ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 169 del regio
 decreto 16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del
 concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
 liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il
 10 dicembre 1993 dal Tribunale di  Bolzano  nel  procedimento  civile
 vertente tra s.p.a. Banca Provinciale Lombarda e s.p.a. Edilmobiliare
 iscritta  al  n.  420  del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  29,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1994;
    Visti  gli atti di costituzione della s.p.a. Edilmobiliare e della
 s.p.a. Istituto Bancario S. Paolo di Torino (che  ha  incorporato  la
 Banca   Provinciale   Lombarda)  nonche'  l'atto  di  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  13  dicembre  1994  il  Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
    Uditi  gli avvocati Arturo Giuliano e Piero Sandulli per la s.p.a.
 Edilmobiliare e l'Avvocato dello  Stato  Giuseppe  O.  Russo  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso di un giudizio avente ad oggetto il pagamento di
 somme dovute a titolo di interessi maturati nel corso delle procedura
 concorsuale (nella specie  concordato  preventivo)  vertente  tra  la
 Banca  Provinciale  Lombarda  s.p.a.  e  la Edilmobiliare s.p.a. ed i
 liquidatori del concordato preventivo, il tribunale di  Bolzano,  con
 ordinanza   emessa   il   10  dicembre  1993  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 17  giugno  1994),  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.    3   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 169 del regio decreto 16 marzo 1942  n.  267
 (Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
 dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
 amministrativa),  ove  fa  richiamo  all'art.  55 della stessa legge,
 nella parte in cui prevede la sospensione del corso  degli  interessi
 sui  crediti  chirografari  verso  il debitore concordatario maturati
 durante il tempo di svolgimento della procedura.
    Il tribunale rimettente, dopo aver premesso che  gli  effetti  del
 concordato  comportano  che  "adempiuto il concordato nulla puo' piu'
 chiedersi  al  debitore  per  debiti  pregressi",  lamenta   che   la
 ragionevolezza  della  prevista sospensione del corso degli interessi
 viene meno ove, come nel caso, i creditori  siano  stati  interamente
 soddisfatti e sia nel contempo residuata una disponibilita' di denaro
 che  consentirebbe  il  pagamento  degli interessi maturati nel corso
 della procedura concordataria.
   2. - Nel giudizio avanti alla Corte  si  e'  costituito  l'Istituto
 Bancario San Paolo di Torino s.p.a. rilevando la propria legittimita'
 ad  essere  ritenuto  parte  nel giudizio incidentale di legittimita'
 costituzionale per aver incorporato con  atto  20  dicembre  1993  la
 Banca  Provinciale  Lombarda  s.p.a.,  parte  nel  giudizio a quo, ed
 essendo cosi' subentrato quale  successore  a  titolo  universale  in
 tutti i rapporti dei quali era gia' titolare la Banca incorporata.
    Nel  merito,  ha osservato la difesa, che la sospensione del corso
 degli interessi  prevista  dall'art.  169  della  legge  fallimentare
 attraverso  il richiamo all'art. 55 della stessa legge, "avviene agli
 effetti del concorso e fino alla chiusura del fallimento".
    Si  dovrebbe pertanto ritenere che la norma regola solo i rapporti
 tra i creditori all'interno della procedura e che  non  comporta,  in
 conseguenza,   alcun   esonero   del   debitore  per  gli  interessi;
 l'esclusione del pagamento degli interessi non potrebbe d'altra parte
 ricavarsi ne' dall'art. 55 della legge fallimentare, ne' dalla natura
 del concordato con cessione dei beni, nel quale non esiste una misura
 vincolata di soddisfacimento dei creditori, essendo soltanto previsto
 che essi si soddisferanno su quanto sara' ricavato dalla liquidazione
 dei beni ceduti dal debitore; cio' tanto piu' quando, come  nel  caso
 di  specie,  la  somma disponibile e' rappresentata dai frutti civili
 maturati sulle somme ricavate dalle liquidazione dei beni e quindi su
 somme gia' di spettanza dei creditori.
    Ritiene pertanto la difesa che il riconoscimento  degli  interessi
 in  questione  dovrebbe derivare gia' in via di interpretazione dalla
 legge fallimentare mentre,  se  si  dovesse  ritenere  che  le  norme
 fallimentari  impediscano  il  pagamento  di  tali somme, emergerebbe
 evidente l'illegittimita' costituzionale  della  norma  sia,  per  la
 disparita'  di  trattamento tra i creditori dell'imprenditore fallito
 ed i creditori dell'imprenditore che ha ceduto i suoi beni in  quanto
 nel  primo  caso  si  avrebbe  solo una sospensione del decorso degli
 interessi ai fini del concorso  mentre  nel  secondo  la  sospensione
 consisterebbe  in  un'immotivata  liberazione del debitore dal debito
 per interessi, sia sotto il profilo della irragionevolezza.
