ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  22,  secondo
 comma,  terzo  periodo,  della  legge  11  marzo 1988, n. 67, recante
 "Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
 dello Stato (legge finanziaria 1988)", promossi con quattro ordinanze
 emesse  il  1  luglio 1992 dal Tribunale amministrativo regionale del
 Lazio sui ricorsi proposti dalle Regioni Lombardia, Piemonte, Liguria
 e Veneto contro il Comitato interministeriale per  la  programmazione
 economica  (C.I.P.E.)  ed  altri, iscritte ai nn. 262, 263, 264 e 265
 del registro ordinanze 1993 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visti  gli atti di costituzione delle Regioni Lombardia, Piemonte,
 Liguria e Veneto nonche' gli atti di intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 ottobre 1993 il Giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
    Uditi  gli  avvocati  Valerio  Onida, Fortunato Pagano e Vitaliano
 Lorenzoni per la Regione Lombardia, gli avvocati Fortunato  Pagano  e
 Vitaliano  Lorenzoni  per  le  Regioni Piemonte e Liguria, l'avvocato
 Vitaliano Lorenzoni per la Regione Veneto e  l'avvocato  dello  Stato
 Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con quattro
 ordinanze emesse il 1 luglio 1992 e pervenute il 19 maggio  1993,  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 97 della Costituzione,
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 22, secondo comma,
 terzo  periodo,  della  legge  11  marzo  1988,  n.  67,   che   reca
 disposizioni  per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale
 dello  Stato  (legge  finanziaria  1988).  Le  questioni  sono  state
 sollevate nel corso di altrettanti giudizi promossi, rispettivamente,
 dalle   Regioni   Lombardia,   Piemonte,   Liguria   e   Veneto   per
 l'annullamento della deliberazione del Comitato interministeriale per
 la programmazione economica (C.I.P.E.) in data 28 giugno 1990, con la
 quale  sono state approvate le direttive per il programma di edilizia
 residenziale pubblica per il biennio 1988-89, ai sensi dell'art.  22,
 secondo comma, della legge n. 67 del 1988.
    La  disposizione  legislativa  denunciata  ha prorogato fino al 31
 dicembre 1992  i  contributi  previsti  dall'art.  10,  primo  comma,
 lettere  b)  e  c),  della  legge  14  febbraio  1963,  n. 60, per il
 finanziamento del programma di costruzione di case per lavoratori; ha
 disposto il versamento dei proventi di tali  contributi  dalla  Cassa
 depositi e prestiti all'entrata del bilancio dello Stato nella misura
 di  lire  1.250  miliardi  per  il  1988 e di lire 1.000 miliardi per
 ciascuno  degli  anni  successivi,  restando  assegnate  all'edilizia
 residenziale  pubblica le quote residue, da ripartire con una riserva
 del 70 per cento per i territori del Mezzogiorno.
    Essendo stata  dichiarata,  con  sentenza  n.  241  del  1989,  la
 illegittimita'   costituzionale   dell'attribuzione  all'entrata  del
 bilancio dello Stato delle somme provenienti dai  contributi  versati
 per  la  costruzione  di  abitazioni  per lavoratori dipendenti, sono
 stati  restituiti  alla  destinazione  originaria,  divenendo  quindi
 oggetto  di ulteriore ripartizione tra le diverse regioni, anche lire
 1.250 miliardi per il 1988 e lire 1.000 miliardi per  ciascuno  degli
 anni successivi.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio ritiene che la
 riserva di fondi alle regioni meridionali, nella misura  del  70  per
 cento,  non  sia toccata dalla sentenza della Corte costituzionale n.
