LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento in camera di consiglio promosso da Ramella Riccardo e Sardegna Rita residenti in Albenga, elettivamente domiciliati in Genova presso lo studio dell'avv. Luigi Ramoino che li rappresenta e difende come da delega in atti. Ritenuto che Riccardo Ramella, con ricorso al tribunale di Savona del 23 ottobre 1991, chiedeva di poter adottare Piredda Mirco nato il 26 aprile 1973 dal precedente matrimonio della moglie, Sardegna Rita, pienamente consenziente alla domanda; che l'adito tribunale con provvedimento del 20 luglio 1992, rilevato che il ricorrente aveva una figlia legittima minorenne, nata dal matrimonio con la Sardegna Elisa, respingeva il ricorso richiamando il disposto dell'art. 291 c.c. ed evidenziando come lo stesso fosse stato dichiarato dalla Corte costituzionale (S. n. 557/1988) illegittimo solo con esclusivo riferimento agli adottanti aventi discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti; che avverso tale decisione ha proposto tempestivo reclamo il Ramella sostenendo che avrebbe dovuto essere considerato sufficiente e idoneo all'accoglimento della domanda, il consenso suo e della madre quali rappresentanti a tutti gli effetti della minore o che, in estremo subordine, avrebbe potuto essere nominato ai sensi dell'art. 321 c.c. un curatore speciale alla stessa minore pur non potendosi individuare un conflitto di interessi patrimoniali; che il p.g. intervenuto, ha chiesto il rigetto del reclamo condividendo e riprendendo le motivazioni espresse dai primi giudici ed evidenziando la diversa situazione in cui si trovano, di fronte ad una domanda d'adozione proposta dal proprio genitore, il figlio maggiorenne ed il figlio minorenne non in grado di esprimere un maturo e valido consenso in materia cosi' personale. La Corte osserva che di fronte alla questione cosi' presentata e' preliminare l'ulteriore esame della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 291 del c.c. nella parte in cui non consente l'adozione ordinaria alle persone che hanno discendenti legittimi o legittimati minorenni, il cui dubbio e' stato prospettato nell'illustrazione orale del reclamo e gia' ritenuto fondato da altra sezione di questa Corte (ordinanza del 22 aprile 1993 depositata il 6 maggio 1993). Anche questo collegio ritiene non manifestamente infondata la questione, peraltro sicuramente rilevante nel caso in esame dal momento che, sussistendo gli altri requisiti voluti dalla legge, la decisione sulla domanda dei coniugi Ramella e Sardegna dipende da quella della Corte costituzionale alla quale la stessa questione va demandata. Invero, la norma applicabile al caso in discussione e' quella di cui all'art. 291 del c.c. che chiaramente non consente l'adozione da parte di persone che hanno discendenti legittimi o legittimati. Tale norma tuttavia, come e' noto, ha subito una modifica a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 557 dell'11-19 maggio 1988 che l'ha dichiarata illegittima nella parte in cui precludeva l'adozione in presenza di figli legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti; si e' equiparata la posizione di questi ultimi a quella del coniuge ugualmente consenziente dell'adottante e ritenuta l'incongruita' della differenza di trattamento discendente dalla norma. La stessa Corte costituzionale e' stata ancora chiamata a pronunciarsi sulla legittimita' del medesimo articolo a seguito di una ordinanza della Corte di appello di Napoli con riguardo all'ipotesi della presenza di figli dell'adottante maggiori, ma incapaci di esprimere l'assenso perche' interdetti per infermita' di mente; in questo caso la Corte ha indicato che per risolvere tale caso si doveva far ricorso alla norma di cui all'art. 297 secondo comma, ultima parte del c.c. prevista per l'ipotesi in cui sia impossibile ottenere l'assenso all'adozione per l'incapacita' delle persone chiamate ad esprimerlo; disciplina che, se pur inserita nel contesto delle disposizioni relative all'assenso del coniuge e dei genitori, viene ad assumere un contenuto generale per cui, a seguito della sentenza n. 557/1988 deve, appunto, essere applicata anche ai discendenti legittimi o legittimati quando e' impossibile ottenere il loro assenso per incapacita'. Dunque, al presente, questa e' la situazione normativa: l'aspirante all'adozione puo' vedere accolta la domanda pur avendo figli se maggiorenni e consenzienti; se, sempre maggiorenni, non possono esprimere l'assenso in quanto incapaci si potra' procedere ai sensi dell'ultima parte del secondo comma dell'art. 297 del c.c., l'adottante, invece, non puo' veder soddisfatta la sua domanda in presenza di figli minorenni. La disposizione dell'art. 291 del c.c. non lascia spazi interpretativi al riguardo e secondo questa Corte non e' possibile ricorrere anche in questo caso all'art. 297 del c.c.. La Corte costituzionale ha indicato la possibilita' di riferirsi a tale norma proprio in conseguenza alla parziale dichiarazione d'illegittimita' dell'art. 291 del c.c. che concerne esclusivamente il caso in esame attratto nell'ambito dell'art. 297 come ulteriore effetto automatico della pronuncia n. 557/1988. Si profila a questo punto, inevitabilmente, la nuova questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291 del c.c. per contrasto dello stesso con il dettato dell'art. 3 della Costituzione in relazione alla disparita' di trattamento tra l'ipotesi in cui la incapacita' ad agire del figlio dell'adottante consegua ad infermita' di mente, superabile, e quella che dipenda dalla minore eta' del discendente, non superabile. E l'argomento che porta a ritenere ingiustificata la diversita' di trattamento pur avendo presente la differenza tra le due incapacita' che in un certo senso potrebbe spiegarla, fa leva soprattutto sulla considerazione, da un lato, della evoluzione dell'istituto della adozione, ed e' gia' stato messo in evidenza il crescente "favore" nei confronti della formazione della famiglia adottiva e dell'adottando e, dall'altro, del fatto che nella affiancata adozione speciale la presenza di figli minori degli adottanti non e' di alcun ostacolo. E a quest'ultimo proposito si deve osservare ancora che, pur avuto presente quale sia la finalita' sociale del secondo istituto (tutela non di interessi patrimoniali o di discendenza ma unicamente di quelli del minore in abbandono a svilupparsi in seno ad una famiglia) non si puo' non notare come l'esigenza di tutela del figlio minore degli adottanti sia identica, se non maggiore conferimento di piu' pregnanti effetti, a quella del figlio minore dell'aspirante all'adozione ordinaria. In questo contesto, dunque, quella disparita' di trattamento di cui si e' detto pare, fondatamente, in contrasto con il richiamato principio costituzionale.