ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 19, 67 e 72 del disegno di legge n. 387/A approvato il 31 marzo1 aprile 1993, intitolato: "Interventi nei comparti produttivi, altre disposizioni di carattere finanziario e norme per il contenimento, la razionalizzazione e l'acceleramento della spesa", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 10 aprile 1993, depositato in cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 1993; Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1993 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Commissario dello Stato e l'Avvocato Giovanni Pitruzzella per la Regione Siciliana. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimita' costituzionale nei confronti degli artt. 19, 67 e 72 della legge approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana nella seduta del 31 marzo-1 aprile 1993, intitolata: "Interventi nei comparti produttivi, altre disposizioni di carattere finanziario e norme per il contenimento, la razionalizzazione e l'acceleramento della spesa". 1.1. - L'art. 19 dispone che "nelle more della riforma e del riordino dei consorzi di bonifica siciliani, e comunque per un periodo non superiore ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le funzioni previste dalla legislazione vigente per gli organi dei consorzi di bonifica siciliani sono svolte da un commissario straordinario nominato con decreto dell'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste". A giudizio del Commissario dello Stato, questa disposizione, il cui carattere provvedimentale sarebbe evidente e la cui funzione sarebbe quella di dare una copertura legislativa a provvedimenti amministrativi di commissariamento degli organi di gestione ordinaria di alcuni consorzi di bonifica gia' adottati dalla Regione e sospesi dal TAR, contrasterebbe con gli artt. 51, 3 e 97 della Costituzione. Evidente sarebbe, infatti, ad avviso del ricorrente, la lesione del diritto dei singoli amministratori a permanere nelle rispettive cariche senza una preventiva e puntuale verifica delle circostanze che possono giustificare il ricorso ad una gestione straordinaria ai sensi delle vigenti disposizioni. Del pari evidente sarebbe, sempre ad avviso del ricorrente, la violazione dei principi di buona amministrazione, in quanto la disposizone impugnata risulta ispirata dalla esigenza di sollevare l'amministrazione dall'imbarazzo causato dal probabile annullamento in sede giurisdizionale dei provvedimenti di nomina dei commissari straordinari dei consorzi. La medesima disposizione, infine, poiche' costituisce una anticipazione rispetto al disegno di legge concernente il riordino degli interventi regionali in materia di bonifica, il quale prevede la nomina di un commissario ad acta incaricato di determinare lo stato di consistenza patrimoniale del consorzio e del personale dello stesso, sarebbe, ad avviso del ricorrente, irragionevole e arbitraria. Il legislatore regionale, infatti, anziche' adoperarsi per una sollecita approvazione di una riforma organica della materia, avrebbe anticipato gli effetti della riforma, travisando, peraltro, la natura stessa dell'istituto della gestione commissariale, il quale, da strumento necessario e limitato alla fase di prima applicazione della nuova normativa, diventerebbe sistema ordinario di amministrazione. 1.2. - L'art. 67 dispone che "da parte delle societa' e dei consorzi che hanno assunto l'appalto dei lavori di censimento, catalogazione, inventariazione dei beni culturali e ambientali nonche' i servizi aerofotografici (capitolo 38354) vengono utilizzati prioritariamente i soggetti che hanno prestato e prestano la loro op- era (primo comma). Della rimanente quota il 50 per cento viene selezionato dal personale di cui agli artt. 19 e 21 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e successive modifiche e integrazioni purche' in possesso dei requisiti previsti dalle convenzioni e dagli accordi sindacali" (secondo comma). Questa disposizione e' impugnata per contrasto con gli artt. 4 e 41, primo comma, della Costituzione, nonche' con l'art. 17, lettera f), dello Statuto speciale per la Sicilia in relazione all'art. 25 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e ai principi di diritto comunitario. Il ricorrente osserva, innanzitutto, che la disposizione impugnata, ancorche' vo'lta a venire incontro ai problemi occupazionali di circa quarantamila giovani attualmente impegnati nei progetti di utilita' collettiva di cui all'art. 23 della legge n. 67 del 1988, impone