 241 del 1989 e debba essere applicata anche alla  ripartizione  delle
 somme   restituite   all'edilizia  residenziale  a  seguito  di  tale
 pronuncia. Lo stesso giudice ritiene tuttavia che l'art. 22,  secondo
 comma,  terzo  periodo,  della  legge  n.  241 del 1988, sia divenuto
 costituzionalmente  illegittimo  nella  parte  in  cui  prevede  tale
 riserva  di  fondi  per  i territori del Mezzogiorno. La disposizione
 sarebbe irragionevole, in contrasto con l'art. 3 della  Costituzione,
 in  quanto  il  mantenimento  della  riserva  in  una  quota fissa ed
 eccezionalmente elevata, non piu' commisurata solo ad una  parte  dei
 fondi  da  ripartire  ma  riferita  all'intero  ammontare di essi, si
 applicherebbe ad una situazione che il legislatore non  aveva  potuto
 prevedere. Mutati i presupposti, la norma produrrebbe effetti diversi
 e   distorti   rispetto   a  quelli  originariamente  perseguiti  con
 l'attribuzione alle regioni del Mezzogiorno di una quota  di  riserva
 superiore  al  40  per  cento, prevista come minimo dall'art. 107 del
 d.P.R. 6 marzo 1978, n. 213. Le conseguenze che ne derivano, inoltre,
 inciderebbero  sulla  piena  funzionalita'  della  disposizione,  che
 contrasterebbe   quindi  con  i  principi  di  buona  amministrazione
 enunciati dall'art. 97 della Costituzione.
    2.  -  Si  sono  costituite  in  giudizio  le  Regioni  Lombardia,
 Piemonte,  Liguria  e  Veneto,  concludendo  per  la dichiarazione di
 illegittimita'  costituzionale  della   disposizione   denunciata   o
 proponendone una diversa interpretazione.
    In  particolare la Regione Lombardia ritiene che l'interpretazione
 fatta propria dal giudice rimettente  sia  inesatta.  La  riserva  ai
 territori del Mezzogiorno del 70 per cento dei fondi costituiti con i
 contributi   destinati  a  finanziare  la  costruzione  di  case  per
 lavoratori  e'  del  tutto  eccezionale,  essendo  stata  determinata
 dall'intenzione  di conservare alle regioni meridionali una quantita'
 di fondi non condizionata dalla contestuale sottrazione di somme alla
 destinazione per l'edilizia residenziale pubblica. Questo trattamento
 privilegiato   era  ammissibile  solo  se  riferito  alle  somme  che
 residuavano dopo il previsto  versamento  di  fondi  all'entrata  del
 bilancio  dello Stato. Per le altre somme, rese disponibili a seguito
 della sentenza di questa Corte n.  241  del  1989,  dovrebbe  trovare
 applicazione  il  criterio  generale  della  riserva del 40 per cento
 previsto dall'art. 2, primo comma, lettera e), della legge n. 457 del
 1978. Difatti, secondo il significato  letterale  della  disposizione
 denunciata, la riserva del 70 per cento ha per oggetto esclusivamente
 il  riparto  delle  "quote  residue"  dopo  la  devoluzione  di fondi
 all'entrata del bilancio dello Stato. La disposizione stessa, osserva
 la Regione Lombardia, esprime una norma eccezionale,  come  tale  non
 estensibile in via analogica.
    Nel  merito  ed in via subordinata la Regione aderisce ai dubbi di
 legittimita' costituzionale enunciati nell'ordinanza di rimessione  e
 ne  prospetta  altri  in riferimento all'art. 119 della Costituzione,
 affermando che il criterio del coordinamento  tra  finanza  centrale,
 regionale  e  locale  sarebbe violato da una norma idonea a creare un
 ingiustificato ed enorme squilibrio tra le diverse regioni.
    Le Regioni  Piemonte  e  Liguria  osservano  che  la  disposizione
 denunciata,   svincolata   da   analisi   e   criteri   obiettivi  di
 programmazione, stabilirebbe una arbitraria  presunzione  di  maggior
 fabbisogno settoriale nei territori del Mezzogiorno.
    Anche   la  Regione  Veneto  ritiene  contraria  al  principio  di
 eguaglianza e non ragionevole la riserva alle regioni meridionali  di
 una  quota eccezionalmente rilevante dei fondi disponibili, senza una
 concreta valutazione dell'effettivo fabbisogno abitativo esistente in
 quelle regioni e senza un collegamento territoriale  tra  prelievo  e
 destinazione dei fondi.