    3. - Si e' costituita anche la Edilmobiliare  s.p.a.  prospettando
 in  via  preliminare  un  difetto  di  rilevanza  della questione dal
 momento  che   il   giudizio   a   quo   potrebbe   essere   definito
 indipendentemente  dalla  risoluzione  della  sollevata  questione di
 legittimita' costituzionale. Ha osservato in proposito la difesa  che
 nei  riguardi  delle  parti private e' stata resa, in data 27 gennaio
 1984, sentenza di omologazione del concordato oramai passata in  cosa
 giudicata,  in  base  alla  quale  nella  liquidazione  ci  si doveva
 attenere all'art. 1982 del  codice  civile  secondo  cui  il  residuo
 spetta  al  debitore;  l'eventuale  accoglimento  della  questione, a
 parere  della  difesa,  "mai   potrebbe   retroagire   nella   nostra
 fattispecie"   essendo   impeditiva   la  preclusione  del  giudicato
 rappresentato dalla citata sentenza di omologazione.
    Nel merito, ha rilevato la  difesa  che  non  sarebbe  ravvisabile
 alcuna  disparita' di trattamento dal momento che le situazioni poste
 a  raffronto  dal  giudice  a  quo,  e  cioe'  quella  dei  creditori
 chirografari  che  non  partecipano  ad  una  procedura concorsuale e
 quella dei creditori chirografari concordatari,  non  sono  omogenee;
 ne'  potrebbe  parlarsi  di  irragionevolezza  atteso  che  una volta
 intervenuto tra le parti il  concordato  con  cessione  dei  beni  il
 debitore  si  espone al rischio di rimanere totalmente sprovvisto del
 patrimonio  pur  di  evitare  il  fallimento   mentre   i   creditori
 chirografari  si  espongono anch'essi al rischio di perdere parte del
 capitale, pur di evitare la liquidazione fallimentare  ritenuta  piu'
 dannosa.
    4.  - E' pure intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri
 rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura   generale   dello   Stato
 concludendo   per   l'inammissibilita'  o  per  l'infondatezza  della
 questione. Ha rilevato in proposito che,  poiche'  la  giurisprudenza
 della  Cassazione collega strettamente il disposto dell'art. 55 della
 legge fallimentare alle esigenze del concorso ammettendo l'azione del
 creditore  verso  il debitore in fase post-fallimentare, la questione
 apparirebbe  risolvibile  in  sede  interpretativa  senza   che   sia
 necessario un intervento della Corte costituzionale.
    5.  -  In prossimita' dell'udienza sia le parti private costituite
 che  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  hanno  presentato  memoria
 insistendo per l'accoglimento delle gia' formulate conclusioni.
    In  particolare  l'Avvocatura generale dello Stato ha rilevato che
 la questione andrebbe dichiarata inammissibile  sul  rilievo  che  la
 preclusione  al  pagamento  degli  interessi sui crediti chirografari
 maturati nel corso della  procedura  concordataria  non  dipenderebbe
 dalle   norme   impugnate   bensi'  da  alcune  non  ben  individuate
 disposizioni della legge fallimentare che fanno  del  pactum  de  non
 petendo un elemento essenziale del concordato preventivo.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il Tribunale di Bolzano con ordinanza emessa il 10 dicembre
 1993, pervenuta a questa  Corte  il  17  giugno  1994,  ha  sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  169 del regio
 decreto 16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del
 concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
 liquidazione coatta amministrativa),  ove  fa  richiamo  all'art.  55
 della stessa legge, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
   Secondo  il giudice a quo la norma, con il prevedere la sospensione
 del decorso degli  interessi  sui  crediti  chirografari  durante  lo
 svolgimento  della  procedura  concorsuale  anche nel caso in cui dal
 ricavato della vendita dei beni oggetto del concordato preventivo sia
 avanzato un residuo - che potrebbe essere utilizzato per il pagamento
 di tali  interessi  -  sarebbe  in  contrasto  con  il  principio  di
 ragionevolezza e determinerebbe altresi' un'ingiustificata disparita'
 di  trattamento fra i creditori concordatari e quelli di soggetti non
 sottoposti a procedure concorsuali.
    2.  -  Deve  anzitutto  ritenersi  ammissibile   la   costituzione
 dell'Istituto  Bancario S. Paolo di Torino per la prima volta in sede
 di giudizio incidentale di  legittimita'  costituzionale,  in  quanto
 successore  universale  per  avere  incorporato  la Banca Provinciale
 Lombarda S.p.a., che era parte nel giudizio principale.
