ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  52,  secondo
 comma, lettera b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni
 sulla  riscossione  delle imposte sul reddito) promosso con ordinanza
 emessa il 14 giugno 1993 dal Tribunale  di  Lecce,  nel  procedimento
 civile  vertente  tra  Carmela  Guido,  il Monte dei Paschi di Siena,
 concessionario del servizio di riscossione dei tributi del Comune  di
 Lecce,  ed  altro,  iscritta  al n. 177 del registro ordinanze 1994 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  15,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  22  giugno  1994  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1.   -   Nel   corso   di  un  giudizio  di  opposizione  di  terzo
 all'esecuzione esattoriale promosso da Carmela Guido contro il  Monte
 dei  Paschi  di Siena, concessionario del servizio di riscossione dei
 tributi del Comune di Lecce, il Tribunale  di  Lecce,  con  ordinanza
 emessa  il 14 giugno 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
 24, 31,  41  e  47  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 52, secondo comma, lettera b), del d.P.R. 29
 settembre  1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte
 sul reddito).
    La disposizione denunciata prevede che l'opposizione di terzo  non
 puo'  essere proposta dal coniuge del contribuente o dei coobbligati,
 per quanto riguarda i mobili pignorati nella casa di  abitazione  del
 debitore  o  del  coobbligato,  sempre  che  non  si  tratti  di beni
 costituiti in  dote  con  atto  anteriore  alla  presentazione  della
 dichiarazione  annuale  o  alla  notifica dell'avviso di accertamento
 dell'imposta.
    Nel corso dell'esecuzione esattoriale a carico del  coniuge  della
 ricorrente  erano  stati  pignorati  nella  casa  coniugale  beni che
 l'opponente assumeva di sua proprieta', essendole stati donati  dalla
 madre  con  atto  pubblico  in  data  21  ottobre  1983, anteriore al
 matrimonio, celebrato il 1 marzo 1984.
    Il giudice rimettente ritiene che  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  sia  rilevante,  in quanto la disposizione denunciata
 non consente in questo caso la  proponibilita'  dell'opposizione.  Ad
 avviso    del   Tribunale   la   disposizione   sarebbe   palesemente
 irragionevole, perche' preclude al coniuge di superare la presunzione
 di appartenenza al debitore dei beni posti nella casa di  abitazione,
 anche quando essi siano pervenuti all'opponente con atto di donazione
 anteriore al matrimonio. Questo divieto, ritenuto anacronistico nella
 sua assolutezza, sopravviverebbe in un contesto legislativo nel quale
 e' stato soppresso l'istituto della dote.
    Secondo  il  giudice  rimettente  la disposizione denunciata viola
 l'art. 3 della Costituzione, oltre che  per  irragionevolezza,  anche
 per disparita' di trattamento. Il coniuge proprietario di beni mobili
 sarebbe  ingiustamente  discriminato sia rispetto agli altri soggetti
 che possono far valere il loro diritto di proprieta' nel giudizio  di
 opposizione di terzo mediante la produzione di atti diversi da quello
 di  costituzione  in  dote,  sia  nei  confronti dello stesso coniuge
 comproprietario  di  immobile  pignorato,   che,   quando   non   sia
 coobbligato, e' legittimato a proporre l'opposizione di terzo secondo
 le regole di diritto comune.
    Il   contrasto   si   porrebbe   anche   con   altre  disposizioni
 costituzionali: con l'art. 24,  perche'  non  sarebbe  consentita  la
 difesa  in  giudizio  del  diritto  di  proprieta'; con l'art. 31, in
 quanto sarebbe ribaltata l'impostazione di favore verso la formazione
 della famiglia, intesa come societa' naturale fondata sul matrimonio,
 con un incentivo a favore  di  aggregazioni  diverse  dalla  famiglia
 legittima,  nelle  quali  il  convivente  non  subisce le limitazioni
 espresse dalla norma censurata;  con  gli  artt.  41  e  47,  perche'
 verrebbero  limitati la scelta del regime patrimoniale della famiglia
 e l'accesso del risparmio alla proprieta' dell'abitazione.
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione.
    L'Avvocatura ricorda che identica questione e'  stata  piu'  volte
 dichiarata  non fondata dalla Corte, con riferimento a vari parametri
 costituzionali, anche  dopo  la  riforma  del  diritto  di  famiglia;
 osserva  inoltre  che  il  richiamo all'istituto della dote, ritenuto
 anacronistico,  non  comporta  l'illegittimita'  costituzionale della
 disposizione denunciata.