    La  Regione  Veneto  rileva  inoltre  che,  avendo  il legislatore
 stabilito la percentuale di riserva con riferimento alle quote  resi-
 due  e  non  all'intero  gettito  dei  contributi, non e' ragionevole
 consentire la perdurante vigenza  della  disposizione  relativa  alla
 riserva,  estesa  ora  all'intero gettito. Se venisse meno la riserva
 nella misura del 70 per cento, resterebbe integra la  competenza  del
 C.I.P.E.,  in  base  all'art.  2,  lettera e), della legge n. 457 del
 1978, di attribuire ai territori del  Mezzogiorno  risorse  destinate
 all'edilizia  residenziale pubblica in misura non inferiore al 40 per
 cento dei fondi disponibili.
    3. - In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    L'Avvocatura  osserva che la riserva del 70 per cento a favore dei
 territori  del  Mezzogiorno  e'  espressione   di   una   valutazione
 discrezionale  del  legislatore,  che  ha  ritenuto  di apprezzare in
 questa proporzione le diversificate esigenze abitative nel territorio
 nazionale; una valutazione che e' solo  casualmente  connessa,  nella
 formulazione letterale della norma, all'identificazione in termini di
 "quote residue" delle risorse finanziarie disponibili allo scopo.
    La  ratio  legis  non  puo'  essere identificata nella volonta' di
 attribuire alle regioni del Mezzogiorno una riserva superiore del  40
 per  cento  (previsto  come  minimo  dalla legge n. 457 del 1978) per
 effetto della contemporanea sottrazione al monte contributivo di  una
 cospicua  somma.  Difatti  la riserva nella stessa quota risulterebbe
 confermata dall'art. 2, quarto comma, della legge n.  179  del  1992,
 recante   norme   per   l'edilizia   residenziale  pubblica,  che  ha
 espressamente disposto  l'applicazione  della  riserva  in  questione
 limitatamente  ai  fondi  relativi  al  biennio  1988-1989, rimanendo
 applicabili in ogni altro caso le modalita' e le  procedure  previste
 dalla legge n. 457 del 1978.
    L'Avvocatura,  infine, ritiene non pertinente il richiamo all'art.
 97 della Costituzione,  che  riguarda  gli  aspetti  organizzativi  e
 strutturali  della  pubblica  amministrazione,  mentre  la  questione
 sollevata attiene all'azione amministrativa.
    4. - In prossimita' dell'udienza, le Regioni Lombardia,  Piemonte,
 Liguria  e Veneto hanno depositato memorie per ribadire ed illustrare
 ulteriormente  le  conclusioni  assunte  nei   rispettivi   atti   di
 costituzione.
                        Considerato in diritto
    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita della
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  22,  secondo  comma,   terzo
 periodo,  della  legge  11  marzo  1988, n. 67, che stabilisce, per i
 territori del Mezzogiorno, una riserva del 70  per  cento  dei  fondi
 assegnati  all'edilizia  residenziale  pubblica per la costruzione di
 abitazioni per lavoratori dipendenti. Tali  fondi  erano  costituiti,
 nella  originaria  disciplina  legislativa, dalle "quote residue" dei
 contributi Ges.ca.l. (previsti dall'art. 10 della legge  14  febbraio
 1963, n. 60), dopo il versamento all'entrata del bilancio dello Stato
 di  lire  1.250  miliardi  per  il  1988 e di lire 1.000 miliardi per
 ciascun anno successivo, sino al 1992. Il giudice rimettente  ritiene
 che  la  riserva  nella  misura del 70 per cento sia da applicare non
 alle sole "quote residue", ma anche a quelle in  precedenza  devolute
 al  bilancio  dello  Stato  e  restituite  all'edilizia  residenziale
 pubblica   a   seguito   della   dichiarazione   di    illegittimita'
 costituzionale (sentenza n. 241 del 1989) della sottrazione di queste
 somme alla finalita' per la quale i contributi erano stati versati.
    Interpretata nel senso sopra precisato la disposizione denunciata,
 il  giudice rimettente ritiene che essa sia divenuta in contrasto con
 gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Sarebbe difatti irragionevole il
 permanere di un criterio  di  ripartizione  adottato  su  presupposti
 diversi,  perche'  esso,  applicato  non  solo  ai  fondi residuati a
 seguito del prelievo statale, ma  anche  agli  altri  successivamente
 restituiti    alla    destinazione   per   l'edilizia   residenziale,
 determinerebbe effetti  distorti  e  non  previsti  dal  legislatore.
