ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  42,  primo
 comma,  del  d.P.R.  23  dicembre  1978,  n. 915 (T.U. delle norme in
 materia di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa  il  10
 dicembre  1992  dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Erbacci
 Elvira contro il Ministero del tesoro, iscritta al n. 98 del registro
 ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7 luglio 1993 il Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel giudizio promosso da Erbacci Elvira, vedova  di  militare
 deceduto il 13 maggio 1945 e passata a nuove nozze, volto ad ottenere
 l'attribuzione  del  trattamento  pensionistico  indiretto  di guerra
 (trattamento riconosciutole in corso di causa dal 1› febbraio 1977 al
 31  dicembre  1982,  ma  non  oltre  perche' il reddito percepito dal
 secondo marito dell'Erbacci risultava superiore  al  limite  previsto
 dalla legge per poter conservare il diritto a pensione), la Corte dei
 conti, Sezione IV Giurisdizionale, sollevava, con ordinanza emessa il
 10  dicembre  1992,  questione  di  legittimita'  costituzionale - in
 riferimento agli artt. 3, 29, secondo comma, 30, primo comma,  e  31,
 primo  comma,  della  Costituzione  -  dell'art. 42, primo comma, del
 d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915  (T.U.  delle  norme  in  materia  di
 pensioni  di  guerra),  che  stabilisce  che  la  vedova  di militare
 deceduto per causa bellica perde il diritto  a  pensione  se  contrae
 nuove  nozze  con  chi  fruisca,  o venga a fruire successivamente al
 matrimonio, di un reddito annuo  superiore  al  limite  previsto  dal
 successivo art. 70.
    La  Corte  remittente,  premesso che la Corte costituzionale - con
 ordinanza n. 325 del 1992 - aveva dichiarato manifestamente infondata
 una precedente questione di legittimita' costituzionale della cennata
 norma, sollevata in relazione agli artt. 29,  secondo  comma,  e  30,
 primo  comma,  della  Costituzione, dichiarava di voler riproporre la
 questione sotto piu' ampio profilo e con diversa motivazione.
    Considerato, quindi:
      che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.  184
 del  1975,  e'  venuta meno la rilevanza dello stato vedovile ai fini
 dell'acquisizione (o conservazione) del diritto a pensione  indiretta
 di  guerra,  in  quanto  la  vedova,  passando  a nuove nozze, non e'
 privata, per cio' solo, dell'anzidetto diritto ma, al pari di  quanto
 e'  stabilito  (art.  55  d.P.R. citato) per il vedovo, soltanto se e
 quando il nuovo coniuge sia titolare di un certo reddito;
      che la vedova acquista il diritto a pensione  indiretta  in  via
 autonoma  (e  non  derivata come per la pensione di reversibilita') e
 quindi  iure  proprio  (sentenza  n.  375  del   1989   della   Corte
 costituzionale);
      che,  inoltre,  a  tale scopo, non ha rilevanza alcuna lo status
 economico della vedova;
 la Corte remittente sosteneva l'irrazionalita'  dell'art.  42,  primo
 comma,  del  d.P.R.  n.  915  del  1978,  in  riferimento ai suddetti
 parametri costituzionali, perche'  causa  di  diverse  ingiustificate
 discriminazioni, cui si tornera' nella motivazione in diritto.
    2. - Le parti non si costituivano in giudizio.
    Interveniva,  invece,  la  Presidenza  del Consiglio dei ministri,
 rappresentata dall'Avvocatura dello Stato, che  chiedeva  dichiararsi
 manifestamente infondata la questione costituzionale.
