ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Toscana riapprovata il 15 settembre  1993  dal  Consiglio  regionale,
 avente   per  oggetto:  "Disposizioni  sull'attivita'  venatoria  nel
 patrimonio agricolo forestale regionale", promosso  con  ricorso  del
 Presidente  del Consiglio dei ministri, notificato il 2 ottobre 1993,
 depositato in cancelleria l'8 successivo ed iscritto  al  n.  58  del
 registro ricorsi 1993;
    Udito nell'udienza pubblica del 24 maggio 1994 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il ricorrente;
                           Ritenuto in fatto
    1.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  il
 Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  della  legge  approvata  dal  Consiglio
 regionale  della  Toscana  il  27  luglio   1993,   con   il   titolo
 "Disposizioni   sull'attivita'   venatoria  nel  patrimonio  agricolo
 forestale regionale" e riapprovata con modificazioni il 15  settembre
 1993, deducendone il contrasto con gli artt. 117 e 127, quarto comma,
 della Costituzione.
   Il  ricorrente premette che la legge impugnata, composta di un solo
 articolo, conteneva inizialmente una disposizione secondo la quale  -
 in  attesa  dell'attuazione  dell'art.  21,  primo comma, lettera c),
 della legge 11 febbraio 1992, n.  157  -  e'  consentito  l'esercizio
 dell'attivita'  venatoria,  per  la stagione 1993-1994, nei territori
 appartenenti al patrimonio agricolo e  forestale  regionale,  di  cui
 alla legge regionale 4 settembre 1976, n. 74. Sottoposta al controllo
 governativo  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione, la legge
 veniva rinviata  al  Consiglio  regionale  in  base  al  terzo  comma
 dell'art.  127  appena citato, in quanto ritenuta in contrasto con il
 principio fondamentale stabilito dal ricordato art. 21, primo  comma,
 lettera  c), della legge n. 157 del 1992, secondo il quale deroghe al
 divieto di cacciare nelle foreste demaniali possono  essere  disposte
 soltanto  al  verificarsi  di  alcuni presupposti (nel senso che deve
 trattarsi di foreste che non presentino  condizioni  favorevoli  alla
 riproduzione e alla sosta della fauna selvatica), presupposti che non
 sono  affatto  previsti  nel  caso  della  legge rinviata. In sede di
 riesame  il  Consiglio  regionale  della  Toscana  ha  modificato  il
 precedente  testo  legislativo,  che inizialmente constava di un solo
 comma, introducendo nell'articolo unico un secondo comma dal seguente
 tenore: "Nelle foreste demaniali e in altre  porzioni  di  territorio
 del  patrimonio  agricolo  forestale  regionale,  ove  - alla data di
 entrata  in  vigore  della  presente  legge  - gia' vige il regime di
 divieto di caccia, resta comunque vietato l'esercizio venatorio  fino
 a diversa disposizione assunta in applicazione della legge 157/92".
    Ad  avviso  del  ricorrente, quella riapprovata in sede di riesame
 non puo' esser considerata "legge  nuova"  ai  sensi  dell'art.  127,
 quarto  comma,  della  Costituzione, sia perche' e' stata riapprovata
 nell'ambito  del  medesimo  procedimento  legislativo,  sia   perche'
 l'aggiunta  del  secondo  comma,  peraltro  dal  significato alquanto
 ambiguo, non sembra  accogliere  i  rilievi  formulati  dal  Governo,
 lasciando inalterata la deroga al divieto di caccia oggetto di rinvio
 (ove  non  fosse  cosi'  interpretata  la  legge sarebbe inficiata da
 un'insanabile contraddizione interna). Non essendo "legge nuova",  la
 delibera  impugnata  avrebbe  dovuto essere riapprovata a maggioranza
 assoluta per essere in armonia con l'art. 127,  quarto  comma,  della
 Costituzione,  e  non  gia'  a  maggioranza  semplice, come e' invece
 avvenuto.
    Oltre ad essere costituzionalmente illegittima per il profilo  ora
 indicato,  la  legge  regionale  contestata  appare  al ricorrente in
 contrasto anche con l'art. 117 della Costituzione, sotto  il  profilo
 della  violazione  di  un principio fondamentale della materia. Essa,
 infatti, non condiziona la deroga al divieto di caccia nelle  foreste
 demaniali  alla  ricorrenza  dei  gia'  ricordati presupposti fissati
 dall'art. 21, primo comma, lettera c), della legge n. 157 del 1992 e,
 nello  stesso  tempo,  omette  la  previsione   del   previo   parere
 dell'Istituto   nazionale  per  la  fauna  selvatica,  richiesto  dal
 predetto art. 21.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt. 117 e 127, quarto comma, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale della  legge  della  Regione
 Toscana,   dal  titolo  "Disposizioni  sull'attivita'  venatoria  nel
 patrimonio agricolo forestale regionale", riapprovata  a  maggioranza
 semplice  dal Consiglio dell'anzidetta Regione nel corso della seduta
 del 15 settembre 1993. Secondo il ricorrente, la  legge  impugnata  -
 oltre  a  contrastare  con  il  principio  fondamentale della materia
 stabilito dall'art. 21, primo  comma,  lettera  c),  della  legge  11
 febbraio  1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica
 omeoterma e per il prelievo venatorio), in violazione  dell'art.  117
 della  Costituzione  -  sarebbe affetta da un vizio di forma, essendo
 stata riapprovata, a seguito di un rinvio governativo,  in  un  testo
 non "nuovo" ai sensi dell'art. 127, quarto comma, della Costituzione,
 con  una  votazione che ha riportato soltanto la maggioranza semplice
 anziche' quella assoluta, richiesta dal predetto art. 127.
