ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 442 del codice
 di procedura civile, promossi con ordinanze  emesse  il  24  febbraio
 1992  dal Tribunale di Firenze e l'8 luglio 1992 (n. 5 ordinanze) dal
 Tribunale di L'Aquila, iscritte ai nn. 234, 712, 713, 771, 772 e  773
 del  registro  ordinanze  1992  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica nn. 19, 48 e 52,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1992;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Baldi  Benito e Giangiulio
 Filippo nonche' gli atti di intervento del Presidente  del  Consiglio
 dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Uditi l'avv. Franco Agostini per Giangiulio Filippo  e  l'Avvocato
 dello  Stato  Giorgio  D'Amato  per  il  Presidente del Consiglio dei
 ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Benito  Baldi
 contro  il Ministero dell'interno per il pagamento dell'indennita' di
 accompagnamento, piu' interessi legali e rivalutazione monetaria,  il
 Tribunale  di  Firenze,  con  ordinanza  del  24  febbraio  1992,  ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art.  442  cod.  proc.  civ.,  nella
 parte  in  cui  non  prevede  l'obbligo del giudice, quando pronuncia
 sentenza di condanna al pagamento di  somme  di  denaro  per  crediti
 relativi  a  prestazioni  di  assistenza,  di  determinare, oltre gli
 interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente  subito
 dal   titolare  per  la  diminuzione  del  valore  del  suo  credito,
 analogamente a quanto, in virtu' della sentenza n. 156 del  1991,  e'
 previsto per i crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale.
    La  medesima  questione  e'  stata sollevata, anche in riferimento
 all'art. 38,  primo  comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di
 L'Aquila  con  cinque  ordinanze  dell'8  luglio  1992  nel  corso di
 altrettanti giudizi analoghi a quello pendente davanti  al  Tribunale
 di Firenze.
    Secondo  i  giudici  remittenti  la norma denunziata determina una
 ingiustificata disparita' di trattamento tra crediti previdenziali  e
 crediti  assistenziali,  in  contrasto  con l'equiparazione delle due
 categorie, sotto il profilo funzionale, gia' affermata dalla sentenza
 n. 85 del 1979 di  questa  Corte  con  riguardo  all'art.  152  delle
 disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
    2.  -  Nei  giudizi  davanti  alla  Corte  si  sono  costituiti  i
 ricorrenti concludendo per una dichiarazione di inammissibiita' o, in
 subordine, di fondatezza della questione.
    L'inammissibilita' e' eccepita sul riflesso dell'irrilevanza della
 questione, atteso che l'art. 442 cod. proc. civ. si riferisce a tutte
 le  controversie  in  materia   di   previdenza   e   di   assistenza
 obbligatoria,  per  cui  la  citata  sent.  n.  156 del 1991 dovrebbe
 intendersi come estensiva dell'art. 429 a tutta  la  materia  oggetto
 dell'art.   442,   e   quindi  anche  alle  controversie  relative  a
 prestazioni assistenziali.
    Nel  merito  si  ribadisce  che  all'omogeneita'  delle situazioni
 creditorie,  riconosciuta  dalla  sentenza  n.  85  del  1979,   deve
 corrispondere uniformita' di trattamento.
    3. - In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo
 che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    L'interveniente osserva preliminarmente  che,  avendo  l'art.  16,
 comma  6,  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  412,  eliminato  la
 diversita'  di  trattamento  tra  crediti  assistenziali  e   crediti
 previdenziali,  ristabilendo per i secondi un regime analogo a quello
 dell'art. 1224 cod.  civ.  applicabile  ai  primi,  le  ordinanze  di
 rimessione   sono  contraddittorie  perche',  da  un  lato,  vogliono
 assimilare i crediti assistenziali a quelli previdenziali ai fini  di
 un'estensione ai primi della sentenza n. 156 del 1991, dall'altro, in
 contrasto  con  l'ord. n. 229 del 1992, negano che il citato art. 16,
 comma 6, della legge sopravvenuta n. 412 del 1991 possa avere  alcuna
 incidenza sulla disciplina dei crediti assistenziali e comunque sulla
 valutazione della questione.
    Nel   merito  l'Avvocatura  contesta  la  pretesa  violazione  del
 principio di eguaglianza. L'estensione dell'art.  429,  terzo  comma,
 cod.  proc. civ., ai crediti previdenziali, conseguente alla sent. n.
