ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 7 del decreto
 legislativo 30  dicembre  1992,  n.  504,  recante:  "Riordino  della
 finanza  degli  enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23
 ottobre 1992, n. 421", promosso con ricorso  della  Regione  Liguria,
 notificato  il  28  gennaio  1993,  depositato  in  cancelleria  il 5
 febbraio successivo ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi 1993;
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 4 maggio 1993 il Giudice relatore
 Francesco Guizzi;
    Uditi l'avv. Gian Paolo Zanchini per la Regione Liguria  e  l'avv.
 dello  Stato  Carlo  Salimei  per  il  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  Regione  Liguria, con ricorso regolarmente notificato e
 depositato, ha sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  7  del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504
 (Riordino della finanza degli enti territoriali), nella parte in  cui
 non  esenta  dall'imposta  comunale sugli immobili (I.C.I.) le unita'
 immobiliari possedute  dagli  Istituti  autonomi  case  popolari:  la
 Regione  denunzia  la  violazione degli articoli 117, 118 e 119 della
 Costituzione (in relazione all'art. 93 del d.P.R. 27 luglio 1977,  n.
 616),   del   principio   di   ragionevolezza,   dell'art.  76  della
 Costituzione (con riguardo all'art. 4 della legge delega  23  ottobre
 1992, n. 421) e, infine, dell'art. 53 della Costituzione.
    Premesso  che  gli  Istituti  autonomi  case  popolari  sono  enti
 strumentali della regione, la  quale  ne  approva  i  bilanci  ed  e'
 direttamente  responsabile  dei risultati gestionali conseguiti (art.
 17, terzo comma, n. 7, dello Statuto  regionale),  la  ricorrente  fa
 presente  che  l'unica  entrata  certa  di  tali istituti e' data dai
 canoni di locazione e dall'alienazione degli alloggi (art.  25  della
 legge  8  agosto  1977,  n.  513);  ed  afferma  che per il pagamento
 dell'I.C.I. non basterebbero le entrate assicurate  dai  canoni,  una
 volta   detratte   le   spese   di   amministrazione  e  manutenzione
 straordinaria.
    Se le somme per il pagamento  dell'imposta  assorbono  le  entrate
 destinate   alla   conservazione   e  all'incremento  del  patrimonio
 immobiliare degli istituti, si costringono questi ultimi a  procedere
 alla dismissione del patrimonio, paralizzando in tal modo l'esercizio
 delle  funzioni regionali in materia; la necessita' del coordinamento
 fra la finanza statale e quella regionale,  richiesta  dall'art.  119
 della  Costituzione,  non  puo'  giustificare  misure  che  vulnerino
 competenze ed interessi regionali, costituzionalmente garantiti.
    L'art. 7 del decreto legislativo  n.  504  del  1992,  d'altronde,
 esenta  dall'imposta  gli  immobili  posseduti  dalle regioni. Appare
 allora irragionevole l'aver sottoposto ad  imposizione  gli  immobili
 degli  Istituti  autonomi  case  popolari,  che sono enti strumentali
 delle regioni.
    Il legislatore delegato avrebbe altresi' violato l'art.  76  della
 Costituzione:  l'art.  4  della  legge  delega,  la  n. 421 del 1992,
 prevedeva infatti l'esenzione dall'imposta degli  immobili  destinati
 allo svolgimento delle attivita' istituzionali degli enti pubblici e,
 comunque,   di   quelli   destinati  allo  svolgimento  di  attivita'
 assistenziali,   avendo   l'attivita'   degli   I.A.C.P.    carattere
 prevalentemente  assistenziale,  secondo  quanto rilevato anche dalla
 Corte di cassazione (sezioni  unite,  6  aprile  1990,  n.  6868).  E
 sarebbe  altresi'  violato l'art. 53 della Costituzione, sembrando la
 norma impugnata ignorare che il patrimonio immobiliare degli Istituti
 - considerata la loro finalita' assistenziale - non produce reddito.
    2. - Si e' costituito il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 eccependo preliminarmente l'inammissibilita' del ricorso: esclusa  la
 potesta'  delle  regioni  in  materia di imposizione tributaria sugli
 immobili, l'ambito delle  competenze  regionali  non  puo'  ritenersi
 invaso dalla norma impugnata.
    Il  ricorso  sarebbe comunque infondato, poiche' la determinazione
 degli immobili esenti da imposta e' riservata  alla  discrezionalita'
 del  legislatore  e  in  nessun  caso  puo'  dirsi  in  contrasto con
 l'autonomia  finanziaria  regionale.  L'adeguatezza   delle   risorse
 assicurate alle regioni deve essere valutata nel suo complesso, e non
 voce per voce del bilancio, o con riferimento ad un solo onere, senza
 considerare  altre  risorse  che  alla  regione sono assicurate dallo
 stesso  decreto  legislativo  n.  504.   L'I.C.I.,   d'altronde,   ha
 sostituito  l'I.L.O.R. (art. 17, comma 4, del decreto legislativo ora
 citato), imposta alla quale  gli  immobili  degli  Istituti  autonomi
 erano soggetti.
