ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 542, primo comma, e 427, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1992 dal Pretore di Nuoro - sezione distaccata di Siniscola - nel procedimento penale a carico di Zanasi Simonetta, iscritta al n. 730 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1992; Udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Nuoro, sezione distaccata di Siniscola, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 542, primo comma, e 427, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevedono che il giudice, in caso di assoluzione dell'imputato per non aver commesso il fatto, quando si tratti di reato perseguibile a querela, condanni il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato, anche nell'ipotesi in cui l'attribuzione del reato all'imputato non sia ascrivibile a colpa del querelante. 2. - Il giudice remittente, dopo aver premesso che nel caso sottoposto al suo esame si prospetta il proscioglimento dell'imputato per non aver commesso il fatto, osserva che cio' comporta l'automatica condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento, senza pero' che l'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'imputato medesimo dipenda da sua colpa. Infatti, prosegue il Pretore, il querelante aveva dapprima chiesto ed ottenuto un provvedimento ex art. 700 del codice di procedura civile nei confronti di due societa' (con il quale si inibiva a queste ultime il transito con mezzi meccanici su di una strada realizzata dal ricorrente) e, successivamente, constatato che detto transito era proseguito, aveva sporto querela indicando che, verosimilmente, il fatto era da attribuire alle medesime societa' convenute nel procedimento civile, costruttrici di un villaggio turistico. Sulla scorta delle prove acquisite il giudice a quo ritiene di dover prosciogliere l'imputato (legale rappresentante di una delle due ditte sopracitate) sulla base di due motivi, il primo dei quali consistente nel fatto che la responsabilita' del transito successivo all'inibitoria pretorile risulta ascrivibile alla sola societa' appaltatrice dei lavori (appartenente ad un coimputato per il quale si e' proceduto separatamente) e non anche alla committente, e il secondo, rappresentato dal ruolo svolto dal rappresentante legale di detta ultima societa', che risiede in Emilia-Romagna e non risulta, al di la' della carica ricoperta, aver fornito alcun effettivo e personale apporto causale alla verificazione dell'evento. 3. - Cio' posto il Pretore di Nuoro ritiene che le norme impugnate si pongano in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in quanto, nel caso in esame, non puo' farsi carico al querelante di non aver considerato le circostanze che potevano condurre al proscioglimento dell'imputato, sia perche' le stesse sono emerse compiutamente soltanto in seguito al dibattimento, e poi perche' sono state oggetto, da parte del giudice, di una valutazione che non compete al privato, il quale ha il solo onere di riferire i fatti con verita' e completezza, essendo riservata all'Autorita' giudiziaria ogni determinazione in ordine alle responsabilita' penali. Ad avviso del remittente, la Corte costituzionale, con le sentenze n. 165 del 1974, n. 52 del 1975, e n. 29 del 1992, pronunciate in merito agli artt. 382, primo comma, e 482, primo comma, del codice di procedura penale previgente, avrebbe ripetutamente espresso un principio generale secondo cui le norme denunciate, dettate dalla finalita' di evitare liti temerarie, devono comunque esentare dalla responsabilita' per le spese anticipate dallo Stato chi ha esercitato il diritto di querela allorquando l'assoluzione dell'imputato derivi da circostanze non riconducibili al querelante stesso, al quale, quindi, nessuna colpa puo' essere addebitata. Ove cio' non avviene, conclude il Pretore, sussiste violazione del principio di eguaglianza, sottoponendosi alla medesima disciplina situazioni del tutto diverse, quali quelle del querelante temerario da una lato e del querelante incolpevole dall'altro. Considerato in diritto 1. - Il Pretore di Nuoro ritiene che il principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, sia violato dalle disposizioni previste dagli artt. 542, primo comma, e 427, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevedono che il giudice, quando si tratti di reato perseguibile a querela della persona offesa, e in caso di assoluzione dell'imputato per non aver commesso il fatto, condanni il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato anche