    3. - Sia le parti private  costituite  che  l'Avvocatura  generale
 dello  Stato deducono l'inammissibilita' della sollevata questione di
 costituzionalita' sotto diversi profili.
    Ha  carattere  preliminare  l'eccezione   di   irrilevanza   della
 questione  nel giudizio a quo per il motivo che la stessa non sarebbe
 riferibile ai denunziati articoli 55 e 169 della legge  fallimentare.
 Osserva  in  proposito  l'Avvocatura che "l'ostacolo all'accoglimento
 della domanda del creditore  deve  rinvenirsi  nella  diversa  norma,
 peraltro  non  esattamente  individuata,  che  fa  del  pactum de non
 petendo un elemento essenziale del concordato approvato".
    L'eccezione non merita accoglimento.
   Anche se il giudice a quo afferma molto concisamente che "adempiuto
 il concordato nulla puo' piu' richiedersi al debitore  per  i  debiti
 pregressi",  facendo discendere da questa premessa che la sospensione
 prevista dai menzionati artt. 55 e 169 legge fallimentare vada intesa
 come estinzione degli interessi maturati nel  corso  della  procedura
 (effetto  che  pero'  lo  stesso  giudice  sospetta di illegittimita'
 costituzionale), in realta'  l'Autorita'  rimettente  non  ha  inteso
 ancorare tale estinzione ne' ad un pactum de non petendo di carattere
 negoziale,  ne'  ad  un'altra  specifica  norma  della disciplina del
 concordato preventivo, ma  la  ritiene  una  connaturale  conseguenza
 della fisionomia dell'istituto.
    Del  resto  la  dottrina  e  la giurisprudenza nel distinguere fra
 fallimento e concordato preventivo  a  proposito  della  sorte  degli
 interessi maturati nel corso della procedura, si sono riferite sempre
 e  soltanto ai citati articoli, pur se con argomenti desumibili dalla
 portata delle diverse discipline delle due procedure concorsuali.
    Esattamente quindi gli articoli che dovevano essere denunziati dal
 giudice a quo erano appunto quelli che  specificamente  riguardano  i
 predetti  interessi,  e  non  altre  norme  dalle quali discendono le
 caratteristiche distintive delle due procedure.
    4. -  L'Istituto  Bancario  S.  Paolo  di  Torino  e  l'Avvocatura
 Generale  dello  Stato  sostengono  che  il  giudice avrebbe potuto e
 dovuto definire la questione interpretando la  disposizione  in  modo
 conforme  ai  principi  costituzionali  senza bisogno di rimetterla a
 questa Corte.
    L'eccezione non e' condivisibile.
   Invero, pur avendo questa Corte piu'  volte  affermato  (da  ultimo
 sentenze  nn.  121,  149 e 255 del 1994) che il giudice rimettente, a
 fronte di diverse interpretazioni della norma della cui  legittimita'
 costituzionale  si  dubita,  e'  tenuto a adottare quella conforme al
 parametro  costituzionale  altrimenti  vulnerato,  nella  specie   il
 giudice  a  quo - conformemente all'orientamento quasi pacifico della
 dottrina e della giurisprudenza - ritiene che l'unica interpretazione
 possibile degli impugnati artt. 55 e 169 della legge fallimentare sia
 quella in base alla quale, una volta adempiuto il concordato nulla e'
 piu' dovuto dal debitore nemmeno per gli interessi "sospesi"  durante
 la  procedura  concorsuale;  ma  dubita  che tale interpretazione sia
 conforme ai principi costituzionali invocati.
    5. -  La  s.p.a.  Edilmobiliare  deduce  l'inammissibilita'  della
 questione  rilevando  che  il  concordato  preventivo e' basato su un
 accordo    delle    parti,    insuscettibile    di    sindacato    di
 costituzionalita',  e  che  comunque  la  questione  di  legittimita'
 sarebbe  preclusa  dal  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  di
 omologazione  che  ha  definitivamente  fissato  i  limiti  di quanto
 dovuto, facendo anche richiamo all'art. 1982 c.c.
    Se con tale eccezione si intende affermare che la  preclusione  al
 pagamento  degli interessi deriva, non gia' dalla norma impugnata, ma
 da altre norme relative agli effetti dell'accordo di natura negoziale
 alla base del concordato preventivo, valgono anche  in  tal  caso  le
 argomentazioni   svolte   riguardo   alla   precedente  eccezione  di
 inammissibilita'.
    Ove invece si intende considerare la  forza  preclusiva  derivante
 dalla  sentenza di omologazione del concordato in cui tale accordo e'
 assorbito, va osservato che in  realta'  il  giudicato  spiega  detta
 forza  preclusiva  con  riguardo  alla definita ed esaurita procedura
 concorsuale, ma non incide sui  rapporti  fra  debitori  e  creditori
 successivi alla chiusura della suddetta procedura (tant'e' che l'art.
