ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 324 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 ottobre 1993
 dal Tribunale di Lecco nel procedimento penale a carico  di  Corbetta
 Salvatore,   iscritta  al  n.  783  del  registro  ordinanze  1993  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  4,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio dell'11  maggio  1994  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  il  Tribunale di Lecco ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 24, secondo comma, 42, secondo comma, e 111, primo  comma,
 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  dell'art.  324 del
 codice di procedura  penale  nella  parte  in  cui  prevede,  secondo
 l'interpretazione della Corte di cassazione - vincolante nel giudizio
 a  quo  -  che  i  poteri  del  tribunale  del  riesame,  in  caso di
 impugnazione del decreto di sequestro preventivo, sono limitati "alla
 sola astratta possibilita' di sussumere il  fatto  attribuito  ad  un
 soggetto   in   una   determinata  ipotesi  di  reato,  senza  alcuna
 possibilita' di apprezzamento in ordine alla fondatezza dell'accusa";
      e  che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato  che questa Corte, chiamata a pronunciarsi su identica
 questione, ne ha dichiarato la  non  fondatezza  con  riferimento  ai
 medesimi  parametri  evocati dall'odierno rimettente, osservando, fra
 l'altro, che la misura cautelare, "pur raccordandosi  ontologicamente
 ad  un  reato,  inteso  questo  nella  sua  realta'  fenomenica, puo'
 prescindere  totalmente  da  qualsiasi  profilo  di   "colpevolezza",
 proprio    perche'   la   funzione   preventiva   non   si   proietta
 necessariamente sull'autore del  fatto  criminoso  ma  su  cose  che,
 postulando   un   vincolo  di  pertinenzialita'  col  reato,  vengono
 riguardate   dall'ordinamento   come   strumenti   la   cui    libera
 disponibilita'  puo'  costituire situazione di pericolo" (v. sentenza
 n. 48 del 1994);
      e che pertanto, non adducendo il giudice a quo argomenti nuovi o
 diversi da quelli allora esaminati, la questione  ora  proposta  deve
 essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.