ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 28, secondo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il 12 novembre 1993 del giudice per le indagini preliminari presso il
 Tribunale  di Aosta nel procedimento penale a carico di Viot Claudia,
 iscritta al n. 799 del registro ordinanze  1993  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  5  prima  serie  speciale
 dell'anno 1994;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 25 maggio 1994 il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Ritenuto che nel corso del procedimento penale  nei  confronti  di
 Viot  Claudia,  il  giudice  per  le  indagini  preliminari presso il
 Tribunale di Aosta, con ordinanza del 12 novembre 1993 (r.o.  n.  799
 del 1993), ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e
 101  della  Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 28, secondo comma, del codice di  procedura  penale,  nella
 parte  in  cui  stabilisce  che nell'ipotesi di contrasto tra giudice
 dell'udienza  preliminare  e  giudice  del  dibattimento  prevale  la
 decisione di quest'ultimo;
     che  il giudice remittente premette che gli atti del procedimento
 in  questione  erano  a  lui  pervenuti  a  seguito  di  sentenza  di
 incompetenza  pronunciata  dal  Pretore  di Aosta, che aveva ritenuto
 sussistente la competenza del Tribunale  di  Aosta  -  essendo  stata
 aggravata,  dal decreto-legge n. 306 del 1992, convertito dalla legge
 n. 356 del 1992, la pena prevista per il reato  per  cui  si  procede
 (falsa  testimonianza) - e che lo stesso giudice a quo, affermando di
 non poter concordare con la decisione del Pretore, osserva che se non
 vi fosse impedito dalla norma impugnata,  solleverebbe  conflitto  di
 competenza dinanzi alla Corte di cassazione;
      che,  ad  avviso  del  giudice  remittente,  la  norma impugnata
 subordinerebbe la decisione del giudice per le indagini preliminari a
 quella del giudice del  dibattimento,  in  violazione  dell'art.  101
 della  Costituzione,  secondo il quale il giudice soggiace unicamente
 alla legge, e sarebbe viziata da irragionevolezza,  dal  momento  che
 imporrebbe  al  giudice per le indagini preliminari l'adozione di una
 decisione erronea quale sarebbe quella, nell'ipotesi verificatasi nel
 giudizio a quo, di instaurare un dibattimento inutile davanti  ad  un
 giudice incompetente;
      che  nel  giudizio  davanti alla Corte ha spiegato intervento il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per chiedere che la questione
 sia dichiarata manifestamente infondata;
    Considerato  che  le  argomentazioni  del  giudice  remittente  si
 fondano  su  un  presupposto  interpretativo da ritenersi errato, dal
 momento che, come gia' affermato da questa Corte,  (ord.  n.  15  del
 1992) e dalla Corte di cassazione (Sez. I, 15 gennaio 1994, n. 5363),
 la  norma  impugnata  "risulta preordinata a risolvere i dissensi tra
 giudici facenti parte del medesimo ufficio giudiziario";
      che, di conseguenza, l'art. 28, secondo  comma,  seconda  parte,
 del  codice  di  procedura  penale  non  trova  applicazione  in  una
 fattispecie quale quella realizzatasi nel giudizio a quo, nella quale
 giudici appartenenti ai diversi uffici giudiziari  di  pretura  e  di
 tribunale  declinano  la propria competenza in ordine alla cognizione
 del medesimo reato, dovendosi invece, in tale ipotesi, ricorrere alla
 procedura ordinaria per la soluzione dei conflitti di  competenza  di
 cui all'art. 28, primo comma;
      che,  pertanto,  la  questione  sollevata deve essere dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.