 156  del  1991,  si  fonda  sull'art.  38,   secondo   comma,   della
 Costituzione,  per  il tramite del quale le prestazioni di previdenza
 sono riconducibili nell'orbita dell'art. 36  della  Costituzione,  in
 quanto sostitutive o integrative di crediti di lavoro. A questa ratio
 decidendi  rimangono estranee le prestazioni assistenziali, spettanti
 all'assistito  indipendentemente  dalla  qualita'  di  prestatore  di
 lavoro:  esse  hanno  una finalita' rispondente al precetto del primo
 comma dell'art. 38 della Costituzione,  il  cui  diverso  significato
 normativo, rispetto al secondo comma, e' stato analizzato in ogni suo
 aspetto  dalla  sent. n. 31 del 1986. Tale diversita' sostanziale non
 e' contraddetta dall'assimilazione del regime processuale  delle  due
 specie di controversie.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Dai  Tribunali  di Firenze e di L'Aquila e' sollevata - dal
 primo in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal secondo anche
 in  riferimento  all'art.  38,  primo  comma,  della  Costituzione  -
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 442 cod. proc.
 civ., come modificato dalla sentenza n. 156 del 1991 di questa Corte,
 nella parte in cui non  prevede  che  il  giudice,  quando  pronuncia
 sentenza  di  condanna  al  pagamento  di somme di denaro per crediti
 relativi a prestazioni di assistenza obbligatoria, deve  determinare,
 oltre  gli  interessi  nella  misura  legale,  il danno eventualmente
 subito dal titolare per la diminuzione di  valore  del  suo  credito,
 applicando  l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT e condannando al
 pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno  in  cui  si
 sono  verificate le condizioni legali di responsabilita' del debitore
 per il ritardo dell'adempimento.
    Occorre  precisare  preliminarmente  che  la  questione   mira   a
 estendere  ai  crediti assistenziali il dispositivo della sentenza n.
 156 del 1991 interpretato -  conformemente  al  significato  ascritto
 all'art.  429,  terzo  comma,  cod.  proc.  civ. dalla giurisprudenza
 prevalente -  nel  senso  del  cumulo  della  rivalutazione  con  gli
 interessi  legali (dieci per cento) calcolati sulla somma rivalutata.
 In questo senso la portata della questione e' circoscritta ai crediti
 relativi  a  prestazioni  di  assistenza  obbligatoria per i quali la
 fattispecie  della  responsabilita'  del   debitore   per   ritardato
 pagamento  si sia perfezionata anteriormente al 31 dicembre 1991. Per
 le  fattispecie  venute  in  essere  successivamente  il  significato
 normativo  dell'art.  442 cod. proc. civ. in parte qua e' determinato
 dall'art. 16, comma 6, della legge 30  dicembre  1991,  n.  412,  che
 attribuisce  al  titolare della prestazione, a titolo di risarcimento
 del danno cagionato dal ritardo  dell'adempimento,  il  diritto  alla
 maggior  somma  tra  il differenziale di svalutazione e gli interessi
 legali calcolati sull'ammontare nominale del credito (cfr.  sent.  n.
 394 del 1992).
    2. - Cosi' delimitata, la questione e' fondata.
    In  contrario non vale invocare, come fa l'Avvocatura dello Stato,
 la legge n. 412 del 1991,  il  cui  art.  16,  comma  6,  si  colloca
 all'interno  del  sistema  dell'art.  1224  cod. civ., riconducendo i
 crediti verso gli enti gestori di forme  di  previdenza  obbligatoria
 sotto   il   dominio   del   principio  nominalistico.  Questa  norma
 sopravvenuta, essendo priva di efficacia retroattiva, non elimina  la
 lamentata   disparita'   di  trattamento  dei  crediti  assistenziali
 rispetto  ai  crediti  previdenziali  nei  casi  in  cui  il  ritardo
 dell'adempimento  sia  insorto  anteriormente  al  31  dicembre 1991:
 differenza determinata dalla  riferibilita'  solo  ai  secondi  della
 sentenza  n.  156  del  1991,  mentre per i primi e' rimasta ferma la
 disciplina generale del codice civile. Dopo l'entrata in vigore della
 legge n. 412 del 1991 la disparita'  di  trattamento  puo'  ritenersi
 cessata,  dato  il  riferimento del sesto comma dell'art. 16 non piu'
 alle prestazioni in se' considerate, ma agli enti erogatori.
