati a condizione, pero', che rispettino con regolarita'
 l'onere di comunicare al Ministro  del  tesoro,  all'inizio  di  ogni
 trimestre, un preventivo di cassa relativo al trimestre stesso.
    Sin dalla sentenza n. 162 del 1982, questa Corte, con orientamento
 costante  (v.,  anche  sentt. nn. 243 del 1985 e 61 del 1987, nonche'
 ord. n. 759 del 1988), ha affermato che la  ratio  del  complesso  di
 norme   ora   ricordato  e'  quella  di  consentire  allo  Stato,  in
 riferimento  a  un  interesse  dell'intera  comunita'  nazionale,  il
 controllo  della  liquidita'  e  la  disciplina  dei  relativi flussi
 monetari e, in particolare, di evitare che somme reperite dallo Stato
 attraverso il ricorso al mercato finanziario e comportanti, pertanto,
 il pagamento di  onerosi  interessi  da  parte  dello  Stato  stesso,
 finiscano  per giacere presso i tesorieri regionali, dando cosi' vita
 a una produzione di interessi a favore delle regioni  scaturente,  in
 definitiva,  da  erogazioni  di  somme  prese a prestito dallo Stato.
 Questo circolo  vizioso  delle  finanze  pubbliche  e'  impedito  dal
 "sistema della tesoreria unica", il quale, per riprendere valutazioni
 gia'   espresse  da  questa  Corte  nelle  decisioni  precedentemente
 ricordate, e' ispirato alla "esigenza fondamentale per lo Stato  (di)
 limitare  l'onere  derivante  dalla  provvista  anticipata  dei fondi
 rispetto all'effettiva capacita' di spesa  degli  enti  (regionali)".
 Tale  esigenza  e  le  norme  di  legge che ad essa si ispirano sono,
 dunque,  espressione  del  potere  di  coordinamento  della   finanza
 regionale  con  quella  nazionale e degli enti locali, che l'art. 119
 della Costituzione attribuisce allo Stato.
    Tuttavia, questa stessa Corte ha sempre precisato che il  corretto
 esercizio  di  tale  potere,  se  consente  allo  Stato  di  regolare
 l'accreditamento dei fondi di pertinenza delle  regioni  in  modo  da
 permettere  la  giacenza presso i rispettivi tesorieri soltanto entro
 un certo limite (fissato dal legislatore  statale,  secondo  una  non
 irragionevole  valutazione discrezionale al 3 per cento delle entrate
 complessive previste nel bilancio di competenza) e soltanto quando le
 regioni   decidano   di   doversene   effettivamente   servire    per
 l'espletamento  delle  proprie  funzioni, nello stesso tempo preclude
 allo  Stato  medesimo  di  trasformare  l'amministrazione  dei  conti
 correnti  intestati  alle  regioni presso la tesoreria centrale in un
 anomalo strumento di controllo sulla gestione  finanziaria  regionale
 (v. sentt. nn. 155 del 1977, 94 del 1981, 307 del 1983, 61 del 1987 e
 742 del 1988). Infatti, la garanzia apprestata a favore delle regioni
 dall'art.  119 della Costituzione in ordine all'autonomia di gestione
 delle proprie risorse finanziarie non consente allo Stato di disporre
 di somme - che, anche se depositate  presso  la  tesoreria  centrale,
 restano pur sempre di pertinenza regionale - in modo da precludere od
 ostacolare  l'integrale  utilizzabilita'  da  parte delle regioni dei
 fondi  loro  spettanti   per   l'adempimento   dei   propri   compiti
 istituzionali,  sempreche', ovviamente, il prelevamento sia richiesto
 nelle forme, entro la misura e secondo le modalita' e i tempi fissati
 nelle leggi statali sulla finanza regionale (v. sentt.  nn.  155  del
 1977,  94  del  1981, 162 del 1982, 307 del 1983, 243 e 244 del 1985,
 742 del 1988, 24 del 1991).
