ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 9,  comma  2,
 della legge 29 marzo 1985, n. 113 (Aggiornamento della disciplina del
 collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non
 vedenti) e 4 (recte 12) della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme
 in  materia  previdenziale  per  il  personale  degli  enti  locali),
 promosso con ordinanza emessa il 4 agosto 1992 dal  Pretore  di  Pisa
 nel  procedimento  civile  vertente tra Recce Paolo e l'I.N.A.D.E.L.,
 iscritta al n. 779 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  53, prima serie speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto l'atto di costituzione di  Recce  Paolo  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 30 marzo 1993 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi l'avvocato Giuseppe Volpe per Recce Paolo e l'Avvocato dello
 Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio promosso  contro  l'I.N.A.D.E.L.  da
 Paolo  Recce,  cieco  civile  ex dipendente comunale, per ottenere la
 riliquidazione dell'indennita' premio di servizio con  l'applicazione
 del  beneficio di cui all'art. 9, comma 2, della legge 29 marzo 1985,
 n. 113, il Pretore di Pisa, con ordinanza in data 4 agosto  1992,  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale:
       a) in linea principale, del citato art. 9, comma 2, della legge
 n.  113  del  1985,  nella  parte  in cui prevede che il beneficio di
 quattro mesi di contribuzione figurativa per ogni anno  di  servizio,
 riconosciuto  ai  centralinisti  telefonici non vedenti, sia utile ai
 soli fini del diritto  alla  pensione  e  non  anche  dell'indennita'
 premio  di  servizio,  con  riferimento  agli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione;
       b) in linea secondaria, del  combinato  disposto  dello  stesso
 art.  9,  comma  2,  della  legge n. 113 del 1985 e dell'art. 4 della
 legge 8 marzo 1968, n.  152,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
 possibilita'  di  riscatto  oneroso ai fini dell'indennita' premio di
 servizio anche dei detti periodi  di  contribuzione  figurativa,  con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione
    Osserva  il  remittente che l'art. 2, ultimo comma, della legge n.
 152 del 1968  considera  utili  ai  fini  dell'indennita'  premio  di
 servizio  gli  stessi  periodi  computabili  ai fini del diritto alla
 pensione, e quindi  anche  i  periodi  figurativi,  mentre  la  norma
 impugnata,  nel  riconoscere quattro mesi di contribuzione figurativa
 per ogni anno di servizio, limita espressamente il beneficio "ai soli
 fini del  diritto  alla  pensione  e  dell'anzianita'  contributiva".
 Questa  contraddizione violerebbe il principio di razionalita' di cui
 all'art. 3 della Costituzine.
    Sotto un altro profilo,  sarebbe  pure  violato  il  principio  di
 eguaglianza  in  quanto i non vedenti impiegati alle dipendenze degli
 enti locali sono esclusi anche dalla possibilita' di riscatto oneroso
 dei  detti  periodi  figurativi  ai  fini  dell'indennita'  di   fine
 rapporto,  ammessa  invece  per  i non vedenti civili impiegati delle
 amministrazioni statali dal d.P.R. n. 1032 del 1973.
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  si  e'  costituito  il
 ricorrente  sostenendo,  in primo luogo, la possibilita' di risolvere
 la questione in via interpretativa.  In  linea  subordinata  aderisce
 alle argomentazioni dell'ordinanza di rimessione, concludendo per una
 dichiarazione di fondatezza della questione.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato   dall'Avvocatura   dello    Stato,    chiedendo    una
 dichiarazione in parte di inammissibilita', in parte di infondatezza.
    La  prima questione e' inammissibile in quanto con essa si censura
 il merito di una scelta legislativa  che  non  puo'  essere  ritenuta
 arbitraria  ove si consideri che la norma denunciata ha introdotto un
 "beneficio". La seconda e' infondata in ragione del  principio,  piu'
 volte  affermato  da  questa  Corte,  che esclude l'ammissibilita' di
 raffronti tra sistemi previdenziali diversi  per  dedurne  violazioni
 del principio di eguaglianza.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Dal  Pretore di Pisa e' sollevata questione di legittimita'
 costituzionale:
       a) in linea principale, con riferimento agli artt. 3 e 38 della
 Costituzione, dell'art. 9, comma 2, della legge  29  marzo  1985,  n.