ai privati, che hanno assunto l'appalto per i lavori in essa previsti, l'obbligo di utilizzare quel personale a scapito della generalita' degli altri cittadini, disoccupati o non occupati. In tal modo, risulterebbe violato l'art. 4 della Costituzione, il quale non consentirebbe di privilegiare una categoria di cittadini, peraltro occupati fino al 31 dicembre 1993, a danno di altri cittadini, che vedono limitate, se non precluse, le possibilita' di occupazione. Ne' la situazione oggetto della disciplina contenuta nella disposizione impugnata presenta particolarita' tali da giustificarla in riferimento all'attuazione del principio di eguaglianza. Inoltre, prosegue il ricorrente, la disposizione impugnata, stabilendo una riserva a favore di una determinata categoria di soggetti e limitando gravemente la liberta' degli imprenditori di scegliere le persone delle quali avvalersi nell'esercizio della propria attivita' economica, lederebbe il principio della liberta' di iniziativa economica privata (art. 41, primo comma, della Costituzione). Infine, la disciplina considerata e' stata adottata nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente, quale e' quella attribuita alla Regione Siciliana in materia di rapporti di lavoro e di legislazione sociale (art. 17, lett. f, dello Statuto) e, pertanto, in violazione del vincolo di istituire categorie protette difformi da quelle previste dalla legislazione statale, che, invece, fa carico a tutti i datori di lavoro, quando occupano piu' di 10 dipendenti, di riservare il 12 per cento delle nuove assunzioni alle categorie protette dallo stesso previste (art. 25 legge n. 223 del 1991). Ne' va trascurato, secondo il ricorrente, che la disposizione impugnata, la quale mira a porre rimedio ad una situazione di precariato frutto di una proroga in ambito regionale della disposizione dell'art. 23 della legge n. 67 del 1988, non operata in sede nazionale, contrasterebbe altresi' con il divieto, derivante dalla normativa comunitaria, di introdurre limiti alla liberta' di circolazione dei lavoratori e di prevedere clausole con effetti discriminatori nei confronti di appartenenti ad altri Stati della Comunita'. 1.3. - L'art. 72 autorizza la CORELSI-AIAS a svolgere attivita' didattica e di formazione del personale parasanitario nell'ambito della programmazione regionale disposta dall'Assessore regionale per la sanita' e nel rispetto dei requisiti e delle modalita' previste per lo svolgimento di tali attivita'. La stessa disposizione, inoltre, abroga il terzo comma dell'art. 19 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68. Secondo il ricorrente, questa disposizione contrasterebbe con l'art. 67, lett. b), dello Statuto speciale per la Sicilia in relazione all'art. 6, terzo comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il quale disciplina la formazione professionale del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, prevedendo che la stessa avvenga in sede ospedaliera. La disposizione impugnata, consentendo invece lo svolgimento di tali attivita' in sede diversa, eccederebbe dai limiti della potesta' legislativa regionale, che in materia di personale sanitario e' meramente attuativa e integrativa di quella statale. 2. - Si e' costituita nel presente giudizio la Regione Siciliana, chiedendo che le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal Commissario dello Stato siano dichiarate non fondate. 2.1. - Con riferimento alle censure proposte nei confronti dell'art. 19, la Regione, dopo aver ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, le leggi provvedimento non sono vietate dalla Costituzione, essendo le stesse subordinate soltanto al rispetto del principio di ragionevolezza (v., ad esempio, sent. n. 346 del 1991), osserva come proprio alla luce di quest'ultimo principio la disposizione impugnata non violi le disposizioni costituzionali invocate a parametro dal ricorrente. Essa, infatti, si inserisce in un piano di riforma dei consorzi di bonifica avviato dalla Giunta regionale siciliana e contenuto nel disegno di legge n. 460, presentato il 5 febbraio 1993 e vo'lto ad adeguare l'ordinamento regionale dei consorzi alla legge statale n. 183 del 1989, con la quale sono state riordinate le funzioni in materia di difesa del suolo. Di tale disegno, la disposizione impugnata ha inteso anticipare una previsione normativa, al fine di accelerare quanto piu' possibile i tempi della riforma medesima, provvedendo innanzitutto alla ricognizione dello stato di consistenza del patrimonio consortile