    Quanto  al  contrasto  con il canone della ragionevolezza (perche'
 risulta differenziato il regime degli immobili della regione rispetto
 a quello degli istituti), si osserva come tale  canone  debba  essere
 riferito  a  una  specifica  norma  costituzionale.  Anche  a  volere
 ammettere che la denunziata irragionevolezza sia  correlata  all'art.
 53  o  all'art.  3  della Costituzione, si fa presente come l'art. 7,
 comma 1, lett. a), del decreto legislativo esenti  dal  tributo  solo
 gli immobili dello Stato e delle regioni (e non quelli dei rispettivi
 enti  strumentali) destinati esclusivamente all'espletamento dei loro
 compiti istituzionali. Non sono dunque  ricompresi  nell'esenzione  i
 beni  degli  enti  che  operano nel campo economico con finalita' non
 meramente amministrative.
    Circa l'eccepita violazione dell'art. 76  della  Costituzione  per
 eccesso  di  delega,  si  sostiene  come  su  questo punto il decreto
 delegato riproduca testualmente la norma  contenuta  nella  legge  di
 delegazione.
    Sarebbe  infondata, infine, la censura mossa con riguardo all'art.
 53 della Costituzione, dal momento  che  i  fabbricati  in  questione
 producono reddito per il solo fatto di essere iscritti nel catasto, e
 sono attualmente soggetti all'I.L.O.R.
    3.  - Ha presentato memoria la Regione Liguria, sottolineando come
 gli Istituti autonomi  case  popolari  siano  obbligati  a  praticare
 canoni  a  prezzi politici, secondo quanto stabilito, in particolare,
 dal punto 11 della delibera del C.I.P.E. del 19 novembre 1981: se  di
 reddito si vuol parlare per definire le loro entrate, si tratta di un
 reddito meramente fittizio.
    Si  contesta,  poi,  l'argomentazione  dell'Avvocatura dello Stato
 secondo  cui  l'I.C.I.  ha  sostituito  l'I.L.O.R.,  alla  quale  gli
 Istituti  erano  soggetti:  la  nuova  imposta si basa su presupposti
 diversi, e comunque in sede giurisdizionale  si  e'  negato  che  gli
 I.A.C.P.  potessero  essere soggetti passivi dell'I.L.O.R. Le entrate
 degli istituti costituite dai canoni di locazione degli alloggi e dai
 ricavi della alienazione degli stessi  sono  contabilizzati,  invero,
 nella  gestione speciale prevista dall'art. 10 del d.P.R. 30 dicembre
 1972,  n.  1036,  e  versate  al  C.E.R.  (Comitato  per   l'edilizia
 residenziale);  gli  I.A.C.P. non sono dunque fruitori di tali somme,
 di cui non hanno la disponibilita', ma meri esattori,  mancando  loro
 la  qualita'  di  "possessori"  del reddito, necessaria per applicare
 l'imposta.
    Il possesso degli immobili in capo agli istituti non  sarebbe,  in
 conclusione,  manifestazione  di effettiva capacita' contributiva: di
 qui, la lamentata violazione dell'art. 53 e, di  riflesso,  dell'art.
 119 della Costituzione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La Regione Liguria impugna l'art. 7 del decreto legislativo
 30 dicembre 1992, n. 504, nella parte in cui non  esenta  dall'I.C.I.
 gli  immobili  degli  Istituti  autonomi case popolari: la ricorrente
 ritiene che la sottoposizione degli immobili  a  tale  imposta  porti
 lesione alle sue competenze, ex artt. 117 e 118 della Costituzione, e
 ne  violi  altresi'  l'autonomia  finanziaria garantita dall'art. 119
 della Costituzione.  La  norma  del  decreto  legislativo  viene  poi
 censurata  alla  luce  del  principio di ragionevolezza, dato che gli
 immobili della Regione sono esentati dall'I.C.I., e sarebbe  comunque
 viziata  per  eccesso  di  delega,  in  violazione dell'art. 76 della
 Costituzione. Considerate le finalita' assistenziali degli  I.A.C.P.,
 vi  sarebbe  infine  lesione  dell'art.  53  della  Costituzione, non
 essendovi, nel caso in esame,  effettiva  capacita'  contributiva  di
 tali Istituti.
    2.   -   Occorre  vagliare  preliminarmente  l'ammissibilita'  del
 ricorso,  in  riferimento  ai  parametri   costituzionali   invocati.
 L'Avvocatura  generale,  sul  punto,  eccepisce che la Regione non ha
 interesse a  sollevare  la  questione  di  legittimita',  non  avendo
 potesta' alcuna in materia di imposizione tributaria sugli immobili.
    L'eccezione  e' fondata, per quanto attiene alle censure mosse con
 riferimento agli artt. 53, 76, 117, 118 della Costituzione e, piu' in
 generale, al principio di ragionevolezza.
    Con giurisprudenza da tempo consolidata (v., ad  es.,  sentt.  nn.
