ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  37,  secondo
 comma, 38, secondo comma, e 39 del d.P.R.
 22  settembre  1988,  n.  448  (Approvazione  delle  disposizioni sul
 processo  penale  a  carico  di  imputati  minorenni),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il 15 aprile 1994 dal Tribunale per i minorenni di
 Bologna  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Polelli  Cristian,
 iscritta  al  n.  349  del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  26,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 1994;  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  il Tribunale per i minorenni di Bologna premette in
 fatto che, all'esito di un dibattimento celebratosi nei confronti  di
 un  minorenne  imputato  del reato di "commercio di stupefacenti", e'
 emerso che le pasticche che l'imputato stesso aveva ammesso  di  aver
 acquistato  e spacciato nelle discoteche ritenendole di "exstasy", in
 realta' sono risultate contenere sostanze varie, nessuna delle  quali
 pero' classificabile come stupefacente;
      che  alla  stregua  di  tali risultanze il giudice a quo ravvisa
 nella fattispecie una ipotesi di reato impossibile,  sicche',  tenuto
 conto   della   gravita'   della   condotta   e  della  pericolosita'
 dell'imputato, dovrebbe essere applicata nei suoi  confronti  con  la
 sentenza di proscioglimento una misura di sicurezza a norma dell'art.
 49, ultima parte, del codice penale;
      che  a  tale  conclusione non e' peraltro possibile pervenire in
 quanto, osserva il  rimettente,  le  misure  di  sicurezza  non  sono
 applicabili  ai  minorenni  ne'  in  caso di proscioglimento, a norma
 dell'art. 39 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle
 disposizioni sul processo penale a  carico  di  imputati  minorenni),
 ne',  comunque,  quando  sussiste  il  pericolo  che l'imputato possa
 commettere reati diversi da quelli previsti dall'art.  37,  comma  2,
 del medesimo decreto;
      che la disciplina dettata dagli artt. 37, comma 2, 38, comma 2 e
 39  del d.P.R. n. 448 del 1988 risulterebbe pertanto in contrasto con
 l'art. 76 della Costituzione in quanto, sostiene il giudice a quo, il
 legislatore delegato - per  decisione  politica  autonoma  -  avrebbe
 introdotto  regole  dirette  "a svuotare praticamente di contenuto il
 sistema di sicurezza nei confronti dei minori";
      e che nel giudizio e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
 dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
 Stato la quale, riportandosi alla sentenza di questa Corte n. 182 del
 1991, ha sollecitato l'identica declaratoria  di  inammissibilita'  e
 non fondatezza;
   Considerato  che  il  caso  di  specie,  cosi' come descritto nella
 narrativa  del  provvedimento  di  rimessione,   deve   correttamente
 inquadrarsi  non  nella figura del reato impossibile ma nella diversa
 ipotesi del reato erroneamente supposto descritta dall'art. 49, primo
 comma, del codice penale, cosicche', non  potendosi  in  nessun  caso
 applicare  nel  giudizio  a quo misure di sicurezza a norma dell'art.
 49, ultimo comma, del codice penale, la  questione  -  peraltro  gia'
 dichiarata  non fondata con la sentenza n. 182 del 1991 - si appalesa
 manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.