ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Regione Sicilia notificato il 6 maggio 1993, depositato in Cancelleria il 14 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del ministro delle finanze 17 dicembre 1992, avente ad oggetto: "Modalita' di versamento diretto mediante delega alle aziende di credito dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese", ed iscritto al n. 15 del registro conflitti 1993; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Uditi l'avv. Francesco Torre per la Regione Sicilia e l'Avvocato dello Stato Ivo Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - La Regione Sicilia, con ricorso 6 maggio 1993, ha impugnato il decreto del ministro delle finanze 17 dicembre 1992, avente ad oggetto: "Modalita' di versamento diretto mediante delega alle aziende di credito dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese" - nella parte in cui (art. 4, secondo comma, lettere a e b del decreto ministeriale) prevede il versamento, rispettivamente, agli uffici provinciali della cassa regionale siciliana ed alla tesoreria provinciale dello Stato, delle quote del 12,60 e dell'87,40 per cento del gettito dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, dovuta dalle societa' di persone, ai sensi del d.l. 30 settembre 1992, n. 394 - deducendone il contrasto con gli artt. 36 dello Statuto regionale siciliano e 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia finanziaria. Nel ricorso si premette che il d.l. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, nella legge 26 novembre 1992, n. 461, ha istituito una imposta sul patrimonio netto delle imprese. Con l'impugnato decreto del 17 dicembre 1992, sono state stabilite le modalita' di versamento diretto dell'imposta mediante delega alle aziende di credito. Tale decreto, all'art. 4, secondo comma, dispone: "Per le operazioni eseguite nel territorio della regione siciliana, le aziende di credito debbono: a) versare direttamente agli uffici provinciali della cassa regionale siciliana l'imposta sul patrimonio netto delle imprese dovuta dalle persone fisiche e la quota del 12,60 per cento dell'imposta stessa dovuta dalle societa' di persone utilizzando la distinta di versamento - Mod. 20; b) versare alle competenti sezioni di tesoreria provinciale dello Stato l'87,40 per cento dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese-societa' di persone". La regione lamenta che in tal modo viene introdotta una illegittima ripartizione del gettito dell'imposta riscossa in Sicilia - limitatamente a quella dovuta dalle societa' di persone e versata col sistema della delega alle aziende di credito - tra la regione siciliana e lo Stato, con l'attribuzione a quest'ultimo della quota dell'87,40 per cento. Infatti, ai sensi dell'art. 36, primo comma, dello Statuto siciliano e delle norme di attuazione contenute nell'art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, "spettano alla regione siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate". Secondo la regione l'imposta sul patrimonio netto delle imprese istituita dal d.l. n. 394 del 1992, rappresenta un'entrata tributaria che, pertanto, spetta alla regione siciliana nei limiti del gettito riscosso nell'ambito del suo territorio. Ne conseguirebbe la illegittimita' dell'art. 4, secondo comma, lettere a e b del decreto ministeriale del 17 dicembre 1992, nella parte in cui prevede il versamento - rispettivamente - agli uffici provinciali della cassa regionale siciliana ed alla tesoreria provinciale dello Stato, delle quote del 12,60 per cento e dell'87,40 per cento del gettito dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese dovuta dalle societa' di persone. Detta illegittimita' sarebbe resa ancor piu' manifesta dalla circostanza che il decreto del ministro delle finanze 10 dicembre 1992 (con il quale sono state dettate le modalita' per il versamento diretto al concessionario dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese istituita dal d.l. 30 settembre 1992, n. 394), non prevede analoga ripartizione tra Stato e regione siciliana relativamente all'imposta versata al concessionario del servizio di riscossione dalle imprese individuali. Il decreto impugnato pertanto, sarebbe viziato da assoluta irrazionalita', prevedendo solo riguardo all'imposta versata col sistema della delega alle aziende di credito, senza alcuna logica, una differente destinazione per l'imposta dovuta dalle societa' di persone, rispetto a quella dovuta dalle persone fisiche, disponendone la ripartizione per quote tra lo Stato e la regione siciliana. 2. - Si e' costituito davanti a questa Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. Nell'atto di costituzione si osserva che, con il decreto impugnato, il ministro delle finanze e il ministro del tesoro hanno dettato le modalita' di riscossione dell'imposta istituita dal d.l. n. 394 del 1992, fissando le stesse regole valevoli per le imposte Irpef, Irpeg, ed Ilor. La regione, nella sostanza, contesta la parte del provvedimento che, per l'imposta dovuta dalle societa' di persone, applica la ripartizione tra Stato e regione determinata dalla legge 28 febbraio 1986, n. 41. L'Avvocatura sottolinea che, a norma dell'art. 3, n. 6 del suddetto decreto-legge n. 394 del 1992, l'imposta in questione e' riscossa con le modalita' previste per il versamento a saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche o, "in mancanza", dell'imposta