e del personale degli attuali consorzi. La ratio della disposizione impugnata, del resto, e' dimostrata dalla temporaneita' del regime di commissariamento, che dovra' durare per un periodo non superiore ad un anno dalla entrata in vigore della legge. E, sottolinea la Regione, la provvisorieta' o la temporaneita' di una normativa costituiscono, nella piu' recente giurisprudenza di questa Corte, elementi idonei a precludere in casi del genere una dichiarazione di illegittimita' costituzionale. Per quel che riguarda poi la censura relativa alla asserita violazione dell'art. 51 della Costituzione, la Regione osserva che tale disposizione non assicura la garanzia della permanenza negli uffici elettivi, in quanto la legge ordinaria puo' liberamente disporre la soppressione di uffici e la cessazione delle funzioni di corpi collegiali, che, secondo un apprezzamento discrezionale del legislatore, dovrebbero essere costituiti in modo diverso. Inoltre, tanto il carattere generalizzato del commissariamento, quanto la sua strumentalita' rispetto ad una riforma in fieri, costituiscono elementi che sicuramente inducono ad escludere intenti punitivi nei confronti di qualche amministratore. Ne', a differenza di quanto avvenuto in altri giudizi, la valutazione della Corte puo' essere svolta in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, dal momento che la violazione di tali parametri non e' stata dedotta dal Commissario dello Stato. 2.2. - In riferimento alle censure relative all'art. 67, la Regione Siciliana contesta innanzitutto la fondatezza della premessa interpretativa dalla quale muove il Commissario dello Stato, posto che la disposizione impugnata non pone a carico dell'imprenditore un obbligo, ma solo un onere, e cioe' un comportamento richiesto per ottenere determinate conseguenze di segno positivo che, nel caso, consistono nella stipulazione di determinati contratti con la pubblica amministrazione. Si tratta, per di piu', di un onere limitato e a tempo determinato, dal momento che l'aliquota di assunzioni riguarda solo la parte dell'attivita' dell'impresa relativa alla esecuzione di alcuni contratti con l'amministrazione regionale. L'imprenditore, pertanto, e' libero sia di non stipulare con la pubblica amministrazione quegli specifici contratti, sia di stabilire, in caso contrario, di quanto personale ha bisogno. Se cosi' e', peraltro, risulterebbe evidente la infondatezza della censura in riferimento all'art. 41, primo comma, della Costituzione. Le assunzioni obbligatorie, infatti, non comprimono la libera valutazione dell'imprenditore in ordine al dimensionamento della impresa (v., sentt. nn. 622 del 1987; 279 del 1983; 55 del 1961 e 38 del 1960) e, in ogni caso, quand'anche si dovessero ravvisare limiti alla liberta' di scelta dell'imprenditore, questi limiti sarebbero abbondantemente bilanciati dal vantaggio derivante dalla possibilita' di stipulare contratti con la pubblica amministrazione (v. sent. n. 316 del 1990). A giudizio della Regione Siciliana, peraltro, la disposizione impugnata risponderebbe anche a criteri di ragionevolezza, dal momento che la stessa, concernendo la prosecuzione di un'attivita' gia' avviata, consente la continuazione della utilizzazione di soggetti che hanno acquisito una adeguata professionalita'. Il fatto poi che l'art. 67, secondo comma, e' coerente con l'obiettivo di favorire l'occupazione giovanile e, in particolare, quella di quei giovani che hanno prestato la loro opera in attivita' di utilita' collettiva, ma incontrano ostacoli nel raggiungere uno stabile posto di lavoro, varrebbe ad escludere il denunciato contrasto con l'art. 4 della Costituzione. Del resto, questa Corte, osserva la Regione, ha gia' escluso che la previsione della riserva di assunzioni a favore di determinate categorie, se ragionevole, contrasti con l'art. 4 della Costituzione, dal momento che simili previsioni non comprimono il diritto al lavoro (v. sent. n. 279 del 1983). In ordine, poi, al dedotto contrasto tra la disposizione impugnata e la normativa comunitaria, la Regione Siciliana, oltre a sospettarne la inammissibilita', non essendo deducibili dinanzi alla Corte costituzionale vizi derivanti dalla violazione di norme comunitarie, ne sottolinea la infondatezza, rilevando come la disposizione impugnata non limiti affatto la liberta' di circolazione dei cittadini degli Stati membri della Comunita'. Tanto i lavoratori rientranti nell'aliquota riservata, quanto le imprese aggiudicatarie dell'appalto, essendo stati individuati sin dal principio nel rispetto della normativa comunitaria, potrebbero essere, rispettivamente, cittadini o imprese di altri Stati. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, del resto, l'elemento generatore dell'effetto discriminatorio e' sempre la nazionalita', requisito che non e' considerato dalla disposizione impugnata. Infondata sarebbe, altresi', la censura relativa alla violazione dell'art. 17, lettera f), dello Statuto, in relazione all'art. 25 della legge n. 223 del 1991, in quanto la disposizione regionale non ha inteso affatto derogare alla disciplina prevista dalla legge statale per le assunzioni obbligatorie. 2.3. - Per quanto concerne, infine, la censura relativa all'art. 72, la Regione rileva che le disposizioni contenute nell'art. 6 del decreto legislativo n. 502 del 1992, nel disciplinare, nell'ambito dei rapporti tra Servizio sanitario nazionale e Universita', la formazione professionale del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, non escludono affatto che la stessa possa essere impartita anche in sedi diverse da quella ospedaliera, sulla base di appositi protocolli di intesa. Pertanto, poiche' la disposizione impugnata non esclude la necessita' di un successivo protocollo di intesa, ma si limita a ricomprendere la CORELSI-AIAS tra le istituzioni private autorizzate con le quali possono essere stipulati protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi, deve escludersi il denunciato contrasto con i principi della legislazione statale. 3. - In prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ha depositato una memoria con la quale, ribadendo le proprie argomentazioni per l'accoglimento del ricorso, insiste in modo particolare sulle censure mosse all'art. 67 della legge impugnata. Dopo aver sottolineato la oscurita' della formulazione delle disposizioni contenute in tale articolo, il ricorrente sottolinea che e' inaccettabile la prospettazione difensiva della Regione, secondo la quale le imprese gravate dell'onere previsto dal primo comma riceverebbero, comunque, una utilita' dalla stipulazione dei contratti di appalto con la pubblica amministrazione. Sulla dedotta violazione dell'art. 41 della Costituzione, il ricorrente osserva che non sono invocabili per i soggetti favoriti dalla disciplina impugnata le ragioni di utilita' sociale altre volte ravvisate da questa Corte in disposizioni che prevedono assunzioni obbligatorie. In ogni caso, osserva l'Avvocatura, non puo' ritenersi compatibile con l'art. 41 della Costituzione il fatto che agli imprenditori privati, soggetti alla normativa fallimentare, siano applicati meccanismi di inquadramento ope legis, di tipo spiccatamente assistenziale, che sono stati altre volte praticati per l'accesso al pubblico impiego. Evidente sarebbe, inoltre, il contrasto delle disposizioni contenute nell'art. 67 della legge impugnata con quelle contenute nell'art. 25 della legge n. 223 del 1991, soprattutto per quel che riguarda il principio della facolta' di richiesta nominativa introdotto da quest'ultimo. Riguardo al dedotto contrasto delle disposizioni in esame con la normativa comunitaria, l'Avvocatura sottolinea che qualsiasi riserva di occasioni di lavoro, se in concreto determina, come nel caso di specie, risultati discriminatori, e' contraria alle regole comunitarie. In ordine alle disposizioni contenute nell'art. 19, l'Avvocatura evidenzia come la illegittimita' delle stesse derivi sia dalla indebita compressione delle potesta' spettanti agli organi di amministrazione dei consorzi in assenza di un progetto di riforma di tali enti e in spregio degli interessi proprietari presenti negli organi ordinari di essi, sia dalla non integrale coincidenza della disciplina dei consorzi con quella degli interventi di competenza regionale in materia di bonifica. Il generale commissariamento dei consorzi di bonifica e', quindi, ad avviso dell'Avvocatura, ingiustificato, irrazionale e realizza una prematura compressione della potesta' degli organi di amministrazione ordinari. Per quel che concerne, infine, la censura relativa all'art. 72, l'Avvocatura, la quale dichiara di ignorare cosa sia la CORELSI-AIAS, si limita a rilevare che in materia di sanita' e di formazione professionale la Regione Siciliana ha competenza concorrente ed e', quindi, tenuta ad osservare i principi della legislazione statale, tra i quali si colloca senz'altro quello contenuto nell'art. 6 del decreto legislativo n. 502 del 1992. Considerato in diritto 1. - Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 19, 67 e 72 della legge regionale (Interventi nei comparti produttivi, altre disposizioni di carattere finanziario e norme per il contenimento, la razionalizzazione e l'acceleramento della spesa) approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana nella seduta del 31 marzo-1 aprile 1993. 