ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 24, primo comma,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa  il  6
 luglio  1992  dal  Tribunale  di  Verbania  nel procedimento penale a
 carico di Mendola Matteo, iscritta al n. 680 del  registro  ordinanze
 1992  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45,
 prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    Mendola Matteo, chiamato a rispondere dei reati di furto aggravato
 continuato,  tentata rapina impropria e tentativo di furto aggravato,
 condannato dal Pretore di Verbania -  Sezione  distaccata  di  Arona,
 interponeva  appello  avverso  la  sentenza  di primo grado. La Corte
 d'appello di Torino, rilevata  con  riguardo  all'accusa  di  tentata
 rapina  l'incompetenza  per  materia  del primo giudice, annullava la
 sentenza e ordinava  la  trasmissione  degli  atti  al  tribunale  di
 Verbania, competente per materia;
    Quest'ultimo,  con l'ordinanza in epigrafe, ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale dell'articolo 24, primo comma,  codice
 di  procedura  penale, per violazione degli articoli 3, 24 e 25 della
 Costituzione.
    Ad  avviso  del  giudice  remittente,  dovendosi  interpretare  la
 locuzione   "giudice  competente"  come  equivalente  a  giudice  del
 dibattimento competente, si arriverebbe, in base al principio di  non
 regredibilita'  del  processo  alla  fase  delle indagini preliminari
 perpetuatio judicii, alla privazione di una intera fase  processuale,
 quella  prevista  e  disciplinata  dagli articoli 416 e ss. codice di
 procedura penale. Una fase capace di  portare  alla  definizione  del
 processo  senza  passare  attraverso  il  dibattimento  sia  con  una
 sentenza di non luogo a procedere,  per  tutte  le  ipotesi  previste
 dall'articolo  425  codice  di procedura penale, sia con una sentenza
 conclusiva del giudizio abbreviato ovvero applicativa della  pena  su
 richiesta dell'imputato;
    Tale  omissione  si risolverebbe nella violazione del principio di
 precostituzione del giudice naturale (art. 25 della Costituzione), in
 considerazione delle possibilita' di eludere una specifica  fase  del
 processo   penale   solo   per   effetto  di  un  errore  procedurale
 (incompetenza  per  materia).  Essa  verrebbe  inoltre  a  violare  i
 principi  dettati  negli articoli 3 e 24 della Costituzione e, cioe',
 quello della parita' di trattamento dei cittadini innanzi alla  legge
 e  quello riguardante l'inviolabilita' del diritto di difesa. Sarebbe
 comunque  possibile  salvaguardare  il  principio  della  perpetuatio
 judicii  e  armonizzarlo  con  i  rilevati  principi  costituzionali,
 considerando il decreto di citazione a giudizio emesso  dal  pubblico
 ministero  presso la Pretura come motore dell'impulso a procedere per
 il  giudice  delle  indagini  preliminari.  Quest'ultimo,   pertanto,
 potrebbe  fissare  l'udienza  preliminare  sulla  base del decreto di
 citazione emesso dal pubblico ministero presso la Pretura;
                        Considerato in diritto
    1. - Viene all'esame della Corte, in riferimento agli articoli  3,
 24   e   25   della   Costituzione,   la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'articolo 24, primo  comma,  codice  di  procedura
 penale,  nella parte in cui prevede che il giudice di appello, quando
 pronuncia sentenza di  annullamento  per  incompetenza  per  materia,
 ordini  la  restituzione  degli atti al giudice (del dibattimento) di
 primo grado competente.
    2.   -  Il  remittente  prospetta  la  possibilita'  di  eliminare
 l'affermato  contrasto  con  i  parametri   costituzionali   invocati
 attraverso  una  operazione  interpretativa, per vero macchinosa, che
 porti a considerare il decreto di citazione a  giudizio,  emesso  dal
 pubblico  ministero  presso  la  Pretura, come capace di stimolare un
 organo giudiziario  apparentemente  non  destinatario  dell'atto,  il
 giudice  delle  indagini  preliminari,  che  dovrebbe  sulla base del
 decreto del pubblico ministero fissare l'udienza preliminare.
    Tale possibilita' interpretativa  non  convince.  L'emissione  del
 decreto di citazione a giudizio, determina la devoluzione al pretore,
 quale   giudice   del  dibattimento,  di  un  ben  determinato  thema
 decidendum, e non si vede come potrebbe fungere da impulso  verso  un
 organo giudiziario da esso distinto, e funzionalmente separato.
    3.  - Esclusa tale via interpretativa, la questione deve ritenersi
 fondata.
    Questa  Corte,  con  la  recente  sentenza  n.  76/1993,  ha  gia'
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma,
 codice  di procedura penale nella parte in cui dispone che il giudice
 del  dibattimento  ordini  la  trasmissione  degli  atti  al  giudice
 competente,  anziche'  al  pubblico  ministero  presso  quest'ultimo,
 quando dichiari con sentenza la propria incompetenza per materia.
   Anche l'art. 24, codice di procedura penale, dettato in materia  di
 appello,  e  regolante l'annullamento della sentenza di primo grado a
 seguito di errore sulla competenza per materia, implica  un  identico
 iter  processuale  imperniato  sull'ordine di trasmissione degli atti
 direttamente al giudice competente.
    Per  queste  norme  valgono  le  argomentazioni   a   base   della
 declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 23, primo
 comma, codice di procedura penale, esposte nella gia' citata sentenza
 n. 76/1993. Tale meccanismo risulta in particolare lesivo del diritto
 di  difesa,  perche'  a  fronte  di  un'accusa  modificata   preclude
 all'imputato   "la   possibilita'  di  richiedere  rispetto  ad  essa
 l'instaurazione di un rito  che  comporta  benefici  (soprattutto  in
 termini  sanzionatori)  qual e' il giudizio abbreviato. Un rito, che,
 certo, l'imputato non aveva ritenuto di attivare o che gli era  stato
 impedito  di  ottenere  dal  mancato  consenso del pubblico ministero
 ovvero dal rigetto del giudice per le indagini preliminari,  ma  cio'
 sulla base di un errore attribuibile al pubblico ministero".
    L'art.  24,  primo  comma,  codice  di  procedura penale va dunque
 dichiarato, al pari dell'art. 23, primo comma, dello  stesso  codice,
 costituzionalmente  illegittimo  nella  parte  in cui prevede, che, a
 seguito  dell'annullamento  della  sentenza  di   primo   grado   per
 incompetenza  per  materia,  gli  atti  siano  trasmessi  al  giudice
 ritenuto  competente,   anziche'   al   pubblico   ministero   presso
 quest'ultimo.