 407  del  1989, 961 e 302 del 1988, 64 del 1987, 307 del 1983, 13 del
 1974, 111 del 1972), questa Corte ha affermato che  nel  giudizio  di
 legittimita'  costituzionale  in  via principale la regione, agendo a
 tutela di una propria competenza che assume violata,  puo'  impugnare
 le  leggi dello Stato (o quelle di altre regioni) solo ove deduca che
 queste   siano   lesive   della   propria   sfera   di    competenza,
 costituzionalmente   garantita:  il  suo  interesse  a  ricorrere  e'
 qualificato dalla finalita' di  ripristinare  l'integrita'  di  dette
 competenze; la regione, pertanto, non puo' prospettare nel ricorso la
 violazione  di  qualsiasi  norma  costituzionale,  ma  solo di quelle
 disposizioni la cui violazione comporta, per cio' stesso, la  lesione
 di  una propria competenza, costituzionalmente tutelata. Questa Corte
 ha inoltre  precisato  che  anche  le  censure  riferite  a  precetti
 costituzionali   collocati  al  di  fuori  del  titolo  quinto  della
 Costituzione  sono  ammissibili,   se   finalizzate   al   ripristino
 dell'integrita' delle competenze suddette.
    Ora,  nel  caso  in esame, spetta inequivocabilmente allo Stato la
 potesta'  legislativa  in  materia  fiscale  e,  nella   specie,   la
 disciplina dell'imposizione tributaria sugli immobili. Ne' puo' dirsi
 che il concreto esercizio di tale potesta' legislativa - con riguardo
 ai  casi  di esenzione dall'imposta - abbia intaccato alcuna potesta'
 della Regione.
    La norma impugnata si limita a specificare l'art. 4 della legge 23
 ottobre 1992, n. 421 - di modo che non ha ragion d'essere il sospetto
 di eccesso di delega - e non altera il riparto delle  competenze  tra
 lo  Stato  e  la  Regione.  Lo  dimostra  il  richiamo  che la stessa
 ricorrente fa all'art. 93 del  d.P.R.  n.  616  del  1977:  la  norma
 impugnata  non  incide sul trasferimento delle funzioni statali rela-
 tive agli Istituti autonomi case popolari, e sulla potesta' regionale
 di "stabilire soluzioni  organizzative  diverse"  (art.  93,  secondo
 comma,  d.P.R.  n.  616,  citato).  Ne'  vale  il richiamo alla legge
 regionale 4  agosto  1988,  n.  38,  che  e'  frutto  di  un'autonoma
 determinazione  regionale per l'attuazione di un piano di risanamento
 dell'Istituto autonomo di Genova.
    Nessun  interesse  ha  dunque  la  Regione  a impugnare la mancata
 esenzione degli I.A.C.P. con riguardo ai parametri che si sono  prima
 richiamati,   e   il   ricorso,   per  questa  parte,  va  dichiarato
 inammissibile.
    3. - E' ammissibile, ma risulta infondata, la  censura  mossa  con
 riferimento all'art. 119 della Costituzione.
    La  ricorrente  ricorda come l'art. 93 del citato d.P.R. 27 luglio
 1977, n. 616, abbia trasferito alle regioni le funzioni statali rela-
 tive agli I.A.C.P.; in base all'art. 17 dello Statuto  della  Regione
 Liguria,  i  bilanci  di  tali  Istituti sono approvati dal Consiglio
 regionale, si' che vi sarebbe un  interesse  della  Regione  al  loro
 equilibrio patrimoniale, come e' rivelato anche dalle leggi regionali
 adottate  per  il  controllo  di detti Enti (legge Regione Liguria 28
 febbraio 1983, n. 6, e successive modificazioni) e da  interventi  di
 risanamento  finanziario  (la  gia'  citata  legge regionale 4 agosto
 1988,  n.  38,  che  da'  all'I.A.C.P.  di  Genova  una  fidejussione
 regionale per l'attuazione del piano di risanamento).
    Non  si  puo'  escludere  che  la mancata esenzione del patrimonio
 immobiliare degli I.A.C.P. determini - sia pure di riflesso - effetti
 negativi sulla sfera  finanziaria  della  Regione:  la  questione  di
 costituzionalita'  si  risolve,  allora,  nella  denunzia di maggiori
 oneri  finanziari  di  cui  la  Regione  dovrebbe  farsi  carico  per
 fronteggiare il (temuto) disavanzo di bilancio degli Istituti, ove si
 voglia  evitare la dismissione del loro patrimonio immobiliare. Cosi'
 precisata, la questione e' infondata: secondo quanto  chiarito  dalla
 giurisprudenza  di  questa  Corte,  l'art. 119 della Costituzione non
 definisce l'autonomia finanziaria regionale in termini  quantitativi:
 se  infatti va assicurata la corrispondenza tra "bisogni regionali" e
 "mezzi finanziari" per  farvi  fronte,  in  modo  da  garantire  alle
 regioni  il  normale  espletamento delle loro funzioni, rientra nella
 discrezionalita' del  legislatore  statale  operare  una  valutazione
 comparativa  delle  esigenze  generali (v., in particolare, le sentt.
 nn. 369 e 356 del 1992, 381 del 1990, 64 del 1987, 307 del 1983).