    L'Avvocatura ritiene la questione non fondata  con  riferimento  a
 tutti   i   parametri   costituzionali   invocati.  Il  principio  di
 eguaglianza non sarebbe violato perche' il coniuge viene  a  trovarsi
 nella  stessa situazione degli altri parenti ed affini entro il terzo
 grado.  Con  riferimento  all'art.   31,   sarebbe   inevitabile   ed
 irrilevante  che  la  famiglia  naturale  possa  differenziarsi dalla
 famiglia legittima sotto molteplici  profili.  Con  riferimento  agli
 artt.  24 e 41, l'improponibilita' dell'opposizione, limitata ai beni
 mobili  pignorati  nella  casa  di  abitazione  del   debitore,   non
 violerebbe  ne'  il  diritto  di agire in giudizio ne' la liberta' di
 iniziativa economica privata. Il principio costituzionale  di  tutela
 del  risparmio  (art.  47)  non  sarebbe  inoltre  leso da una regola
 diretta a garantire l'adempimento di obbligazioni, a meno che non  si
 voglia  ammettere  che  qualunque adempimento di obblighi ostacola la
 formazione del risparmio.
                        Considerato in diritto
   1. - La questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
 Tribunale  di Lecce investe l'art. 52, secondo comma, lettera b), del
 d.P.R. 29 settembre 1973, n.  602,  che,  disciplinando  l'esecuzione
 forzata  nel  contesto  delle disposizioni sulla riscossione coattiva
 delle imposte sul reddito, stabilisce che l'opposizione di  terzi,  i
 quali  pretendono di avere la proprieta' sui beni pignorati, non puo'
 essere proposta dal coniuge, per quanto riguarda i mobili posti nella
 casa di abitazione del debitore, sempre che non  si  tratti  di  beni
 costituiti  in  dote  con  atto  anteriore  alla  presentazione della
 dichiarazione annuale dei redditi  o  alla  notifica  dell'avviso  di
 accertamento dell'imposta.
    Ad  avviso  del  giudice rimettente questa disciplina legislativa,
 limitando  al  solo  caso   dei   beni   dotali   la   proponibilita'
 dell'opposizione al pignoramento esattoriale da parte del coniuge del
 contribuente,   sarebbe  manifestamente  illogica  e  priva  di  ogni
 raccordo con la riforma del diritto  di  famiglia  (legge  19  maggio
 1975,  n. 151), che ha soppresso l'istituto della dote e disciplinato
 diversamente i rapporti patrimoniali tra coniugi. Non vi sarebbe piu'
 la  possibilita'  per  il  coniuge  di  proteggere  i  beni  che  gli
 appartengono  anche  quando, come nel caso sottoposto al giudizio del
 Tribunale di Lecce, siano  a  lui  pervenuti  con  atto  pubblico  di
 donazione, anteriore al matrimonio.
    Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale viene prospettato per
 contrasto con numerose disposizioni costituzionali: con l'art. 3, per
 la  manifesta  illogicita'  della  disposizione,  che   consente   il
 pignoramento  di  beni  mobili  comunque  pervenuti  al  coniuge  del
 soggetto passivo  dell'esecuzione  esattoriale,  e  per  la  ingiusta
 discriminazione   del  coniuge  stesso  il  quale,  tra  l'altro,  se
 comproprietario di un immobile pignorato, puo' proporre opposizione a
 tutela della sua quota; con l'art.  31,  perche'  risulterebbero  non
 tutelate  le  esigenze  della  famiglia  e ribaltata una posizione di
 favore, che richiede agevolazioni e  provvidenze  economiche  per  la
 formazione  della  famiglia stessa; con l'art. 24, per essere esclusa
 la possibilita'  di  agire  in  giudizio  a  tutela  del  diritto  di
 proprieta';  con l'art. 41, che, garantendo la liberta' di iniziativa
 economica  privata,  comprenderebbe la scelta del regime patrimoniale
 di separazione dei beni tra coniugi e la conseguente regolamentazione
 dei rapporti e degli interessi patrimoniali; con l'art. 47, in quanto
 verrebbero aggrediti beni frutto del risparmio proprio o altrui.
    2.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  della  non
 proponibilita'  dell'opposizione  all'esecuzione esattoriale da parte
 del coniuge del debitore per beni  mobili  pignorati  nella  casa  di
 abitazione  del  contribuente  e'  stata  piu'  volte esaminata dalla
 Corte, che ha colto la ragione di questa preclusione, inquadrata  nel
 sistema  delle  garanzie  patrimoniali  dell'obbligazione tributaria,
 nell'esigenza di evitare fraudolente  simulazioni  per  sottrarsi  al
 pagamento  delle imposte (sentenze n. 42 e n. 93 del 1964, n. 129 del
 1968, n. 107 del 1969, ordinanze n. 283 del 1984 e n. 123  del  1986;
 da  ultimo, ordinanza n. 374 del 1991). Tale preclusione e' posta nel
 contesto di uno speciale procedimento di  esecuzione,  nel  quale  si
 manifesta  il  fondamentale  interesse  di  assicurare  la tempestiva
 riscossione  dei  crediti  tributari,  garantendo,  tra  l'altro,  il
 regolare  svolgimento della vita finanziaria dello Stato (sentenza n.
 87 del 1962).