2. - Non fondata e' la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, nei confronti dell'art. 19 della legge impugnata. Quest'ultimo articolo dispone che "nelle more della riforma e del riordino dei consorzi di bonifica siciliani, e comunque per un periodo non superiore ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le funzioni previste dalla legislazione vigente per gli organi dei consorzi di bonifica siciliani sono svolte da un commissario straordinario nominato con decreto dell'assessore regionale per l'agricoltura e le foreste". Secondo il Commissario dello Stato, tale disposizione violerebbe, innanzitutto, gli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal momento che si porrebbe in contrasto con i principi del buon andamento della pubblica amministrazione sotto tre distinti profili d'irragionevolezza: a) poiche' trasformerebbe arbitrariamente uno strumento di gestione straordinario in uno ordinario; b) poiche' perseguirebbe l'irrazionale scopo di anticipare per un solo segmento gli effetti della riforma sui consorzi di bonifica; c) poiche' sarebbe finalizzata a fornire una copertura legislativa ad alcuni provvedimenti di commissariamento gia' adottati dalla Regione, la cui efficacia e' stata sospesa dal giudice amministrativo adito dai titolari degli uffici di amministrazione dei consorzi stessi. In secondo luogo, sempre ad avviso del ricorrente, la disposizione esaminata violerebbe anche l'art. 51 della Costituzione, poiche' comprimerebbe il diritto degli amministratori dei consorzi di bonifica siciliani a permanere nelle rispettive cariche in mancanza di una preventiva e puntuale verifica delle circostanze che potrebbero giustificare il ricorso a una gestione straordinaria. Per prima cosa, occorre osservare che l'ultima delle censure indi- cate risulta chiaramente infondata in considerazione del rilievo secondo il quale la garanzia stabilita dall'art. 51, primo comma, della Costituzione mira a evitare qualsiasi discriminazione fra i soggetti riguardo alle possibilita' di accesso agli uffici pubblici (v. sent. n. 103 del 1993), ma non tende ad assicurare il mantenimento della titolarita' degli uffici medesimi, una volta che si verifichino le condizioni alle quali il legislatore, secondo il proprio ragionevole apprezzamento, subordini, nel quadro di una riorganizzazione amministrativa degli apparati, la soppressione degli stessi uffici. Per quel che concerne la pretesa violazione del principio costituzionale del buon andamento dell'azione amministrativa, non si puo' non rilevare come la disposizione impugnata preveda un comportamento che rinvia a un paradigma piu' volte giudicato non irragionevole da questa Corte. La nomina di un commissario straordinario e', infatti, finalizzata in tal caso a far si' che la gestione dei consorzi di bonifica siciliani, una volta che questi siano stati sciolti in attesa di un loro riordino, sia attestata su parametri di ordinaria amministrazione e sia, in definitiva, diretta alla conservazione della situazione attuale e alla conseguente creazione delle condizioni migliori per l'attuazione dell'intervento riformatore. Questo scopo e' espressamente enunciato nello stesso articolo censurato ed e' garantito dalla temporaneita' del commissariamento, che ha il suo termine finale nell'applicazione della riforma e, in ogni caso, in un periodo non superiore a un anno dalla entrata in vigore della legge impugnata. Ne' puo' valere in senso contrario l'osservazione del ricorrente, secondo la quale con la disposizione censurata si verrebbe a trasformare uno strumento di gestione straordinario in uno ordinario. A parte che l'asserita trasformazione della natura di tale strumento risulta sostanzialmente contraddetta proprio dai menzionati caratteri di temporaneita' e di finalizzazione del commissariamento all'attuazione di un riordino complessivo del settore, la prospettazione del ricorrente, ove intenda riferirsi all'ampliamento realizzato dalla disposizione impugnata delle ipotesi di nomina di un commissario straordinario rispetto a quelle previste nella legislazione statale, si rivela infondata anche sotto altro profilo. Infatti, a norma dell'art. 14, lettera b), dello Statuto speciale - considerato anche in relazione