    Del  resto,  se l'entita' e i ritmi di accreditamento dei fondi di
 pertinenza regionale dalla tesoreria centrale alle tesorerie operanti
 presso le singole regioni non dovessero corrispondere  alle  esigenze
 di  spesa  effettive e immediate, legittimamente accertate e valutate
 dai  competenti  organi  delle  regioni   interessate,   diventerebbe
 concreto  il pericolo di un disavanzo, se non proprio di un vuoto, di
 cassa  rispetto   all'indicato   fabbisogno   finanziario.   Con   la
 conseguenza,  gia'  rilevata in passato da questa Corte (v., sent. n.
 243 del 1985), che  per  tal  via  si  rischierebbe  di  causare,  in
 difformita'  con il principio del buon andamento dell'amministrazione
 e con una  corretta  gestione  del  denaro  della  collettivita',  un
 aggravamento   dell'esposizione  debitoria  complessiva  del  settore
 pubblico allargato, considerato che nel caso  ipotizzato  le  regioni
 sarebbero  indotte  a procurarsi i fondi necessari per lo svolgimento
 delle proprie funzioni,  rifiutati  o  non  ricevuti  tempestivamente
 dallo Stato, mediante onerose anticipazioni di cassa.
    4.  -  Applicando i principi affermati da tempo nelle decisioni di
 questa Corte non puo' non  dichiararsi  la  fondatezza  dei  distinti
 ricorsi presentati dalle Regioni Veneto, Liguria, Toscana ed Umbria e
 riconoscere  l'illegittima  interferenza che gli atti impugnati hanno
 prodotto sulla potesta' di gestire autonomamente le  proprie  risorse
 finanziarie  garantita alle regioni a statuto ordinario dall'art. 119
 della Costituzione.
    Premesso che tutte le richieste di accreditamento formulate  dalle
 ricorrenti si sono mantenute nel limite del 3 per cento delle entrate
 complessive  previste nel bilancio di competenza e che le stesse sono
 state precedute dalle comunicazioni delle regioni  interessate  rela-
 tive  ai  preventivi  di  cassa  trimestrali, in conformita' a quanto
 prescritto dall'art. 40 della legge n. 119 del 1981, e'  testualmente
 provato  che  per  ciascuna delle ricorrenti la tesoreria centrale ha
 provveduto ad accreditare  una  somma  complessivamente  inferiore  a
 quella  legittimamente  richiesta.  Nel  caso  della  Regione Veneto,
 infatti, a fronte di richieste ammontanti a 244 miliardi di lire sono
 stati emessi mandati di pagamento per un valore  complessivo  di  128
 miliardi  di lire. Analogamente, la tesoreria centrale ha corrisposto
 alla Regione Toscana  accreditamenti  globalmente  assommanti  a  200
 miliardi  di  lire  dietro richiesta di 234 miliardi e 300 milioni di
 lire. Anche la Regione Umbria ha beneficiato di accrediti del  valore
 complessivo  di 60 miliardi di lire dopo che aveva domandato prelievi
 ammontanti globalmente a 88 miliardi e 423 milioni di  lire.  Infine,
 nel  caso  della  Regione  Liguria,  alla  richiesta  di prelevare 38
 miliardi e 100 milioni di lire la tesoreria centrale ha risposto  con
 un mandato di pagamento del valore di 20 miliardi di lire.
    Non  v'e'  dubbio, dunque, che, atteso che il Ministro del tesoro,
 in qualita' di detentore di  conti  correnti  infruttiferi  intestati
 alle  singole regioni, non ha alcun potere di sindacare la fondatezza
 e la congruita' delle richieste regionali  formulate  in  conformita'
 alle  norme  sulla  tesoreria unica, in nessun caso si sia realizzata
 quella "piena e pronta  disponibilita'"  delle  somme  di  pertinenza
 regionale   giacenti   nella   tesoreria   centrale,  alla  quale  la
 giurisprudenza di questa Corte condiziona, in ipotesi, la mancanza di
 menomazione della garanzia dell'autonomia finanziaria assicurata alle
 regioni dall'art. 119 della Costituzione.