ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 197  del  codice
 di procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza emessa il 3 febbraio 1992 dal Pretore di Vasto nel
 procedimento penale a carico di Stellato Giorgetto  Mario  ed  altri,
 iscritta  al  n.  291  del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  22,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
      2)  ordinanza emessa il 20 gennaio 1992 dal Pretore di Vasto nel
 procedimento penale a carico di D'Addario Michele ed altri,  iscritta
 al  n.  292  del  registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 22,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1992;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che con le ordinanze in epigrafe, di identico contenuto,
 il Pretore di Vasto solleva, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
 Costituzione,  questione  di legittimita' dell'art. 197 del codice di
 procedura penale "nella parte in cui non contempla tra le ipotesi  di
 incompatibilita'  con  l'ufficio  di  testimone  anche  la  posizione
 dell'imputato di reati commessi da piu' persone in danno reciproco le
 une delle altre";
      che, in particolare, il remittente rileva  che  l'art.  197  del
 codice di procedura penale ha limitato le ipotesi di incompatibilita'
 con  l'ufficio  di testimone agli imputati in procedimenti connessi a
 norma dell'art. 12 del codice  di  procedura  penale,  per  i  quali,
 allorche'  si  procede  separatamente,  l'audizione e' regolata dalle
 forme  previste  dall'art.  210  del  codice  di  procedura   penale,
 trascurando  la  posizione  di  chi  versi  nell'ipotesi  contemplata
 dall'art.  17,  lett.  c)  ,  del   codice   di   procedura   penale,
 irragionevolmente omessa;
      che,  a  suo avviso, detta omissione determina un'ingiustificata
 discriminazione  nei   confronti   dell'ipotesi   sopraindicata,   da
 ritenersi  invece  del  tutto  assimilabile  a quelle per le quali e'
 sancita l'incompatibilita', nonche' una  violazione  dei  diritti  di
 difesa  dell'imputato  ("che  come testimone non potrebbe presenziare
 agli atti del dibattimento, anteriori e diversi da quelli concernenti
 l'acquisizione delle sue dichiarazioni");
      che in entrambi i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello
 Stato, concludendo per l'infondatezza della questione;
    Considerato che i giudizi devono essere riuniti per essere  decisi
 congiuntamente poiche' sollevano la medesima questione;
      che  questa  Corte,  con  la  sentenza  n.  109  del  1992 e con
 l'ordinanza n. 262 del 1992, ha gia' dichiarato non fondate questioni
 identiche  rilevando  che  il  criterio  posto  a  base  della  norma
 impugnata,  in ordine al divieto di essere assunto come testimone, e'
 quello dell'esistenza di un vincolo probatorio tra i procedimenti nei
 quali  il  medesimo  soggetto si trovi ad assumere rispettivamente la
 veste di imputato e quella di testimone: vincolo che sussiste  sempre
 nei  casi  di  coimputato  dello  stesso reato o di imputati di reati
 connessi a norma dell'art. 12 (art. 197, lett.  a)  e  che,  in  ogni
 altro  caso  in  cui si verifichi, sara' rilevato dal giudice a norma
 dell'art. 197, lett. b));
      che, conseguentemente, - come hanno chiarito le citate  pronunce
 -  la  disciplina denunciata non puo' essere ritenuta discriminatoria
 nei confronti delle persone  imputate  di  reati  commessi  in  danno
 reciproco  le  une  delle  altre,  in  quanto  sul  piano del vincolo
 probatorio tale posizione non e' certamente assimilabile a quella dei
 soggetti annoverati nell'art. 197, lett. a), per i quali tale vincolo
 e' in re ipsa, mentre nell'ipotesi  in  esame  tale  situazione  puo'
 verificarsi  o meno, e, ove in concreto il giudice rilevi l'esistenza
 di una vera e propria interferenza sul piano probatorio (nell'ipotesi
 di cui all'art. 371, secondo comma, lett. b), operera' allora,  anche
 per  coloro  che  siano imputati di un reato collegato, il divieto di
 essere assunti come testi, ai sensi dell'art. 197, lett. b);
      che  dette  argomentazioni  valgono  pienamente   ad   escludere
 l'illegittimita'  della norma impugnata anche in ordine all'ulteriore
 profilo sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal
 giudice a quo;
      che pertanto la questione deve essere dichiarata  manifestamente
 infondata.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, della Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;