all'art. 73, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e all'art. 7 del d.P.R. 23 giugno 1962, n. 947 - la Regione Siciliana possiede in materia di consorzi di bonifica e, consequenzialmente, in ordine alla disciplina della nomina di commissari straordinari dei consorzi stessi, una competenza di tipo esclusivo, di modo che non possono validamente opporsi, ai fini dell'accertamento della illegittimita' costituzionale, eventuali difformita' dalla legislazione statale, che non attengano, come nel caso di specie, al livello dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Tantomeno, poi, l'art. 19 puo' ritenersi contrario al principio costituzionale del buon andamento per il fatto che regola con legge il commissariamento dei consorzi di bonifica dopo che siano stati adottati provvedimenti amministrativi dei quali il giudice amministrativo ha concesso in via cautelare la sospensione dell'efficacia. Il legislatore, infatti, e' pur sempre libero di disciplinare con propri atti settori rispetto ai quali, in considerazione della riserva di legge (relativa) stabilita dall'art. 97 della Costituzione, ritiene, sulla base di un proprio apprezzamento discrezionale, che vi sia un'insufficiente copertura legale e a cio' non e' sicuramente d'ostacolo il fatto che siano stati adottati in materia provvedimenti di sospensiva da parte del giudice amministrativo. 3. - Merita, invece, l'accoglimento la questione di legittimita' costituzionale concernente l'art. 67 della legge regionale impugnata. Questo articolo dispone, al primo comma, che "da parte delle societa' e dei consorzi che hanno assunto l'appalto dei lavori di censimento, catalogazione, inventariazione dei beni culturali ed ambientali nonche' i servizi aerofotografici (capitolo 38354) vengono utilizzati prioritariamente i soggetti che hanno prestato e prestano la loro opera". Nel comma successivo lo stesso articolo prescrive che "della rimanente quota il 50 per cento viene selezionato dal personale di cui agli articoli 19 e 21 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e successive modifiche ed integrazioni purche' in possesso dei requisiti previsti dalle convenzioni e dagli accordi sindacali". Considerato nella sua espressione letterale e nel contesto delle disposizioni regionali e statali vigenti in materia, il significato normativo dell'articolo ora riferito e' tutt'altro che chiaro, al punto che le stesse parti costituite in questo giudizio ne danno un'interpretazione opposta. Il Commissario dello Stato, infatti, ritiene che l'art. 67 imponga un insieme di obblighi di assunzione di determinato personale e, su tale base, in conformita' all'orientamento giurisprudenziale costantemente affermato in materia, chiede a questa Corte una pronunzia d'illegittimita' costituzionale dell'intero articolo. La difesa della Regione Siciliana, invece, interpreta le stesse disposizioni come dirette a prevedere un onere, e non gia' un obbligo, a carico dei privati, nel senso che questi ultimi, ove intendano concorrere alla stipulazione dei contratti di appalto per i lavori menzionati nel medesimo art. 67, dovranno preventivamente impegnarsi ad assumere la quota di dipendenti necessaria per poter raggiungere la dimensione occupazionale da essi stessi liberamente scelta, attingendola, per una parte, dalla sfera dei soggetti che hanno prestato e prestano la loro opera nello stesso tipo di attivita' svolta dalle imprese suddette e, per altra parte, da personale impegnato nei "progetti di utilita' collettiva" (v. art. 23, legge 11 marzo 1988, n. 67 e suc- cessive modificazioni). Sebbene il linguaggio usato dal legislatore regionale non permetta di dissipare totalmente l'incertezza sul significato dell'articolo impugnato, sono indubbiamente maggiori gli elementi che portano a escludere l'interpretazione suggerita dalla difesa della Regione Siciliana e ad accogliere quella prospettata dal Commissario dello Stato. Indicazioni in tal senso derivano, innanzitutto, dai lavori preparatori. In particolare, non e' senza significato che l'originaria proposta dell'articolo contestato prevedeva un insieme di disposizioni dello stesso tenore, che, tuttavia, riferivano i vincoli previsti, non gia' a imprenditori privati, ma all'amministrazione regionale. In secondo luogo, va pure sottolineato che non e' stata accolta la proposta di riferire l'applicabilita' dei vincoli previsti alla esecuzione dei "progetti di utilita' collettiva". Queste indicazioni provenienti dai lavori preparatori hanno un riscontro nel tenore letterale