 113, nella parte in cui non consente che il beneficio di quattro mesi
 di anzianita' contributiva per ogni anno di servizio presso pubbliche
 amministrazioni  o  aziende  private,  riconosciuto  ai centralinisti
 telefonici non vedenti, possa essere fatto valere non  solo  ai  fini
 del  trattamento di pensione, ma anche ai fini dell'indennita' premio
 di servizio;
       b) in  linea  secondaria,  con  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  del  combinato  disposto dello stesso art. 9, comma 2,
 della legge n. 113 del 1985 e dell'art. 4 della legge 8  marzo  1968,
 n.  152, nella parte in cui non consente il riscatto a titolo oneroso
 dei detti periodi di contribuzione figurativa ai fini dell'indennita'
 premio di servizio.
    2. - La prima questione non e' fondata.
    L'inciso  finale  della  disposizione  impugnata,  che  limita  il
 beneficio  "ai  soli  fini  del diritto alla pensione", deroga, per i
 centralinisti telefonici ciechi dipendenti dagli  enti  locali,  alla
 norma  generale  dell'art. 2, ultimo comma, della legge 8 marzo 1968,
 n.  152,  secondo  cui,  ai  fini  del  conseguimento   del   diritto
 all'indennita'  premio  di  servizio, "si considerano come servizio i
 periodi  utili  agli  effetti  del  conseguimento  del  diritto  alla
 pensione".  La  deroga e' confermata dall'art. 2 della legge 28 marzo
 1991, n. 120, che, nell'estendere il beneficio  "anche  agli  effetti
 dell'anzianita'  assicurativa",  ne ha tenuto ferma la limitazione ai
 soli fini del trattamento pensionistico.
    La  norma  non  merita  censure  di   irrazionalita'.   Anzitutto,
 trattandosi  di  un  "beneficio",  la  sua  misura  e'  rimessa  alla
 discrezionalita'  del  legislatore,   ai   fini   del   bilanciamento
 dell'interesse   della   categoria  protetta  con  le  disponibilita'
 finanziarie. In secondo luogo, la deroga alla legge n. 152 del  1968,
 di cui si duole il ricorrente, evita una ingiustificata disparita' di
 trattamento  dei  centralinisti ciechi dipendenti dello Stato e delle
 aziende  private,  per i quali la disciplina generale dell'indennita'
 di  buonuscita  (art.  14  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.  1032)  o,
 rispettivamente,  del  trattamento  di  fine rapporto (art. 2120 cod.
 civ.) non prevede la computabilita' del beneficio in discorso.
    I  medesimi  rilievi  valgono  ad  escludere  anche   la   pretesa
 violazione dell'art. 38 della Costituzione.
    3. - Infondata e' pure la questione sub b).
    Essa  viene  proposta  in base al confronto del combinato disposto
 degli artt. 9, comma 2, della legge n. 113 del 1985 e  4  (recte  12)
 della legge n. 152 del 1968 col combinato disposto degli artt. 15 del
 d.P.R.  29 dicembre 1973, n. 1032 e 50 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n.
 1092, sulla previdenza per i dipendenti statali: il primo non prevede
 per i dipendenti degli enti locali la  possibilita'  di  riscatto  (a
 titolo  oneroso)  dei  periodi di contribuzione figurativa, di cui si
 controverte, ai fini dell'indennita' premio di  servizio,  mentre  il
 secondo   e'   interpretato   dall'amministrazione   del   tesoro   e
 dall'E.N.P.A.S. nel senso di consentire la  riscattabilita'.  Sarebbe
 percio' violato il principio di eguaglianza.
    Va   osservato  in  contrario  che  il  confronto  tra  discipline
 appartenenti a sistemi previdenziali  diversi  puo'  configurare  una
 violazione del principio di eguaglianza soltanto quando la risultante
 disparita'  di trattamento tra le categorie di soggetti interessati e
 sia tale da inficiare di irrazionalita' il trattamento  previdenziale
 dell'una  globalmente  comparato con quello dell'altra (cfr. sentenze
 nn. 220/1988 e 430/1991).