ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 604 (Revisione degli estimi e del classamento  del
 catasto  terreni  e  del  catasto  edilizio  urbano)  e dei DD.MM. 20
 gennaio 1990 (Revisione generale degli estimi  del  catasto  edilizio
 urbano)  e  27 settembre 1991 (Determinazione delle tariffe di estimo
 delle unita' immobiliari urbane per l'intero  territorio  nazionale),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il 23 aprile 1992 dalla Commissione
 tributaria di primo grado di Piacenza sul ricorso proposto da  Soresi
 Rosa  contro  l'U.T.E.  di  Piacenza, iscritta al n. 483 del registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1992.
    Visti l'atto di costituzione di Soresi  Rosa,  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da un contribuente
 avverso  l'asserita  illegittima attribuzione della rendita catastale
 di un immobile urbano - di cui si  chiedeva,  previa  disapplicazione
 degli  atti  generali  relativi  alla  formazione della nuova tariffa
 d'estimo, dichiararsi la nullita' o, in subordine, la riduzione -  la
 Commissione  tributaria  di  primo  grado  di Piacenza, con ordinanza
 emessa il 23 aprile 1992,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  6  del  d.P.R.  29  settembre  1973 n. 604
 (Revisione degli estimi e del classamento del catasto terreni  e  del
 catasto  edilizio  urbano)  "nella  parte in cui sembra consentire al
 Ministro delle finanze di dare generale applicazione degli artt. 28 e
 29 del d.P.R. 1› dicembre 1949 n. 1142", nonche', "in  via  derivata,
 dei  DM  20  gennaio  1990  e 27 settembre 1991", in riferimento agli
 artt. 3 e 53 della Costituzione;
      che nell'ordinanza di rimessione si sostiene: a) che con decreto
 del Ministro delle finanze 20 gennaio 1990 e'  stata  autorizzata  la
 revisione  delle tariffe d'estimo, poi emanata con successivo decreto
 dello stesso Ministro in data 27  settembre  1991;  b)  che,  per  il
 procedimento  di  revisione  di dette tariffe, i decreti citati hanno
 fatto riferimento al "valore di  mercato  ordinariamente  ritraibile"
 per  gli immobili a destinazione ordinaria (categorie A, B e C) e "al
 valore ordinario (recte:  unitario) di mercato, come media dei valori
 riscontrati nel biennio 1988-89"  per  gli  immobili  a  destinazione
 speciale o particolare (categorie D ed E); c) che la rendita e' stata
 ricavata  applicando ai detti valori lo stesso tasso di interesse per
 tutti gli immobili appartenenti alla stessa  categoria";  d)  che  e'
 stato  quindi utilizzato un criterio "facendo generale applicazione -
 ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 29 settembre  1973  n.  604  -  degli
 artt.  28  e 29 del d.P.R. 1› dicembre 1949 n. 1142, che lo prevedono
 invece in via di eccezione";
      che, ad avviso del giudice a  quo,detto  "procedimento"  avrebbe
 comportato che "le obbligazioni tributarie relative agli immobili non
 siano   collegate  alla  capacita'  contributiva,  ma  ad  un  valore
 convenzionale e presuntivo", e che di conseguenza le norme  impugnate
 non  sarebbero  rispettose  dell'art.  53 della Costituzione. perche'
 introdurrebbero "di fatto una tassa patrimoniale sugli immobili";
      che si e' costituita in giudizio la parte privata, aderendo alle
 considerazioni espresse nell'ordinanza di rinvio;
      che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, per
 il  tramite  dell'Avvocatura   generale   dello   Stato,   rilevando,
 preliminarmente,  la  inammissibilita'  di tutte le questioni, sia di
 quelle riferite ai decreti ministeriali sopra citati e cioe' "ad atti
 di amministrazione non legislativi", non sindacabili in  un  giudizio
 di  costituzionalita',  sia di quella concernente l'art. 6 del d.P.R.
 n.  604  del  1973,  per  difetto  di  motivazione,  e,  nel  merito,
 sostenendone    l'infondatezza   poiche'   nel   sistema   tributario
 "l'indicatore di capacita' contributiva" non e' costituito  solo  dal
 reddito,   specie   in  epoche  in  cui  la  pressione  fiscale  deve
 necessariamente essere elevata, ed e' addirittura doveroso affiancare
 ad esso altri indicatori di ricchezza, quale il possesso  di  cespiti
 patrimoniali,  gia'  utilizzato  dal  legislatore per diverse imposte
 (imposta sulle successioni, imposta  di  registro  sui  trasferimenti
 immobiliari  e  di aziende, imposta sulle societa' anteriore al 1974,
 imposta sui fondi di investimento "aperti", ecc.);  il  che,  d'altra
 parte,  corrisponde  ad una corretta applicazione del principio della
 progressivita'   tributaria   (art.   53,   secondo   comma,    della
 Costituzione).
    Considerato  che  i  decreti  ministeriali  impugnati  non possono
 essere sottoposti al sindacato della Corte, in quanto atti  privi  di
 forza   di   legge,   e   pertanto   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale ad essi riferita e' manifestamente  inammissibile  (v.
 da ultimo, sentenza n. 23 del 1989);
      che,  per  quanto concerne l'altra questione relativa all'art. 6
 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 604 - che, ad avviso del  giudice  a
 quo,   costituirebbe   la   base  legislativa  dei  predetti  decreti
 ministeriali  e  che  avrebbe  consentito,  in   concreto,   per   la
 determinazione  delle  nuove  tariffe d'estimo, l'applicazione in via
 generale  di  criteri  che  invece  la  disciplina  precedente,   ivi
 richiamata, e specificamente gli artt. 28 e 29 del d.P.R. 1› dicembre
 1949,  n. 1142 considerano soltanto in via di eccezione - va rilevato
 che, per effetto dell'art. 2 del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16
 convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75 - che
 e' l'ultimo di una serie di decreti legge non  convertiti  (nn.  298,
 348,  388,  455  del  1992)  -  e'  mutato il quadro normativo che il
 giudice  a  quo  e'  chiamato  ad  applicare  e  pertanto  gli  vanno
 restituiti  gli  atti  per  un  nuovo  esame della rilevanza di detta
 questione.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.