del primo comma dell'art. 67, nel quale si fa riferimento, non gia' alle societa' e ai consorzi che intendono stipulare gli appalti, ma a quelli "che hanno assunto l'appalto dei lavori". In altri termini, i soggetti destinatari dei vincoli sono, stando alla lettera della disposizione, quelli che, al momento dell'entrata in vigore della legge regionale, hanno gia' assunto l'appalto e ai quali, pertanto, non puo' essere addossato l'onere che la difesa della Regione configura come condizione per avere l'appalto stesso. E non va trascurato, a conferma di cio', che, nella disposizione considerata, all'attualita' dell'appalto assunto fa riscontro l'attualita' o, comunque, la sussistenza in passato dei rapporti con coloro di cui si richiede l'utilizzazione prioritaria per l'esecuzione dei lavori ("soggetti che hanno prestato o prestano la loro opera"). Ne' si puo' svalutare l'elemento letterale indicato coprendolo con la veste della casualita' o, addirittura, considerandolo come una "svista" del legislatore, poiche' un rilievo analogo a quello ora svolto e' stato formulato anche nel corso dei lavori preparatori al fine di modificare l'espressione concernente l'assunzione dell'appalto con un'altra coniugata al futuro. Il mancato accoglimento di questa proposta rappresenta, anzi, un ulteriore indizio che porta a escludere la coincidenza della interpretazione suggerita dalla difesa della Regione con la reale "volonta'" del legislatore. Pur se l'espressione contenuta nel primo comma dell'articolo impugnato ("vengono utilizzati") puo' far supporre il riferimento a una molteplicita' di rapporti di lavoro non necessariamente coincidente con forme di dipendenza, il fatto che il primo e il secondo comma dell'art. 67 fanno sistema e che nel capoverso si prevede a chiare lettere un preciso obbligo di assunzione induce ad avvalorare l'interpretazione suggerita dal Commissario dello Stato, secondo la quale l'intero art. 67 e' rivolto a configurare un articolato obbligo a carico delle societa' e dei consorzi appaltatori delle opere indicate concernente l'assunzione dei "giovani" per l'innanzi o attualmente occupati in progetti di utilita' collettiva. Un obbligo che, a differenza di quanto e' stabilito in analoghe leggi statali e regionali, non grava su amministrazioni o enti di carattere pubblico, ma riguarda imprenditori privati e, come tale, interferisce con la liberta' garantita dall'art. 41, primo comma, della Costituzione. Nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale di disposizioni analoghe proprio in relazione a una legge regionale siciliana, questa Corte ha da tempo precisato che "altra cosa e' la competenza di dettare norme per favorire il collocamento dei lavoratori attraverso l'opera di uffici e commissioni e con l'osservanza di determinate norme, quale puo' ritenersi compresa nel disposto dell'art. 17, lettera f), dello Statuto della Sicilia, altra cosa e' quella di limitare la liberta' dei privati, imponendo loro di assumere obbligatoriamente un certo numero di dipendenti, per quanto giustificato e persino lodevole possa sembrare dal lato morale o anche da quello sociale l'intento di favorire categorie particolarmente colpite dalla sventura" (v. sent. n. 51 del 1957). L'ultima delle ipotesi indicate e' quella configurata dall'art. 67 della legge regionale impugnata, che va quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo poiche' comprime un elemento, quello relativo al dimensionamento e alla scelta del personale impiegato nell'azienda e al conseguente profilo di organizzazione interna di quest'ultima, che caratterizza il nucleo essenziale della liberta' d'iniziativa economica privata, garantita dall'art. 41 della Costituzione (v. sent. n. 78 del 1958). Ne' si puo' dire che l'obbligo di assunzione previsto dall'art. 67 sia bilanciato o sostanzialmente temperato dall'erogazione pubblica di benefici diretti a riequilibrare l'obbligo imposto (v. sent. n. 316 del 1990), dal momento che al riguardo nulla e' stabilito nella legislazione regionale, ne' potrebbe essere considerato un beneficio di quel tipo neppure la stipulazione del contratto di appalto ipotizzata dalla difesa della Regione Siciliana, costituendo piuttosto la relativa attivita' l'oggetto per il quale le societa' e i consorzi indicati agiscono sul mercato. 