ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, terzo comma,
 della legge della Regione Veneto 23 aprile 1990, n. 28  (Nuove  norme
 per la tutela dell'ambiente. Modifiche alla legge regionale 16 aprile
 1985,  n.  33  "Norme  per  la  tutela  dell'ambiente"), promosso con
 ordinanza  emessa  il  6  marzo  1992  dal  Pretore  di  Vicenza  nel
 procedimento penale a carico di Gasparini Luciano, iscritta al n. 505
 del  registro  ordinanze  1992  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto di intervento della Regione Veneto;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Udito l'avv. Luigi Manzi per la Regione Veneto;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore di Vicenza, nel procedimento penale a carico di
 Gasperini Luciano, imputato del reato di cui all'art. 21 della  legge
 n.  319  del  1976  per  scarico  di  sostanze  nocive oltre i limiti
 tabellari stabiliti dalla detta legge, ha  rilevato  che  l'imputato,
 per   sua   ammissione,   aveva,  invece,  effettuato  lo  stoccaggio
 provvisorio in azienda di reflui tossico-nocivi, dopo aver presentato
 domanda di autorizzazione ai sensi degli artt.  2  e  3  della  legge
 regionale  del  Veneto 23 aprile 1990, n. 28, senza ricevere risposta
 dall'autorita' competente; che l'art. 3, terzo  comma,  della  citata
 legge  regionale  prevede che la domanda di autorizzazione si intende
 accolta  in  caso  di   silenzio   dell'amministrazione   provinciale
 protratto  oltre  i  trenta giorni; e, con ordinanza del 6 marzo 1992
 (R.O. n. 505  del  1990),  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, terzo comma, citato.
   Ad avviso del giudice remittente, la norma impugnata si porrebbe in
 contrasto  con  gli  artt. 3, 25, secondo comma, e 116 (rectius: 117)
 della Costituzione disciplinando  in  modo  piu'  favorevole  materia
 sottratta alla competenza regionale, siccome penalmente sanzionata.
    2.  -  Nel  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente della Giunta
 regionale  del  Veneto,  il  quale  ha  preliminarmente  eccepito  la
 irrilevanza  della questione nel giudizio a quo, in quanto il giudice
 remittente dovrebbe comunque applicare  la  norma  impugnata  siccome
 piu' favorevole. Anche perche' la norma censurata sarebbe applicabile
 solo  a  seguito  della modifica del fatto contestato che era diverso
 (violazione, sanzionata dall'art. 21 della legge n. 319 del 1976, dei
 limiti tabellari fissati dalla legge stessa).
    Nel merito ha osservato  che,  siccome  il  provvedimento  che  si
 estrinseca   nel   silenzio-assenso   sarebbe   equiparabile   ad  un
 provvedimento formale di  autorizzazione,  il  legislatore  regionale
 avrebbe   in   ogni   caso   garantito   la  necessita'  di  un  atto
 autorizzatorio; inoltre, la Regione ha legiferato in esercizio  della
 potesta'  espressamente  riservatale  dal d.P.R. n. 915 del 1982, che
 all'art. 6, lett. f), demanda  alle  Regioni  l'emanazione  di  norme
 integrative  e  di  attuazione  per  l'organizzazione  dei servizi di
 smaltimento e le procedure di controllo e di autorizzazione.
    Infine, ha eccepito la violazione di norme procedurali  in  quanto
 l'ordinanza di rimessione e' stata notificata in proprio alla Regione
 Veneto  anziche'  all'Avvocatura  dello  Stato  che  la patrocina per
 legge.
    3. - Nell'imminenza  della  udienza  il  Presidente  della  Giunta
 regionale  ha  presentato  memoria  con  la  quale  ha  ulteriormente
 illustrato gli argomenti esposti nell'atto di intervento.
                        Considerato in diritto
   1. - La Corte deve verificare se l'art. 3, terzo comma, della legge
 della Regione Veneto del 23 aprile 1990, nella parte in  cui  prevede
 che  per lo stoccaggio provvisorio presso il produttore la domanda di
 autorizzazione   si   intende   accolta   in   caso    di    silenzio
 dell'amministrazione  provinciale  protrattosi oltre i trenta giorni,
 violi gli artt. 3, 25, secondo comma,  e  116  (rectius:  117)  della
 Costituzione  in  quanto  sarebbe  stata  disciplinata  dalla Regione
 materia sottratta alla sua competenza siccome penalmente sanzionata.
