ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12-  bis  della
 legge  1› dicembre 1970, n. 898, (Disciplina dei casi di scioglimento
 del matrimonio) introdotto dall'art. 16 della legge 6 marzo 1987,  n.
 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei  casi  di  scioglimento  di
 matrimonio), promosso con ordinanza emessa  il  24  giugno  1992  dal
 Tribunale  di  Siena  nei  procedimenti  civili  riuniti vertenti tra
 Ancillotti Lucia e Dari Enzo e  da  Dari  Enzo  e  Ancillotti  Lucia,
 iscritta  al  n.  59  del  registro ordinanze 1993 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  9,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1993;
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  Dari  Enzo  nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  5  maggio  1993  il  Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  24 giugno 1992, pervenuta alla
 Corte il 3 febbraio 1993, il Tribunale di Siena ha proposto questione
 di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 36
 della Costituzione, dell'articolo 12- bis  della  legge  1›  dicembre
 1970 n. 898, introdotto dall'articolo 17 recte 16 della legge 6 marzo
 1987 n. 74, secondo cui il coniuge divorziato, se non passato a nuove
 nozze  ed in quanto titolare dell'assegno divorzile, ha diritto al 40
 per cento  dell'indennita'  di  fine  rapporto  percepita  dall'altro
 coniuge,  per la parte di tale indennita' riferibile agli anni in cui
 il rapporto di lavoro e' coinciso con il matrimonio;
      che  il  giudice  a  quo  ritiene  che   tale   norma   parifica
 irrazionalmente situazioni diverse, in quanto attribuisce la medesima
 quota  dell'indennita'  di fine rapporto, commisurata alla durata del
 matrimonio, computando in  essa  anche  il  periodo  di  separazione,
 prescindendo  dalla  durata di tale periodo, nonche' dalle condizioni
 personali ed economiche dei coniugi  divorziati,  dalle  ragioni  del
 fallimento del matrimonio, dall'entita' del contributo reciproco alla
 conduzione  familiare  e alla formazione del patrimonio comune e, in-
 fine, dalla misura dell'assegno divorzile;
      che il giudice a quo ritiene  che,  in  ragione  delle  medesime
 incongruenze,   la   norma   violi   altresi'   l'articolo  36  della
 Costituzione,  perche'  incide  sul  diritto  del  lavoratore  ad  un
 emolumento di natura sicuramente retributiva;
      che la parte privata costituita ha aderito all'eccezione, mentre
 il  Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto nel giudizio a
 mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la  stessa
 sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata;
    Considerato   che  questione  sostanzialmente  identica,  riferita
 peraltro agli articoli 3 e 38 della Costituzione, e' stata dichiarata
 non fondata da questa Corte con sentenza n. 23  del  1991  e  che  il
 giudice  a  quo  non  ha  prospettato profili nuovi rispetto a quelli
 esaminati da tale pronunzia.