    2. - Il ricorso va accolto.
    In data 27 luglio 1993 il Consiglio  regionale  della  Toscana  ha
 approvato  una  legge,  composta  di  un  solo articolo, nel quale si
 disponeva che "in attesa dell'attuazione dell'art. 21,  primo  comma,
 lettera  c),  della legge 11 febbraio 1992, n. 157 ( ..), l'esercizio
 dell'attivita' venatoria, per la stagione  1993-1994,  e'  consentito
 nei   territori  appartenenti  al  patrimonio  agricolo  e  forestale
 regionale di cui alla legge regionale 4 settembre 1976, n. 64 ( ..)".
 In data 27 agosto 1993, tale legge veniva rinviata dal Governo con il
 motivo che essa appariva in contrasto con il ricordato art. 21, primo
 comma, lettera c), il quale consente deroghe  al  divieto  di  caccia
 nelle  foreste  demaniali  soltanto ove queste ultime non presentino,
 sulla  base  di  un  parere  dell'Istituto  nazionale  per  la  fauna
 selvatica, condizioni favorevoli alla riproduzione e alla sosta della
 fauna  selvatica.  In  sede  di riesame, il Consiglio regionale della
 Toscana ha apportato modifiche alla legge rinviata nel senso  che  ha
 aggiunto  un comma rispetto all'unico gia' esistente, con il quale si
 dispone  che  "nelle  foreste  demaniali  e  in  altre  porzioni   di
 territorio  del  patrimonio  agricolo forestale regionale, ove - alla
 data di entrata in vigore della presente legge - gia' vige il  regime
 di  divieto  di  caccia, resta comunque vietato l'esercizio venatorio
 fino a diversa  disposizione  assunta  in  applicazione  della  legge
 157/92". Nella seduta consiliare del 22 settembre 1993 il testo cosi'
 emendato  veniva  riapprovato  a  maggioranza semplice e in pari data
 veniva comunicato al  Governo,  che  nei  termini  costituzionali  ha
 proposto il ricorso ora in esame.
    A  partire  dalla  sentenza  n.  158  del  1988,  questa  Corte ha
 costantemente  affermato  che,   "ai   fini   dell'art.   127   della
 Costituzione,  deve  considerarsi  come  non  nuova  qualsiasi  legge
 regionale rinviata che in sede di riesame sia  stata  modificata  dal
 Consiglio     regionale     esclusivamente     nelle     disposizioni
 consequenzialmente interessate dal rinvio ovvero in  parti  dell'atto
 legislativo  medesimo  prive  di  significato  normativo  (preambolo,
 formula promulgativa, etc.); mentre, sempreche' si resti  nell'ambito
 di un medesimo procedimento legislativo, una legge regionale rinviata
 va considerata come nuova, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione,
 soltanto  nella  ipotesi  (inversa)  in cui il legislatore in sede di
 riesame  abbia  apportato   modificazioni   (ovviamente   comportanti
 mutamenti  del  significato  normativo)  dirette a inserirsi in parti
 estranee rispetto a quelle censurate o, comunque, dirette a  incidere
 su  disposizioni  non  interessate  dalle  osservazioni contenute nel
 rinvio governativo" (v., da ultimo, sent. n. 497  del  1992,  nonche'
 sent.  n.  316  del  1993).  Non  v'e'  dubbio che, alla luce di tali
 principi, la legge regionale impugnata deve  esser  considerata  come
 "non  nuova",  poiche',  per  quanto  sia problematico il complessivo
 significato dei due  commi  votati  in  sede  di  riesame,  il  comma
 aggiunto  nella seduta del 22 settembre 1993 e' indubbiamente diretto
 a porre riparo  alle  censure  espresse  dal  rinvio  governativo  in
 relazione   all'ampiezza  e  all'incondizionatezza  della  deroga  al
 divieto di caccia contenuta nel primo comma della legge contestata.
    Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte  (v.  sentt.
 nn.  79  e  561  del  1989, 154 del 1990, 497 del 1992), una delibera
 legislativa adottata dal Consiglio regionale in  sede  di  riesame  a
 seguito  di  rinvio governativo, ove sia considerata come "non nuova"
 ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, deve esser riapprovata, in
 base al medesimo  art.  127,  a  maggioranza  assoluta,  non  gia'  a
 maggioranza  semplice.  Infatti, come questa Corte ha gia' avuto modo
 di precisare, il sistema previsto dall'art.  127  presuppone,  da  un
 lato,  che  il  Consiglio  regionale,  ove intenda superare il blocco
 costituito dal rinvio governativo, riapprovi la  legge  non  nuova  a
 maggioranza  assoluta  e, dall'altro, che il Governo, di fronte ad un
 legge non  nuova,  possa  solo  proporre  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dinnanzi a questa Corte (v., in particolare, sent. n.
 154 del 1990).
    La  dichiarazione d'illegittimita' costituzionale sotto il profilo
 dell'art. 127 della Costituzione assorbe la  questione  sollevata  in
 riferimento all'art. 117 della Costituzione.