ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 146, n. 3 del
 codice penale, aggiunto dall'art. 4  del  decreto-legge  12  novembre
 1992,   n.   431   (Disposizioni   urgenti  concernenti  l'incremento
 dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, il  trattamento  di
 persone  detenute  affette da infezione da HIV, le modifiche al testo
 unico  delle  leggi  in  materia  di  stupefacenti  e  le  norme  per
 l'attivazione di nuovi uffici giudiziari) e dall'art. 12 del decreto-
 legge 12 gennaio 1993, n. 3, di identico contenuto, promossi con n. 8
 ordinanze  emesse  dai Tribunali di Sorveglianza di Torino e Perugia,
 iscritte ai nn. 144, 145, 146, 164, 181, 182, 183, 184  del  registro
 ordinanze 1993 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica
 n. 15 e 18, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  9  giugno  1993  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha sollevato
 con sette distinte ordinanze questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 146, n. 3, del codice  penale,  aggiunto  dall'art.  4  del
 decreto-legge   12   novembre  1992,  n.  431  (Disposizioni  urgenti
 concernenti  l'incremento  dell'organico   del   Corpo   di   polizia
 penitenziaria,   il   trattamento  di  persone  detenute  affette  da
 infezione da HIV, le modifiche al testo unico delle leggi in  materia
 di  stupefacenti  e  le  norme  per  l'attivazione  di  nuovi  uffici
 giudiziari), assumendo che  la  norma  impugnata,  nel  prevedere  il
 rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena per i soggetti affetti
 da  infezione  da  HIV  nei  casi  previsti dall'art. 286- bis, primo
 comma, del codice di  procedura  penale,  inserito  dall'art.  3  del
 medesimo  decreto-legge  n.  431 del 1992, viene a porsi in contrasto
 con:
      1)  l'art.  2 della Costituzione, in quanto smentisce "l'assunto
 di una generalizzata tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, quanto
 meno nei confronti di coloro i cui interessi risultano  aggrediti  da
 chi  trovasi  nelle  condizioni  descritte dal decreto stesso, che si
 vedono privati di efficace tutela penale in assenza  dello  strumento
 che ne assicura la necessaria forza intimidatrice";
      2)   l'art.  3  della  Costituzione,  perche'  irragionevolmente
 discrimina i malati "comuni" rispetto alle persone  affette  da  HIV,
 posto  che  la  scienza  medica  riconosce  i  medesimi  caratteri di
 gravita', irreversibilita' ed ingravescenza in molte altre patologie;
      3) l'art. 111 della Costituzione, giacche' risulta vanificata la
 funzione della magistratura di sorveglianza "di dirimere il conflitto
 tra il diritto dello Stato ad eseguire le sentenze di condanna a pene
 detentive"  e  il  diritto  del  condannato  al  differimento   della
 esecuzione della pena;
      4)  gli  artt.  27,  terzo  comma,  e  32,  primo  comma,  della
 Costituzione, in  quanto,  tenuto  conto  dei  caratteri  di  estrema
 dinamicita' che presenta l'infezione da HIV e considerata la varieta'
 di  situazioni  che  la  stessa determina, deve essere "concretamente
 provato che l'applicazione della pena leda  il  fondamentale  diritto
 alla  salute  o  si  risolva  in un trattamento contrario al senso di
 umanita'";
      che il Tribunale di Sorveglianza di  Perugia  ha  sollevato,  in
 riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
 dell'art. 12 del decreto-legge 12 gennaio 1993,  n.  3  (Disposizioni
 urgenti  concernenti  l'incremento dell'organico del Corpo di polizia
 penitenziaria,  il  trattamento  di  persone  detenute   affette   da
 infezione  da HIV, le modifiche al testo unico delle leggi in materia
 di  stupefacenti  e  le  norme  per  l'attivazione  di  nuovi  uffici
 giudiziari),  che  ha  reiterato  l'identica  disposizione oggetto di
 impugnativa da parte del Tribunale di Sorveglianza di Torino;
      che in alcuni dei  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 Generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
 inammissibile;
    Considerato  che  le ordinanze sottopongono alla Corte la medesima
 questione, ancorche' riferita  a  fonti  normative  diverse,  e  che,
 pertanto,  i  relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un
 unico provvedimento;
      che il decreto-legge 12 novembre 1992,  n.  431,  non  e'  stato
 convertito  in  legge  entro  il termine prescritto, come risulta dal
 comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8  del  12  gennaio
 1993;
      che  altrettanto  e'  accaduto  per  il decreto-legge 12 gennaio
 1993, n. 3, come risulta dal  comunicato  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale n. 60 del 13 marzo 1993;
      che,  pertanto,  in  conformita'  alla  giurisprudenza di questa
 Corte (vedi, da ultimo, le ordinanze nn. 229, 116 e 51 del 1993),  la
 questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;