ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  6  della  legge
 regionale  dell'Emilia-Romagna  29  gennaio  1983,  n. 7 (Norme sulla
 disciplina degli scarichi delle fognature e degli scarichi civili che
 non  recapitano  nelle  pubbliche  fognature.  Provvedimenti  per  il
 contenimento   dell'eutrofizzazione)   e   successive  modificazioni,
 promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 31 gennaio 1992 dal Pretore di Parma  nel
 procedimento  penale a carico di Campara Giancarlo ed altro, iscritta
 al n. 168 del registro ordinanze 1992  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  14, prima serie speciale, dell'anno
 1992;
      2) n. 4 ordinanze emesse il 1› giugno, il  4  maggio  ed  il  13
 aprile  1992  dal  Pretore  di  Reggio  Emilia -Sezione distaccata di
 Scandiano- nei procedimenti penali a carico  di  Beghi  Mario  Primo,
 Nizzoli   Tarcisio,  Pantani  Eugenio  ed  altro  e  Cilloni  Tonino,
 rispettivamente iscritte ai nn. 439, 440,  441  e  673  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn. 37 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti  l'atto  di  costituzione di Beghi Mario nonche' gli atti di
 intervento della Regione Emilia- Romagna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Udito l'avv. Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore  di  Parma, nel procedimento penale a carico di
 Campara Giancarlo e Orsi Pietro, imputati del reato di  cui  all'art.
 21  della  legge 319 del 1976 per avere effettuato, nel caseificio di
 cui sono titolari, scarichi di liquame sul suolo per  fertirrigazione
 senza  autorizzazione  e oltre i limiti di accettabilita' di cui alla
 tabella C allegata  alla  detta  legge,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.  6  della  legge  regionale
 dell'Emilia-Romagna 29 gennaio 1983, n. 7, modificata  dalle  succes-
 sive  leggi regionali n. 13 del 1984 e n. 42 del 1986, in riferimento
 agli artt. 25, 117 e 3 della Costituzione, perche':
       a) la legge regionale, qualificando insediamento civile  quello
 gestito  dagli  imputati  ed  esonerandone  la  gestione dall'obbligo
 dell'autorizzazione, avrebbe  sottratto  una  fattispecie  penalmente
 punita  alla  legge  statale,  alla  quale  e',  invece, riservata la
 relativa disciplina (violazione artt. 25 e 117 della Costituzione);
       b) perche' risulterebbero  diversamente  sanzionate  situazioni
 tra  loro equiparabili quanto a tipologia e a nocivita' dello scarico
 (violazione art. 3 della Costituzione).
    2. - Nel  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  della  Giunta
 regionale   dell'Emilia-Romagna,   il   quale   ha  concluso  per  la
 inammissibilita' della questione per irrilevanza nel giudizio  a  quo
 e,  nel merito, per la infondatezza, osservando che la qualificazione
 come insediamenti civili  delle  imprese  agricole  in  possesso  dei
 requisiti  in questione deriva dalla normativa statale (art. 1-quater
 del decreto-legge n. 544 del 1976, convertito in  legge  n.  690  del
 1976)  e  dalla  deliberazione  del  Comitato  interministeriale  per
 l'inquinamento, competente (art. 6 e 17 della legge n. 650 del  1979)
 a classificare le imprese agricole suddette, alla quale, peraltro, si
 e' uniformata la norma impugnata.
    3.  -  La  medesima questione e' stata sollevata, con riferimento,
 pero', agli artt. 25, secondo comma, e 117  della  Costituzione,  dal
 Pretore  di  Reggio  Emilia  -Sezione  distaccata  di  Scandiano- con
 quattro ordinanze di identico contenuto (R.O. nn. 439, 440, 441,  673
 del  1992),  emesse  nel  corso  di altrettanti procedimenti penali a
 carico di altri titolari di caseifici imputati dello stesso reato  di
 cui all'art. 21 della legge n. 319 del 1976.
