ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  422,  primo  e
 secondo  comma, del codice di procedura penale promosso con ordinanza
 emessa il 13 febbraio 1992 dal giudice per  le  indagini  preliminari
 presso  il  Tribunale  di Salerno nel procedimento penale a carico di
 Posa Fabrizio ed altri, iscritta al n.  294  del  registro  ordinanze
 1992  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22,
 prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che il giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  di  Salerno ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 3
 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 422, primo  e
 secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non
 prevede  in sede di udienza preliminare un maggior potere del giudice
 di integrazione probatoria nelle ipotesi in cui vi siano elementi  di
 prova  per  l'accusa  e non siano state invece sviluppate indagini su
 fatti o circostanze favorevoli alla difesa;
      che, ad avviso del  remittente,  stante  l'interpretazione  data
 alla  norma,  detta situazione si rifletterebbe sul diritto di difesa
 dell'imputato (il quale non potrebbe ottenere  una  sentenza  di  non
 luogo   a   procedere  o  valutare  compiutamente  l'opportunita'  di
 richiedere  riti  alternativi)  e  costituirebbe  una  ingiustificata
 disparita'  di  trattamento nei confronti del medesimo in ragione dei
 diversi comportamenti processuali dell'accusa;
      che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,   rappresentato   dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,
 concludendo per l'infondatezza della questione;
    Considerato che  questioni  sostanzialmente  identiche  sono  gia'
 state esaminate da questa Corte e dichiarate non fondate con sentenza
 n.  64 del 1991 e manifestamente infondate con ordd. n. 252 e 303 del
 1991, osservando, in sintesi,  che  l'udienza  preliminare  e'  stata
 concepita  come  un  procedimento  allo  stato  degli atti e non come
 strumento di accertamento della verita'  materiale,  cioe'  come  una
 fase  processuale  e non di cognizione piena, nella quale la funzione
 del giudice non consiste in una valutazione di tipo prognostico sulle
 prospettive di condanna o di  assoluzione  dell'imputato,  ma  in  un
 controllo  sulla  legittimita' della domanda di giudizio avanzata dal
 pubblico ministero: con la conseguenza che deve ritenersi coerente  a
 tale  impostazione  il  fatto  che spetti al giudice, al solo fine di
 evitare situazioni di stallo decisorio,  individuare  "temi  nuovi  o
 incompleti" il cui accertamento risulti decisivo a detti fini;
      che dette pronunce hanno altresi' sottolineato che indicazioni o
 sollecitazioni  in tal senso possono certamente provenire dalle parti
 nel corso della discussione prevista nell'art. 421,  fermo  rimanendo
 pero'  che  non  si  puo'  prescindere  dalla  previa valutazione del
 giudice di non poter decidere allo stato degli atti  e  dalla  previa
 indicazione  da  parte  sua  dei  temi, nuovi o incompleti, sui quali
 promuovere il "supplemento istruttorio";
      che dette argomentazioni valgono ad escludere in radice  sia  la
 violazione  dell'art. 24 della Costituzione, in quanto la convenienza
 di una eventuale scelta dei riti alternativi ben puo' essere valutata
 in presenza  degli  elementi  presentati  dal  pubblico  ministero  a
 sostegno della richiesta di rinvio a giudizio, sia, conseguentemente,
 ogni prospettata disparita' di trattamento;
      che,    pertanto,   la   sollevata   questione   va   dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;