ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge
 della Regione Lazio 15 settembre 1982, n. 41 (Disciplina delle  acque
 di  scarico  provenienti  da  fognature  pubbliche  e da insediamenti
 civili), promosso con ordinanza emessa il 26 giugno 1992 dal  Pretore
 di  Roma - Sezione distaccata di Frascati - nel procedimento penale a
 carico di Battaglia Silvio, iscritta al n. 559 del registro ordinanze
 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  41,
 prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
                           Ritenuto in fatto
    Il Vice Pretore di Frascati, nel procedimento penale a  carico  di
 Battaglia  Silvio, imputato del reato di cui agli artt. 21 e 25 della
 legge n. 319 del 1976 in  relazione  all'art.  7  della  legge  della
 Regione  Lazio  15  settembre  1982,  n.  41,  per  avere  attivato e
 mantenuto  sul  suolo  uno  scarico  idrico  da  insediamento  civile
 preesistente   alla  legge  n.  319  del  1976  senza  la  prescritta
 autorizzazione, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 del citato art. 7 della legge regionale n. 41 del  1982  che  prevede
 l'obbligo   dell'autorizzazione,  per  gli  scarichi  provenienti  da
 insediamenti civili preesistenti alla legge statale n. 319 del 1976.
    Il giudice a quo ha osservato che la legge  n.  319  del  1976  ha
 regolamentato sia gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi
 sia   quelli   provenienti   da   insediamenti   civili,  sanzionando
 penalmente, quanto ai primi,  ed  anche  ai  secondi,  se  successivi
 all'entrata  in  vigore  della  stessa  legge,  l'omessa richiesta di
 autorizzazione allo scarico.  Invece,  per  gli  insediamenti  civili
 preesistenti  che  non  discaricano  in pubbliche fognature, la legge
 prevede  solo  la  denunzia  alla  competente   autorita',   la   cui
 inosservanza  e'  priva  di  sanzione  penale.  Ne' per questi ultimi
 scarichi potrebbe ravvisarsi il reato di cui agli artt. 21 e 25 della
 legge 319 del 1976 per l'inosservanza  delle  prescrizioni  contenute
 nelle  leggi regionali, le quali possono solo integrare la disciplina
 vigente ai sensi degli artt. 14 e 15 della citata legge e  non  anche
 quella   concernente   l'aspetto   autorizzatorio,   direttamente  ed
 integralmente prevista dalla legge statale.
    La norma impugnata, pertanto, violerebbe i principi costituzionali
 della riserva allo Stato della previsione di norme  penali  (art.  25
 della Costituzione), e della uguaglianza dei cittadini di fronte alla
 legge (art. 3 della Costituzione).
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  e' chiamata a verificare se l'art. 7 della legge
 regionale del Lazio 15 settembre 1982, n. 41, che prevede, anche  per
 gli   scarichi   provenienti   da  insediamenti  civili  preesistenti
 all'entrata  in  vigore  della  legge  n.  319  del  1976   l'obbligo
 dell'autorizzazione,  violi  gli  artt.  3  e  25 della Costituzione,
 perche' ingiustamente  discrimina  una  categoria  di  cittadini  nei
 confronti  di  un'altra (cioe' i titolari di scarichi da insediamenti
 civili preesistenti alla legge n. 319 del 1976 rispetto a  quelli  di
 scarichi  da  insediamenti successivi alla stessa legge) e perche' la
 disciplina  della  materia,  siccome penalmente sanzionata, non e' di
 competenza regionale ma e' riservata allo Stato.
    2. - La questione non e' fondata.
    Gli artt. da 9 a 15 della legge n. 319 del 1976  disciplinano  gli
 scarichi  sia  da  insediamenti produttivi che da insediamenti civili
 che non recapitano in pubbliche fognature, stabilendo  a  carico  dei
 titolari  l'obbligo  dell'autorizzazione  solo  per quelli successivi
 all'entrata in vigore della legge (13 giugno 1976).
    Per  gli  scarichi  da  insediamenti  civili  che  recapitano   in
 pubbliche   fognature   devono   essere   osservati   i   regolamenti
 dell'autorita' locale che gestisce la pubblica fognatura (art. 14).
    I titolari di scarichi gia' in essere all'entrata in vigore  della
 legge,  provenienti  da  insediamenti  civili  che  non recapitano in
 pubbliche fognature  sono  tenuti  a  denunciare  la  loro  posizione
 all'autorita'  comunale  nei  modi e nei tempi dalla stessa stabiliti
 (art. 15, primo comma).
    Gli artt. 2 e 4 della suddetta legge n.  319  del  1976  prevedono
 inoltre le competenze dello Stato e delle Regioni in materia.
    In   sintesi,  puo'  affermarsi  che  allo  Stato  sono  demandate
 l'attivita' di indirizzo, di promozione, di coordinamento generale  e
 la  emanazione di norme tecniche generali; alle Regioni, la normativa
 integrativa e di attuazione dei detti criteri e delle norme generali,
 nonche' la normativa integrativa e di attuazione dei programmi  degli
 enti locali.
    Inoltre,  successivamente  alla  citata  legge n. 319 del 1976, lo
 Stato  ha  trasferito  alle  Regioni  le  funzioni   concernenti   la
 disciplina  degli  scarichi,  la  programmazione  degli interventi di
 conservazione e di depurazione delle  acque,  dello  smaltimento  dei
 rifiuti  liquidi  ed idrosolubili, la programmazione degli interventi
 per la prevenzione ed il controllo del suolo (art. 101 del d.P.R.  n.
 616  del  1977)  e ha poi ulteriormente precisato le competenze delle
 stesse (art. 6 del d.P.R. n. 915 del 1982).
    La Regione Lazio, nell'esercizio  delle  funzioni  e  dei  compiti
 affidatile  con le suddette norme ha emanato la legge impugnata ed ha
 provveduto con essa  a  disciplinare  gli  scarichi  da  insediamenti
 civili  preesistenti al momento dell'entrata in vigore della legge n.
 319 del 1976, la quale, in via meramente provvisoria, aveva  previsto
 per   essi   solo   l'obbligo   della   denuncia   in   attesa  della
 regolamentazione definitiva, di spettanza delle Regioni anche in base
 alla legge stessa.
    La citata legge regionale si limita a sancire anche per i suddetti
 scarichi  l'obbligo  dell'autorizzazione,  ma  non   prevede   alcuna
 sanzione penale.
    La  determinazione  delle conseguenze della mancata autorizzazione
 puo' essere stabilita dal giudice ordinario competente per il merito.
    Pertanto nella suddetta situazione, la questione  di  legittimita'
 costituzionale sollevata non e' fondata.