 120  ha disciplinato per il fallimento questa successiva situazione).
 Ne  consegue  che  deve  ritenersi  persistente  la  rilevanza  della
 questione  relativamente  al  mancato ripristino delle stesse ragioni
 anche per i creditori del concordato.
    6. - Nel merito la questione e' infondata.
    Il  giudice  rimettente  non si duole della irragionevolezza delle
 norme relative alla sospensione durante la procedura concorsuale  del
 corso  degli  interessi  sui  debiti  pecuniari,  riconoscendo che le
 stesse hanno una loro "razionalita' ai fini di una equa distribuzione
 delle perdite fra tutti i creditori concorrenti". A tale affermazione
 puo' aggiungersi, anche in base a quanto  gia'  affermato  da  questa
 Corte  (sentenza  n.  242  del  1994), che detta sospensione risponde
 all'esigenza delle procedure concorsuali di cristallizzare  la  massa
 passiva   evitando   sia   l'ammissione   di  nuovi  crediti  che  la
 lievitazione (con gli interessi) di quelli gia' esistenti, al fine di
 impedire un ulteriore deterioramento  delle  condizioni  patrimoniali
 del  debitore  e  per assicurare meglio la par condicio soddisfacendo
 almeno in parte anche i  crediti  infruttiferi;  tanto  piu'  che  la
 durata della procedura non e' direttamente riconducibile al debitore.
    Tali  considerazioni  valgono  anche  con  riguardo  al concordato
 preventivo, in quanto  procedura  concorsuale  con  struttura  avente
 analoghe finalita' liquidatorie e satisfattive.
    7.   -   Il   Tribunale   di   Bolzano   limita   la  denunzia  di
 incostituzionalita' al profilo che la prevista sospensione del  corso
 degli  interessi  durante  la procedura concordataria, se puo' essere
 ritenuta razionale ai fini  di  un'equa  distribuzione  fra  tutti  i
 creditori  concorrenti,  non  puo'  piu' dirsi tale nel caso in cui i
 creditori vengano interamente  soddisfatti  per  capitale,  interessi
 precedenti  e  spese,  ed  avanzino  altri  fondi.  In questo caso si
 determinerebbe una ingiustificata disparita'  di  trattamento  fra  i
 creditori  concordatari  ed  i creditori di soggetti non sottoposti a
 procedura concorsuale che vedono soddisfatto integralmente il proprio
 credito per capitale ed interessi.
    8. - Va premesso in  proposito  che,  parte  della  giurisprudenza
 giustifica  la non operativita' della sospensione degli interessi nel
 caso di concordato per cessione dei beni, in considerazione della sua
 natura (suppletiva dell'autonomia negoziale) di datio in solutum o di
 pactum de non petendo, mentre la prevalente  dottrina  perviene  alla
 stessa  giustificazione  sotto  il profilo dei peculiari caratteri di
 detto processo esecutivo. In particolare, nel concordato  preventivo,
 per  quanto  trattasi  di un pubblico processo concorsuale, viene pur
 sempre a stabilirsi un equilibrio dei vantaggi e dei rischi delle due
 parti: da un lato il debitore, cedendo tutti i suoi beni, mira a  non
 incorrere  nelle  gravi  conseguenze  civili  e penali del fallimento
 chiudendo subito e definitivamente la sua situazione debitoria  senza
 ulteriori  strascichi  circa le richieste di capitale o interessi; e,
 dall'altro, i creditori accettano di realizzare rapidamente, in tutto
 o in parte, le loro ragioni attraverso l'immediata disponibilita'  di
 quei  beni.  Una  pretesa  successiva all'adempimento del concordato,
 avente ad oggetto gli interessi "sospesi" (o,  come  si  sostiene  in
 dottrina   "estinti"   per   effetto   della   omologazione   che  ha
 cristallizzato definitivamente tutto quanto dovuto, sia per  capitale
 che per interessi), snaturerebbe questa figura concorsuale, alterando
 il predetto equilibrio.
    Da  queste  considerazioni  discende  la razionale giustificazione
 della diversita' di trattamento dei creditori concordatari, non  solo
 rispetto  a  quelli del fallimento, ma anche rispetto ai creditori di
 debitore non coinvolto  in  alcuna  procedura  concorsuale.  Anzi  la
 disomogeneita'  di quest'ultima posizione appare ancor piu' evidente,
 non essendo prevista in questa diversa situazione alcuna  sospensione
 del  corso  di  interessi,  data  la  mancanza sia di un fondamentale
 accordo  transattivo,  sia  di   qualsivoglia   procedura   esecutiva
 collettiva.