    Si obietta inoltre che la ratio decidendi della sent. n.  156  del
 1991  non  e'  adattabile  ai  crediti  assistenziali. L'argomento e'
 esatto, ma non sufficiente:  esso  vale  a  escludere  la  violazione
 dell'art.  3  della  Costituzione  sotto  il profilo del principio di
 eguaglianza,  non  anche  sotto   il   profilo   del   principio   di
 razionalita'.
    Le  prestazioni  di assistenza obbligatoria si differenziano dalle
 prestazioni previdenziali sia sotto l'aspetto strutturale  sia  sotto
 l'aspetto finalistico, come ha ampiamente chiarito la sent. n. 31 del
 1986,  che  ha separato nettamente la fattispecie dell'art. 38, primo
 comma, della Costituzione dalla fattispecie del secondo comma. Non e'
 pertinente il richiamo della sent.  n.  85  del  1979,  la  quale  ha
 riscontrato   una   omogeneita'   delle   due  situazioni  sul  piano
 processuale, traendone argomento ai fini dell'assimilazione anche del
 trattamento riguardante le spese giudiziali, mentre nessun  argomento
 si puo' trarne in ordine a problemi di diritto sostanziale.
    Solo  per  le  prestazioni  previdenziali,  in quanto destinate ad
 assicurare al lavoratore "mezzi  adeguati  alle  esigenze  di  vita",
 cioe' rapportati al tenore di vita consentito da un pregresso reddito
 di  lavoro,  e'  possibile  far  capo,  per  il tramite dell'art. 38,
 secondo comma, della Costituzione, al parametro dell'art.  36,  primo
 comma,   della   Costituzione   Percio',   essendo  l'interpretazione
 giurisprudenziale finora prevalsa dell'art. 429,  terzo  comma,  cod.
 proc.  civ.  essenzialmente fondata sulla natura di corrispettivo dei
 crediti di lavoro, la disciplina di  tali  crediti  non  puo'  essere
 assunta  -  come  propongono  i  giudici  remittenti  - quale tertium
 comparationis  ai  fini della valutazione del trattamento dei crediti
 assistenziali alla stregua del principio di eguaglianza.
    3. - Ma, una volta estesa ai crediti previdenziali, in base a tale
 principio, una regola analoga a quella dell'art.  429,  terzo  comma,
 interviene,  in  favore  dei  crediti  assistenziali, il principio di
 razionalita'. Sotto questo profilo dell'art. 3 della Costituzione  il
 dispositivo  della  sent. n. 156 del 1991 viene in considerazione per
 se stesso, indipendentemente dalla ratio decidendi che  lo  sorregge.
 In ordine alla questione ora in esame, esso diventa a sua volta ratio
 decidendi  nella  forma  di  un  argomento  a fortiori: se ai crediti
 previdenziali di qualsiasi entita', compresi  i  crediti  relativi  a
 pensioni  di elevato ammontare, si attribuisce al titolare una tutela
 speciale contro i danni cagionati da mora debendi, a maggior  ragione
 la medesima tutela deve essere concessa ai crediti per le prestazioni
 assistenziali   previste   dal   primo   comma   dell'art.  38  della
 Costituzione. Esse hanno lo scopo di garantire ai cittadini inabili e
 bisognosi "il minimo esistenziale,  i  mezzi  necessari  per  vivere,
 mentre il secondo comma dello stesso articolo garantisce non soltanto
 la   soddisfazione   dei   bisogni  alimentari  di  pura  sussistenza
 materiale, bensi' anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze rel-
 ative al tenore di vita dei lavoratori" (sent. n. 31 del  1986  cit.,
 punto 3 in diritto).
    Si  recupera  cosi',  coordinandolo col principio di razionalita',
 anche il secondo parametro costituzionale indicato dal  Tribunale  di
 L'Aquila  nell'art.  38, primo comma. Ma questo parametro puo' essere
 appropriatamente  invocato  non  con  l'argomento  analogico  di  una
 pretesa somiglianza di contenuto e di funzione del precetto del primo
 comma   a  quello  del  secondo  comma,  bensi'  con  l'argomento  di
 meritevolezza  "a  maggior  ragione"  da  parte   dei   titolari   di
 prestazioni assistenziali della medesima tutela attribuita ai crediti
 previdenziali contro i danni da ritardo dell'adempimento.