nell'ipotesi in cui l'attribuzione del reato all'imputato non sia ascrivibile a colpa del querelante. Il giudice a quo, premesso che a seguito della querela e' stata esercitata l'azione penale procedendo separatamente nei confronti di due coimputati, uno solo dei quali risultato poi effettivamente responsabile dei fatti lamentati, rileva che, pur se nel caso sottoposto al suo esame si prospetta il conseguente proscioglimento dell'altro imputato per non aver commesso il fatto, non si puo', per due ordini di motivi, addebitare al querelante la responsabilita' di non aver considerato le circostanze che potevano condurre a tale esito. In primo luogo perche' queste ultime sono emerse soltanto in seguito al dibattimento, e poi perche' la loro valutazione non com- pete al privato cittadino, il quale ha il solo onere di riferire con verita' e completezza i fatti, essendo riservata all'Autorita' giudiziaria ogni determinazione in ordine alle responsabilita' penali. In conclusione, poiche' le norme impugnate impongono anche in questi casi la condanna del querelante al pagamento delle spese processuali, il Pretore di Nuoro ravvisa una violazione del principio di eguaglianza a causa della sottoposizione alla medesima disciplina di situazioni del tutto diverse: quella del querelante temerario, da un lato, e del querelante incolpevole dall'altro. 2. - La questione e' fondata. Occorre, in primo luogo, circoscriverne l'ambito al solo art. 427, primo comma, del codice di procedura penale, in quanto la regula iuris sostanzialmente censurata dal giudice a quo e' ivi contenuta, mentre il successivo art. 542 si limita soltanto a rinviare ad essa per relationem . Cio' posto, questa Corte ha avuto piu' volte l'occasione di esaminare (pur se in riferimento al codice processuale del 1930) le norme sulla responsabilita' del querelante in ordine al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato, dichiarandone l'illegittimita' in tutti i casi in cui siffatta responsabilita' veniva affermata anche in assenza di colpa del querelante stesso, e cioe' allorquando l'assoluzione dell'imputato derivava da circostanze non a lui riconducibili. E cosi' sono state espunte le ipotesi di condanna del querelante anche nei casi di querela contro ignoti per un reato realmente verificatosi (sent. n. 165 del 1974), di proscioglimento dell'imputato per incapacita' d'intendere e di volere (sent. n. 52 de 1975), o di proscioglimento perche' il fatto non costituisce reato (sent. n. 29 del 1992). Con tali pronunce la Corte (pur nell'ambito di questioni sollevate sempre in riferimento al principio costituzionale di eguaglianza) aveva chiaramente inteso escludere ogni ipotesi di responsabilita' oggettiva del querelante; di ogni responsabilita', cioe', che fosse fondata sul mero dato della causalita' (per cui le spese ricadono sulla parte che ad esse ha dato causa) anche in assenza di una qualsiasi colpa, leggerezza o temerarieta' rimproverabile a colui che ha esercitato il diritto di querela. 3. - Il legislatore del nuovo codice di procedura penale ha mostrato di voler seguire le indicazioni della Corte ma, pur circoscrivendo il regime della responsabilita' del querelante alle sole ipotesi di proscioglimento perche' il fatto non sussiste o perche' l'imputato non l'ha commesso, ha, tuttavia, mantenuto un criterio di automaticita'; evidentemente presupponendo, secondo l'id quod plerumque accidit, che nelle ipotesi considerate sia sempre ravvisabile, a fronte del proscioglimento dell'imputato, una temerarieta' o un'avventatezza dell'accusa riconducibili al querelante stesso. In realta', esaminando la questione entro i limiti proposti dal giudice remittente, occorre osservare che anche nell'ipotesi di proscioglimento dell'imputato per non aver commesso il fatto puo' emergere una situazione nella quale l'infondatezza della notitia criminis nei suoi confronti derivi, come nel caso, da circostanze non addebitabili al querelante, il quale si trova quindi nella medesima posizione di coloro per i quali non e' prevista una responsabilita' in ordine alle spese ma, cio' nonostante, subisce un trattamento ingiustamente differenziato, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Anche in tali ipotesi, pertanto, devono trovare applicazione i principi gia' espressi da questa Corte nelle ricordate pronunce, con conseguente esclusione della condanna del querelante al pagamento delle spese processuali allorche' risulti che l'attribuzione del reato all'imputato non sia in alcun modo ascrivibile a colpa del querelante stesso.