    Il  giudice  remittente,  dopo avere richiamato le norme statali e
 regionali disciplinatrici della fattispecie, ha osservato che, avendo
 la Corte di cassazione disapplicato  la  deliberazione  del  Comitato
 interministeriale   per  l'inquinamento,  per  mancanza  nella  legge
 statale dei criteri direttivi generali, la  legge  regionale  avrebbe
 autonomamente  legiferato  in  materia  riservata  alla legge statale
 siccome penalmente punita.
    4. - Nel  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  della  Giunta
 regionale    dell'Emilia-Romagna,    che    ha    concluso   per   la
 inammissibilita' della questione perche' il  giudice  a  quo  non  ha
 preso  posizione  sulla  sussistenza del reato e sulla qualificazione
 degli  insediamenti  di  cui  trattasi;  e,  nel   merito,   per   la
 infondatezza.
    Nelle  memorie  presentate  nell'imminenza della udienza la difesa
 della Regione ha  ulteriormente  illustrato  le  argomentazioni  gia'
 svolte.  Ha  presentato altresi' memoria uno degli imputati, ma fuori
 termine.
                        Considerato in diritto
    1. - I giudizi possono  essere  riuniti  e  decisi  con  un  unico
 provvedimento in quanto prospettano la stessa questione.
    2.  -  La  Corte  e' chiamata a verificare se l'art. 6 della legge
 regionale 29 gennaio 1983, n. 7, e  successive  modificazioni,  nella
 parte  in  cui  qualifica insediamenti civili le imprese agricole che
 dispongono, in connessione con l'attivita' di allevamento, di  almeno
 un ettaro di terreno agricolo per ogni quaranta quintali di peso vivo
 di  bestiame,  sottraendoli  in  tal modo alla sanzione penale di cui
 all'art. 21 della legge statale n. 319 del 1976, violi gli  artt.  3,
 25 e 117 della Costituzione, in quanto la disciplina della materia di
 cui  trattasi,  siccome  penalmente  sanzionata, non e' di competenza
 regionale ma  e'  riservata  allo  Stato,  e  perche'  risulterebbero
 diversamente  sanzionate  situazioni  tra  loro equiparabili quanto a
 tipologia e nocivita' dello scarico.
    3. - La questione e' inammissibile.
    Si rileva che,  secondo  il  recente  indirizzo  giurisprudenziale
 delle  Sezioni  Unite  della  Corte  di  cassazione,  anche  per  gli
 insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature occorre
 l'autorizzazione regionale se nuovi, cioe' successivi all'entrata  in
 vigore della legge n. 319 del 1976 (13 giugno 1976).
    Il  sistema  sanzionatorio di cui all'art. 21 della detta legge e'
 rivolto contro chiunque  apra  o  comunque  effettui  nuovi  scarichi
 abusivamente.  Esso  non  opera  alcuna distinzione ne' oggettiva ne'
 soggettiva:  l'unico  elemento  specializzante  e'  costituito  dalla
 novita' dello scarico, non dalla provenienza di questo ultimo o dalla
 qualita' del soggetto operante.
    La  necessita'  dell'autorizzazione  non  puo' assolutamente farsi
 dipendere dalla volonta' degli  organi  regionali  e  solo  la  legge
 statale  puo'  prevedere  eventuali  esoneri  ed  eccezioni  in  modo
 uniforme per tutto il territorio statale, cosi' come  solo  lo  Stato
 puo' stabilire un sistema sanzionatorio unico ed uniforme per tutti.
    Alle Regioni non e' dato interferire in campo penale.
    Anche   la  nozione  di  nuovo  scarico,  come  quello  successivo
 all'entrata in vigore della suddetta legge, e' fornita dallo Stato in
 modo uniforme per tutto il territorio nazionale.
    In tale situazione, quindi, il giudice remittente  avrebbe  dovuto
 accertare   se  gli  insediamenti  di  cui  trattasi  devono  o  meno
 considerarsi nuovi, cioe' successivi alla legge n.  319  del  1976  o
 invece preesistenti.