    Assumeva in proposito:
      che   il  legislatore  ha  inteso  riservare  il  beneficio  del
 trattamento pensionistico di guerra ai casi maggiormente bisognosi di
 tutela, in cui il pregiudizio economico, causato da  eventi  bellici,
 sia  evidentemente  rilevante;  e cio' analogamente a quanto disposto
 per gli orfani ed i collaterali del defunto, o per la  stessa  vedova
 nell'ipotesi  di  concessione  degli assegni accessori al trattamento
 pensionistico stesso (assegno di maggiorazione);
      che la  natura  solidaristica  del  beneficio  pensionistico  di
 guerra  ne  giustifica  la  subordinazione  a  determinate condizioni
 economiche del coniuge dell'avente diritto;
      che  la  perdita  della pensione da parte della vedova risposata
 trova giustificazione, non gia' in un intento punitivo o  vessatorio,
 ma nel fatto che la medesima, con il nuovo matrimonio, costituisce un
 nuovo  nucleo  familiare  con  il conseguente acquisto di diritti (ed
 obblighi) di assistenza e  di  mantenimento,  per  cui  l'obbligo  di
 indennizzo  da  parte  dello  Stato  permane  solo  nel  caso  in cui
 l'apporto economico del nuovo coniuge non sia superiore a determinati
 livelli;
      che,  per  quanto  concerne  il  preteso  trattamento  deteriore
 riservato  alla  famiglia  legittima  rispetto  alle cosidette unioni
 libere, le due situazioni non sono comparabili;
      che i richiami fatti dal giudice  remittente  all'acquisto  iure
 proprio del trattamento pensionistico di guerra da parte della vedova
 sono  inconferenti,  atteso che alla base del diritto della vedova di
 guerra al relativo trattamento pensionistico sta, appunto,  lo  stato
 vedovile,  stato  che  cessa con il nuovo matrimonio; con la norma in
 oggetto il legislatore ha concesso, quindi, alla vedova di guerra che
 passi a nuove nozze piu' di quanto  la  logica  coerenza  al  sistema
 avrebbe suggerito;
      che  i  limiti  reddituali del secondo marito sono stabiliti dal
 legislatore nella sua discrezionalita' incensurabile,  ed  alla  luce
 anche  delle esigenze di bilancio. Esso (limite) coincide, del resto,
 con quello posto dalla legge n. 656 del 1986 per  la  concessione  di
 pensione  agli orfani e per l'assegno di maggiorazione alla vedova di
 guerra.
                        Considerato in diritto
    1. - Oggetto del presente giudizio e' la questione, sollevata  con
 ordinanza  10  dicembre  1992  dalla  Corte  dei  conti,  Sezione  IV
 Giurisdizionale  per   pensioni   di   guerra,   sulla   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  42,  primo  comma,  del d.P.R. 23 dicembre
 1978, n. 915 (T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra),  in
 riferimento  agli  artt. 3, 29, secondo comma, 30, primo comma, e 31,
 primo comma, della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che la
 vedova di militare deceduto per causa  bellica  perde  il  diritto  a
 pensione  se  contrae  nuove  nozze con chi fruisca, o venga a fruire
 successivamente al matrimonio,  di  un  reddito  annuo  superiore  al
 limite previsto dall'art. 70 della stessa legge.
    2.  -  La  questione, proposta in altra analoga controversia dalla
 stessa Corte dei conti con  ordinanza  13  dicembre  1991  della  III
 Sezione  Giurisdizionale,  in  riferimento  agli  artt. 29 e 30 della
 Costituzione, era stata  dichiarata  manifestamente  infondata  dalla
 Corte  costituzionale  con ordinanza 8 luglio 1992, n. 325, in cui si
 rilevava "che, come gia'  altre  volte  affermato  da  questa  Corte,
 l'art.  29  salvaguarda essenzialmente i contenuti e gli scopi etico-
 sociali della famiglia, come societa' fondata sul  matrimonio,  senza
 riflessi  immediati  sulle  pensioni,  le  quali ineriscono a momenti
 strettamente economici; e che  analoghe  considerazioni  valgono  nei
 confronti  del  successivo  art.  30, che ha per oggetto i doveri e i
 diritti dei genitori  e  dei  figli,  ma  non  tocca  il  tema  delle
 situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale".
    3.  - Con la nuova ordinanza ora in esame, la Corte dei conti, pur
 riconoscendo l'esattezza dei rilievi della  suindicata  ordinanza  n.