4. - Va, infine, accolta la questione di legittimita' costituzionale che il Commissario dello Stato ha sollevato nei confronti dell'art. 72 della legge regionale impugnata per violazione dell'art. 17, lettera b), dello Statuto speciale per la Regione Siciliana, in connessione con l'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). In conformita' alla direttiva stabilita nell'art. 1, lettera o), della legge delega n. 421 del 1992 - in base alla quale il rapporto tra il servizio sanitario nazionale e le universita' riguardo alla formazione in ambito ospedaliero del personale sanitario e per le specializzazioni post-laurea va regolamentato secondo le nuove modalita' - l'art. 6, terzo comma, del decreto legislativo n. 502 del 1992 ha stabilito che "la formazione del personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in ambito ospedaliero". In coerenza con questo principio fondamentale della materia, vo'lto ad armonizzare la disciplina di piu' settori, lo stesso art. 6, terzo comma, appena citato - dopo aver attribuito al Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica, di concerto con quello della sanita', il compito di definire, ai sensi dell'art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, il relativo ordinamento didattico - prevede che, allo scopo di attuare le finalita' di formazione del personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione, le unita' sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le istituzioni private accreditate e le universita' attivino appositi protocolli d'intesa concernenti l'espletamento dei corsi per il conseguimento di un di- ploma di primo livello della istruzione universitaria. Come questa Corte ha affermato in una sentenza emessa in pari data, nel porre tali disposizioni il legislatore nazionale intende perseguire una duplice finalita': innanzitutto, mira ad integrare le attivita' formative di iniziativa universitaria con quelle organizzate dalle regioni attraverso le strutture pubbliche operanti nell'ambito delle loro competenze; in secondo luogo, attraverso il coinvolgimento delle unita' sanitarie locali, tende ad attribuire in via esclusiva, al personale dipendente dalle strutture presso le quali si svolge l'attivita' didattica, la titolarita' dei corsi d'insegnamento finalizzati alla formazione del personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione. L'impugnato art. 72 confligge chiaramente con tali finalita', dal momento che prevede che a svolgere l'attivita' didattica e di formazione del personale parasanitario sia direttamente la CORELSI-AIAS, vale a dire un'associazione (peraltro indicata nella legge con una denominazione incompleta) che opera nel campo della riabilitazione. Ne' tale evidente contrasto puo' essere escluso dalla precisazione, contenuta nell'articolo impugnato, che la predetta associazione svolge l'attivita' indicata "nell'ambito della programmazione regionale disposta dall'Assessore regionale per la sanita' e dei requisiti e delle modalita' previsti per lo svolgimento di tale attivita'". Cio', infatti, non puo' minimamente surrogare e, tantomeno, equivalere il principio fondamentale prescritto dalla legislazione statale, per il quale lo svolgimento dell'attivita' didattica e di formazione non puo' avvenire al di fuori dell'ambito ospedaliero. Allo stesso modo, non puo' escludersi il contrasto fra il detto principio e l'art. 72 affermando, come fa la difesa della Regione, che quest'ultimo si limita semplicemente a ricomprendere la ricordata associazione tra le istituzioni private accreditate al fine della stipula dei successivi protocolli d'intesa necessari per l'espletamento dei corsi. Tale tesi interpretativa e', infatti, espressamente contraddetta dal tenore letterale dell'articolo impugnato, il quale si riferisce alla diversa autorizzazione "a svolgere attivita' didattica e di formazione del personale sanitario". E che questo, e non l'accreditamento alla stipula dei protocolli d'intesa, sia il contenuto dell'autorizzazione prevista dall'art. 72, primo comma, della legge regionale impugnata e' confermato dal secondo comma dello stesso articolo, per il quale "e' abrogato il terzo comma dell'art. 19 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68", vale a dire il comma che preclude alla associazione CORELSI-AIAS "la continuazione di qualsiasi attivita' didattica", fatto salvo il completamento dell'anno di formazione allora in corso. 5. - Poiche' nelle more del presente giudizio sono intercorse, ai sensi dell'art. 29, secondo comma, dello Statuto speciale della Sicilia, la promulgazione e la pubblicazione della legge impugnata (legge regionale 11 maggio 1993, n. 15) la pronunzia della Corte va adottata nei confronti dell'atto legislativo appena indicato.