ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 112, primo
 comma, del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124  (Testo  unico  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e  le  malattie  professionali),  promosso  con  ordinanza
 emessa  l'8  gennaio  1993  dal Tribunale di Firenze nel procedimento
 civile vertente tra l'I.N.A.I.L. e Bellesi Silvano,  iscritta  al  n.
 109 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'I.N.A.I.L. nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1993 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi l'avv. Nicola d'Angelo per l'I.N.A.I.L. e  l'Avvocato  dello
 Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  del giudizio di appello proposto dall'INAIL nei
 confronti di Silvano Bellesi avverso la sentenza 12 maggio  1992,  n.
 611,  del  Pretore di Firenze, il Tribunale di Firenze, con ordinanza
 dell'8 gennaio 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  38,
 secondo comma, Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  112, primo comma, del t.u. sull'assicurazione obbligatoria
 contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e  le  malattie   professionali,
 approvato  con  d.P.R.  30  giugno  1965, n. 1124, nella parte in cui
 assoggetta a prescrizione il diritto alle  prestazioni  previdenziali
 previste  dal  testo  unico  citato,  e non soltanto i ratei maturati
 anteriormente alla domanda in sede amministrativa.
    Nella specie l'assicurato aveva presentato  denuncia  di  malattia
 professionale  (broncopneumopatia)  il 24 agosto 1986, ma la malattia
 aveva raggiunto il grado minimo di  indennizzabilita'  il  7  ottobre
 1987 (data successivamente accertata dal consulente tecnico d'ufficio
 nominato  dal  giudice  di  primo  grado),  sicche'  la  prescrizione
 triennale del diritto stabilita dalla norma impugnata aveva  iniziato
 il  suo  corso  quando  erano trascorsi piu' di centocinquanta giorni
 dalla denuncia di malattia. Sebbene il procedimento amministrativo si
 sia protratto fino al 19 settembre 1989  (se  non  nel  1990  con  la
 collegiale  medica discorde del 23 maggio) il tribunale, in contrasto
 con  l'interpretazione del pretore, ha escluso l'applicabilita' della
 sospensione prevista dall'art. 111, ritenendo che il periodo  massimo
 di  centocinquanta  giorni  si fosse gia' consumato prima dell'inizio
 della prescrizione.
    Peraltro, il tribunale dubita  della  legittimita'  costituzionale
 della  norma  che  prevede  la  prescrizione,  considerata nel quadro
 normativo  modificato  dalle  sentenze  di  questa  Corte  che  hanno
 rafforzato  la tutela dell'assicurato, da un lato spostando il giorno
 di decorrenza del termine dalla data di manifestazione della malattia
 alla  data  del  consolidamento,  quando  la  prima  sia   anteriore,
 dall'altro  rompendo la rigidita' del sistema tabellare. Il dubbio e'
 avanzato con due argomenti.  L'uno,  riferito  agli  artt.  3  e  38,
 secondo  comma,  Costituzione,  e'  tratto  dal confronto col diverso
 trattamento del diritto alla pensione di invalidita' o di  vecchiaia,
 pacificamente   riconosciuto  come  diritto  imprescrittibile,  salva
 soltanto la prescrizione dei singoli  ratei  della  prestazione  gia'
 maturati.  L'altro,  riferito ancora all'art. 38 Costituzione, rileva
 che  la  manifestazione  della  malattia,  dalla  quale  comincia   a
 decorrere  la  prescrizione,  e'  "un  dato oggettivo estrinseco alla
 psiche   dell'assicurato",   mentre   "la    certezza,    da    parte
 dell'assicurato,   dell'esistenza   del   diritto   azionabile   deve
 sussistere al momento iniziale della decorrenza della prescrizione, e
 non puo' essere ricostruita ex post o  derivare  da  un  accertamento
 peritale".  Il  rimedio  dell'esperimento  successivo  di  piu' cause
 previdenziali, indicato da questa Corte  nella  sentenza  n.  31  del
 1991,  avrebbe perduto "una delle sue giustificazioni a seguito della
 sopravvenuta abolizione della gratuita' delle cause previdenziali".
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte  si  e'  costituito  l'INAIL,
 chiedendo  che  la  questione sia dichiarata inammissibile o comunque
 infondata.
    Abbandonando la linea difensiva seguita nei due gradi del giudizio
 di merito, l'Istituto sostiene, in primo luogo, che il tribunale,  in
 corretta  applicazione  della  disciplina  vigente, "avrebbe potuto e
 dovuto  tranquillamente   risolvere   la   controversia   nel   senso
 dell'accoglimento  della  domanda  dell'assicurato  con la decorrenza
 indicata dal consulente tecnico d'ufficio",  e  da  questo  punto  di
 vista   conclude  per  l'irrilevanza  della  sollevata  questione  di
 costituzionalita'. Sotto un altro profilo l'inammissibilita'  sarebbe
 corroborata da un passo della stessa ordinanza di rimessione, dove si
 finisce  col  riconoscere  che  la questione - sollevata con riguardo
 all'assetto  normativo  attuale,  dal   remittente   giudicato   poco
 soddisfacente  - "non sembra allo stato risolvibile al di fuori di un
 organico intervento legislativo".