locale sui redditi. Con tale disposto il legislatore avrebbe inteso specificare che le norme sull'Ilor si applicano solo ove non siano applicabili quelle sull'Irpef e sull'Irpeg, assimilando in tal modo la riscossione della nuova imposta, se dovuta dalle persone fisiche, all'Irpef, se dovuta dalle persone giuridiche, all'Irpeg e, infine, se dovuta dalle societa' di persone, all'Ilor, che e' la sola imposta sui redditi alla quale tali societa' sono soggette. Pertanto, "poiche' l'assimilazione della disciplina della riscossione della nuova imposta a quella sui redditi dovute dai vari soggetti di imposta e' totale e senza eccezioni", il decreto impugnato avrebbe legittimamente determinato la ripartizione della nuova imposta tra Stato e regione siciliana nella stessa misura prevista per la ripartizione dell'Ilor. Ne conseguirebbe la sua conformita' al disposto legislativo, secondo il quale le somme riscosse a titolo di tributo dalle persone fisiche vanno interamente alla regione; quelle riscosse dalle persone giuridiche vanno egualmente per intero alla regione, mentre le somme riscosse dalle societa' di persone vanno ripartite tra Stato e regione (perche' cosi' vanno ripartite le somme riscosse a titolo di Ilor). Ne' vi sarebbe - secondo l'Avvocatura - contraddittorieta' fra il decreto impugnato e il decreto del 10 dicembre 1992 relativo alle imposte riscosse dai concessionari della riscossione. Infatti, con tale ultimo decreto, sono stati istituiti tre distinti codici- tributo: uno per le persone fisiche, uno per le persone giuridiche e uno per le societa' di persone. Conseguentemente, i concessionari della riscossione, ai sensi dell'art. 73 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, devono riversare le somme stesse secondo criteri stabiliti, per l'Irpef, per l'Irpeg e per l'Ilor; criteri che comportano l'automatico versamento dell'intera somma riscossa dalle persone fisiche e da quelle giuridiche alla cassa regionale e la ripartizione nelle quote di rispettiva spettanza tra cassa regionale e Stato delle somme riscosse dalle societa' di persone. Nessuna irrazionalita' potrebbe ravvisarsi nel sistema cosi' determinato, in quanto con le somme riscosse a titolo di Ilor lo Stato fa fronte agli impegni della finanza derivata a favore degli enti territoriali e delle regioni, cosicche' non e' irragionevole che, con l'attribuzione all'erario della quota di imposta patrimoniale riscossa dalle societa' di persone, si sia voluto concorrere a finanziare quell'importante settore degli oneri dello Stato. Considerato in diritto 1. - La Regione Sicilia ha impugnato, con ricorso per conflitto di attribuzione, il decreto del ministro delle finanze 17 dicembre 1992 (avente ad oggetto: "Modalita' di versamento diretto mediante delega alle aziende di credito dell'imposta sul patrimonio netto dell'impresa"), nella parte in cui (art. 4, secondo comma, lett. a e b), prevede il versamento, rispettivamente, agli uffici provinciali della cassa regionale siciliana ed alla tesoreria provinciale dello Stato delle quote del 12,60 e dell'87,40 per cento del gettito dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese dovuta dalle societa' di persone ai sensi del d.l. 30 settembre 1992, n. 394, conv. nella legge 26 novembre 1992, n. 461. Ne ha dedotto il contrasto: a) con gli artt. 36 dello Statuto regionale siciliano e 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, che attribuiscono alla regione siciliana tutte le entrate erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, salvo che il loro gettito sia specificatamente destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita', contingenti o continuative, dello Stato; b) con l'art. 3 della Costituzione, essendo viziato da irragionevolezza, prevedendo, solo riguardo all'imposta versata col sistema della delega alle aziende di credito, senza alcuna logica, una differente destinazione per l'imposta dovuta dalle persone fisiche rispetto a quella dovuta dalle societa' di persone, per la quale dispone la ripartizione per quote tra lo Stato e la regione siciliana. 2. - Il ricorso e' fondato. Il d.l. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, nella legge 26 novembre 1992, n. 461, ha istituito un'imposta sul patrimonio netto delle imprese, stabilendo, all'art. 1, comma primo, che soggetti passivi ne sono le societa' ed enti di cui all'art. 87, comma primo, lettere a e b del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (societa' per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilita' limitata, cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato; enti pubblici e privati diversi dalle societa' residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita' commerciali), nonche' le societa' in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, le imprese individuali e le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato dei soggetti di cui al comma stesso non residenti, tenute, non per effetto di opzione, alla contabilita' ordinaria. L'imposta (art. 1, comma secondo), si applica nella misura del sette e cinquanta per mille sul patrimonio netto, cosi' come risulta dal bilancio o, in mancanza, dai relativi elementi desumibili dalle scritture contabili, diminuito dell'utile di esercizio. L'art. 3, n. 6, dispone che l'imposta e' riscossa col sistema del versamento diretto nei termini e con le modalita' previste per il versamento a saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche o, in mancanza, dell'imposta locale sui redditi, da eseguirsi mediante distinta di versamento al concessionario della riscossione ovvero delega ad un'azienda di credito oppure all'ufficio postale. Le modalita' per l'esecuzione dei versamenti in tesoreria e la trasmissione dei relativi dati e documenti all'amministrazione finanziaria e per i relativi controlli, sono stabilite con decreti del ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. 