 Inoltre  questi  effetti,  incidendo  sulla piena funzionalita' della
 norma, ne determinerebbero il  contrasto  con  i  principi  di  buona
 amministrazione.
    2.  -  Le  questioni di legittimita' costituzionale, riferite alla
 stessa norma, sono state sollevate con quattro ordinanze di  identico
 contenuto,   emesse   nel  corso  di  altrettanti  giudizi  promossi,
 rispettivamente, dalle Regioni Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto.
 I  relativi  giudizi  possono  pertanto  essere  riuniti   e   decisi
 congiuntamente.
    Le  questioni di legittimita' costituzionale devono essere inoltre
 esaminate  esclusivamente  nei  limiti  fissati  dalle  ordinanze  di
 rimessione.  Non  possono  quindi  essere presi in considerazione gli
 altri  profili  ed  i  diversi   parametri   di   valutazione   della
 legittimita'  costituzionale,  indicati  dalle  parti  costituite nel
 giudizio dinanzi alla Corte (in proposito  si  veda,  da  ultimo,  la
 sentenza n. 114 del 1993).
    3.   -   La   norma  denunciata  si  colloca  nel  contesto  delle
 disposizioni che stabiliscono riserve a  favore  del  Mezzogiorno  di
 quote  di  spesa  o  di  investimenti  pubblici,  anche  con riguardo
 all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale pubblica.
    In questo specifico settore la  legge  istitutiva  della  Gestione
 case per lavoratori gia' prevedeva che, nella ripartizione dei fondi,
 l'importo  da  impiegare nelle regioni meridionali non dovesse essere
 inferiore al 40 per cento delle somme da  investire  complessivamente
 (art.  15 della legge 14 febbraio 1963, n. 60). Agli stessi territori
 la legge 22 ottobre 1971, n. 865, nello stabilire i programmi  ed  il
 coordinamento  dell'edilizia  residenziale pubblica, riservava almeno
 il 45 per cento degli importi complessivi (art. 48).
    Analoga riserva, nella misura non inferiore al 40  per  cento,  e'
 stata  prevista  dall'art. 2, primo comma, lettera e), della legge n.
 457 del 1978, ed e' stata successivamente ribadita  dall'art.  2  del
 decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9.
    La  disposizione  denunciata  ha  elevato la misura della riserva,
 portandola al 70 per cento, come quota  predeterminata  e  fissa.  La
 stessa  disposizione  aveva  inoltre  ridotto  la base sulla quale la
 riserva operava, perche' non  l'intero  gettito  dei  contributi  era
 destinato   all'edilizia   residenziale:   nella   parte   dichiarata
 costituzionalmente illegittima, con la sentenza n. 241 del  1989,  si
 prevedeva  che  una  quota  cospicua del gettito (determinata in lire
 1.250 miliardi per il 1988 ed in lire 1.000  miliardi  per  gli  anni
 successivi) fosse versata all'entrata del bilancio dello Stato.
    La  riserva  al  Mezzogiorno  di  una quota degli investimenti nel
 settore dell'edilizia residenziale pubblica opera con  un  meccanismo
 comunemente  previsto  nel  piu'  ampio  sistema  di  riserve  a zone
 depresse di allocazione  delle  risorse,  le  cui  finalita'  possono
 essere  diverse  e cospiranti. La riserva puo' costituire garanzia di
 una attribuzione minima di risorse  ad  aree  altrimenti  escluse  da
 flussi  di  spesa  per  investimenti  adeguati  alle necessita' della
 popolazione residente o alle condizioni del territorio; puo'  inoltre
 perseguire  lo  scopo  di  determinare  un riequilibrio territoriale,
 contribuendo a rimuovere ostacoli di ordine sociale ed  economico  al
 complessivo ed armonico sviluppo del Paese; puo' infine consentire di
 adempiere   a  doveri  generali  di  solidarieta'  nell'ambito  della
 comunita' nazionale. In ogni caso si tratta di scelte che,  nel  loro
 essere  e  nella  connessa  determinazione quantitativa, sono rimesse
 alla discrezionalita' del legislatore, di modo che esse  non  offrono
 profili  apprezzabili  in  sede di legittimita' costituzionale se non
 risulti  palesemente  irragionevole  la  proporzionalita'  dei  mezzi
 prescelti   dal   legislatore   stesso,   nella   sua   insindacabile
 discrezionalita', rispetto alle esigenze obiettive da  soddisfare  ed
 alle  finalita'  che  si  intendono  perseguire (sentenza n. 1130 del
 1988).