    Nel merito l'INAIL, premesso che, per  dottrina  e  giurisprudenza
 pacifiche,    la    prescrizione    puo'    toccare   anche   diritti
 costituzionalmente  garantiti,  contesta  il   confronto,   istituito
 nell'ordinanza  di  rimessione,  tra  la  rendita  per  infortunio  o
 malattia professionale e il diritto alla pensione di invalidita' o di
 vecchiaia, attesa la radicale differenza di presupposti e di funzione
 delle prestazioni dell'INAIL  rispetto  alle  prestazioni  dell'INPS,
 queste  avendo  funzione  di  retribuzione differita, quelle, invece,
 funzione risarcitoria. L'assoggettamento a prescrizione  del  diritto
 alla rendita INAIL si giustifica per l'esigenza di acquisizione delle
 prove   e   di   accertamento   nel   piu'   breve  tempo  possibile,
 nell'interesse  non  solo  dell'Istituto, ma dello stesso assicurato,
 del danno derivato dall'infortunio o dalla malattia professionale.
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia  dichiarata  infondata  con  argomenti  analoghi  a quelli svolti
 dall'INAIL.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  di  Firenze   sospetta   di   illegittimita'
 costituzionale   l'art.   112,   primo   comma,   del   testo   unico
 sull'assicurazione contro gli infortuni e le  malattie  professionali
 (d.P.R.  30  giugno  1965,  n. 1124), nella parte in cui assoggetta a
 prescrizione lo stesso diritto alle prestazioni di cui  al  titolo  I
 del  citato  testo unico, e non soltanto il diritto ai ratei maturati
 anteriormente alla domanda in sede amministrativa.
    2. - La questione e' inammissibile per difetto di rilevanza.
    Ad avviso del giudice remittente, opposto alla sentenza  di  primo
 grado,  qualora  la prescrizione del diritto alla rendita decorra dal
 giorno  del  consolidamento  della  malattia  al  grado   minimo   di
 indennizzabilita' (per ipotesi posteriore alla data della denuncia da
 parte  dell'assicurato),  e  tra  le due date siano trascorsi piu' di
 centocinquanta giorni, non e'  applicabile  la  sospensione  prevista
 dall'art.  111,  secondo comma. Conseguentemente, nel caso di specie,
 il diritto dell'assicurato dovrebbe  essere  dichiarato  estinto  per
 prescrizione  sopravvenuta  prima  della  proposizione  della domanda
 giudiziale.
   Questa interpretazione, su cui il giudice a quo fonda  il  giudizio
 di    rilevanza    della    sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  non  puo'  essere   condivisa.   Essa   non   coglie
 esattamente  la portata della sentenza n. 116 del 1969, poi precisata
 dalle sentenze nn. 544 del 1990 e 31 del 1991: la  modificazione  del
 dies  a  quo  della prescrizione nell'ipotesi di consolidamento della
 malattia successivo alla  manifestazione  non  puo'  non  coinvolgere
 anche la disciplina della sospensione.
    All'interpretazione  adottata  dal  giudice  remittente e' sottesa
 l'idea che le sentenze citate, avendo colpito  soltanto  l'art.  112,
 primo  comma,  non abbiano modificato il termine iniziale del periodo
 di centocinquanta giorni previsto dall'art. 111, terzo comma, con  la
 conseguenza che, ove il consolidamento della malattia e, con esso, il
 dies   a  quo  della  prescrizione  del  diritto  sopravvengano  dopo
 centocinquanta giorni dalla denuncia della malattia, il detto periodo
 non potrebbe piu' qualificarsi  come  periodo  di  sospensione  della
 prescrizione.  In  realta'  si  finisce  cosi'  con l'attribuire alla
 giurisprudenza di questa Corte un effetto distorsivo  dell'art.  111,
 che priva l'assicurato del beneficio della sospensione, riducendo nel
 caso   in   esame  il  termine  della  prescrizione  da  tre  anni  e
 centocinquanta giorni a soli tre anni.
    E'  un'interpretazione  che   rompe   arbitrariamente   il   nesso
 sintattico  e  logico  del  terzo col secondo comma dell'art. 111, il
 quale esclude che il periodo di centocinquanta giorni possa venire in
 considerazione  altrimenti  che  come  limite   massimo   di   durata
 dell'effetto  sospensivo  della prescrizione collegato alla pendenza,
 nel momento di inizio della prescrizione,  del  procedimento  per  la
 liquidazione   in  via  amministrativa  dell'indennizzo.  Poiche'  la
 sospensione  e'  una  modalita'  temporale  della  prescrizione,   lo
 spostamento  del  termine  di  decorrenza  di questa dal giorno della
 denuncia  della  malattia  al  giorno  del  consolidamento   comporta
 necessariamente  un corrispondente spostamento del termine di computo
 del periodo previsto  dal  terzo  comma  dell'art.  111.  Sempre  che
 sussista il presupposto indicato nel secondo comma, la sospensione si
 applica   quale   che  sia  l'intervallo  di  tempo  trascorso  dalla
 manifestazione della malattia  al  raggiungimento  del  grado  minimo
 indennizzabile.
    Dall'ordinanza   di   rimessione   risulta   che  il  procedimento
 amministrativo si e' esaurito il 19 settembre 1989, e  dunque  si  e'
 protratto  ben  oltre  la  data  del consolidamento della malattia (7
 ottobre 1987). Percio' il tribunale  avrebbe  dovuto  determinare  il
 dies  ad  quem  della prescrizione conteggiando dal 7 ottobre 1987 il
 periodo di sospensione stabilito dall'art. 111, in ragione del  quale
 la    domanda    giudiziale    dell'assicurato    risulta    proposta
 tempestivamente, con conseguente irrilevanza della proposta questione
 di legittimita' costituzionale.