ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  del decreto-legge 17
 settembre 1993, n. 363,  recante:  "Disciplina  della  proroga  degli
 organi  amministrativi",  promosso con ricorso della Regione Calabria
 notificato  l'11  ottobre  1993,  depositato  in  cancelleria  il  14
 successivo ed iscritto al n. 59 del registro ricorsi 1993;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  23  marzo  1994  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto che la Regione Calabria ha impugnato, in riferimento agli
 artt.  77, ultimo comma, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione,
 talune norme del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 363  (Disciplina
 della proroga degli organi amministrativi);
      che   la  ricorrente  rileva  che  l'art.  9  del  decreto-legge
 impugnato - secondo cui "le  disposizioni  .  (del  decreto)  operano
 direttamente  nei  riguardi  delle regioni a statuto ordinario fino a
 quando esse non avranno adeguato i rispettivi ordinamenti ai principi
 generali ivi contenuti" - se pure con una  formulazione  che  attenua
 l'impatto sull'autonomia regionale rispetto alle precedenti versioni,
 ancor  piu' lesive, dei provvedimenti d'urgenza reiterati dal Governo
 nella specifica materia (decreti-legge nn. 381 e 439 del 1992, 7, 69,
 150 e 239 del 1993, tutti non convertiti in legge, di cui alcuni gia'
 impugnati  dalla  medesima  regione),  non  elimina  del   tutto   la
 violazione  delle competenze regionali, tenuto conto che con la legge
 regionale 5 agosto 1992, n. 13 e' stata emanata la  disciplina  delle
 nomine  di  competenza  della  regione al fine di evitare il fenomeno
 della prorogatio alla scadenza,  in  coerenza  con  l'art.  97  della
 Costituzione  e  con  i  principi affermati nella sentenza n. 208 del
 1992 di questa Corte;
      che, pertanto, ove la norma impugnata  fosse  interpretata  come
 abrogativa  della  legge regionale e tale da rendere il decreto-legge
 direttamente applicabile nella regione,  in  ogni  suo  istituto,  la
 disciplina    denunziata    sarebbe    invasiva    della   competenza
 costituzionalmente  riconosciuta  in  capo  alla  ricorrente,  e   in
 particolare lo sarebbero:
        a)  l'art.  4,  comma  2, che, attribuendo la competenza sulle
 designazioni o nomine per la rinnovazione degli  organi  scaduti,  in
 caso  di  inerzia  degli  organi  collegiali,  ai presidenti di detti
 organi,  violerebbe  sia  la  competenza  regionale  in  materia   di
 ordinamento  degli  uffici ed enti dipendenti dalle regioni (art. 117
 della Costituzione) sia la  competenza  statutaria  (art.  123  della
 Costituzione),  in  quanto  inciderebbe  sulle  norme che regolano le
 competenze degli organi collegiali, creando ex  novo  una  competenza
 dei  presidenti  e  sottraendo ai collegi i correlativi poteri; detta
 disposizione, inoltre, contrasterebbe con  gli  articoli  121  e  122
 della  Costituzione,  per  le  nomine  di  competenza  del  Consiglio
 regionale, attesa la configurazione del presidente di  detto  organo,
 che non e' autonomo rispetto al Consiglio stesso da cui e' eletto per
 dirigerne i lavori (art. 122, terzo comma, della Costituzione) ne' ha
 rilevanza esterna propria, a differenza del Consiglio, della Giunta e
 del Presidente di questa (art. 121, primo comma, della Costituzione);
        b)   l'art.   3  che,  sul  regime  di  proroga  degli  organi
 amministrativi scaduti e degli atti da questi emanati,  limitando  la
 competenza  degli organi prorogati e sanzionando come illegittimi gli
 atti posti in essere fuori dei limiti ivi previsti, inciderebbe sulla
 competenza  regionale  in  materia,   violando   l'art.   117   della
 Costituzione;  la  censura  sarebbe da estendere al successivo art. 6
 che prevede la nullita' di diritto degli atti compiuti  dagli  organi
 scaduti;
        c)  l'art.  8, che, convalidando gli atti di ricostituzione di
 organi scaduti adottati, prima dell'entrata in  vigore  del  decreto-
 legge,  da  presidenti  di  organi  collegiali,  in  sostituzione dei
 competenti collegi, violerebbe sia l'art.  77,  ultimo  comma,  della
 Costituzione,  in  relazione  anche  all'art.  15, comma 2, lett. d),
 della legge n. 400 del 1988, sia le competenze regionali  in  materia
 di  organizzazione  di  uffici  ed  enti,  impedendo  alle regioni di
 revocare gli illegittimi atti dei loro  presidenti  e  di  provvedere
 diversamente  in  ordine  agli  organi  scaduti, cosi' rispristinando
 l'ordine naturale delle competenze;
      che e' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per l'inammissibilita'  o  per  l'infondatezza
 delle questioni;
    Considerato  che il decreto-legge 17 settembre 1993, n. 363 non e'
 stato convertito in legge entro il termine prescritto,  come  risulta
 dal  comunicato  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 271 del 18
 novembre 1993;
      che, pertanto, in  conformita'  alla  giurisprudenza  di  questa
 Corte  (v., da ultimo, ordinanze nn. 133 e 32 del 1994), le questioni
 sollevate   dalla   Regione   Calabria   devono   essere   dichiarate
 manifestamente inammissibili;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;