    Si tratta di una normativa risalente nel tempo, tesa ad assicurare
 speditezza ed incisivita' alla  riscossione  coattiva  delle  imposte
 dirette  da  parte  dell'esattore.  La  stessa  disciplina  era  gia'
 prevista, con  disposizioni  simili  anche  nella  formulazione,  dai
 precedenti  testi  unici  delle leggi sulle imposte dirette (art. 207
 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645; art.  63  del  regio  decreto  17
 ottobre 1922, n. 1401).
    La  questione  viene  ora  proposta  dal  Tribunale  di  Lecce con
 l'indicazione di profili e parametri in parte nuovi rispetto a quelli
 in  precedenza  esaminati  dalla   Corte.   Viene   difatti   dedotta
 l'irragionevolezza  della  disciplina,  che  va  considerata anche in
 relazione al valore costituzionale della famiglia, da agevolare nella
 sua formazione (artt. 3 e 31 della Costituzione). L'illogicita' della
 preclusione, posta dalla norma denunciata, sarebbe  palese  nel  caso
 del   coniuge   del   contribuente  moroso,  che  non  puo'  proporre
 opposizione  neppure  quando  siano  stati  pignorati  beni  di   sua
 proprieta',  per  i  quali  possa  dimostrare  di  averli ricevuti in
 donazione, con atto pubblico anteriore al matrimonio.
    3. - La questione e' fondata.
    Il sistema della riscossione coattiva delle  imposte  sul  reddito
 privilegia l'interesse alla pronta realizzazione del credito fiscale.
 L'espropriazione  forzata nei confronti del debitore moroso e' curata
 direttamente dall'esattore; le procedure sono semplificate  e  ne  e'
 assicurata  la speditezza; presunzioni in ordine all'appartenenza dei
 beni suscettibili di  pignoramento,  restrizioni  e  preclusioni  nel
 sistema delle opposizioni tendono a prevenire e ad escludere elusioni
 fraudolente.
    La  preminenza  dell'esigenza di realizzazione del credito fiscale
 nella  riscossione  coattiva  delle  imposte  dirette  deve  tuttavia
 trovare  la  sua  misura, ed un ragionevole limite, nella rispondenza
 alle finalita' che  la  giustificano.  Queste  non  consistono  nella
 soddisfazione del credito esattoriale in qualunque modo cio' avvenga,
 anche mediante l'espropriazione di beni che, con certezza e senza che
 vi  sia  il  rischio  di  fraudolente  elusioni,  non appartengono al
 contribuente moroso. L'esigenza e' piuttosto quella di riscuotere con
 speditezza  le  imposte non pagate, procedendo all'espropriazione dei
 beni mobili che, per il luogo in cui si trovano, si presume siano del
 debitore, ponendo anche ragionevoli limitazioni alla prova  contraria
 ed  all'opposizione di terzi, che affermino di essere proprietari dei
 beni  pignorati.  Difatti  il  terzo  che  si  oppone  all'esecuzione
 mobiliare  dell'esattore puo' dimostrare l'appartenenza del bene solo
 mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata di data certa,
 anteriore a quella di consegna del ruolo (art. 65 del d.P.R.  n.  602
 del 1973).
    Piu'  che  una  limitazione  ragionevolmente  rigorosa, appare una
 preclusione assoluta quella imposta al  coniuge  per  i  beni  mobili
 pignorati  nella  casa  di  abitazione  del  debitore.  L'opposizione
 continua ad essere ammessa  solo  per  i  beni  dotali,  destinati  a
 sostenere    gli    oneri    del    matrimonio.    L'improponibilita'
 dell'opposizione per ogni altro bene mobile appartenente al  coniuge,
 quali  che  siano  l'epoca,  il  titolo  e  la  prova di acquisto, si
 configura cosi'  assoluta  da  collocare  sostanzialmente,  per  tale
 pignoramento, il coniuge nella stessa posizione del coobbligato.
    Questa  preclusione  dell'opposizione  non si giustifica nella sua
 assolutezza. Essa difatti eccede la misura della speciale  protezione
 da  assicurare  alla  pronta  realizzazione del credito fiscale, come
 pure l'esigenza di prevenire ed evitare frodi o simulazioni.
    Anche in un quadro normativo  che,  per  l'opposizione  di  terzo,
 differenzi  la  posizione  del coniuge rispetto a quella di qualsiasi
 altro   soggetto,   con   un'ampiezza   che   il   legislatore   puo'
 discrezionalmente  determinare,  appare palesemente irragionevole, in
 relazione alle finalita' che giustificano la  particolare  preminenza
 dell'esecuzione  esattoriale  mediante  limitazioni alle opposizioni,
 oltre che non coerente con  l'esigenza  di  agevolare  la  formazione
 della   famiglia,   precludere   l'opposizione,  quando  siano  stati
 pignorati mobili posti nella casa  di  abitazione  del  debitore,  al
 coniuge che ha ricevuto tali beni prima del matrimonio, tanto piu' se
 in vista di questo, per atto pubblico di donazione.