ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennita' di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili) e della legge 21 novembre 1988, n. 506 (recte: 508) (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), promossi con ordinanze emesse il 20 ottobre 1993 (n. 2 ordinanze), il 2 novembre 1993 (n. 4 ordinanze) ed il 9 novembre 1993 dal Pretore di Napoli, rispettivamente iscritte ai nn. 729, 730, 752, 753, 754 e 755 del registro ordinanze 1993 ed al n. 40 del registro ordinanze 1994, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 51 e 53, prima serie speciale, dell'anno 1993 e n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto in fatto 1. - Con sette ordinanze di contenuto identico il Pretore di Napoli ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1980 n. 18 e della legge 21 novembre 1988 n. 506 (recte: 508), in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Ad avviso del remittente la denunciata disparita' di trattamento consisterebbe, per la prima norma, nell'aver negato a favore degli invalidi civili l'assegnazione di tre accompagnatori o, in luogo di ciascuno di essi, la corresponsione di un assegno integrativo dell'indennita' di assistenza e di accompagnamento; nonche', per la legge n. 508 del 1988, nel non aver esteso agli invalidi civili la misura delle erogazioni riconosciute a favore dei grandi invalidi di guerra. 2. - Il Pretore di Napoli premette di essere a conoscenza della ordinanza n. 487 del 1988 con la quale questa Corte ha gia' dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 18 del 1980, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione; detta pronuncia poneva in evidenza la differenza di situazione tra gli invalidi civili e quelli di guerra sulla base di una obiettiva diversita' dei presupposti costitutivi del fatto invalidante (scaturente, nel secondo caso, da fatti bellici), dalla quale conseguiva anche un profilo risarcitorio estraneo all'ipotesi dell'invalidita' civile, e concludeva percio' per la disomogeneita' delle situazioni poste a confronto. Osserva tuttavia il giudice a quo che quella decisione avrebbe esteso un principio gia' esplicitato per le pensioni di guerra anche all'indennita' di accompagnamento senza pero' motivare sulle ragioni di quell'ampliamento. Ove si consideri che l'indennita' di accompagnamento ha lo scopo di incentivare l'assistenza domiciliare dell'invalido evitandone il ricovero e l'emarginazione conseguente e, nel contempo, di sollevare lo Stato da un onere ben piu' gravoso di quello derivante dalla corresponsione delle indennita', ne consegue, ad avviso del remittente, la correlazione di quella provvidenza con gli artt. 2, 38 e 32 della Costituzione, e cioe' con il dovere di assistenza sanitaria e con il principio che la specifica assistenza degli invalidi e' onere esclusivo dello Stato. In questo contesto, rileva il Pretore, non pare esservi spazio per una configurazione risarcitoria della perdita dell'integrita' fisica conseguente ad un servizio reso alla patria. La natura di quell'erogazione andrebbe correlata, in conclusione, al grado dell'invalidita' e non potrebbe essere condizionata dall'origine remota della stessa. 3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita', o comunque per l'infondatezza, della questione. Rileva in primo luogo la difesa del Governo che il giudice a quo richiede, in sostanza, che il trattamento degli invalidi civili venga elevato, adeguandolo a quello degli invalidi di guerra: in definitiva viene chiesta la pronuncia di una sentenza additiva. Orbene e' noto, prosegue l'Avvocatura, che l'ammissibilita' di tali pronunce e' avversata dalla prevalente dottrina per vari motivi ma principalmente perche' verrebbe ad invadere il potere discrezionale del legislatore, e perche' in molti casi - come in quello in esame - si risolverebbe in una violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. 4. - Nel merito, rileva l'Avvocatura, non si puo' negare che alla base della tesi del giudice remittente puo' esserci un fondo di verita': e' vero che il trattamento assistenziale dei grandi invalidi, ed in particolare l'indennita' di accompagnamento, mira anche ad evitarne il ricovero in istituti ospedalieri e la inevitabile conseguente emarginazione, traendone vantaggio la spesa sanitaria; ed e' vero anche che sotto questo profilo le esigenze degli invalidi civili non differiscono da quelle degli invalidi di guerra, ma e' anche vero che il legislatore ha voluto attribuire al trattamento assistenziale di questi ultimi un significato diverso ed aggiuntivo a quello, evidenziato dal remittente, comune agli invalidi civili. Significato che e' quello ben noto di compenso per l'integrita' fisica perduta per il bene della Patria, che mette il grande invalido di guerra in grado non solo di evitare il ricovero, con le conseguenze negative evidenziate dal Pretore di Napoli, ma anche di avere una assistenza maggiore e piu' qualificata, prolungata nell'arco della giornata, che gli consenta una vita professionale - se ancora possibile - e comunque sociale, culturale quanto piu' vicina a quella normale. In definitiva, apparirebbe evidente che lo scopo del legislatore e' quello di apprestare le condizioni per evitare ai grandi invalidi di guerra lo sradicamento dalla societa' e per consentirne il reinserimento. Del resto, prosegue la difesa del Governo, il T.U. 23 dicembre 1978, n. 915, esordisce all'art. 1 definendo le pensioni di guerra come "atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarieta' da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrita' fisica ..": viene cioe' solennemente ribadita la natura risarcitoria di tale trattamento, che costituisce una delle manifestazioni tipiche del principio della responsabilita' oggettiva dello Stato per danni subiti da privati a causa di atti di imperio legittimamente posti in essere nell'interesse della collettivita'. Ma la natura risarcitoria nelle intenzioni del legislatore, rileva l'Avvocatura, non si esaurisce nel trattamento pensionistico stricto sensu, bensi' opera in relazione all'intero trattamento riservato agli invalidi di guerra: ed e' per questo che la misura dell'indennita' di accompagnamento ad essi riservata e' superiore a quella degli invalidi civili, dovendo assolvere, come sopra si e' evidenziato, ad una funzione diversa ed aggiuntiva rispetto all'indennita' corrisposta agli invalidi civili. Non vi sarebbe dubbio, pertanto, che le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo non possono essere considerate omogenee, e non sarebbe quindi possibile ravvisare alcuna violazione del principio di eguaglianza. Considerato in diritto 1. - La questione sollevata dal Pretore di Napoli, con sette ordinanze di identico contenuto, investe la Corte della verifica di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1980 n. 18 e della legge 21 novembre 1988 n. 508, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Stante l'identita' della questione sollevata da tutte le ordinanze, i giudizi vanno riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce l'inammissibilita' della questione, in quanto il Pretore remittente avrebbe chiesto una sentenza "additiva" o "aggiuntiva" che elevi il trattamento deteriore degli invalidi civili per quanto riguarda l'indennita' di accompagnamento, adeguandolo a quello degli invalidi di guerra; inoltre non potrebbe invocarsi il rispetto del principio di eguaglianza per estendere ad altri "un'area di preteso privilegio". L'eccezione deve essere respinta: e' appena il caso di rilevare che di sentenze "additive" o "aggiuntive" e' ricca la giurisprudenza di questa Corte, e quanto all'errata invocazione dell'art. 3, primo comma, in relazione ad una posizione di privilegio, e' problema che concerne il merito del giudizio. 3.1. - Passando, quindi, al merito, la questione deve dichiararsi infondata. Analoga questione relativa alla disparita' di trattamento fra invalidi di guerra e invalidi civili (in danno di questi ultimi), sollevata limitatamente alla legge n. 18 del 1980, e' gia' stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte con ordinanza n. 487 del 1988. Affermo' la Corte che il trattamento differenziato fra invalidi civili e invalidi di guerra e' giustificato e legittimato "dall'obiettiva diversita' dei presupposti che sono alla base del fatto invalidante, scaturente nel secondo caso dai fatti bellici, comportante anche un elemento risarcitorio, estraneo alle ipotesi dell'invalidita' civile". Tale carattere era stato gia' piu' volte riconosciuto da precedenti pronunce della Corte, a partire dalla sentenza n. 13 del 1968, ed e', del resto, messo in evidenza dallo stesso legislatore nell'art. 1 del T.U. sulle pensioni di guerra n. 915 del 1978. 3.2. - Il giudice a quo ben conosce questi precedenti, ma lamenta che il principio esplicitato per le pensioni di guerra sia stato esteso dalla citata ordinanza n. 487 del 1988 all'indennita' di accompagnamento senza specifica motivazione. Ad avviso del remittente la diversa natura e finalita' dell'indennita' di accompagnamento non potrebbe consentire la chiamata in causa dell'elemento risarcitorio ed esigerebbe quindi una completa eguaglianza di trattamento fra le dette categorie di invalidi. Che l'indennita' di accompagnamento abbia una sua specifica natura e finalita' e' fuori discussione, nel senso che essa consiste in "una particolare provvidenza in favore di soggetti non autosufficienti, al fine di porli in grado di far fronte alle esigenze di accompagnamento e di assistenza che quella condizione necessariamente comporta, consentendo loro condizioni esistenziali compatibili con la dignita' della persona umana" (cfr. sentt. n. 346 del 1989 e n. 88 del 1993). Alla stregua di questa definizione - che non puo' non essere pienamente ribadita - la citata sentenza n. 88 del 1993 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una norma (l'art. 1 della legge 28 marzo 1968 n. 406) che escludeva gli invalidi minori di diciotto anni dalla corresponsione dell'indennita' di accompagnamento: in questo caso era evidente l'ingiustificata disparita' di trattamento, dato che le ragioni e le finalita' cui tale indennita' risponde valgono per i minori di diciotto anni in misura identica se non piu' accentuata di quanto valgono per i maggiori di eta'. 3.3. - Ma ben diverso e' il caso in esame, che muove dalla comparazione dell'indennita' di accompagnamento prevista per gli invalidi civili con quella attribuita agli invalidi di guerra. La diversita' di situazioni che scaturisce dalla particolare causa che ha dato luogo all'invalidita' di guerra, prima ricordata, non esclude che di essa il legislatore possa tener conto anche nella determinazione dell'indennita' di accompagnamento: se quindi il legislatore ha ritenuto di prevedere per gli invalidi di guerra non autosufficienti un'indennita' di accompagnamento piu' favorevole rispetto a quella che rimane stabilita per gli invalidi civili, la sua scelta non puo' ritenersi irragionevole, anche se la disciplina legislativa della materia ha subito piu' volte modifiche, che rientrano comunque nella discrezionalita' del legislatore stesso.