 325  del  1992, dubita della legittimita' costituzionale della stessa
 norma in riferimento, non solo agli artt. 29 e 30 della Costituzione,
 ma anche agli artt. 3 e 31, osservando che la norma denunziata appare
 irrazionale in quanto:
      a)  induce  remore  alla libera determinazione delle nozze e non
 agevola la formazione della famiglia legittima, bensi'  incentiva  le
 unioni libere;
       b)  non  e'  coerente  con  la  natura del diritto risarcitorio
 spettante alla vedova di guerra, che si  acquisisce  iure  proprio  e
 indipendentemente dal suo status economico;
      c)  che,  avuto  riguardo  al  basso reddito del secondo coniuge
 ritenuto sufficiente per la perdita  del  diritto  a  pensione,  tale
 perdita  si  colora  di significato punitivo per una sorta di mancato
 obbligo di fedelta' alla memoria del coniuge deceduto;
      d) che la misura  e'  "indirettamente  idonea  a  comprimere  il
 diritto  al  lavoro"  del  secondo  coniuge,  "se  non addirittura ad
 eludere i connessi obblighi fiscali".
    4. - E' decisivo partire  dalla  denunzia  di  incostituzionalita'
 della  norma,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il
 profilo della ragionevolezza. Il giudice a quo sostiene cioe' che "la
 perdita della pensione per la  vedova  di  guerra  in  considerazione
 della  capacita'  reddituale  del secondo coniuge non appare coerente
 con la natura del diritto ad  essa  riconosciuto,  che  e'  autonomo,
 acquisito iure proprio e indipendentemente da valutazioni inerenti al
 suo status economico".
    La questione e' fondata.
    Effettivamente  e'  ravvisabile  una  intrinseca incoerenza fra le
 condizioni previste dalla legge al  momento  della  acquisizione  del
 diritto  a  pensione  (quello  della  morte  del  primo  marito) e le
 condizioni previste al momento della concessione della pensione o per
 la sua perdita. Invero, oltre a proclamare "risarcitorio"  il  titolo
 al  trattamento  pensionistico,  il legislatore lo concepisce come un
 diritto autonomo della beneficiaria, indipendente  dalla  valutazione
 delle  sue  condizioni  economiche,  tanto  che la successiva legge 8
 agosto 1991, n. 261 (art. 5) ribadisce che "le  somme  corrisposte  a
 titolo   di   pensione  ..  per  la  loro  natura  risarcitoria,  non
 costituiscono reddito".
    Nel momento, invece, dell'effettiva erogazione  della  pensione  o
 dopo la sua concessione, tale diritto viene condizionato al permanere
 dello  stato  vedovile  o,  nel  caso di nuove nozze, al fatto che il
 secondo marito fruisca fin dal tempo della domanda di  pensionamento,
 o  venga  a  fruirne in seguito, di un reddito superiore ad una certa
 misura.
    Ora, queste ipotesi di diniego di erogazione della pensione  o  di
 successiva  perdita  non  risultano  giustificate  ne' dal venir meno
 dello stato vedovile (il che sarebbe  in  contrasto  con  l'affermato
 doveroso  risarcimento della avvenuta perdita per causa di guerra del
 primo coniuge, e  non  avrebbe  comunque  autonoma  valenza,  dovendo
 concorrere  con  la  seconda condizione), ne' dalla valutazione della
 capacita' reddituale dell'altro marito; presupposto economico che non
 aveva alcuna rilevanza al momento del sorgere del diritto.
    Tale contraddizione logica di fondo della norma supera  i  margini
 della  legittima discrezionalita' delle scelte legislative, ed assume
 i caratteri di quella irragionevolezza da cui discende  la  pronuncia
 di incostituzionalita'.
    Restano    assorbiti   gli   altri   profili   di   illegittimita'
 costituzionale prospettati dal giudice a  quo,  in  gran  parte  gia'
 valutati dalla citata ordinanza (n. 325 del 1992) di questa Corte.