3. - Con il decreto impugnato dalla Regione Sicilia sono state stabilite le modalita' di versamento diretto dell'imposta in questione, mediante delega alle aziende di credito. In proposito - come ha dedotto la regione, facendone oggetto d'impugnativa - l'art. 4, comma secondo, dispone che, quanto alle somme riscosse in Sicilia, in caso di versamento dell'imposta a mezzo di delega, le aziende di credito debbono versare alla Regione Sicilia il 12,60 per cento dell'imposta dovuta dalle societa' di persone ed il restante 87,40 per cento allo Stato. L'Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto che il fondamento giuridico della ripartizione, nella misura sopra indicata, fra Stato e Regione siciliana, dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese dovuta dalle societa' di persone, e' da ricercarsi nel combinato disposto dell'art. 3, n. 6, del d.l. n. 394 del 1992 e dell'art. 3 della legge 28 febbraio 1986, n. 41. L'art. 3, n. 6 anzidetto, infatti, prevedendo che l'imposta debba essere versata con le modalita' previste per il versamento a saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche o, in mancanza, dell'imposta lo- cale sui redditi, avrebbe inteso disporre che la riscossione e la ripartizione della nuova imposta, se dovuta dalle persone fisiche debba essere assoggettata alla disciplina dell'Irpef; se dovuta da persone giuridiche alla disciplina dell'Irpeg; se dovuta da societa' di persone alla disciplina dell'Ilor, poiche' le societa' di persone residenti nello Stato non sono assoggettate all'Irpef ne' all'Irpeg (artt. 1 e 87 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), ma solo all'Ilor (art. 116 dello stesso d.P.R.). Pertanto l'imposta sul reddito netto delle imprese percepito in Sicilia andrebbe ripartita, in riferimento a tali societa', con i criteri fissati dall'Ilor e cioe', secondo quanto dispone l'art. 3 della legge n. 41 del 1986, nella misura del 12,60 per cento mediante attribuzione alla Regione Sicilia e per la parte restante mediante attribuzione allo Stato. 4. - La tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato e' priva di fondamento. L'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante le norme di attuazione dello Statuto regionale siciliano in materia finanziaria dispone che - ai sensi dell'art. 36 dello statuto - spettano alla regione tutte le entrate tributarie riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette e indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri intesi a soddisfare particolari finalita', contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi medesime. Disposizione questa, costantemente interpretata nel senso che l'eccezione al principio devolutivo alla Regione Sicilia dei proventi delle nuove entrate tributarie, riscosse nel suo territorio, richiede un'apposita clausola di destinazione a particolari finalita', indicate nella stessa legge che ne prevede la devoluzione allo Stato (cfr. da ultimo la sentenza n. 362 del 1993). Il decreto-legge n. 394 del 1992 e la relativa legge di conversione, non contengono detta clausola e non indicano affatto la finalita' dell'imposta istituita: il che, di per se', comporta che il gettito dell'imposta percepita nel territorio regionale siciliano va devoluto alla Regione Sicilia, secondo la regola generale stabilita dal citato art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965. A tale regola non apporta deroga l'art. 3, n. 6 del d.l. n. 394 del 1992 cit., invocato dall'Avvocatura dello Stato. Tale norma disciplina soltanto la fase della riscossione dell'imposta, come si evince dall'insieme delle sue disposizioni, che regolano i termini e le modalita' dei versamenti da parte dei contribuenti, demandando ad appositi decreti ministeriali le statuizioni di dettaglio sul rilascio delle attestazioni di pagamento, nonche' sulle modalita' per l'esecuzione dei versamenti in tesoreria e la trasmissione dei relativi dati e documenti all'Amministrazione finanziaria per i conseguenti controlli. Deve ritenersi, infatti, che il rinvio alle modalita' di riscossione dell'Irpef, Irpeg ed Ilor, non puo' correttamente interpretarsi come rinvio anche alle modalita' di ripartizione di tali imposte fra Stato e regioni, avendo le rispettive normative un diverso oggetto, che le rende giuridicamente distinte per forza, contenuto e principi. E cio' tanto piu' con riferimento alla Regione Sicilia, riguardo alla quale la disciplina, gia' ricordata, contenuta nelle norme di attuazione dello Statuto, esige, per la devoluzione allo Stato di tributi riscossi nella Regione, esplicite norme di destinazione dell'imposta a finalita' particolari. Ne deriva che l'art. 4, secondo comma, lett. a e b, del decreto impugnato e' illegittimo e va annullato, nella parte in cui attribuisce allo Stato l'87,40 per cento dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese riscossa nella Regione Sicilia dalle societa' di persone.