    2.  -  Deve  essere  preliminarmente  esaminato  il  motivo  della
 violazione  delle  norme  processuali  che  regolano la notificazione
 dell'atto introduttivo del giudizio costituzionale.
    Il Presidente della Giunta regionale ha rilevato  che  l'ordinanza
 di  remissione  della questione di legittimita' costituzionale di cui
 trattasi e' stata irregolarmente  notificata  alla  Regione  anziche'
 all'Avvocatura   Generale  dello  Stato,  che  per  legge  ne  ha  la
 rappresentanza nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale.
    L'eccezione non e' fondata  in  quanto  la  irregolarita'  risulta
 sanata dall'avvenuta costituzione della Regione nei giudizi.
    3.  -  Va,  quindi,  esaminata  l'eccezione  di  inammissibilita',
 sollevata dalla difesa della Regione. Si e'  dedotta  la  irrilevanza
 della   questione   e,   quindi,   la   sua   inammissibilita'  nella
 considerazione  che  la  norma   impugnata,   anche   se   dichiarata
 costituzionalmente  non  legittima,  deve essere egualmente applicata
 nel giudizio a quo in quanto piu' favorevole all'imputato.
    L'eccezione non e' fondata.
    Si ribadisce che (sentt. nn. 146 del 1983, 826 del 1988,  124  del
 1990)  le  pronunce  di  legittimita'  delle norme penali di favore o
 comunque piu' favorevoli all'imputato influiscono o possono  influire
 sul  conseguente  esercizio  della  funzione  giurisdizionale  e  che
 l'eventuale accoglimento delle impugnative di siffatte norme viene ad
 incidere  sulle  formule  di  proscioglimento  o,  quanto  meno,  sul
 dispositivo delle sentenze penali.
    Inoltre,  la  pronuncia  della  Corte  potrebbe  riflettersi sullo
 schema argomentativo della sentenza penale assolutoria  modificandone
 la  ratio  decidendi. In tal caso risulterebbe alterato il fondamento
 normativo della decisione.
    Nella  fattispecie,  inoltre,  devesi  rilevare  che   l'eventuale
 decisione di illegittimita' della legge de qua influisce sulla stessa
 imputazione  cioe'  nel  fatto da addebitarsi all'imputato e, quindi,
 sul reato a lui ascrivibile, che, peraltro, e' di natura permanente.
    4. - Nel merito la questione e' fondata.
    La norma impugnata  prevede,  per  lo  stoccaggio  provvisorio  di
 rifiuti  tossici e nocivi, la possibilita' dell'autorizzazione tacita
 in  luogo  di  quella  espressa.  Introduce,  cioe',  l'istituto  del
 silenzio-assenso  in  una  fattispecie  nella quale, attesa la natura
 degli interessi protetti e le  finalita'  da  raggiungere,  cioe'  la
 tutela della salute e dell'ambiente, che sono beni costituzionalmente
 protetti  (artt.  9  e  32  della  Costituzione)  e  stante l'obbligo
 dell'osservanza di direttive comunitarie (nn. 75/442; 76/403; 78/319,
 n. 91/156 che modifica la n.  75/442),  sono  indispensabili  per  il
 rilascio   dell'autorizzazione   accurate  indagini  ed  accertamenti
 tecnici, nonche' controlli  specifici  per  la  determinazione  delle
 misure   e   degli  accorgimenti  da  osservarsi  per  evitare  danni
 facilmente possibili per la  natura  tossica  e  nociva  dei  rifiuti
 accumulati.
    Non rileva l'avvenuto trasferimento dallo Stato alle Regioni delle
 funzioni  relative  allo  smaltimento dei rifiuti con i d.P.R. n. 616
 del 1977 (art. 101) e n. 915 del 1982 (art. 6) in  quanto,  dovendosi
 osservare  le  direttive  comunitarie  emanate  in  materia, sussiste
 l'obbligo dello Stato alla loro attuazione e osservanza (sent. n. 306
 del 1992).
    Resta assorbita la violazione dell'art. 25 della Costituzione.