    Come e' gia' stato affermato dalla  Corte  (sentenza  n.  188  del
 1992), la previsione di una quota di riserva di interventi finanziari
 in favore delle regioni meridionali, destinata a contrastare fenomeni
 negativi  particolari, non puo' essere ritenuta in se' irragionevole,
 in  considerazione  di elementi di fatto comunemente rilevabili e dei
 criteri di fondo della legislazione di settore.
    4. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non  denuncia
 la  previsione  in  se'  della  riserva di una quota, in favore delle
 regioni meridionali, dei fondi  destinati  all'edilizia  residenziale
 pubblica  per la costruzione di abitazioni per lavoratori dipendenti,
 ma ne contesta la misura, fissata nel 70 per cento, che  ritiene  sia
 divenuta  irragionevole  e  capace  di  creare  effetti  distorti  se
 rapportata  non  solo  alle  "quote  residue"  da  ripartire  secondo
 l'originaria  previsione  legislativa,  ma  anche  alle altre risorse
 restituite alla edilizia  residenziale  a  seguito  della  dichiarata
 illegittimita'  costituzionale  della  sottrazione di tali somme alla
 loro specifica destinazione, in connessione alla ragione per la quale
 il contributo era dovuto.
    Ma  proprio  la  disposizione  denunciata  consente  una   diversa
 interpretazione,  adeguata  ai  principi  costituzionali invocati dal
 giudice rimettente.
    L'art. 22, secondo comma, della legge n. 67 del 1988  ha  fissato,
 nella   misura  del  70  per  cento,  la  riserva  ai  territori  del
 Mezzogiorno con espresso riferimento alle "quote residue", a  seguito
 della destinazione all'entrata del bilancio dello Stato della maggior
 parte dei fondi derivanti dai contributi Ges.ca.l.
    Si  tratta  di  una  disposizione  eccezionale  e  di  deroga alla
 disciplina  comune  della  legislazione  di   settore,   che   invece
 garantisce  ai  territori  del  Mezzogiorno,  nella allocazione delle
 risorse, una quota minima del 40 per cento. La riserva  nella  misura
 del  70  per cento non puo' quindi trovare applicazione oltre il caso
 espressamente previsto, estendendosi anche  alle  somme  inizialmente
 sottratte   a   questa   destinazione.   Per   tali  somme,  che  non
 costituiscono "quote residue", il  criterio  di  ripartizione  rimane
 quello dettato dalle regole generali del settore.
    Questa  interpretazione, fondata sui comuni canoni ermeneutici, e'
 dunque da preferire in quanto  consente  di  dare  alla  disposizione
 denunciata  una  lettura  adeguata  ai  principi  costituzionali. Ne'
 questa interpretazione e' preclusa dalla legge 17 febbraio  1992,  n.
 179,  laddove  essa  prevede (art. 2, quarto comma) che la riserva di
 cui all'art. 22, secondo comma, della legge n. 67 del 1988 si applica
 limitatamente  alla  ripartizione  dei  fondi  relativi  al   biennio
 1988-1989.   La   nuova   disposizione,  difatti,  non  incide  sulla
 interpretazione della disposizione alla quale essa stessa rinvia,  ma
 si  limita,  senza modificarne il contenuto normativo, a restringerne
 l'ambito temporale di applicazione.
    Rimangono cosi' superati i dubbi  di  legittimita'  costituzionale
 sollevati dal giudice rimettente. Le questioni proposte devono essere
 pertanto dichiarate non fondate.